«Gli imputati si alzino in piedi, per favore». Il giudice McCarthy parlò a voce alta e pacata.
Dermot Browne e Bomba Brady si alzarono adagio e guardarono i membri della giuria, nel tentativo di cogliere qualche cenno che preannunciasse la loro sorte. Era stato un processo ragionevolmente breve per un caso di omicidio colposo. Durante i nove giorni del suo svolgimento, si erano succedute le deposizioni dei buttafuori dello Shakers Nightclub, di Mr Foley, di una coppia di fidanzati che aveva visto Dermot e Bomba giocare nel parco di Mountjoy Square e del guardiano notturno del caseificio, che aveva notato l’arrancare di Dermot e Bomba nel campo retrostante. C’erano solo due testimoni per la difesa: Dermot Browne e Bomba Brady, anche se la polizia aveva tenuto in considerazione il fatto che Dermot Browne si era consegnato alla stazione di polizia la mattina successiva alla morte di Mr Cullen.
Quella di costituirsi era stata un’idea di sua madre. La mattina dopo l’incidente, quando Dermot venne a sapere che John Cullen era morto, la sua reazione a caldo fu di darsela a gambe. Lui e Bomba non erano tornati a casa, quella notte, ma erano andati a Chestnut Hole, dove si erano fermati a dormire. Solo la mattina dopo, mentre bevevano una tazza di caffè in un bar di Finglas e al tavolo accanto al loro si parlava della morte di John Cullen, si resero conto di essere loro i colpevoli.
Bomba andò nel panico. «Gesù, Dermo, stavolta ci beccano».
«Sta’ zitto, Bomba, non sanno chi è stato, sta’ zitto».
«Ah, lo scopriranno, Dermo, lo scopriranno».
Dermot strinse il collo a Bomba. «Vuoi piantarla, cazzo?» Poi espose in fretta il suo pensiero. «Per prima cosa, Bomba, va’ a un telefono pubblico e chiama casa tua, accertati che nessuno si sia presentato lì. Se la polizia non si è ancora fatta viva, è perché nessuno ci ha visti. Lo sanno tutti che se queste cose non si risolvono nel giro di ventiquattr’ore, poi è difficile che si riesca a trovare il colpevole, perciò tieni la testa sulle spalle!»
«E se invece si è fatta viva, Dermo?»
«Allora, noi due dovremo andarcene via dalla città, via dal paese!»
Bomba tirò su col naso, si alzò dal tavolo e andò in cerca di un telefono pubblico. Dermot ordinò un altro caffè e rimase in attesa. Un quarto d’ora dopo, Bomba tornò. Non ci fu bisogno di chiedergli niente perché, quando entrò passando per le porte girevoli, il suo viso era di un pallore mortale. Scivolò rapidamente nel separé, di fronte a Dermot.
«Stamattina la polizia è andata a casa tua e a casa mia, Dermo. È stato il guardiano del caseificio, Paddy Reilly – è lui che ci ha riconosciuto. Cosa facciamo?» Bomba iniziò a piangere sommessamente.
D’istinto Dermot avrebbe abbrancato Bomba intimandogli di calmarsi, invece gli appoggiò dolcemente la mano sul braccio. «Ehi, Bomba, guarda che va tutto bene. Nella peggiore delle ipotesi è stata una mia idea e tu non c’entri niente. Ma comunque credo che dovremmo tentare di svignarcela».
Bomba guardò Dermot. Gli pareva di essere sul punto di crollare fisicamente. Dermot pagò i caffè e uscirono dal locale, diretti di nuovo a Chestnut Hole, allungando la strada e attraversando il terreno di Mackey in modo da non dover passare davanti alla stazione di polizia. Una volta arrivati, Dermot andò a frugare nel suo nascondiglio per vedere di quanto denaro poteva disporre per darsi alla fuga. Alzò la mano per estrarre il mattone, ma notò che già sporgeva per metà. Qualcuno aveva rovistato nel suo nascondiglio. Appoggiò a terra il mattone ed ecco che lì, davanti a lui, al
l’altezza degli occhi c’era una busta con la scritta “Dermot”.
«E questa cos’è?» chiese Bomba.
«E chi lo sa» disse Dermot sottovoce, mentre apriva la busta con uno strappo deciso. La prima cosa che attirò il suo sguardo fu una mazzetta di banconote usate. Erano in tutto centosettantacinque sterline, accompagnate da una lettera. Dermot l’aprì e cominciò a leggerla. Era di sua madre.
Caro Dermot,
è teribbile quello che è successo. La polizia è stata qui alle sei di stamattina e ha parlato di te come se tu eri una canaglia. Gli ho detto che a volte sei stato un po’ bricone ma che non avresti mai fatto del male a nessuno di proposito. Loro non mi hanno voluto dare retta non ne hanno voluto sapere e hanno parlato di te come se eri un assassino. Dermot so che è stato un incidente e so anche che probilmente adesso stai pensando di scappare. Ti chiedo come madre e come persona che ti ama moltissimo di fare la cosa giusta e arrenderti così tutti sapranno che è stato un incidente ma dipende da te. Sei grande ormai. Se decidi di non arrenderti e di scappare ti ho messo qui dentro tutti i soldi che sono riuscita a racimolare. Spero che ti aiuteranno. Dovunque vai per favore fatti vivo con me e fammi sapere se stai bene.
Mamma
P.S. Stanno cercando anche Bomba.
Dermot abbassò lentamente il foglio. I suoi occhi erano lucidi, ma non ne sgorgò nessuna lacrima.
Bomba lo fissò in faccia con aria interrogativa. «Cosa dobbiamo fare, Dermo?»
Dermot mise un braccio intorno alle spalle di Bomba e gli disse pacatamente: «Coraggio, Bomba, andiamo a casa».
Restituì i soldi alla madre, l’abbracciò e la baciò, poi a mezzogiorno lui e Bomba si costituirono alla stazione di polizia di Finglas.
«La giuria di questo tribunale ritiene gli imputati, Dermot Browne e Patrick Brady, colpevoli di omicidio di secondo grado». Dermot e Bomba prevedevano entrambi un verdetto di colpevolezza. Ma era come avere qualcuno che si ama inchiodato da un’infinità di tempo al letto di morte a causa di una malattia terminale: quando alla fine la morte arriva, non è che tutto sia più semplice. La parola “colpevoli” riecheggiò nella testa di Dermot. Lanciò un’occhiata verso la tribuna per vedere le reazioni dei suoi familiari. Agnes, sconvolta, aveva affondato la testa nella spalla di Mark. Mark lo fissava. Era infuriato. Cathy, sua sorella, aveva un’espressione vacua, mentre il marito, Mick, quasi sogghignava sprezzante. Il gemello di Dermot, Simon, era pallido e smarrito, e Rory tremava, consolato da Dino Doyle. A un paio di posti di distanza dalla sua famiglia, Dermot mise a fuoco una persona che mai si sarebbe atteso di vedere lì, in tribunale. Mary Carter lo guardava, con gli occhi sbarrati e il viso inondato di lacrime, e quando si accorse che anche lui la stava guardando, gli fece un rapido cenno di saluto con la mano. Dermot si limitò a stringersi nelle spalle.