«Langford sta architettando un piano» stabilì Brentworth indicandolo con un cenno. «Guarda: sopracciglia aggrottate, occhi scintillanti, labbra serrate... Ha individuato la preda e ora sta decidendo una strategia di attacco.»
Stratton rise. Erano in una saletta del club in cui si trovavano da anni. Non era il giorno della loro riunione mensile, ma dopo il teatro, la duchessa era tornata a casa da sola per lasciare al marito qualche ora di svago.
«Devo essermi perso qualcosa d'importante» disse Stratton. «Chi è la preda in questione, Langford?»
Gabriel lo ignorò.
«Miss Waverly» bisbigliò Brentworth.
«No! La segretaria?» Stratton rifletté. «Sì, era carina, anche se aveva uno stile fuori moda. Vestita e pettinata meglio, sarebbe incantevole.»
«Bisogna dire che lui l'ha vista nei panni di una pastorella. È la donna del ballo in maschera.»
«Davvero, Langford? Che Dio mi fulmini!»
«Piantatela, voi due.»
«Almeno ora sai chi è» disse Brentworth. «Però, lasciatelo dire, saresti un cretino se il suo rapporto con Lady Farnsworth non ti scoraggiasse. Lei ce l'ha con te, se seducessi la sua segretaria potrebbe approfittarne per sparare malignità su di te.»
«Non mi farò intimidire da quell'eccentrica dama. Quanto alla seduzione della segretaria, temo che sia complicata» borbottò Gabriel con disappunto.
«Sono lieto che tu l'abbia capito» commentò Brentworth.
«Ne sono consapevole al punto da chiedere il vostro consiglio.»
Gli amici lo guardarono allibiti. Stratton fu il primo a riscuotersi. «Forse ho sentito male. Tu, che sei un maestro di seduzione, chiedi consiglio a noi?»
«Sì, ma non per la seduzione.»
«Ovvio.»
«Però per altre questioni.»
«Cioè?»
«Dovrò essere assolutamente discreto.» Gabriel si voltò verso Brentworth. «Tu come fai?»
«Innanzitutto tengo la bocca chiusa, anche con te.»
«Me ne rendo conto.»
«Non lo faccio per offenderti, ma perché non riesci a tenere un segreto. Parlare con te dei miei intrallazzi sarebbe come pubblicare la notizia sul giornale.»
«Io non spettegolo mai sulle tue amanti.»
«No, ma solo perché non te ne parlo quasi mai.»
Gabriel grugnì. «Hai detto innanzitutto. Qual è il tuo secondo asso nella manica?»
«Pretendo dalla donna che non parli con le amiche di noi.»
«E funziona?»
«La metà delle volte. Di norma restringe almeno il numero delle amiche con cui si confida la mia amante di turno, così almeno la notizia non diventa di pubblico dominio il giorno dopo. E lei fa giurare alle amiche di non dire nulla, e loro fanno altrettanto quando rivelano la storia. Quindi, anche se viene diffusa, non se ne parla mai apertamente.»
«Furbo... Però io ho proprio bisogno che non si sappia, non solo che non se ne parli.»
«È complicato, come hai detto tu. Se la donna conviene sulla necessità di discrezione, non si confiderà con le amiche. Però non dovrete mai farvi vedere insieme. Non andare a casa sua, né lei deve venire da te, non dovete ballare insieme alle feste. V'incontrerete lontano da Mayfair, perciò serve una seconda casa con pochi domestici fidati. Però, ti dirò, vale la pena prendere tutte queste precauzioni solo per una donna molto importante e straordinaria.»
Stratton spostò lo sguardo da un amico all'altro, poi osservò: «Se una donna è tanto straordinaria e importante, non è già sposata e vale la pena prendersi tanto disturbo per lei, perché non sposarla?».
«Sei adorabile quando fai così, Stratton» sogghignò Brentworth.
L'amico s'irrigidì, offeso.
«Langford parla di una dipendente, una segretaria è poco più di una domestica» gli spiegò Brentworth. «Non può sposare una donna di origini ignote. Entrambi andremo all'altare a tempo debito, Stratton, ma quando sarà faremo una scelta consona, come hai fatto tu, e sposeremo una donna adatta alla nostra posizione e al nostro titolo.»
«Non siete obbligati a farlo.»
«Tu dici? Mi sorprende che lo pensi. Stai forse diventando un radicale, Stratton?»
Gabriel riportò il discorso sulla questione che gli stava a cuore. «Non sarebbe difficile procurarsi un'altra residenza» borbottò, pensoso. Sarebbe stato come quando aveva utilizzato temporaneamente la casa di Harry, che però ora era tornato. «Posso provvedere a impiegare pochi domestici, però mi dispiace fingere che per me lei non abbia alcuna importanza quando siamo in pubblico. Sarebbe offensivo.»
«L'alternativa è far capire a tutti la verità, e non puoi permettertelo» lo mise in guardia Brentworth.
Era la scelta più prudente, ma a Gabriel non piaceva comunque. Non voleva che Amanda pensasse di essere fonte d'imbarazzo per lui. Se fosse stato per lui, l'avrebbe ricoperta di seta e avrebbe passeggiato con lei al parco, l'avrebbe portata alle feste, e al diavolo tutti.
Però lei non poteva correre quel rischio. Non era una vedova né una moglie annoiata, ma una donna nubile alle dipendenze di Lady Farnsworth. Se avesse dato scandalo sarebbe stata licenziata e si sarebbe trovata senza lavoro e senza referenze. Nessuna persona perbene l'avrebbe assunta.
«Puoi semplicemente risparmiarle qualsiasi pericolo e decidere di non corteggiarla» disse Stratton. «A volte ritirarsi è la decisione più onorevole.»
«È vero, potrei.»
«Ma non lo farai, vero?»
Certo che no. Sarebbe stato impossibile. Pensava a lei continuamente. L'avrebbe conquistata, ma si sarebbe anche preoccupato della sua reputazione e della sua sicurezza. Era un gentiluomo, dopotutto.
La carrozza riportò a casa Lady Farnsworth, poi proseguì con a bordo Amanda. Era contenta di essere finalmente sola, perché doveva riflettere.
Era preoccupata dal fatto che Langford avesse scoperto la sua identità. Cos'avrebbe potuto sapere di lei? Avrebbe potuto capire il suo intento, magari anche interferire con il suo piano? Le domande le affollavano la mente, creandole sempre più ansia.
Cercò di calmarsi e di restare lucida mentre esaminava la situazione.
Langford sapeva ben poco di lei per il momento ma se avesse continuato a cercare di conquistarla avrebbe potuto scoprire troppo. Cos'avrebbe potuto sapere un duca se avesse cominciato a prendere informazioni sul suo conto?
Doveva cercare di ragionare. Il duca sembrava ancora interessato a lei, ma forse la misteriosa pastorella l'aveva attratto più di quanto potesse piacergli la scialba Amanda Waverly.
Inoltre di lì a due giorni sarebbe scomparsa. Giovedì avrebbe terminato il lavoro da Lady Farnsworth, il giorno dopo avrebbe lasciato l'alloggio, e Langford non avrebbe saputo come rintracciarla.
Quel pensiero la rassicurava ma la intristiva, anche. Non avrebbe voluto ammetterlo, ma era impossibile ignorare la malinconia che l'aveva invasa. Guardò fuori dal finestrino della carrozza, rammaricandosi perché non era libera di prendere in considerazione la proposta di Gabriel, per quanto potesse essere sconveniente.
Rivederlo a teatro le aveva fatto battere forte il cuore. Neanche la paura che venissero scoperti i suoi crimini aveva potuto soffocare la gioia che l'aveva invasa. E il suo bacio era stato inebriante. Se chiudeva gli occhi le sembrava di sentire ancora le labbra del duca sulle sue e avvertiva una profonda eccitazione.
Aveva a portata di mano qualcosa che desiderava moltissimo ma non poteva avere. Era emozionante sentirsi libera e viva tra le sue braccia, avvolta da un'intimità che prescindeva dai loro nomi e dal loro passato, ma era intessuta di una familiarità più essenziale.
Era una passione che avrebbe potuto cambiarle la vita e le veniva da piangere per la frustrazione sapendo di non poterla conoscere neanche per una notte.
Oppure sì? Una notte, solo una, e poi sarebbe sparita.
Gabriel si svegliò di soprassalto per un sogno vivido ma le immagini svanirono rapidamente.
Era nel carcere di Newgate con Stratton, insieme a un secondino, e guardava all'interno di una cella dov'erano rinchiusi tre ragazzi.
Aveva riconosciuto i ragazzi. Li aveva visti tre mesi addietro, quando il deputato Sir James Mackintosh si era offerto di accompagnare in prigione i lord che fossero interessati alla visita. Sir James era stato sorpreso quando aveva scoperto che un solo nobile aveva accolto la sua proposta, il Duca di Langford.
Gabriel non sapeva perché avesse accettato, forse per curiosità, ma anche perché si rendeva conto vagamente che molte persone subivano pene troppo gravi rispetto ai reati commessi. Perciò aveva seguito Sir James a Newgate e aveva visto i ragazzi. Gli era stato spiegato che erano dei borseggiatori e che uno di loro aveva rubato solo cinque penny.
Però nel sogno al posto di Sir James c'era Stratton e, improvvisamente, nella cella al posto dei ragazzi erano apparse delle donne di tutte le età, alcune povere e altre malate.
Una donna anziana gli aveva fatto un cenno invitandolo a guardare all'interno della cella. Il ricordo del suo fetore era ancora ben chiaro nella sua mente. Aveva scrutato l'ambiente angusto e, accanto alla parete, aveva visto Miss Waverly, nuda e pallida alla luce fioca che filtrava dalla finestrella.
Si sforzò di ricordarla ma il sogno si era ormai ridotto a pochi frammenti che svanirono in fretta. Quel sogno era un simbolo dell'ennesima punizione che subiva per avere fatto il suo dovere, si disse. Invece di fare sogni piacevoli sognava una prigione e l'unica donna nuda era dietro le sbarre, fuori dalla sua portata.
Si voltò supino e si abbandonò al dormiveglia. Prima di appisolarsi pensò che il giorno dopo avrebbe affittato una casa a nord di Hanover Square.
Ma qualcosa gl'impedì di addormentarsi. Non era un sogno ma un vago rumore, un respiro, una presenza.
Sentire il peso di un corpo che abbassava il materasso lo fece svegliare. C'era un viso che incombeva sul suo, quello di una donna che lo baciò.
La riconobbe subito e, felice, la lasciò fare, nonostante fosse impacciata nel suo assalto ardente, poi l'attirò in un abbraccio mettendola sopra di sé. Era nuda. Era arrivata e si era spogliata senza fare rumore. Prima di abbandonarsi al desiderio, si chiese come avesse fatto.
«Un altro furtivo incontro notturno» sussurrò tra un bacio e l'altro, mentre le accarezzava il corpo nudo. «Prima o poi voglio vederti alla luce del giorno, Amanda. Mi permetti di chiamarti per nome e darti del tu? Considerato che sei nuda e ti sei infilata nel mio letto, credo di potermi permettere questa libertà.»
«Certo che puoi. Quanto a vedermi di giorno... chissà, forse prima o poi succederà.»
«E spero anche che, date le circostanze, io sia sollevato da qualsiasi promessa.»
«Sì, ma confido comunque nel fatto che ti comporterai da gentiluomo.»
«Non sarò solo un gentiluomo, ma anche discreto. Puoi fidarti di me, Amanda.» Con un colpo di reni, la fece finire supina sotto di lui. «Se dobbiamo farlo, voglio che sia fatto bene.» Si alzò a sedere e si tolse la camicia da notte che buttò sul pavimento, poi abbracciò Amanda per gustare la sensazione della sua pelle calda contro il corpo.
«Ho esperienze limitate, non so che cosa significhi fatto bene.»
«Per fortuna io ho più esperienza, perciò lasciati andare. Ora baciami ancora, però. Non ho mai ricevuto baci tanto dolci.»
Lei gli cinse il collo con le braccia e lo baciò, dapprima timidamente e poi con maggiore trasporto. Poi Gabriel prese il sopravvento e lasciò libero di scatenarsi il desiderio a lungo accumulato. Non aveva mai provato un ardore tanto intenso.
Amanda si abbandonò, lasciando che Gabriel prendesse il controllo. Non aveva altra scelta, in verità. Le sue carezze avide e sapienti le imponevano di cedere alla sua passione e al piacere che diventava sempre più forte. Obbedendo ai suoi ordini sommessi, lo seguì verso una dimensione febbrile.
Il piacere era squisito, e passava dalla sensualità torbida alla frenesia spasmodica. Le mani e la bocca del duca la sottoponevano a una dolce tortura che la portò a vette indicibili di godimento tanto presto da dispiacersi quasi che dovesse finire tutto troppo presto. Invece lui la condusse ancora più in alto, a librarsi verso un delirio erotico che le annebbiò i sensi e la fece gridare per la tensione che voleva portarla all'apice dell'estasi, ma contemporaneamente a sperare che non finisse mai.
E invece lui le dava sempre di più. Sì, oh, sì, di più... Amanda non sapeva se fosse lui a incitarla o se fosse lei a pregarlo, ma le loro menti sembravano procedere all'unisono mentre lui le stimolava i seni, le accarezzava il corpo e la toccava con dita esperte che le facevano venire voglia di piangere per il godimento devastante che le procurava.
E lui le insegnò anche ad accompagnarlo in quella ricerca del piacere. Nonostante la sua mente fosse annebbiata riuscì a seguire le sue lezioni. Toccami... sì, così.
Ormai priva di pudore, Amanda osservò attentamente i propri gesti e quelli di lui, le sue mani tra le cosce mentre l'accarezzava in modi che le facevano desiderare di più.
Di più?
Oh, sì, come l'altra volta, ti prego, altrimenti morirò.
Non ancora, fidati di me.
Amanda gli si aggrappò alle spalle, convinta di essere veramente sul punto di morire. Il suo corpo non riusciva a contenere le sensazioni che le procurava, voleva porre fine a quella tortura in quel momento. Aveva bisogno di qualcosa di diverso, e lui lo capì, perché la coprì con il suo corpo, stringendola a sé, le fece piegare le gambe e si sollevò sorreggendosi sulle braccia tese. Amanda abbassò lo sguardo e lo fissò mentre la penetrava lentamente.
Trattenne il fiato, concentrandosi su quel nuovo piacere, così perfetto, giunto proprio al momento giusto. Sentirsi piena, completa, le fece provare un sollievo indicibile ma anche un piacere intensissimo. Lui affondava piano, facendole assaporare ogni istante.
L'annebbiamento dei sensi minacciò di sopraffarla, ma Amanda resistette. Voleva ricordare ogni istante, non perdersi nella passione. Cercò di restare aggrappata alla realtà, e a lui. Lo guardò e, nonostante fosse buio, poté distinguere bene la sua espressione tesa, il luccichio dei suoi occhi.
Era un momento perfetto, stupendo, di assoluta beatitudine. Lui cominciò a muoversi, provocandole uno stupore ancora più forte, poi aumentò il ritmo e il vigore degli slanci proprio quando lei pensò di volere qualcosa di più, come se l'avesse capito. I suoi affondi divennero frenetici e Amanda si abbandonò a una dimensione selvaggia di baci e gemiti, finché lui non le donò la beatitudine che le aveva promesso.
«Sono contenta che almeno uno di noi sapesse come farlo bene.»
La sua voce lo riportò alla realtà. Gabriel cercò di tornare in sé, dispiaciuto perché era costretto ad abbandonare il languore in cui si trovava, tra le sue braccia, lontano dal mondo circostante.
Sì, l'avevano fatto bene. Non sapeva se essere contento che lei fosse inesperta o dispiaciuto perché non avesse l'esperienza necessaria per comprendere quanto fosse stato bello in termini assoluti. No, concluse, la preferiva innocente; non gli avrebbe fatto piacere sapere che aveva avuto così tanti amanti da saper riconoscere la differenza.
Era strano, non era mai stato geloso prima di allora, tantomeno del passato di una donna.
Si staccò da lei e la strinse a sé. «L'uomo che ti ha ingannato non si era mai dedicato al tuo piacere?»
Lei scosse la testa. «Non credo che avesse fatto molta pratica, tranne che con sua moglie.»
«Era sposato?»
«Sì, ma l'ho scoperto dopo.»
«Dovresti fare attenzione ai seduttori.»
«Non era un uomo di mondo, ma un muratore. Affascinante, sì, ma anche un serio lavoratore, non un elegante damerino e un rubacuori.» Non come te. «Aveva semplicemente omesso di avere già una famiglia e io nutrivo troppe speranze. Non mi aveva mai promesso di sposarmi, ero io ad averlo dato per scontato.»
«Non devi biasimarti per essere stata ingannata. Fidati, sapeva esattamente quello che faceva.»
«Mi rammarico solo di essere stata stupida, non lo giustifico.» Amanda alzò lo sguardo verso il suo volto. «Mi fa piacere che tu sia stato sincero con me, e onesto. Sono contenta di avere deciso di venire qui stanotte.»
Ma lui non era altrettanto contento delle sue parole. Sembrava che non avessero voluto altro che un incontro carnale soddisfacente per entrambi. A dire la verità, si sentiva usato, e gli venne quasi da ridere per la sua reazione. Decise di cambiare discorso.
«Dimmi come sei arrivata a lavorare per Lady Farnsworth.»
Lei gli raccontò di essere stata alle dipendenze di due dame in campagna e di una in città, e poi avere deciso di presentarsi a Lady Farnsworth che cercava un segretario.
«La padrona dell'agenzia d'impiego non voleva darle il mio nome perché sono donna, perciò ho chiesto personalmente a Lady Farnsworth di assumermi. Sono andata a trovarla, tanto non avevo niente da perdere. Ho detto al maggiordomo che volevo propormi come segretaria. La mia audacia l'ha incuriosita e ha deciso di ricevermi.»
«È stata una fortuna per te che Lady Farnsworth sia un personaggio eccentrico. È un bene che qualcuno abbia tratto vantaggio dal suo carattere.»
«A sentirti parlare così sembra che non ti piaccia. Mi è parso anche quando vi siete incontrati a teatro, pure se lei ti stima.»
«Vuole solo dimostrare di riuscire a influenzarmi. Per lei sono solo un esperimento.» Le raccontò dell'articolo di Lady Farnsworth. «Non cambierò per i rimproveri pubblici di una nobildonna. Ora vuole solo vedere se farò qualcosa di cui lei possa attribuirsi il merito, e questo m'indispettisce.»
«Probabilmente si riferiva a qualcun altro, o magari a nessuno in particolare. Voleva solo criticare delle abitudini della società che richiedevano i suoi commenti.»
«Sì, è probabile. Non devo farmi influenzare troppo.» Però non credeva che l'articolo riguardasse il comportamento di tutta la classe nobiliare.
«È molto gentile e generosa con me.»
«Allora la mia opinione migliorerà per questo. Però non sarebbe d'accordo riguardo alla nostra relazione, e per questo capisco che tu avessi paura di essere scoperta con me. Non confidarti con nessuno, dobbiamo essere prudenti e discreti per il tuo bene.»
Lei si accoccolò contro la sua spalla. «Non mi confido mai con gli altri riguardo alla mia vita.»
Sentendo le palpebre che si chiudevano, lui mormorò: «Posso dormire, sicuro di ritrovarti al mio risveglio? Ho delle cose da dirti riguardo ai miei progetti».
Non ottenne risposta. Amanda si era già addormentata.