14.

Agnes odiava quelle visite ai presidi. Ne aveva fatte un paio per gentile concessione di Dermot, e Dio solo sapeva che Frankie l’aveva fatta andare a scuola tanto spesso che alcuni insegnanti pensavano che lavorasse lì. L’ufficio di Miss Conway era lindo e ordinato come Agnes si era aspettata, ma, invece dell’odore di libri impolverati e fumo stantio di sigaretta che Agnes di solito associava al­l’ufficio di un preside, quello di Miss Conway aveva un meraviglioso profumo di Estée Lauder. Miss Conway en­trò in ufficio molto indaffarata. Aveva proprio l’aspetto di una preside.

«Sono davvero spiacente di averla fatta aspettare, Mrs Browne».

«Non c’è problema, cara, che succede?»

«Vorrei parlarle di Trevor».

«Lo supponevo. È l’unico che ancora va a scuola» sorrise Agnes.

Miss Conway non afferrò lo scherzo. «Esatto. Mrs Browne, suo figlio dimostra una straordinaria propensione per l’arte». Lasciò cadere la notizia come una bomba. Ma sarebbe potuta essere anche un palloncino pieno d’acqua, dato che Agnes non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando.

«Che vuole dire? Eh... Miss...?» chiese Agnes.

Miss Conway mise i gomiti sulla scrivania, giunse le mani come se stesse pregando e puntò le dita sulle labbra. Stava pensando al modo migliore di spiegare la cosa a una Agnes Browne sconcertata.

«Guardi la finestra, Mrs Browne» esordì Miss Conway, indicando la finestra alle spalle di Agnes.

Agnes si girò sulla sedia e guardò. Quella che una volta era stata la normale finestra di una scuola, larga due metri e alta uno, era stata dipinta come una vetrata istoriata, con la scena dell’Ultima Cena. I colori usati erano forti e bril­lanti, e il pasto che doveva essere alla base del rito cristiano sembrava una festa, non la solita veglia funebre. Quell’arti­sta doveva avere una spiritualità diversa dalla maggior parte delle persone. La finestra era meravigliosa; nei giorni di sole ci si poteva immaginare l’ufficio pieno di colori. L’opera d’arte serviva anche per distrarre l’attenzione della gente dalla grande incrinatura, a forma di mezzaluna, nell’angolo superiore destro della finestra. Agnes si voltò di nuovo verso Mrs Conway.

«E allora?» chiese.

«L’ha fatta suo figlio!» dichiarò tutta fiera Miss Conway.

«Piccolo bastardo! Questa volta lo ammazzo di botte, per la miseria! Quanto mi costerà farla sostituire?»

Agnes non aveva visto l’opera d’arte, ma solo l’incrina­tura. Succede di frequente con i genitori dei bambini do­tati.

«Il dipinto, Mrs Browne. Suo figlio è l’autore del di­pinto».

Agnes si girò di nuovo, e stavolta lo vide. Si alzò e andò verso la finestra. Appoggiò con delicatezza la mano sulla fi­gura di Matteo che versava il vino a Giuda. Girò la testa verso Miss Conway. «Mio figlio ha fatto questo?»

Miss Conway le rivolse un sorriso radioso. «Sì, Mrs Browne, l’ha fatto Trevor. Mrs Browne, in tutta onestà credo che Trevor potrebbe essere un altro Monet, un altro Picasso, un altro Salvador Dalì...!» Miss Conway era entu­siasta.

Agnes la fissò per un momento, inespressiva, sperando che i nomi che Miss Conway aveva snocciolato appartenes­sero ad artisti e non a terroristi. Agnes spostò di nuovo lo sguardo sulla finestra, poi, a passo lento, tornò al suo posto e si sedette, rigida.

«Perciò le ho chiesto di passare, Mrs Browne. Sa, ho un amico al National College of Art. Gli ho già fatto vedere al­cune delle opere di Trevor, e anche lui crede che il ragazzino abbia talento, perciò vorrei che mi desse il permesso di tra­sferire lì Trevor. Penso che dovrebbe iniziare a lavorare con l’olio e l’acrilico il prima possibile. Che ne pensa?»

«Quanto costerà?» chiese Agnes con cautela.

«Credo di potergli far assegnare una borsa di studio dall’Arts’ Council. I talenti come Trevor sono un tesoro nazio­nale» assicurò Miss Conway.

Dopo averle dato il permesso e firmato la necessaria do­manda di ammissione, Agnes lasciò la scuola da mamma fe­lice. Tornando a casa, si scervellò per tentare di capire da dove fosse uscito il talento di Trevor. Decise che l’unico candidato poteva essere lo zio Gonzo, l’idraulico, che era un asso nei lavori manuali.

Quella sera Agnes aspettò che tutti avessero finito di ce­nare prima di dare l’annuncio che Trevor avrebbe frequen­tato il National College of Art e che Miss Conway lo con­siderava un tesoro nazionale. Tutti applaudirono e si con­gratularono con Trevor, che si limitò a fare spallucce.

Quella sera, dopo il bingo al Carrick Inn, Agnes riferì l’intera conversazione con Miss Conway a Carmel Dow­dall. Forse furono le emozioni dell’ultimo paio di giorni a far superare ad Agnes i soliti due bicchieri di sidro. Il si­dro andava giù come acqua, e il cameriere riempiva i bic­chieri tanto in fretta quanto le ragazze li svuotavano. Quando fu ora di tornare a casa, ne avevano bevuti cin­que o sei ciascuna, ed erano un po’ brille. Girarono l’an­golo del Carrick Inn e passarono davanti alla friggitoria. C’era solo un lampione fuori dalla friggitoria, e un gruppo di uomini, venti o venticinque, stavano in cerchio intorno al lampione a giocare a testa o croce. Mentre Agnes si avvicinava al gruppo, vide due ragazzi in piedi al centro e riconobbe la voce di Dermot che gridava: «Testa, mezzo dollaro!»

Agnes urlò: «Dermot Browne, stai prendendo lezioni di testa o croce?»

Agnes aveva frainteso. Dermot e Bomba non stavano prendendo lezioni di testa o croce, stavano gestendo il gioco. Svelti, e senza replicare, i due giovani raccolsero i soldi da terra e corsero tra i campi, verso casa. Il gruppo di uomini non la prese bene, tanto più che Dermot e Bomba si erano portati via un bel po’ di sterline.

«Perché lo avete fatto?» brontolò uno di loro.

«Dovevate pensarci prima, ruffiani che non siete altro. Sono solo dei ragazzini» replicò Agnes, con la bocca impa­stata.

«Andatevene a casa dalle vostre mogli» Carmel Dowdall si unì alle critiche.

«Ma piantatela, vecchie carrette ubriache!» gridò un’altra voce che proveniva dal gruppo, e gli uomini risero.

Agnes era malferma sulle gambe, le mani sui fianchi, e Carmel Dowdall si aggrappò a lei – il cieco che guidava il cieco.

«Ora statemi a sentire... mia figlia esce con un poliziotto... e uno dei miei figli è direttore generale... e non azzardatevi a chiamarci carrette!» dichiarò Agnes.

Le due donne si girarono per allontanarsi, e da sopra la spalla Carmel Dowdall aggiunse: «Sì! E uno dei suoi mar­mocchi è un cazzo di tesoro nazionale, ecco».

Detto questo, Agnes e Carmel trotterellarono via, altez­zose, nel buio.