Gabriel smontò da cavallo davanti a una casa a Green Street ed esitò prima di bussare alla porta, rendendosi conto di quanto gli costasse mantenere il controllo davanti a quello che stava per affrontare, solo per avere una scusa di rivedere Amanda. Invece di apprezzare la sua tenacia, lei avrebbe potuto reagire con irritazione. Allora perché era lì? Perché era troppo orgoglioso e presuntuoso per accettare che lei rinunciasse a lui tanto facilmente? No, perché era lui a non voler rinunciare a lei così facilmente.
Una donna aprì la porta, una cameriera che prese il suo biglietto da visita e lo portò con sé su un vassoietto d'argento. Se fosse stato fortunato Lady Farnsworth non avrebbe voluto riceverlo, fingendo di non essere in casa, e lui avrebbe potuto chiedere di parlare con la sua segretaria.
Invece la sua speranza fu delusa perché la cameriera tornò per accompagnarlo in una biblioteca con divanetti e poltrone dalla tappezzeria a fiori sgargianti, vistosi come la padrona di casa.
Lady Farnsworth era seduta a uno scrittoio vicino alla finestra e stava scartabellando dei fogli. Quando Gabriel entrò, alzò lo sguardo e disse: «Benvenuto, Langford. Sarò subito da voi. Intanto servitevi qualcosa da bere. Le caraffe sono su quel tavolino. Devo trovare una lettera...».
Gabriel esaminò le caraffe e optò per un whisky, forse l'avrebbe aiutato a farsi forza.
«Non capisco. Miss Waverly è una persona precisa e organizzata. La bozza dovrebbe essere qui, ma non la trovo.» Lady Farnsworth sospirò e si alzò. «Verrà fuori prima o poi. Devo solo ricontrollare i fogli. Ho messo tutto in disordine.»
«Sicuramente ci penserà Miss Waverly.»
Lady Farnsworth si sedette e gli fece cenno di accomodarsi in poltrona. «Sedetevi. La vostra visita è un onore inatteso.»
«Sono venuto a chiedervi consiglio» disse lui con voce strozzata, sforzandosi di sorridere.
«Questa sì che è una sorpresa! Non siete il primo a chiedere la mia opinione, ma non immaginavo che vi sareste rivolto proprio a me.» Lady Farnsworth lo fissò con occhi scintillanti e l'espressione compiaciuta. «Però, devo dire che i vostri interessi sono cambiati in quest'ultimo anno, si sono ampliati ed è possibile che s'intersechino con i miei in certi punti.»
«Ciò che vorrei chiedervi ha a che fare con una proposta di legge, anzi due. La prima sulla riforma delle leggi penali e l'altra sulla carcerazione.»
«Le seguo entrambe con interesse.»
«Pensavo che poteste dirmi quali lord siano più inclini ad ascoltare delle argomentazioni a favore delle riforme.»
«Volete garantirvi i voti in anticipo? È molto saggio, specialmente riguardo a una proposta di legge tanto controversa. Ci sarà un'aspra battaglia su quest'argomento. Tuttavia alcuni nobiluomini hanno espresso nel mio salotto opinioni più liberali di quelle che sostengano in pubblico. Lasciatemi pensare...»
Gabriel attese che Lady Farnsworth decidesse quali nomi potesse rivelargli. Dubitava che potesse dargli più informazioni di Brentworth, ma la legge non era il vero motivo della sua visita. In realtà aspettava che la segretaria tornasse al suo posto alla scrivania.
Lady Farnsworth snocciolò una serie di nomi, precisando anche quale liquore preferisse ognuno di loro, nel caso Gabriel avesse deciso d'invitarli a casa sua per parlare in privato, una strategia che lei caldeggiava. Lui annuiva e cercava di dimostrarsi attento e riconoscente per i suoi consigli, ma continuava a lanciare delle occhiate alla porta di tanto in tanto, sperando di veder entrare Amanda.
«Perdonatemi, forse sono stata troppo prolissa» disse infine Lady Farnsworth con una risatina. «Però apprezzo molto i discorsi che vertono sulla politica. Spero che le informazioni che vi ho dato vi siano utili per il vostro obiettivo che, per inciso, ha tutta la mia approvazione.»
«Grazie, mi siete stata di grande aiuto.» Gabriel si alzò. «Ora vi lascio alla vostra ricerca della lettera e non vi rubo altro tempo, ma forse dovreste chiedere alla vostra segretaria e risparmiarvi una fatica inutile, è probabile che lei sappia dove sia.»
Lady Farnsworth lo guardò sorpresa. «Purtroppo non posso, perché non è più alle mie dipendenze. È andata via. Mi ha assicurato di avere lasciato tutte le carte in ordine e non dubito che lo fossero ma, nella mia impazienza, devo averle mescolate e ora non trovo più quello che cercavo.»
Gabriel non aveva ascoltato più nulla dopo è andata via. «Vi ha lasciata? È un peccato.»
«Non poteva fare altrimenti. Sua madre aveva bisogno del suo aiuto ed è dovuta andare via in fretta. Senza di lei qui è una tale confusione!»
«Forse potrebbe venire ad aiutarvi almeno per qualche ora e rimettere in ordine le vostre carte.»
«È impossibile. È partita e non so quando potrà tornare, sempre che possa. No, non mi resta che cercare un'altra segretaria ma non ne ho il coraggio.»
«Sono certo che troverete una valida sostituta.» Gabriel la salutò con un inchino e uscì.
È andata via... Non gli aveva detto niente. Non l'aveva informato dei motivi familiari che imponevano la sua partenza.
Non gliel'aveva detto perché lui non aveva alcun diritto di saperlo, si disse con amarezza. Alla fine, lo considerava privo d'importanza nella sua vita.
Erano trascorsi tre giorni dalla sua visita a Lady Farnsworth. Mentre faceva colazione, Gabriel ricevette un biglietto succinto da parte di Harry. Domani partirò da Londra. Se puoi, per favore vieni da me oggi pomeriggio alle tre. Era strano che suo fratello lo chiamasse a casa sua. Forse non voleva attraversare Mayfair e rischiare di vedere Emilia. Oppure Stratton o Brentworth l'avevano coinvolto usandolo come stratagemma per distrarlo dalla sua delusione. Se fosse stato così, avrebbe dovuto dire agli amici che sopravviveva bene anche senza il loro interessamento. Non faceva più ricorso all'alcol ubriacandosi per non pensare. Si era impegnato maggiormente nella politica ed era uscito spesso, serio e compunto, ben vestito, o aveva invitato i nobili a casa sua, per cercare sostegno a favore delle proposte di legge.
Il consiglio di Lady Farnsworth aveva dato i suoi frutti, con suo disappunto, perché avrebbe dovuto esserle grato se le leggi fossero state approvate.
Alle tre del pomeriggio andò da suo fratello, ricordando che non era trascorso tanto tempo da quando si era recato a casa sua per consolarlo per la sua delusione amorosa. Magari ora avrebbero potuto piangere uno sulla spalla dell'altro e criticare la natura capricciosa e incostante delle donne.
Fu proprio Harry ad aprirgli la porta. «Grazie di essere venuto, Gabe!»
«Non ti avrei permesso di partire senza salutarmi.»
«Certo, certo. Veramente non è per questo che ti ho chiesto di passare da me. Devo confessarti che è stato un piccolo stratagemma. Ho bisogno di un consiglio.»
«Non riguardo alle donne, spero. Ultimamente dubito di essere la persona più adatta a dare consigli sull'argomento.»
«Che strano, credevo il contrario. Hai avuto anche tu una delusione?»
«Cocente, devo dire. Però se vuoi la mia opinione sarò lieto di dartela.»
«Non riguarda una donna, stai tranquillo. Vieni con me e ti spiegherò tutto.»
Gabriel seguì Harry in biblioteca, dove trovò un altro uomo già seduto, che balzò nervosamente in piedi al loro ingresso. Di altezza media e corporatura gracile, aveva i capelli rossi con una forte stempiatura e il naso aquilino che dominava nel viso pallido e affilato. Le sue fattezze lo facevano sembrare più vecchio di Harry di vent'anni, ma Gabriel dubitava che ne avesse più di trenta.
Harry lo presentò come Thomas Stillwell. «Lavora per il British Museum e ci conosciamo da cinque anni» gli spiegò. «Mi permette di curiosare nei depositi, che sono pieni di tesori. Però ora ha un grave problema.»
«Per farla breve, c'è stato un furto» sbottò Stillwell. «Non ne è ancora a conoscenza nessuno al di fuori del museo. Mi sono confidato con Harry che mi ha detto che potreste avere qualche idea su come dovremmo procedere. Come immaginate, la situazione è delicata.»
Gabriel guardò Harry perplesso e il fratello gli spiegò: «La preoccupazione è che qualcuno che lavori al museo venga accusato del furto, o almeno di negligenza. Però quello che mi ha messo la pulce nell'orecchio è il fatto che si tratti del secondo furto nello stesso quartiere. Sospetto che il ladro sia lo stesso».
«Com'è stato commesso quello al museo?»
«È stata un'impresa molto temeraria» disse Stillwell. «La spilla era in una teca chiusa. La serratura è stata forzata. Dev'essere stato uno dei visitatori del museo, molto spericolato, direi, per avere scassinato la serratura in mezzo alla gente, con il rischio di essere scoperto.»
«Mi sembra un caso diverso dal furto a casa di Sir Malcolm» osservò Gabriel.
«Ma altrettanto audace. Ho saputo che il ladro si è introdotto in casa dalla finestra dello spogliatoio. Deve avere scalato il muro, oltretutto rischiando di essere visto, perché la finestra è da questo lato dell'abitazione. Se fossi stato in casa avrei potuto sorprenderlo per caso, guardando fuori dalla finestra. Ma quello che m'induce veramente a credere che si tratti della stessa persona sono gli oggetti rubati.»
Stillwell mostrò a Gabriel un foglio con il disegno di una spilla d'oro antica con un disegno intricato e tempestata da piccole pietre preziose. «È stato uno tra i primi manufatti inglesi. È una scelta strana, perché tutti preferiscono le opere d'arte classiche.»
«Però è comunque di grande valore, immagino» calcolò Gabriel, pensoso. Continuava a riflettere sul fatto che il ladro fosse entrato dalla finestra che dava sulla casa del fratello. «E forse è stato rubato anche perché non è un pezzo noto. In quell'ala del museo ci saranno stati meno visitatori.»
«No, secondo me è stato scelto di proposito» ribatté Harry. «Guarda il disegno dell'oggetto rubato da Sir Malcolm. È una fibbia di stile e modello molto simile. Capisci cosa intendo? Nella stessa teca c'erano oggetti più preziosi, monete rare, cammei, un anello medievale con uno smeraldo e due piccoli bronzi classici. Invece il ladro ha preso solo la fibbia quando avrebbe potuto infilarsi in tasca anche tutto il resto. No, il ladro è un collezionista, Gabe, non c'è altra spiegazione. Lui voleva solo questi.»
«Quale collezionista è anche un abile ladro che scala muri e forza serrature?» obiettò Stillwell.
«Può avere incaricato qualcun altro del furto» osservò Gabriel. «A quale altezza si trova quella finestra?»
«Almeno a venticinque piedi da terra. Poi te la farò vedere» rispose Harry.
«Non molti ladri sono in grado di compiere furti così incredibili. Magari è un pregiudicato e le autorità lo conoscono.»
«Non possiamo rivolgerci a nessuno, ufficialmente» obiettò Stillwell. «Se si venisse a sapere che abbiamo perso un oggetto prezioso...»
«Qualcuno se ne prenderà la colpa» concluse Gabriel.
«Esatto.» L'espressione mogia di Stillwell gli fece capire che quel qualcuno era lui.
«Allora dovremmo chiederci innanzitutto chi possano essere i collezionisti di questi reperti. Brentworth ha ereditato una cospicua collezione e forse sa chi sia appassionato di gioielli antichi. Potrebbe essere utile chiedergli informazioni» consigliò Gabriel.
«Visto? L'avevo detto io, che mio fratello avrebbe saputo cosa fare e che conosce le persone giuste» esclamò Harry rivolgendosi a Stillwell. «È molto discreto, non preoccuparti» lo rassicurò.
Veramente Gabriel non si era offerto di essere lui a indagare, anzi, avrebbe voluto evitare di occuparsi di quel caso perché aveva uno strano presentimento che lo inquietava e non riusciva a smettere di pensare alla finestra.
Dopo che Stillwell fu uscito, Harry esortò Gabriel a seguirlo per mostrargli la finestra. L'unico aspetto positivo di quella faccenda era che almeno Harry aveva trovato il modo di distrarsi e non pensare a Emilia. Salirono in camera di Harry e lui si avvicinò a una finestra e indicò.
«Ecco, vedi? È quella. La casa di Sir Malcolm ha i soffitti molto più alti della mia perciò il mio primo piano è più in basso rispetto al suo. Penso che il ladro si sia aggrappato alle modanature.»
Gabriel guardò fuori dalla finestra, poi l'aprì e si sporse. Posò lo sguardo sulla finestra di Sir Malcolm, poi lo abbassò verso il giardino, dove aveva visto lo scialle di Amanda la mattina dopo il loro incontro.
La brutta sensazione che lo angustiava divenne più forte. Tornò a guardare la casa di Sir Malcolm, chiedendosi se fosse possibile arrampicarsi usando come punto di appoggio le modanature decorative. Ripensò alla pastorella che aveva cercato di attaccare bottone con suo fratello durante il ballo in maschera, e poi la donna che aveva tenuto tra le braccia e gli aveva proposto d'incontrarsi in una zona lontana da Mayfair dopo avere saputo che Harry sarebbe partito.
«Scusami, Harry, vorrei controllare una cosa. Se non ti dispiace, aspettami in biblioteca.»
Harry lo accontentò, perplesso, e scese al pianterreno. Invece Gabriel salì al piano superiore, occupato dagli alloggi dei domestici. Molte stanze erano vuote perché suo fratello, essendo un tipo spartano, non impiegava molta servitù.
Entrò nell'ultima stanza in fondo, spostò un tavolino che era davanti alla finestra e guardò fuori. Vide lo spogliatoio di Sir Malcolm proprio sotto, dall'altra parte del muro e della siepe. La finestra non era molto lontana dal punto in cui aveva trovato lo scialle.
Ripensò ad Amanda che era in pantaloni, la prima volta in cui si erano incontrati in quella casa. Ora capiva perché insistesse tanto a non farsi vedere da nessuno.
Si sentì travolgere da una potente emozione, un misto di collera cieca e profondo dolore.