16

Gabriel non la vedeva da quando era fuggita dal giardino per rifugiarsi in casa qualche ora prima, ma non faceva altro che ripensare alle sue ultime parole. Non credo di potermi fidare di te ora.

Quale terribile peso le gravava per averla indotta a rischiare tanto per rubare dei reperti antichi? Era certo di avere intuito solo in parte la sua storia, ma voleva sapere tutto, e non solo per capire che cos'avrebbe dovuto affrontare per essersi fatto coinvolgere.

E come diavolo aveva fatto a introdursi in casa di Sir Malcolm? Aveva rischiato la vita saltando da una finestra all'altra. Nella valigia non aveva nascosto alcuna refurtiva, perché vi aveva frugato mentre l'aspettava nella sua squallida cameretta nel seminterrato. La fibbia e la spilla erano già altrove. A chi le aveva consegnate? Inoltre aveva trovato pochi soldi tra le sue cose, perciò dov'era il compenso ricevuto per i furti commessi?

Uscì di casa per distrarsi e andò al club, dove trovò Stratton e Brentworth che giocavano a carte. Si unì a loro e Stratton li annoiò parlando del figlioletto, ma poi il discorso prese una piega sgradevole.

«Stratton, hai saputo del furto a casa di Sir Malcolm?» chiese Brentworth.

Stratton scosse la testa. In quel periodo era troppo assorbito dalla vita familiare.

«Il ladro è entrato da una finestra del primo piano. Un colpo da maestro.»

Gabriel non gli aveva dato alcun particolare. Approfittando di un momento di distrazione di Stratton, a cui un amico stava facendo le congratulazioni per la nascita del figlio, borbottò: «Ti avevo detto di non fare domande».

«E io non te ne ho fatte, come mi avevi chiesto» rispose Brentworth.

«No, ma ti sei messo a chiedere in giro, suscitando sicuramente la curiosità altrui.»

«Devo proteggere la mia proprietà.»

«Allora fallo, ma non ficcare il naso in questa storia.»

«La finestra era tanto alta, dunque?» commentò Stratton, tornando a interessarsi al discorso. «Il ladro ha rischiato l'osso del collo. Dev'essere molto abile. Basta un passo falso per schiantarsi al suolo.»

Gabriel si rammaricò che l'amico avesse smesso di parlare del figlio.

«C'era un tizio inglese in Francia che era diventato famoso perché s'introduceva nelle case dalle finestre in alto per rubare, e prendeva solo i gioielli più preziosi. Aveva occhio per i pezzi rari. Poi fu colto sul fatto e il suo processo fece scalpore. Come si chiamava? Watkins... no, Willow, forse? No, non credo.» Rinunciò a cercare di ricordarne il nome, scrollando le spalle.

«Che fine ha fatto? È possibile che sia tornato a colpire a Londra?» gli chiese Brentworth, incuriosito.

«Fu mandato in una colonia penale. Probabilmente è morto lì, come tanti.»

«E se invece fosse riuscito a fuggire buttandosi dalla nave? Se era bravo a forzare le serrature, può essersi liberato dalle manette ed essersi tuffato in mare nei pressi di un porto, o addirittura essere saltato in una nave vicina mentre erano ormeggiati per rifornirsi. Le guardie non sono attente sulle navi e spesso perdono il conto dei detenuti che trasportano.»

Mentre l'amico parlava, Gabriel ripensò ad Amanda. Per commettere quei furti ci voleva una grande abilità acquisita con anni di pratica. E se Amanda non fosse fuggita dalla sua vita attuale ma dal suo passato?

Amanda aveva lasciato le tende aperte e contemplava il cielo stellato restando distesa a letto. Aveva fallito; il suo piano si era rivelato un buco nell'acqua. Probabilmente la fibbia non era più nelle mani di Mr. Pritchard e lei non ne aveva seguito gli spostamenti perché era bloccata lì.

Sospettava che sua madre non sarebbe stata liberata, e se il suo rapitore le avesse fatto un'ulteriore richiesta lei non l'avrebbe neanche saputo. L'inattività di quella giornata l'aveva spinta a rimuginare ancora di più e, quando si era messa a letto, era giunta alla triste conclusione che tutti i suoi sforzi e i suoi sacrifici erano stati vani. Malgrado gli inganni e i reati commessi, non aveva potuto salvare sua madre.

La nuova vita che aveva cominciato cinque mesi addietro, andando a lavorare per Lady Farnsworth, le piaceva e la gratificava. Si sentiva utile ed era sicura di essersi lasciata alle spalle il suo passato disdicevole, ma aveva perso in un batter d'occhio tutto quello che aveva guadagnato.

Nonostante si sforzasse di dormire, non faceva altro che ripensare agli avvenimenti travolgenti delle ultime settimane. Si era rassegnata al suo destino, ma non per questo si erano calmate le sue emozioni turbolente.

Si girò subito verso la porta appena la sentì aprirsi e vide entrare Langford, che indossava una lunga vestaglia aperta e una camicia con il colletto slacciato. Era scalzo e aveva i capelli scompigliati come se si fosse appena svegliato. Andò a sedersi sul bordo del letto ed esordì: «Avevi ragione, Amanda. L'orgoglio e la presunzione hanno alimentato esageratamente la mia collera e ho reagito male perché temevo che mi lasciassi. Sono stato tanto egoista da non pensare che forse tu abbia dovuto abbandonare tutto e tutti per motivi che non potevo sapere».

Le sue parole sensibili e obiettive, e la carezza con cui le sfiorò una guancia e poi le labbra alleviarono leggermente la sua angoscia. «Sei venuto a chiedermi quali siano questi motivi?»

«Devo ammettere che era la mia intenzione originaria venendo qui, ma ora penso che il vero impulso che mi ha spinto sia il desiderio di abbracciarti per farti dimenticare i tuoi problemi, e per far sì che anch'io dimentichi il mio risentimento, almeno per questa notte, sempre che tu lo voglia, ovviamente.»

Oh, certo che lo voleva! Amanda anelava ad abbandonarsi alla pace e alla libertà che avrebbe potuto trovare nel piacere, tra le sue braccia.

Si spostò per fargli posto sotto le coperte. Poi si tirò su a sedere e si tolse la camicia da notte. Lui si alzò, lasciò cadere la vestaglia, e si spogliò mentre Amanda ricadeva tra i cuscini e lo guardava, in attesa.

Spalancò le braccia per accoglierlo, e intrecciò le gambe alle sue, gustando la beatitudine dell'intimità, sentendo il suo corpo forte sopra di sé. Si diedero piacere senza parlare. Amanda si lasciò trasportare dai baci e dalle carezze che si scambiarono finché la gioia non spazzò via le sensazioni tristi e cupe che l'avevano accompagnata in quei giorni. Accolse la loro unione carnale con trasporto ancora maggiore perché aveva assunto un nuovo significato, e si rese conto che anche lui ne aveva bisogno e percepiva l'intensità dell'estasi che li sopraffece.

Dopo rimasero distesi, abbracciati, e nella serenità che l'aveva invasa e a cui si era aggrappata avidamente, capì che, se c'era una persona al mondo di cui avrebbe potuto fidarsi, era proprio lui.

«Ed eccoci di nuovo al buio» le bisbigliò lui all'orecchio, ancora unito a lei.

«È strano, ma nell'oscurità mi sembra di conoscerti meglio, forse perché non ci sono distrazioni che mi distolgano dal tuo corpo e della tua voce, da ciò che ho capito di te.»

Lui si staccò da lei e si distese al suo fianco. «E che cos'hai capito?»

«Che non mi faresti mai del male, per quanto tu possa essere arrabbiato con me.»

«Mi fa piacere che te ne sia resa conto.»

«So che sei un brav'uomo, anche se a volte ti comporti male riguardo a questioni di minore importanza, come per esempio le donne.»

«Non ho mai pensato che le donne fossero questioni di minore importanza.»

Amanda fece una risatina sommessa. «È vero, considerato quanto tempo dedichi loro. Ma quello che volevo dire è che sei un uomo di sani principi, anche quando ti comporti come un demonio. Sei stato educato da uomo d'onore, e quei valori fanno parte di te. È una cosa che t'invidio.»

«Immagino che anche tu sia stata educata a rispettare quelli che tu chiami sani principi

Lei girò la testa per guardarlo negli occhi con serietà. «Invece no, non mi è stata inculcata l'importanza dell'onestà e della giustizia. I miei genitori erano criminali, ladri, e mi hanno insegnato come sopravvivere nel loro mondo.»

Lui l'ascoltò restando impassibile.

«Oh, avevano delle scuse da addurre per giustificarsi» continuò Amanda. «Un loro codice d'onore, per così dire. Non si rubava ai poveri, ma solo alle persone molto ricche, niente violenza, non si faceva mai la spia, neanche per denunciare i peggiori criminali. Si comportavano come se le loro abilità li rendessero speciali, membri di una casta eletta. Però quando avevo dieci anni avevo già capito che volevano illudersi che fosse così. Eravamo ladri, non artisti. Criminali. Sapevo che non stavamo meglio del più vile ladruncolo.»

«È per questo che tua madre ti mandò in collegio?»

«Ero diventata una presenza scomoda per lei. Crescendo, attiravo troppo l'attenzione. Pensava di venire a prendermi quando avessi compiuto quindici anni, in modo da diventare sua complice. Però io le disse che mi rifiutavo di commettere furti e imbrogli con lei, e che non accettavo il suo modo di vivere. Da allora non l'ho più rivista, anche se ha continuato a scrivermi.»

«E ora si è fatta viva?»

«Più o meno» rispose lei, vaga, prima di voltargli le spalle e raggomitolarsi su un fianco.

Lui non si accorse che stesse piangendo finché non udì un singhiozzo soffocato. Quando le mise una mano sulla spalla non ottenne altro effetto che farla piangere disperata. Allora l'abbracciò e la tenne stretta per consolarla.

«Non vuoi dirmelo?» le chiese infine, sottovoce, quando Amanda si fu calmata. «Credo di avere intuito qualcosa, ma forse solo a grandi linee.»

«Ho ricominciato a rubare» confessò lei. «Ho messo a frutto anni di addestramento.» Attese in silenzio poi lo guardò, non ricevendo alcun commento. «Non sei stupito o arrabbiato?»

«Stupito no. Arrabbiato sì, ma non con te.»

«Quindi lo sapevi.»

«L'ho capito, ma non so perché tu l'abbia fatto.»

«Forse è questa la mia vera natura, e non quella della brava segretaria.»

«Lo credi davvero? Ti sei chiesta chi sia la vera Amanda Waverly? È la ragazza che hai trovato in collegio dopo che i tuoi genitori ti avevano abbandonata. Però vorrei sapere perché hai rischiato di perderla.»

Amanda lo abbracciò. «Stringimi forte e te lo dirò.»

Gli riferì delle lettere e degli ordini ricevuti, della richiesta di aiuto di sua madre, del furto della spilla e della fibbia. «Avevo intenzione di seguire l'uomo a cui avevo consegnato la fibbia sperando che la recapitasse al rapitore di mia madre, ma ti ho trovato ad aspettarmi in camera e il giorno dopo non ho potuto riprendere a sorvegliarlo. Ormai la refurtiva è scomparsa, ne sono certa.»

«Non è colpa tua, sei stata ricattata» disse lui, continuando a tenerla stretta a sé.

«Non mi ha chiesto un riscatto per liberare mia madre.»

«Però ti ha ordinato di rubare degli oggetti o ne avresti subito le ripercussioni. Per me è ricatto.»

«Dubito che faccia differenza in tribunale.» Amanda sospirò. «Non avrei dovuto dirtelo.»

«Dovevo conoscere la verità.»

Forse aveva sperato di essersi ingannato sul suo conto. La sua storia poteva avere risollevato il suo orgoglio riguardo ai motivi per cui l'aveva lasciato, ma ora doveva affrontare il fatto di conoscere la verità e capire come comportarsi di conseguenza.

«Sono sollevata per averti confessato tutto, e sappi che non ti biasimerei se ti sentissi in dovere di...»

«Non preoccuparti, troverò un altro modo.»

Amanda avrebbe voluto credere che ci fosse un'altra maniera, ma non ne era affatto convinta. Si rannicchiò contro la sua spalla e accolse il conforto delle sue braccia, tutto ciò che lui le aveva promesso per quella notte.

Si svegliarono presto e si vestirono, poi scesero a fare colazione. Lui lesse la posta mentre Amanda beveva il caffè, in una parvenza di familiarità domestica che Amanda trovava ironica, perché era seduta a tavola a casa di un duca e si comportava come una vera lady, fingendo che l'uomo che mangiava accanto a lei non avesse in pugno il suo destino. Se non fosse stato un nobile e un uomo d'onore, forse avrebbe potuto convincerlo a lasciarla fuggire, però si rendeva conto che la sua abilità come seduttrice non era sufficiente per indurlo a rinnegare i valori che avrebbero decretato il suo fato. Però non era sicura di voler riuscire nel suo intento se ci avesse provato; il duca le piaceva così com'era e lo stimava anche per i suoi principi morali.

«Ho un piano» annunciò lui, mettendo da parte le lettere.

«Non oso chiederti quale sia.»

«Oggi mi farai vedere dove abita quel Pritchard, l'intermediario. Ci parlerò e lui mi dirà che fine ha fatto la fibbia.»

«E se dovesse rifiutarsi di dirtelo?» Forse sopravvalutava l'influenza di un duca su un criminale. Da quel punto di vista lei era molto più esperta di lui di certi ambienti.

«Lo farò ragionare.»

«E se non ci riuscissi?»

«Gli offrirei del denaro e, se non dovesse funzionare, lo affiderei a Vincent e Michael.»

«Immagino che sappiano come essere convincenti.»

«Spero che non si debba arrivare a tanto.»

«Non solleverei obiezioni. Ho subito gravi conseguenze a causa dei piani criminosi del mandante dei furti.»

Lui si alzò. «Allora andiamo e poniamo fine a questa storia una buona volta.»

Langford girava per la stanza spoglia e deserta mentre Amanda era ferma al centro, con l'aria delusa.

«Non sembra abitata. Sei sicura che sia il posto giusto?»

«L'ho visto entrare in questo palazzo e mi è stato detto che abitava in mansarda.»

Langford passò la punta di un dito su un tavolo impolverato. «È possibile che sia andato via ieri.»

Amanda lo guardò, colpita dal suo tono. Aveva l'aria seria, distaccata, formale, e il modo in cui eludeva il suo sguardo le gelò il sangue.

Forse sospettava che avesse mentito e gli avesse raccontato una storia inventata per distogliere la sua attenzione dalla verità. Dopotutto era una criminale, e non avrebbe disdegnato di ricorrere a una bugia per il proprio tornaconto.

Poi lui la guardò e la distanza tra loro scomparve, come se avesse respinto infine i sospetti che gli erano balenati in mente. «Non l'abbiamo preso in tempo. Ora la situazione è più complicata, ma non è tutto perduto.»

«Come faremo a trovarlo ora?»

«La fibbia sta arrivando a destinazione e tua madre sarà salva, però il mandante ti darà sicuramente un altro ordine e potremo approfittarne per trovare tua madre, il ricattatore e la refurtiva.»

«E se non dovesse più chiedere niente?»

«Lo farà, perché c'è un altro reperto che è stato rinvenuto insieme ai primi due che sono stati rubati, e vorrà anche quello.»

«Dovrò rubarlo?»

«Mi dispiace, ma non ti permetterò di commettere un altro reato.»

«E come faremo ad arrivare a mia madre seguendo questo reperto?»

«Ce lo procureremo senza rubarlo.»

Voleva forse acquistarlo?, pensò Amanda. Poteva funzionare, se il proprietario fosse stato disposto a venderlo. «E vivrò a casa tua finché non attueremo il tuo piano?»

La sua espressione divenne improvvisamente dura e inflessibile. «Sì.»

Quel tono secco la ferì, tanto che si pentì quasi di non averlo mandato via quando era entrato in camera sua. Lui era un duca e lei una ladra; per qualche ora potevano dimenticare le loro differenze, ma non potevano cancellarle.

«Quindi continuerai a essere il mio carceriere. Buono a sapersi.»

«Amanda...»

«No, non cercare di giustificarti» lo interruppe lei. «Ti capisco. Andiamo a dire a Vincent che per oggi non dovrà picchiare nessuno. Credo che ne sarà deluso.»

Nei giorni seguenti la sorveglianza di Amanda si allentò. Un giorno, non vedendo i giardinieri, ebbe la tentazione di darsi alla fuga. Le sarebbe bastato saltare il muro di cinta e correre. E poi? Non aveva né soldi, né vestiti né casa, e non avrebbe avuto modo di risolvere i suoi problemi. Finché fosse rimasta prigioniera di Langford, almeno avrebbe avuto una possibilità.

Langford usciva normalmente, andava alle ultime feste della stagione mondana e al club, probabilmente anche al Parlamento. Per qualche notte disertò la sua camera; forse gli sembrava sconveniente approfittare della sua prigionia, però dal suo sguardo Amanda capiva chiaramente che avrebbe voluto perché il desiderio che li univa era fortissimo e li attirava inesorabilmente uno verso l'altro.

Alla fine, una sera dopo cena, che avevano trascorso per intero a guardarsi avidamente, Amanda concluse che il fatto che il duca fosse un galantuomo fosse diventato scomodo. Prima di alzarsi da tavola si fece audace e lo invitò nel suo letto.

Le donò un piacere incredibile, come sempre, quella notte e quelle successive. Le fece esplorare nuove dimensioni dell'erotismo e, per qualche ora d'estasi, Amanda riuscì a liberarsi delle pastoie del suo passato, del presente e del futuro, senza paure né sensi di colpa.

Trascorreva le sue giornate leggendo, d'altronde c'era ben poco altro da fare. Pubblicazioni femminili cominciarono a comparire accanto ai soliti giornali acquistati ogni giorno. Così Amanda poté informarsi sugli eventi al termine della stagione mondana e venne a sapere che la Duchessa di Stratton aveva partecipato a un ballo, e che secondo chi aveva scritto l'articolo al riguardo era troppo presto per rientrare in società dopo il parto.

Ogni giorno aveva una breve tregua dalla sua prigionia quando Vincent e Michael la portavano in carrozza alla stamperia di Mr. Peterson per vedere se fosse arrivata un'altra lettera per Mrs. Bootlescamp. Per lei era una scusa per divagarsi e prendere una boccata d'aria. Una settimana dopo il suo rapimento da parte del duca, finalmente Mr. Peterson le consegnò una missiva. Appena Vincent la vide, disse qualcosa a Michael che corse subito in strada mentre Vincent accompagnava Amanda in carrozza.

Quando fu sola, Amanda esaminò la lettera. Appena vide la scrittura della madre ne fu sollevata. Aprì la missiva e lesse.

Mia cara Amanda,

perdonami per non averti scritto personalmente l'ultima volta. Mi sono rifiutata di prestarmi per costringerti e solo dopo mi sono resa conto che avresti pensato che mi fosse successo qualcosa di grave.

Purtroppo devo informarti che lui non è ancora soddisfatto, anche se mi ha promesso che questa sarà la sua ultima richiesta. Spero che sia vero. Dovrai procurarti un pugnale dello stesso stile degli oggetti precedenti. L'elsa ha una decorazione simile a quella della spilla, e un rubino sulla sommità. È di proprietà del Duca di Brentworth e fa parte della sua collezione. Spero che per te non sia pericoloso recuperarlo. Se dovesse dare una festa da ballo, non ti sarà difficile introdurti in casa e uscirne alla svelta, come facevo io. Per il resto gli accordi restano gli stessi. Manda un messaggio quando avrai ottenuto il pugnale e ti verranno date istruzioni per la consegna.

Con tutto il mio affetto e devozione,

la tua mamma

Il Duca di Brentworth... L'aveva sentito nominare da Langford e non le era parso strano. Tutti i nobili si conoscevano in un modo o nell'altro. Però sui giornali non aveva visto l'annuncio di una sua prossima festa; se il piano fosse stato messo in atto prima, quando la stagione mondana era all'apice, avrebbe avuto più possibilità di mescolarsi agli invitati.

Langford le aveva promesso che non avrebbe più dovuto commettere altri furti, e Amanda sperava che avesse ragione, e che sapesse come aiutarla a entrare nella casa del duca.

Gabriel lesse la lettera che gli aveva mostrato Amanda. «Non c'è l'indirizzo del mittente» commentò poi. «Non c'è modo di sapere da dove sia stata spedita. È un peccato.»

Posò il foglio e si avvicinò alla finestra, poi guardò fuori in silenzio, decidendo che cosa dire e cosa fare.

Aveva evitato di prendere decisioni negli ultimi giorni, ma non smetteva di pensare a quel problema, tranne la notte quando tutt'e due si tuffavano in un'altra dimensione. Avrebbe dovuto dimostrare maggiore forza d'animo ma averla sotto lo stesso tetto senza toccarla era stato impossibile, una vera tortura. Non aveva avuto il coraggio di rifiutare ciò che lei gli offriva, sebbene complicasse le sue decisioni su come agire, ora.

«Amanda, mi dispiace ma devo chiedertelo. È possibile che il rapitore non esista o che tua madre sia in combutta con lui e non sia sua prigioniera?»

Lei lo guardò sconvolta e indignata. «È un'insinuazione tremenda!»

«Hai detto tu che non la vedi da anni. Non la conosci più, in pratica.»

«È mia madre! Non farebbe mai...»

Nonostante farfugliasse, scandalizzata, Gabriel vide dalla sua espressione che quell'eventualità cominciava a balenarle in mente.

«Se non la ritieni capace di tanto, non potrebbe essere tuo padre, se fosse tornato a Londra? Potrebbe essere lui l'uomo che la tiene prigioniera.»

«Sei pazzo? È assurdo che l'abbia cercata dopo tanti anni.»

«Forse non aveva scelta, perché era malato o doveva nascondersi e non aveva nessuno a cui rivolgersi e di cui fidarsi.»

«Non è possibile. E mia madre non è neppure complice del suo rapitore.»

Purtroppo Gabriel non condivideva la sua sicurezza.

«Dobbiamo impadronirci del pugnale» disse Amanda con fermezza. «Devo consegnarlo, poi seguirlo e liberare mia madre. Quando lei sarà al sicuro, quest'uomo misterioso non avrà più alcun potere su di me e finalmente sarà finita.»

Gabriel la guardò. Amanda indossava una camicia da notte leggera, era seduta su un divano e aveva i piedi nudi e i capelli sciolti. Nel contemplarla, fu invaso da una profonda nostalgia. Se l'avesse aiutata avrebbe corso dei rischi enormi. C'erano dei limiti che un uomo non poteva superare, neanche per un amico o la sua amante. Eppure ora stava per varcare quel confine.

«Ci procureremo il pugnale, ne seguiremo la consegna e troveremo tua madre e la refurtiva che restituirò ai legittimi proprietari» dichiarò.

Amanda annuì. «E poi?» gli chiese, incapace di trattenersi.

Lui esitò, poi le disse: «Poi dovrai lasciare l'Inghilterra e così tua madre».

Lei lo guardò con gli occhi lucidi e si sforzò di abbozzare un sorriso che gli provocò una stretta al cuore. «È meglio che finire in prigione. Ho sempre desiderato vedere l'America».

Era il massimo che potesse fare per lei, e anche così avrebbe rischiato di compromettersi.

«E fino ad allora sarai il mio carceriere e niente di più?» continuò lei. «Mi sembra una crudeltà superflua, considerando il futuro che mi attende.»

Gabriel fu sorpreso dal suo commento. Solo un uomo senza scrupoli avrebbe approfittato delle grazie di una donna che sapeva avere l'intenzione di portarla alla rovina. Avrebbe dovuto pagarne lo scotto, nei confronti della sua coscienza, se non in altra maniera.

Decise che avrebbe potuto sopportarlo e, con questo, si diresse verso Amanda, la prese tra le braccia sollevandola di peso e la portò a letto.