15

Amanda scoprì che la casa di Langford era una prigione molto lussuosa. La governante l'accompagnò in un'ampia camera con i tendaggi di seta verde. Una cameriera disfece i bagagli e appese gli abiti nello spogliatoio adiacente, e un valletto le servì la cena, un delicato piatto di pollame con una salsa squisita, accompagnato da un ottimo vino. Amanda mangiò con gusto mentre la cameriera le preparava il bagno nello spogliatoio.

Durante il tragitto in carrozza aveva alimentato la propria collera per poter avere la forza di respingere il duca se avesse dato per scontato che avrebbero continuato a essere amanti mentre la teneva segregata in casa sua. Invece non aveva neanche tentato di sfiorarla. Al loro arrivo, aveva dato istruzioni alla governante affinché le servisse la cena e le preparasse un bagno, poi l'aveva salutata dicendo che si sarebbero visti l'indomani per parlare, liquidandola seccamente come se la sua presenza fosse stata solo un fastidio.

Il bagno fu più sensuale di qualsiasi bacio. Rimase a mollo più a lungo possibile e si concesse il lusso di farsi lavare i capelli dalla cameriera. Poi la domestica l'aiutò a mettersi a letto e chiuse le tende mentre due valletti portavano via la vasca. Amanda apprezzò le lenzuola fresche e morbide e si addormentò subito. Quando si svegliò, al mattino, rimase a letto a riflettere sulla sua situazione. Se avesse detto la verità al duca, l'avrebbe liberata e le avrebbe permesso di proseguire nella realizzazione dei suoi programmi? In tal caso forse non sarebbe stato troppo tardi per seguire la consegna della fibbia, se fosse riuscita a riprendere la sorveglianza quella mattina stessa.

Ma quante possibilità c'erano che il duca acconsentisse? Probabilmente l'avrebbe fatta finire dritta davanti al giudice.

Però forse sarebbe bastato rivelargli almeno una parte della verità.

Si alzò e aprì le tende. Langford le aveva detto che avrebbero parlato quella mattina. Era giunto il momento di sottoporsi al suo interrogatorio. Con un pizzico di fortuna quella notte non avrebbe dormito in una cella a Newgate. Si vestì in fretta e scese, ma fu informata che il duca era già uscito.

Il valletto lo accompagnò nel salottino e Brentworth posò la lettera che stava leggendo. «È presto, Langford» commentò.

«Troppo presto, lo so. Però so che ti alzi quasi sempre all'alba, e io non ho chiuso occhio perciò... eccomi qui» disse Gabriel sedendosi e prendendo la tazza di caffè che gli porgeva un valletto.

Brentworth congedò il domestico; Gabriel si rese conto che aveva capito che avrebbe dovuto parlargli di un argomento delicato e riservato.

«Ho bisogno d'informazioni e spero che tu possa darmele» esordì.

«Ti accontenterò volentieri, a meno che la cosa mi renda colpevole di alto tradimento.»

I due amici risero, ma Gabriel sapeva che non era solo una battuta. Probabilmente Brentworth era a conoscenza d'importanti segreti di stato.

«Però tu non dovrai farmi domande al riguardo» l'avvertì.

«Ha a che fare con la pastorella?»

«Accidenti, questa è già una domanda» bofonchiò Gabriel.

«Va bene, ritiro tutto e non ti chiederò altro.»

«Un'ultima cosa... niente rimproveri.»

«Neanche uno? Che frustrazione!»

«Dico sul serio.»

«Va bene, non ti farò nessuna predica. Sembra che tu sia nei guai, anche se spero di no.»

«Ho l'impressione che questo sia un rimprovero, sai?»

«Molto velato, ma ora non aprirò più bocca. Avanti, dimmi tutto.»

Gabriel tirò fuori dalla tasca due fogli e li aprì. «Sai che cosa siano gli oggetti riprodotti qui? Li riconosci?»

Brentworth prese i disegni e li esaminò. «Li conosco.»

«Cosa puoi dirmi al riguardo?»

«La fibbia è stata rubata di recente a Sir Malcolm Nutley, il vicino di casa di tuo fratello. Lo sapevi?»

«Niente domande. Che cos'altro sai?»

«Sono oggetti molto antichi, risalgono al VI o VII secolo. Non sono di origine celtica, nonostante abbiano decorazioni lineari. È più probabile che siano reperti di una tribù barbara, forse Franchi approdati sui nostri lidi per fare razzie. Sono stati rinvenuti durante gli scavi in un sito archeologico nel Devonshire qualche anno fa.»

«Vedo che sei bene informato.»

Brentworth scrollò le spalle. «Mio padre era un collezionista e gli piaceva parlare di scavi e reperti. Io lo ascoltavo pazientemente, da bravo figlio.»

«Come ha fatto Sir Malcolm a entrare in possesso di quest'oggetto?»

«È una fibbia composta da due pezzi che dovrebbero unirsi con uno spillone. È stata venduta qui a Londra in un'asta privata insieme ad altri articoli e Sir Malcolm l'ha acquistata. Era uno dei tre pezzi più pregiati insieme alla spilla.»

«Vale molto?»

«Sir Malcolm l'ha pagata relativamente poco rispetto al suo valore attuale. A quell'epoca era una novità poco conosciuta, ora è di maggiore interesse perché la storia antica inglese delle origini è diventata di moda. L'altro pezzo invece è stato acquistato da Argyll che l'ha donato al British Museum. È lì, no?»

«Niente domande.»

«Posso sempre recarmi al museo e verificare di persona.»

«Fai come credi.»

«Sai benissimo che sarò discreto e non andrò a controllare.»

«Comunque, se andassi al museo e non vedessi questa spilla che cosa concluderesti?»

«Che anche la spilla sia stata rubata ma che il museo voglia passare sotto silenzio il furto, sperando di recuperarla prima che la sua scomparsa diventi di dominio pubblico e qualcuno venga accusato di negligenza. Non preoccuparti, non condividerò con nessuno i miei commenti. Anch'io so mantenere i segreti.»

«E non dedurresti altro?»

«Be', sì, che probabilmente i due furti sono stati compiuti dallo stesso ladro, appassionato di manufatti dell'Alto Medioevo o incaricato da un collezionista di reperti di quell'epoca.»

«Hai detto che all'asta c'erano tre reperti di grande valore. Sai quale fosse l'altro?»

«Il più pregiato era un pugnale con l'elsa che aveva una decorazione simile a quella della spilla, con un grande rubino alla sommità.»

«E sai chi l'ha acquistato?»

«Sì, in effetti, perché se l'è aggiudicato mio padre. Vieni, te lo faccio vedere» lo invitò Brentworth alzandosi.

Gabriel lo seguì. Il fatto che Brentworth possedesse il pugnale spiegava perché ne conoscesse la storia in maniera tanto dettagliata. Quella notizia avrebbe anche fatto sorgere il sospetto che il proprietario del pugnale avesse intenzione di acquistare anche gli altri due reperti con qualsiasi mezzo. Però il defunto Duca di Brentworth, ancora più integerrimo di suo figlio, non avrebbe mai assoldato un ladro per rubarli.

Brentworth spalancò gli sportelli di un armadietto d'ebano, aprì un cassetto interno e gli mostrò il pugnale con l'elsa d'oro decorata da un intreccio di linee e ornata da un grosso rubino.

«I reperti sono stati rinvenuti nel sito della nave sepolcrale del capotribù. Nella fossa c'erano ancora dei frammenti di legno. Gli uomini che hanno effettuato gli scavi non erano archeologi professionisti, perciò probabilmente sono andati persi molti dei resti.»

«Non erano professionisti, e i reperti sono stati venduti tramite un'asta privata» mormorò Gabriel, pensoso.

Brentworth rimase impassibile e non aprì bocca.

«Sai dove fossero gli scavi esattamente?»

«Secondo mio padre gli offerenti avevano dato informazioni vaghe riguardo al sito. Era vicino al mare, ma buona parte della contea del Devon è costiera. Credo che la mancanza di dettagli fosse volontaria. Tanta segretezza può significare che gli scavi non fossero legali. Mio padre ha acquistato il pugnale per evitare che fosse distrutto per ricavarne oro e vendere il rubino da solo.»

«Il museo ne è al corrente?»

«Ne dubito.»

«Non credi che chi volesse la spilla e la fibbia cerchi di procurarsi anche il pugnale?»

«Che ci provi pure. Non è facile introdursi in questa casa, e ancor meno in questa galleria.» Brentworth si guardò intorno, nell'ambiente pieno di oggetti preziosi e quadri di grande valore appesi alle pareti. «Mio padre ha preso le sue precauzioni.»

Gabriel dubitava che, qualunque fossero tali precauzioni, apparissero vane per proteggersi da un ladro che scalava i muri e saltava da una finestra all'altra... e soprattutto era assolutamente insospettabile come ladro.

Una donna normale al posto di Amanda non si sarebbe accorta di essere sorvegliata a vista. Avendo ricevuto un'istruzione tutt'altro che normale, invece, aveva notato subito che ogni sua mossa veniva tenuta d'occhio dai domestici. Dovunque andasse, c'era sempre un valletto nei paraggi, con la scusa di soddisfare subito qualsiasi sua richiesta. In realtà significava che ogni tentativo di darsela a gambe sarebbe stato futile.

In casa, però, poteva muoversi a suo piacimento, e Amanda ne approfittò per esplorare le stanze al pianterreno, tutte ampie e comunicanti. Apprezzò soprattutto la biblioteca, arredata in modo meno classico e severo del salotto e del soggiorno. Le sembrava che recasse l'impronta sensuale del duca, con colori caldi, divani comodi e poltrone imbottite, nonché un enorme caminetto.

Uscì in giardino e vide con la coda dell'occhio che due giardinieri si spostavano insieme a lei. Si diresse verso il gazebo in stile orientale e uno dei due decise di potare un cespuglio lì vicino. I ricordi risvegliati dal gazebo la intristirono al punto che si allontanò in fretta. Si sedette su una panchina e rifletté su come fare a scappare. Era inutile dire che il cancello sul retro del giardino era chiuso da un robusto lucchetto che sembrava nuovo. Solo di notte avrebbe avuto abbastanza tempo per tentare di forzarlo, ma forse sarebbe stato già troppo tardi.

Ogni ora che passava aumentava il rischio che la fibbia fosse già stata consegnata al destinatario e lei avrebbe perso la possibilità di seguirla. Langford non aveva idea del fatto che il suo intervento indebito avesse messo in pericolo sua madre.

Vincent uscì in giardino e, vedendolo, Amanda lo apostrofò: «Sono qui. Vi avverto che la vostra presenza è superflua. I giardinieri assolvono già a sufficienza al ruolo di carcerieri».

«Sono qui solo nel caso abbiate bisogno di qualcosa» replicò lui, compassato.

«Vi rendete conto che avere aiutato il duca a rapirmi è un reato, vero? Langford non finirà mai davanti a un giudice, ma voi potreste essere arrestato.»

«Non siete stata rapita. Siete salita sulla carrozza di vostra spontanea volontà, e comunque Sua Grazia ha detto che non denuncereste mai nessuno.»

Davvero?, pensò Amanda. Tornò con la mente a quello che le aveva detto Langford. Come aveva definito le sue attività? Illegali...

Allora aveva indovinato? Non aveva idea di come avesse fatto a capirlo, però era chiaro che la guardasse con sospetto.

«Il duca ha torto. Non posso essere trattenuta contro la mia volontà. Quando andrò via di qui, mi rivolgerò direttamente a un giudice e dirò quello che avete fatto. Allora saprete che cosa si prova a essere incarcerati.»

Vincent la guardò divertito. «Se potrò avere una cella come la vostra e gustare i manicaretti di una cuoca sopraffina, allora vi aiuterò ad andarvene. Ma perché non godere di questi lussi finché potete? Io lo farei se fossi al vostro posto.»

«Una prigione è sempre una prigione, anche con le lenzuola di finissimo lino. E ora, vi prego, lasciatemi sola. M'infastidisce la vostra evidente mancanza di fiducia nei miei confronti. O, almeno, allontanatevi dove non possa vedervi.»

Vincent l'accontentò e si tenne a una certa distanza, ma Amanda notò che si era fermato in un punto da cui avrebbe potuto tenere d'occhio il muro di cinta e il cancello.

Ma non ne aveva colpa, si disse. Vincent non faceva altro che eseguire gli ordini di Langford. Però le sarebbe piaciuto sapere perché l'avesse fatta sorvegliare. Qualche minuto dopo ebbe modo di chiedergli una spiegazione, perché lo vide uscire dalla portafinestra e dirigersi verso di lei. Appena lo scorse, Vincent si allontanò e anche i giardinieri si dileguarono. Amanda vide che i suoi occhi azzurri erano di ghiaccio e sentì la mancanza del suo sorriso seducente.

È solo colpa tua se lui è tanto freddo con te, si disse.

Langford si sedette accanto a lei sulla panchina. «Spero che tu abbia trovato tutto di tuo gradimento.»

«Se fossi tua ospite non avrei nulla di cui lamentarmi.»

«Ma sei mia ospite. Se pensi che non sia così, posso farti vedere che in casa ci sono dei posti in cui poter imprigionare veramente una persona, volendo.»

«Allora ti ringrazio per non avermi rinchiusa in uno di quei posti.» Fece una pausa, poi aggiunse in tono più sommesso: «Mi dispiace non averti detto che avevo deciso di tagliare i ponti con tutto».

«Ti capisco. Ti avrei chiesto il motivo e tu saresti stata costretta a mentirmi.»

«Non mi piace dire bugie.»

«Veramente? Lady Farnsworth mi ha riferito che avresti dovuto assistere tua madre. Non le hai detto che saresti rimasta a Londra.»

«Non ho mai detto che mia madre non fosse a Londra.»

Lui fece un sorriso sardonico, fissandola con lo sguardo penetrante. «Anche se non ti piace farlo, sei brava a mentire. Dai delle spiegazioni in maniera tale che gli altri possano dedurre ciò che vuoi che pensino, senza dirlo esplicitamente. È un vero talento. Sei dunque tanto scaltra, Amanda?»

Con sua sorpresa, le prese le mani e Amanda chiuse gli occhi, sentendo che quel contatto risvegliava in lei il ricordo del loro legame e le suscitava una profonda emozione, tanto che fu quasi contenta che lui avesse interferito con i suoi piani.

«Posso accettare che tu mi abbia respinto, perché la mia proposta non era sufficientemente onorevole. Ma il fatto che tu abbia lasciato il lavoro e tutta la tua vita mi fa sospettare che ci siano sotto dei motivi gravi.»

Amanda aveva voglia di confidarsi con lui. Era stanca di essere una pedina di uno sconosciuto e voleva essere libera, ma non si fidava di lui, perché Langford aveva dei doveri nei confronti della sua posizione e del suo titolo.

Gli strinse forte la mano perché il calore delle sue dita la confortava. «Mi piacerebbe essere ancora abbracciata a te nel tuo letto come qualche giorno fa» sussurrò con le lacrime agli occhi. «Vorrei che davanti a me ci fosse l'uomo che ricordo e non un duca severo e inflessibile che mi disprezza. Mi fidavo di quell'uomo, a cui ho donato il mio corpo e il mio cuore, ma non credo di potermi fidare di te ora.»

Gli baciò la mano poi si staccò da lui, si alzò e corse in casa.