Gabriel era seduto alla scrivania nel suo studio, una stanza che aveva cominciato a utilizzare regolarmente solo di recente. Era una novità che simboleggiava i cambiamenti avvenuti nella sua vita, che non era sicuro di gradire. Comunque si dedicò ugualmente a leggere la corrispondenza riguardante la proposta di legge sulla riforma penale e prese appunti per le risposte da dare. A occhio e croce, avrebbe impiegato un'intera giornata a scrivere le lettere, e decise di farsi aiutare dal suo segretario, Mr. Crawley.
Da qualche giorno si era gettato anima e corpo nei suoi doveri politici. Gli serviva per distrarsi dal pensiero della donna misteriosa e del suo orgoglio ferito, che gli provocavano una combinazione irritante di ricordi vividi, eccitazione latente e stizzito risentimento.
Anche in quel momento quei pensieri disturbavano la sua concentrazione. Non avrebbe mai pensato di subire un simile trattamento da parte di una donna, proprio lui, un incallito seduttore. Il fatto che fosse riuscita oltretutto a mantenere l'anonimato era ancora più seccante, e lo faceva sentire un cretino.
Essere piantato in asso così, dopo che aveva fatto appello a tutto il suo senso dell'onore per compiacerla, era veramente inqualificabile. A essere precisi, non era stato piantato in asso perché tra loro non c'era una relazione, però era la sensazione che aveva. Prima di addormentarsi aveva avuto l'impressione che tra loro si fosse creata un'intesa, un tacito accordo per cui l'avrebbe ritrovata al suo fianco all'alba.
Ingoiando il fastidio suscitato da quei ricordi, si sforzò di continuare a leggere le lettere. Era arrivato a metà, maledicendosi perché non si sarebbe mai fatto coinvolgere nella presentazione di una proposta di legge se avesse saputo che richiedesse così tanto lavoro, quando sentì aprirsi la porta dello studio e vide entrare suo fratello.
Grato per l'interruzione, posò la penna e disse: «Sono contento del tuo ritorno, Harry, ma anche sorpreso. La stagione mondana non è ancora conclusa, ma alcune famiglie si sono già trasferite in campagna, e tu invece sei di nuovo in città, inspiegabilmente abbandonata».
«È stato necessario, e sono venuto da te proprio per spiegartene il motivo.»
«Sei misterioso, non è da te.»
Harry si sedette davanti alla scrivania. «Sono stato informato che avrei fatto meglio a tornare a controllare la mia abitazione perché c'è stato un furto nei paraggi. Si è sparsa la voce e tutte le famiglie del quartiere stanno facendo l'inventario di ciò che hanno in casa di prezioso.»
«Hai provveduto anche tu? Devo dirti che sono stato a casa tua qualche volta perciò se trovi qualcosa fuori posto è colpa mia. Però mi è parso che non mancasse niente.»
«Non manca niente, però ti ringrazio di avermi avvertito che ci sei andato perché ho notato che è stato spostato qualcosa. Il furto è avvenuto dal mio vicino, Sir Malcolm.»
«Posso immaginare che la casa di Sir Malcolm sia piena di oggetti preziosi accumulati da generazioni. Anzi, mi sembra strano che sia possibile accorgersi che manchi qualcosa.»
«Non saprei, però so che le prove del furto erano evidenti. In ogni caso devo rimanere con gli occhi ben aperti almeno per un mese.»
«Harry, non è mia intenzione criticare la tua dimora, ma non credo che i ladri siano interessati a vecchi volumi o manufatti di culture primitive. Secondo me non corri alcun rischio.»
«Sono d'accordo, però sono venuto a chiederti di prestarmi qualche valletto, solo di notte. Sospetto che il vecchio Gerard, che deve sorvegliare la casa, si addormenti. Non sentirebbe un ladro neanche se gli passasse sotto il naso.»
«Impiega pure tutti i valletti di cui hai bisogno.»
Harry parve soddisfatto della sua risposta ma non se ne andò, indugiando visibilmente sulle spine. «Hai visto Emilia in mia assenza?»
«Qualche volta, ma non ricordo di preciso quante.» Invece le ricordava perfettamente. Tre volte a feste e balli, e due volte a casa della sorella di Emilia. Oltre al giorno in cui la duchessa aveva partorito, due giorni addietro c'era stata una piccola riunione di famiglia a cui avevano partecipato anche gli amici intimi, e la duchessa era uscita per la prima volta dalle sue stanze.
«Ti ha parlato di me?» gli chiese Harry con finta disinvoltura, come se non gl'importasse, ma era chiaro il contrario.
«Brevemente. Mi ha chiesto di te, ma non attribuire troppa importanza al suo interessamento. Non poteva fingere che non fossi tuo fratello.» Gabriel si alzò e andò a prendere del brandy dal mobiletto bar, posto tra due librerie. Versò il liquore in due bicchieri e ne porse uno al fratello. «È un grave errore pensare che le donne non siano solo un diversivo passeggero. Devi abituarti al fatto che vanno e vengono nella tua vita.»
«Però prima o poi dovrai sposarti. La donna che diventerà la tua duchessa sarà anche lei una fugace distrazione?»
«Purtroppo non tanto passeggero, perché entrerà nella mia vita ma non ne uscirà, anche se il divertimento finirà presto.»
«Quanto sei cinico!»
«Parlo per esperienza, però tu preferisci ignorare i miei avvertimenti. Ma ora basta parlare dei miei trascorsi. Come procede il libro?»
Harry posò il bicchiere e si lanciò in un resoconto entusiastico dei progressi fatti nella stesura del suo libro.
A un certo punto Gabriel guardò le lettere con aria eloquente e Harry comprese il sottinteso, interrompendo di colpo il suo sproloquio.
«Scusami, sei impegnato, e temo anche di annoiarti.»
«Niente mi annoia più della politica, perciò qualsiasi argomento di cui mi parli è un piacevole intermezzo. Continua pure.»
Amanda raccolse le lettere che aveva scritto. Aveva impiegato più tempo del normale perché per tutto il giorno, mentre lavorava, non aveva fatto altro che ripensare al suo immediato futuro. Non era servito neppure lo stratagemma di canticchiare tra sé e sé, che solitamente l'aiutava a concentrarsi.
Il suo piano era semplice. Avrebbe lasciato il lavoro e l'alloggio, consegnato la fibbia alla drogheria di Morris, poi avrebbe atteso in strada finché non fosse venuto qualcuno a ritirarla e, quando l'avesse visto uscire con il pacchetto, l'avrebbe seguito.
Una volta individuata la sua abitazione, l'avrebbe sorvegliata per vedere chi fosse andato a trovarlo. Se non si fosse presentato nessuno e lui fosse uscito di nuovo con il pacchetto, avrebbe ripreso a seguirlo, sperando che la conducesse da sua madre. Si augurava almeno di scoprire chi l'avesse rapita.
Il primo passo da intraprendere quel giorno sarebbe stato quello d'informare Lady Farnsworth che non avrebbe più potuto farle da segretaria. L'imminente confronto l'angustiava perché Lady Farnsworth avrebbe potuto porle delle domande che l'avrebbero costretta a mentire.
Portò le lettere nello studio di Lady Farnsworth, che era impegnata a scrivere un articolo da pubblicare nel numero successivo di Parnassus. Quando Amanda entrò, non alzò lo sguardo ma le indicò un tavolino con un gesto distratto.
«Lasciatele lì. Me ne occuperò appena avrò tempo.»
Amanda posò le lettere sul tavolino. «Posso parlarvi?»
«Rimandiamo a domani, per favore. Sono in una fase creativa e non voglio interrompere le parole che sembrano fuoriuscire da sole dalla penna.»
«Vi chiedo scusa, ma è urgente.»
Lady Farnsworth fece un sospiro enfatico e la guardò. «Di che cosa si tratta, Miss Waverly? Dev'essere una questione importante se m'interrompete.»
Amanda deglutì a vuoto, tesa. Apprezzava il suo posto di lavoro e ammirava Lady Farnsworth. Era contenta di essere l'Amanda che faceva la segretaria, aiutava Parnassus ed era bene accetta nel club delle signore.
«Mi rincresce dovervi informare che lascio il lavoro. Sono costretta ad andare fuori città per motivi di famiglia e non ho idea di quanto tempo sarò via.»
La sua affermazione guadagnò finalmente l'attenzione di Lady Farnsworth, che posò la penna e indicò una panca imbottita, rivestita di tessuto damascato e posta contro la parete, vicina alla scrivania. «Sedetevi e spiegatemi meglio. La vostra partenza rappresenta un grave contrattempo per me. Che genere di questione familiare richiede che vi allontaniate?»
«Mia madre ha bisogno di me. Ha richiesto la mia presenza a causa delle sue condizioni e io non posso rifiutarmi di assisterla.»
L'espressione contrariata di Lady Farnsworth si rabbonì. «Non parlate mai della vostra famiglia e pensavo che i vostri genitori fossero scomparsi.»
«Mio padre sì, ma mia madre no.»
«Capisco. Be', certo, se ha bisogno di voi dovete andare da lei. Ma siete sicura di non poter tornare tanto presto? È dunque una situazione tanto grave?»
«Non lo so ancora. Tuttavia ritengo che sia meglio che cerchiate una sostituta. Non mi sembra giusto andarmene senza darvi indicazioni su quando possa tornare. Spiegherò la situazione anche a Mrs. Galbreath alla rivista. Ho sistemato la sua contabilità degli ultimi sei mesi così chiunque se ne occupi non avrà lavoro arretrato.»
«Ah, al diavolo la contabilità! Io mi preoccupo per voi, non per i conti. Avete tutto l'occorrente per il viaggio? Posso aiutarvi in qualche modo?»
La sua premurosità era commovente. «Ho tutto, grazie.»
«Va bene, allora non c'è altro da dire. Non tenterò di convincervi a restare, date le circostanze. Quando dovete partire?»
«Fra tre giorni. Giovedì sarà il mio ultimo giorno qui da voi.»
«Allora domani sera ceneremo qui poi andremo insieme a teatro, sarete mia ospite nel mio palco.»
«Siete troppo gentile, ma...»
«Non accetto obiezioni, Miss Waverly» la interruppe Lady Farnsworth. «Insisto ad accomiatarvi da voi con una dimostrazione della mia riconoscenza per il vostro impegno. Ovviamente vi scriverò una lettera di referenze che dia risalto alle vostre capacità e al vostro carattere. Ve la farò trovare pronta per giovedì, quando partirete, così potrete portarla con voi.»
Lady Farnsworth tornò a dedicarsi alla scrittura e Amanda la ringraziò poi si scusò con lei e uscì. Dubitava che Lady Farnsworth l'avesse sentita perché la penna si muoveva già velocemente sul foglio come se fosse stata inseguita dal diavolo in persona.
A fine giugno la stagione mondana assumeva un sapore dolceamaro, perché si avvicinava la chiusura di un genere di attività e si preannunciava l'inizio di altri passatempi. Alcuni attendevano con piacere il cambiamento di abitudini, perché erano ormai stanchi dei soliti impegni mondani.
Gabriel avvertiva l'atmosfera particolare nel salone del teatro, un misto di nostalgia e sollievo, mentre passeggiava con Brentworth. C'erano meno persone e nell'ampio spazio aleggiava un'aria più composta, come se i presenti continuassero a divertirsi, ma in sordina.
«Credevo che Stratton ci avrebbe raggiunti» disse a Brentworth. «Però siamo all'intervallo e non si è ancora visto.»
«Mi ha mandato un messaggio per avvertire che sarebbe arrivato tardi. La duchessa ha deciso di accompagnarlo.»
«Di già?»
«È presto, in effetti, ma Clara non è mai stata tipo da piegarsi ai dettami della società. Se le altre signore troveranno da ridire, che spettegolino pure, a lei non interessano le loro chiacchiere più di tutte le altre maldicenze sui suoi confronti.»
Era un modo discreto per dire che la moglie di Stratton era sempre stata una donna indipendente. Se avesse deciso di andare a teatro l'avrebbe fatto, con o senza l'approvazione del marito.
Mentre si dirigevano verso il palco, Clara arrivò al braccio di Stratton. Al suo ingresso le voci si affievolirono o tacquero. Era radiosa e incantevole, fresca come un bocciolo di rosa, e salutò con un sorriso affabile alcune dame che si avvicinarono per congratularsi per la nascita.
«Credo che non ci saranno troppi pettegolezzi sul suo conto» commentò Gabriel. «Il fatto che abbia dato alla luce un erede le ha fatto guadagnare l'approvazione delle arpie.»
«Mi sembra giusto.»
«Per caso ammiri Stratton perché ha un figlio?» insinuò Gabriel, notando il suo tono acido.
«Per l'erede sì, per il resto non tanto.» Brentworth sospirò. «Però è ora che ci sistemiamo tutti e due, sai?»
«Parla per te.»
«Sai che ho ragione. Abbiamo evitato il matrimonio troppo a lungo. E comunque non dovrebbe dispiacerti rispondere al richiamo del dovere. Si addice al tuo nuovo modo di vivere, così morigerato.»
«Almeno con me la mia futura moglie sa cosa l'aspetti. Con te una povera fanciulla è destinata a essere sconvolta.»
Raggiunti Stratton e la duchessa, chiacchierarono del più e del meno, finché la duchessa non annunciò che voleva andare a salutare alcune amiche nei loro palchi. Gabriel e Brentworth li accompagnarono, anche perché Gabriel voleva approfittarne per parlare con Stratton.
Si fermarono in tre palchi e le dame fecero gli auguri alla duchessa e s'informarono sul bambino. Gabriel non poté fare a meno di chiedersi se Stratton e Clara non si annoiassero a rispondere sempre alle stesse domande, e pensò che forse Clara avesse deciso di venire a teatro per liquidare tutti i convenevoli in una sola sera ed evitare di ricevere innumerevoli visite tutte uguali.
«Ah, vedo che c'è anche Lady Farnsworth!» disse la duchessa. «Devo salutarla.»
«Direi di sì» annuì Gabriel. «Non è una persona che prende bene una mancanza di educazione nei suoi confronti. Rischiate che vi trafigga con la sua penna.»
«Ti brucia ancora il suo articolo, Langford?» gli chiese Stratton, sorridendo ironico, mentre Clara lo guardava con curiosità.
«Assolutamente no. Se un'oscura rivista vuole sprecare carta e inchiostro per i vaneggiamenti di una matrona eccentrica e prepotente, la cosa non mi riguarda.»
«Non è più tanto oscura» lo punzecchiò la duchessa. «Ho sentito dire che la rivista ha una diffusione sempre più ampia e molti si sono abbonati.»
«Non capisco perché.»
«Davvero?» Clara sorrise mentre si dirigevano verso il palco di Lady Farnsworth.
La nobildonna non era sola, ma in compagnia di Lady Grace che era passata a salutarla e di un'altra donna seduta accanto a lei.
«Ah, c'è anche Miss Waverly, mi fa piacere» mormorò la duchessa, girandosi verso Gabriel e Brentworth. «È la segretaria di Lady Farnsworth. È una novità interessante, no?»
«Come ho detto, è un'eccentrica» borbottò Gabriel a Brentworth mentre entrava.
Stratton sentì il suo commento e replicò: «È insolito che abbia impiegato una donna come segretaria, ma non mi sembra uno scandalo. Una donna può assolvere ai doveri richiesti da quell'incarico bene quanto un uomo».
«Forse anche meglio» annuì Brentworth. «Non mi dispiacerebbe avere una segretaria, se non fosse per il fatto che alimenterei i pettegolezzi.»
«Sarebbe un vero scandalo se girassero chiacchiere sul più serio dei duchi, no?» ironizzò Gabriel.
«Invece a te non importa suscitare scandalo, Langford, perciò potresti prendere in considerazione l'idea di avere una segretaria» lo canzonò Stratton.
«Sarebbe meno gravoso occuparmi della mia corrispondenza su questioni politiche se fossi aiutato da una bella ragazza invece che da Mr. Crawley. Non ricordo neppure se si chiami Thadius o Tacitus per quanto m'interessi poco la sua presenza!»
«Sicuramente ricorderesti come si chiama una bella segretaria, a meno che tu abbia ormai preso gusto a corteggiare donne di cui non sai il nome...» insinuò Brentworth.
Gabriel gli avrebbe dato una gomitata per la sua battuta pungente se non fosse rimasto senza fiato nel vedere la segretaria di Lady Farnsworth, Miss Waverly, alzarsi per salutare la duchessa e girarsi verso di lui.
All'inizio fu convinto di avere preso un abbaglio. Si spostò di lato per scrutarla meglio. Miss Waverly indossava un abito sobrio ma confezionato con un raffinato tessuto cangiante. La chioma bruna raccolta in un'acconciatura semplice e le labbra rosse come bacche mature e succose contrastavano con la carnagione chiarissima e gli occhi erano come laghi profondi e oscuri dalle acque scintillanti.
Nel palco c'era poca luce ma, ma era meno fioca che nella stanza a casa di Harry. Comunque la segretaria assomigliava moltissimo ad Alice.
Mentre lei parlava con la duchessa, Gabriel la scrutò con attenzione. Lady Farnsworth, abbigliata come sempre con un abito fuori moda pieno di falpalà e avvolta in uno scialle vistoso, sorrideva raggiante come una madre orgogliosa.
«Presumo che tu stia mangiando con gli occhi la segretaria e non Lady Farnsworth» bisbigliò Brentworth, mettendosi al suo fianco.
«Credo di conoscerla.»
«La segretaria? Mi sembra improbabile. Non l'ho mai vista a una festa...» Brentworth si bloccò. «Oh, ho capito! Ti riferisci alla pastorella?» Anche lui la esaminò con attenzione. «Accidenti, non si vedeva quasi niente... almeno del viso, e suppongo che sia poco educato chiederle di abbassare l'abito sul seno per controllare se la riconosci dalla scollatura.»
«Io non sono sicuro che sia lei, ma non dovrebbe avere alcun dubbio nel vedermi perché sa chi sono. Credo proprio che andrò a fare due chiacchiere con Lady Farnsworth.»
«Che coraggio!» commentò Brentworth sogghignando prima di allontanarsi.
Gabriel si avvicinò a Lady Farnsworth e attese che lei gli rivolgesse la parola, tenendo lo sguardo fisso su Miss Waverly per essere certo che non gli sfuggisse la sua reazione quando lei l'avesse notato.
La duchessa si spostò e Lady Farnsworth si girò verso di lui sorridendogli con aria complice, come se condividessero un segreto. «Langford, buonasera. Aitante come sempre, vedo. Mi dispiace che non abbiamo più avuto modo di parlare.»
Gabriel fece l'inchino senza distogliere lo sguardo dalla segretaria, che era stata momentaneamente distratta da Lady Grace che le stava dicendo qualcosa.
«Ho saputo che avete tenuto un bel discorso alla Camera dei Lord» disse Lady Farnsworth.
«È stata una cosa da nulla. Ho obbedito a un impulso improvviso.»
«Quell'impulso vi ha spinto a dimostrare una grande eloquenza, secondo quello che mi è stato riferito. Mi fa piacere vedere che avete preso il posto che vi spetta nei dibattiti nazionali. Confido nel fatto che vi sentiremo di nuovo prendere la parola.»
«Credo che passeranno dieci anni prima che accada.»
Lady Grace si accomiatò e rimasero in tre nel palco. Miss Waverly si voltò verso di lui e incrociò il suo sguardo.
Lui si accorse dell'istante in cui lo riconobbe. Nei suoi occhi si accese un lampo; passò immediatamente e lei si ricompose, ma il suo stupore fu inequivocabile. Da così vicino, Gabriel poteva vedere bene il viso che aveva conosciuto al chiaro di luna.
Aveva finalmente ritrovato la sua donna misteriosa.
Amanda cercò di dimostrarsi calma, ma rimase paralizzata dal terrore di essere stata scoperta, mescolato all'emozione di averlo rivisto.
Il duca era elegantissimo e prestante con la giacca scura e il cravattone candido. Nel rivolgersi a Lady Farnsworth, i suoi modi erano educati ma con una nota di familiarità e un vago sorriso sornione. Amanda era sicura che l'avesse riconosciuta. Aveva strizzato leggermente le palpebre guardandola mentre parlava con Lady Farnsworth.
«Le presentazioni sono d'obbligo» disse Lady Farnsworth rivolgendosi al duca. «Miss Waverly, la mia segretaria, eccellente nella contabilità e dotata di una calligrafia mirabile. È il mio braccio destro. Da quando lavora per me, ho il doppio del tempo da dedicare ai miei saggi e ai miei interessi» dichiarò mettendole un braccio intorno alle spalle.
«Siete stata fortunata ad avere trovato una donna di talento» commentò Langford. «Come farebbe l'Inghilterra se voi non aveste abbastanza tempo da dedicare alle vostre critiche del mondo?»
«Sarei contenta se il mondo vi prestasse maggiore attenzione, ma mi basta che lo facciano almeno alcuni dei suoi abitanti» dichiarò Lady Farnsworth guardando il duca con un sorriso eloquente.
«Spero che riceviate presto la gratitudine per il vostro impegno a riformare la nostra società.» Il duca si girò. «Vi state divertendo a teatro, Miss Waverly?»
«Molto, grazie. È una bella esperienza.»
«Allora vi lascio a godervi la conclusione.»
Con questo, s'inchinò e uscì dal palco.
Il fruscio degli abiti indicò che gli spettatori tornavano ai loro posti perché lo spettacolo teatrale stava per riprendere.
«Miss Waverly, devo lasciarvi per qualche minuto. Devo dire una cosa importante alla duchessa riguardo alla rivista» si scusò Lady Farnsworth alzandosi. «Non potevo parlargliene quando è venuta perché non credo che Brentworth sappia che finanzia Parnassus e sono certa che Langford non sappia nulla. Tornerò subito. Se dovessi tardare, aspettatemi qui quando finirà la rappresentazione e verrò a prendervi.»
Amanda rimase sola ed emise un lungo respiro. L'arrivo del duca era stato un problema inatteso. Lady Farnsworth non le aveva mai fatto capire di conoscerlo, ma dalle parole che avevano scambiato non sembravano amici, ma quasi avversari. Questo forse spiegava l'espressione severa del duca, o forse era dovuto al fatto che l'avesse vista? Amanda sperava che supponesse che fosse stata evasiva riguardo al suo lavoro e restia ad avere un rapporto con lui. Quel motivo sarebbe stato migliore di quello vero.
Le porte si chiusero e Amanda tornò a dedicare la sua attenzione allo spettacolo, sperando che la distraesse. Non voleva pensare al tuffo al cuore che aveva avvertito nel trovarsi davanti Langford che la fissava intensamente perché l'aveva riconosciuta. Per un attimo le era parso di essere di nuovo sul pavimento della biblioteca a guardarlo mentre era sopra di lei.
Seguendo la rappresentazione si calmò ma un'improvvisa stretta al braccio la fece sussultare. Quella mano forte la fece alzare e la spinse verso il fondo del palco, con la schiena contro la parete. Aveva davanti a sé il Duca di Langford che incombeva su di lei, un'ombra cupa che la copriva da sguardi indiscreti.
«Quindi siete Miss Waverly» disse, con il volto vicinissimo al suo. «Ma non Alice Waverly, sicuramente.»
«Mi chiamo Amanda.»
«Ci sono andato vicino. Ora capisco tante cose. Lo scialle che avete perso appartiene sicuramente a Lady Farnsworth, come l'abito da pastorella. Sa che sgattaiolate furtivamente dal vostro alloggio di sera per fare la civetta ai balli in maschera?»
«Non sa niente della mia vita privata. Per lei sono solo una segretaria che scrive le sue lettere e i suoi articoli.»
«Immagino che non sappia nulla. È per questo che avevate paura di essere scoperta, no?»
Amanda non negò. Preferiva che lo credesse.
«Mi siete sfuggita una volta di troppo, Miss Waverly. È stato un insulto, o forse una sfida.»
«Non sono andata via per stuzzicarvi. Pensate alla mia posizione. Se si sapesse che io... che noi... la mia reputazione sarebbe compromessa e non ho una famiglia da cui tornare. Se fossi considerata come una donna poco seria, finirei in mezzo a una strada.»
«Non lo permetterei mai.»
«Non potete impedirlo.»
«Troverei il modo. Mi occuperei di voi.»
«Non voglio che vi occupiate di me, ma che mi lasciate in pace.»
«Non rifiutate una proposta che non avete ancora ascoltato.» Il duca la baciò sulla bocca e lei ricambiò il bacio, stupida che era. «Visto? Non volete veramente che vi lasci in pace. Anzi, siete contenta che vi abbia trovata. Proteggerò la vostra reputazione, vedrete. Non dovrete più preoccuparvi. Ben presto sarete libera ma tra le mie braccia.»
La baciò di nuovo con trasporto, risvegliando la sua passione. Poi svanì tra le ombre, lasciandola tremante, appoggiata al muro.