6.

I sei figli viventi di Agnes Browne erano ormai tutti adulti. Aveva dell’incredibile che, per quanto maturi, cinque su sei abitassero ancora con la madre: un fatto non insolito, co­munque, per una madre irlandese. Agnes non se ne lamen­tava, anzi, era felicissima. Li avrebbe tenuti volentieri con sé per l’eternità. Aveva sempre saputo che Mark sarebbe stato il primo a sposarsi e a lasciare il nido, ma non si aspet­tava che il matrimonio di Cathy potesse un giorno dare il via a un esodo generale.

Il matrimonio tra Cathy Browne e Mick O’Leary fu cele­brato nella chiesa di St Canice, a Finglas, il 24 agosto, giorno del ventitreesimo compleanno di Cathy. Gli O’Leary partirono da Bishopstown, nella contea di Cork, e già poche ore dopo il loro arrivo a Dublino avevano l’impressione di conoscere i Browne da tempo immemorabile. Il padre di Mick, Thomas, che era stato anche lui un poliziotto, squa­drò con aria sospettosa Dermot e Bomba, ma a parte questo si sentì a suo agio. Agnes non riusciva a farselo piacere dav­vero. Era un uomo molto rigido. Parlava sempre a voce troppo alta, a differenza della moglie Florie, che sembrava riservata e schiva. Unico figlio maschio della famiglia O’Leary, Mick aveva quattro sorelle, che si riconoscevano tutte da un connotato fisico in comune, una bocca piena di denti così storti da somigliare a tombe malandate. “Gengive e pallot­tole”, le ribattezzò Dermot.

Non sembrava esserci un grande affetto tra padre e figlio. Agnes notò che Mr O’Leary si rivolgeva sempre a Mick con un piglio militaresco. Commentò la cosa con Winnie la Maccarella un giorno, sotto il sole di Moore Street, di ri­torno da Cork dopo la sua prima visita agli O’Leary. «Mi ha offerto una tazza di tè» raccontò a Winnie «e, cazzo, mi è quasi venuta voglia di fargli il saluto».

Per contro, Agnes aveva legato con Florie O’Leary. Fisi­camente le ricordava la sua amica Marion Monks nell’ul­timo periodo.

La cerimonia riuscì benissimo. Cathy arrivò in chiesa ac­compagnata da Pierre, il sostituto-padre, che fieramente la tenne a braccetto, marciando lungo la navata. Agnes si sciolse in lacrime. I figli di Mrs Browne assistevano eretti, il petto in fuori, immensamente orgogliosi della loro sorella, uno spettacolo di bellezza. Il ricevimento nuziale si svolse al Barry’s Hotel di Gardiner Row, nel centro storico di Du­blino. Le portate erano abbondanti, ben cotte, e la colonna sonora venne fornita da Billy Hughes, che sgranò in serie i maggiori successi di Tom Jones. Fu una splendida serata in cui tutti gli ospiti, senza eccezione, si divertirono un mondo. Di quella memorabile giornata, Cathy avrebbe sempre ricordato un piccolo episodio. Al momento oppor­tuno, durante il ricevimento, lei e il suo neomarito anda­rono a cambiarsi e a prepararsi per il viaggio di nozze. Quando rientrarono nella sala del ricevimento per acco­miatarsi dalle rispettive famiglie, ci fu un tripudio di baci e abbracci. Gettando le braccia al collo di Cathy per salutarla, Florie O’Leary le mormorò all’orecchio: «Ricordati, cara, di non sottometterti mai, qualsiasi cosa tu faccia, non devi mai sottometterti». Cathy non aveva la più pallida idea di cosa intendesse dire la suocera, ma presto lo avrebbe capito.

Mentre la “coppia felice” era ancora in luna di miele, al­tri due fratelli Browne annunciarono la loro intenzione di lasciare il nido. Saltò fuori che Dino Doyle, l’amico di Rory, aveva trovato un appartamento molto comodo, cen­trale, ma un po’ troppo costoso per poterselo permettere da solo. Rory aveva quindi deciso di andare ad abitare con lui in modo da dividere le spese. Perlomeno, così l’avevano rac­contata. Agnes accettò la cosa stando alle apparenze e senza mettere alle strette Rory. Pierre spesso rideva tra sé e sé ri­pensando alla sera in cui lui e Agnes, seduti sul divano, sta­vano vedendo un bel film alla TV. Rory era entrato in sa­lotto per dar loro la buonanotte prima di uscire. Indossava scarpe rosse scamosciate, pantaloni rossi attillatissimi, una camicia bianca con foulard al collo, un orecchino a perno all’orecchio destro, e si era messo del mascara. Quando la porta si era richiusa, Agnes si era chinata verso Pierre, mor­morando: «Non mi sorprenderebbe nemmeno un po’, Pierre, se un giorno quel ragazzo uscisse allo scoperto e am­mettesse di essere omosessuale – credo sia gay, solo che lui ancora non lo sa!» Aveva completamente dimenticato che Rory era già “uscito allo scoperto” un paio d’anni prima. A quell’epoca, però, Agnes ignorava ancora il significato della parola “gay”.

Agnes non parlò mai dei suoi sospetti a Rory e non li rie­spresse più nemmeno con Pierre. Perciò quando Rory an­nunciò l’intenzione di andare a vivere con Dino, Agnes si­mulò indifferenza e gli augurò buona fortuna. In cuor suo capiva cosa stava succedendo, ma onestamente pensava che fosse uno schifo, per cui finse di non volerlo sapere. In casa sua, Dino lo avrebbe sempre trattato come un estraneo.

Ancora più scioccante della possibile omosessualità di Rory fu l’annuncio di Simon. Il ragazzo usciva con Fiona Rock da un po’ di tempo, ormai, e Agnes si aspettava che un giorno o l’altro si sposassero e mettessero su famiglia. Ma pensava che le cose si sarebbero succedute in quest’or­dine. Invece, Simon spiazzò tutti annunciando che lui e Fiona sarebbero andati a vivere insieme prima di sposarsi. Così avrebbero capito se si amavano abbastanza per fare il grande passo. Il commento di Mark fu che secondo lui si trattava di un atteggiamento molto maturo. All’opposto, Agnes lo riteneva scandaloso e forse addirittura illegale. Malgrado le sue riserve, due mesi più tardi, dopo la sua prima visita a Simon e Fiona nell’appartamento che ave­vano preso in affitto in Rathmines Road, Agnes dovette ammettere che formavano una gran bella coppia e che, in effetti, la loro casa era calda e accogliente. Lei e Pierre erano stati invitati all’ora del tè e poi avevano passato la sera a sor­seggiare birra o, nel caso di Agnes, sidro, e a chiacchierare. Tornando a casa, Agnes aveva confidato a Pierre che le era parso di esser stata in compagnia di amici anziché con uno dei suoi figli.

Infine, in quel settembre del 1980, Trevor si laureò alla Facoltà di Arte con il massimo dei voti. Ebbe subito quat­tro offerte di lavoro da altrettante aziende che operavano nel campo della pubblicità. Il settore pubblicitario stava co­minciando a prosperare e i bravi illustratori erano molto ri­chiesti. Alla fine Trevor scelse la Hutchinson & Bailey per­ché gli sembrò che rappresentasse la sfida più stimolante per il suo talento. Grazie a una vasta ramificazione nel mer­cato internazionale, gli avrebbe dato la possibilità di far co­noscere la sua creatività anche all’estero, e oltretutto gli of­friva più soldi. Da una parte, Agnes era felice e orgogliosa che Trevor fosse così stimato. Dall’altra, però, le dispiaceva che avesse scelto questa particolare azienda, la cui sede era a Londra, in Bond Street: ciò significava che stava per per­dere un altro figlio – e poi Londra era una grande fonte di dolore per Agnes, dato che proprio lì Frankie era andato in­contro al suo triste destino.

Mark accompagnò Trevor e Agnes all’aeroporto con la sua macchina. Trevor sedeva accanto a Mark e chiacchie­rava con lui: Mark prodigo di complimenti per il fratello minore, e la voce di Trevor vibrante di eccitazione in vista dell’avventura che lo aspettava a Londra. Agnes, sul sedile posteriore, ascoltava quei due giovani uomini che la chia­mavano Mamma, fierissima del fatto che fossero arrivati così in alto. Fece il viaggio da Finglas all’aeroporto senza mai aprire bocca. Pensò a Frankie e rimpianse di non aver avuto almeno la possibilità di dargli un ultimo saluto.

L’ingresso ai gates delle partenze, nell’aeroporto di Du­blino, è affettuosamente noto ai dublinesi con il sopran­nome di “Lacrime e Moccio”. E non fece eccezione nep­pure quella sera, mentre una madre si separava dal figlio emigrante. Rientrata a Finglas, Agnes tolse le lenzuola dal letto di Trevor nella stanza dei ragazzi, che adesso conteneva quattro materassi spogli. Scese dabbasso, buttò le lenzuola nella cesta della lavanderia, andò in cucina e prese due tazze, una per sé e una per l’unico altro residente al numero 43 di Wolfe Tone Grove, il figlio Dermot. Il quale, però, quella notte non tornò a casa. Sicché Agnes lavò la sua tazza e, per la prima volta a sua memoria, andò a letto senza la consueta chiacchierata notturna in famiglia.