20

«Dobbiamo partire subito» decise Amanda con fermezza.

«No, aspettiamo finché non riceverai istruzioni» disse lui con altrettanta decisione.

«È assurdo perdere tempo.»

«È imprudente correre lì.»

Erano stati tesi tutto il giorno, e la lite era scoppiata quando Langford era entrato in camera di Amanda e l'aveva trovata nello spogliatoio, intenta a fare i bagagli.

«Mia madre è nel Devon, ne sono sicura.»

«La contea è grande. Come pensi di trovarla?»

«È nella proprietà di quell'uomo. Conosci il suo nome. La pista è attendibile. Potremo essere lì tra qualche giorno e liberarla.»

«E se non fosse lì? Non ci sarebbe nessuno a ricevere la lettera e a seguire la traccia del pugnale per arrivare a lei e al suo rapitore.»

«Non servirà avere la lettera perché l'avrò già liberata.» Perché lui non capiva quanto fosse semplice il suo piano? Dopo essersi preoccupata per mesi, ora voleva solo precipitarsi nel Devon e farla finita.

«No, aspetteremo la lettera» dichiarò Gabriel.

Amanda avrebbe voluto prenderlo a calci, invece pestò il piede, frustrata. «Avevi detto che mi avresti aiutata e invece ora vuoi perdere tempo, quando occorre passare all'azione. Se non vuoi venire andrò da sola. Non ho bisogno di te, e comunque le mie competenze sono più utili della tua presenza.»

Lui la prese per un braccio. «Non farmi perdere la pazienza. Non andrai da nessuna parte senza di me. Non ti permetto di affrontare da sola quell'uomo.»

«Non puoi impedirmelo. Non riuscirai a fermarmi.»

«L'ho già fatto una volta e lo farò di nuovo.»

«Credi davvero che non avrei potuto fuggire se avessi voluto? Avrei potuto forzare una serratura in due minuti, o arrampicarmi sul muro di cinta e saltare giù, o seminare Vincent e scappare ogni giorno in cui siamo andati a vedere se fosse arrivata una lettera.»

«Allora perché non l'hai fatto?»

«Perché non sapevo dove andare, per colpa del tuo intervento. Ora invece lo so.»

«Avresti comunque potuto nasconderti in un altro seminterrato ad aspettare la lettera.»

«Perché aspettare in una stanzetta squallida quando potevo farlo nel lusso?»

Lui reagì come se l'avesse schiaffeggiato. A denti stretti e occhi ardenti, si diresse verso la porta a passo bellicoso. «Allora goditi il lusso di questa stanza ancora per qualche giorno, perché vi resterai rinchiusa.»

Amanda avrebbe voluto piangere per la frustrazione. Si accasciò a sedere sul divanetto dello spogliatoio, ripensando all'espressione di Gabriel prima che uscisse dalla stanza. Era adirato e determinato, ma anche ferito. Il suo era lo sguardo di un uomo offeso e dispiaciuto.

Allora perché non l'hai fatto?

Era una domanda legittima. Ma la vera risposta non era quella che gli aveva dato, e forse il duca non l'avrebbe accolta bene se gli avesse detto la verità. Sono rimasta per poterti amare finché mi sarà concesso.

Non era sicura che Langford provasse gli stessi sentimenti che nutriva per lui. A volte le sembrava di sì, ma forse il suo cuore la ingannava. Non poteva dirgli che lo amava quando la fine del loro rapporto era tanto vicina. Però quello che gli aveva detto aveva rappresentato un insulto per ciò che avevano condiviso.

Guardando la valigia aperta, con gli indumenti sparsi alla rinfusa, notò lo scialle di seta, lo prese e lo avvolse intorno alle spalle sopra la camicia da notte, poi uscì dallo spogliatoio ma, quando tentò di aprire la porta della camera da letto, la trovò chiusa a chiave dall'esterno. Ridacchiando, corse a prendere una forcina e, mezzo minuto dopo, era già in corridoio. Non era mai stata negli appartamenti di Langford, ma sapeva dove fossero. Vi si diresse senza indugio, abbassò la maniglia della porta e la trovò aperta, fortunatamente.

La prima stanza era un salottino buio, ma dalla porta socchiusa della camera filtrava la luce. Improvvisamente la porta si spalancò e sulla soglia comparve lui, che stava uscendo ma si bloccò vedendola.

«Hai indossato quello scialle per ricordarmi che è stata la mia stupidità a farmi invischiare in questa faccenda?»

«No, per non essere indecente se avessi incrociato qualche domestico.» Amanda lo fece cadere a terra.

«Che cosa vuoi?» l'apostrofò lui, ancora in collera.

«Te, ovviamente. Sei tu il vero motivo per cui sono rimasta, e stare con te è l'unico lusso che desidero.»

Lui la raggiunse con due lunghi passi, l'afferrò e la spinse contro il muro senza dire una parola. La baciò con furia rapace mentre le toglieva la camicia da notte e lei si abbandonò al suo assalto selvaggio, ricambiandolo con pari ardore. Il suo desiderio lo rese ancora più scatenato. La sollevò di peso e la fece voltare, poi la piegò sul bracciolo del divanetto, le afferrò i fianchi e affondò in lei con foga poi cominciò a martellarla incalzante, con slanci implacabili. Quando Amanda stava per piombare nell'abisso del piacere, assaporando già l'estasi che l'avrebbe sopraffatta, lui si fermò.

«Dimmi di nuovo perché sei rimasta.»

«Per questo, per te» disse lei con voce strozzata.

Lui affondò profondamente in Amanda, facendola trasalire. «Dimmelo ancora.»

«Per te.»

Lui la riempì più e più volte finché, scossa dai tremori estatici della loro unione, Amanda non fu travolta completamente, tutta in suo potere.

Gabriel la portò fino all'apice del piacere poi si staccò da lei mentre Amanda non si muoveva, offrendogli lo spettacolo delizioso ed erotico del suo fondoschiena tondo, con le gambe spalancate. La sollevò e la portò in camera, la depose sul letto poi si distese al suo fianco.

«Ti ho fatto male?» le chiese, dubbioso.

«No, ma sono certa che non mi faresti mai del male.»

Amanda nutriva più fiducia in lui di quanta Gabriel ne avesse in se stesso. Vederla in camera sua aveva fatto ribollire la sua collera, trasformandola in passione rabbiosa, nonostante Amanda avesse ammesso di essere rimasta lì per lui.

Lei gli poggiò la testa sul petto. «Dovresti avere serrature più robuste.»

«A che serve? Suppongo che i veri ladri possano forzarle tutte.»

«Una serratura robusta li rallenta. Non avrei mai potuto rubare la spilla se la teca del museo avesse avuto una chiusura migliore. C'era gente intorno a me. Se non avessi potuto agire rapidamente avrei dovuto desistere.»

«Mi fido della tua esperienza, chiederò al maggiordomo di cambiare le serrature.»

«Aspetta finché non sarò andata via, nel caso volessi fuggire di nuovo.»

Gabriel sorrise, però la sua allusione gli fece provare di nuovo un moto di collera, perché non voleva pensare al momento di separarsi da lei, era troppo doloroso.

«Credo che potremmo trovare un compromesso» disse infine. «Andare in Devon ma anche seguire il pugnale.»

«Se ci separassimo, potremmo fare entrambe le cose.»

«Non ci separeremo, non si può sapere a cos'andiamo incontro.»

«Sei il solito testardo.»

«Credevi che avrei cambiato idea solo perché mi hai sedotto? Apprezzo l'iniziativa, ma il tuo piano è fallito.»

Lei rise e lo baciò. «Ti ho sedotto per mio piacere. Certo, se ti ha indotto a essere più accomodante, tanto meglio.»

«Ho riflettuto e ho concluso che io e te andremo in Devon dopo avere ricevuto istruzioni. Qualcun altro consegnerà il pugnale e lo seguirà. Se i miei sospetti si riveleranno fondati, ci ritroveremo tutti nello stesso posto, altrimenti sapremo comunque quale sia la destinazione del pugnale.»

«Quindi vuoi che Vincent segua il pugnale?»

«Sbaglio, o c'è una nota di scetticismo nel tuo tono?»

«Vincent è inesperto e non sarebbe abbastanza accorto né sagace.»

«Se sapesse che non ti fidi delle sue capacità si offenderebbe.»

«È zelante e sveglio, ma inesperto come investigatore.»

«Veramente non pensavo a lui, ma a qualcuno più discreto e abile, di cui mi fidi ciecamente.»

Restava una sola persona.

Gabriel e Brentworth fecero a gara, lanciandosi al galoppo nel parco. Arrivato all'albero designato come meta, Gabriel si girò e guardò Brentworth che lo raggiungeva.

«Accidenti, contavo su questo cavallo» sbuffò Brentworth, senza fiato.

«L'hai comprato senza chiedermi consiglio. È stato un errore.»

Brentworth si accigliò, ma annuì. «Ero a un'asta a cui tu non hai partecipato e ho obbedito a un impulso.»

Ci sarebbe andato se Brentworth gliel'avesse chiesto, ma l'amico si vantava di conoscere bene i cavalli. Li comprava con la stessa lucida freddezza con cui sceglieva le amanti, senza emozioni. Il fatto che ne avesse acquistato uno d'impulso era sorprendente.

«Mi stupisce che tu non abbia ponderato l'acquisto. È un bel cavallo, ma non mi sembra niente di speciale.»

Brentworth lo accarezzò. «Credo che mi abbia ricordato il primo cavallo che avevo da ragazzo.»

Gabriel esitò, poi dichiarò: «Ho un altro favore da chiederti».

«Lo immaginavo. Posso farti domande questa volta?»

«Sì, penso che sia il caso.»

«È pericoloso?»

«Non credo, ma non posso esserne sicuro. Dovrai essere molto discreto.»

Gabriel aveva deciso che non poteva dirgli solo lo stretto necessario. A un amico come lui avrebbe dovuto dire tutta la verità.

Brentworth lo ascoltò in silenzio. «Quando pensi di ricevere la lettera?» gli domandò alla fine.

«Non so, potrebbe arrivare da un giorno all'altro.»

«Mandami le istruzioni e io farò consegnare il pugnale, poi lo seguirò con Stratton. Gli farà bene impegnarsi in qualcosa che lo distragga dal figlio per qualche giorno.»

«Non mi sembra prudente. Vi fareste notare troppo. Meglio una persona sola, e travestita.»

«Non sperare che mi camuffi. Il colpevole si chiederà perché venga seguito da un tipo strano con un vecchio pastrano. No, io e Stratton andremo così come siamo, e non ci noterà. Non penserà mai che due duchi eleganti possano essere interessati a lui.»

«Va bene, porta con te Stratton, se vuoi, e decidi tu che cosa dirgli.»

«Gli dirò tutto, ovviamente» dichiarò Brentworth scuotendo la testa. «Ti stai mettendo nei guai per quella donna. Spero che tu sappia quello che fai.»

I due amici ripresero a cavalcare. Gabriel pensò che l'ultimo commento di Brentworth non riguardava il suo piano né la caccia al colpevole. Aveva capito che cosa volesse dirgli veramente. Spero che tu sappia che rischi di compromettere la tua posizione per quella donna.