8.

Il fragore delle campane risuonava per tutto il quartiere, il giorno delle nozze di Bosco e Constance. Quello che suo­nava le campane, un ragazzino di nome Michael O’Malley, oscillava con grande entusiasmo appeso alla fune. Come molti bambini del Jarro, Michael era di famiglia repubbli­cana, e per lui Bosco era un eroe, una leggenda vivente. Fi­nito di scampanare per chiamare i fedeli a raccolta, Mi­chael andò di corsa in sagrestia a vestirsi per servire messa. Michael era diventato chierichetto a soli quattro anni. Adesso che ne aveva otto, e anche se era quasi il più pic­colo di tutti, Michael dirigeva i chierichetti di St Jarlath. In occasione di quelle nozze voleva servire personalmente all’altare: questo per dire l’importanza accordata alla ceri­monia dalla gente del posto, che conosceva e adorava Bo­sco Reddin.

Furono le nozze più sbilanciate della storia, alla chiesa di St Jarlath. Dal lato dello sposo non c’era un posto a sedere libero. Da quello della sposa erano solo in quattro. Tre dei quali aspettavano la confessione, mentre il quarto era un ubriacone conosciuto nella zona come Papa Charlie. Pas­sava il tempo fra una chiesa e l’altra, ubriaco, a urlare paro­lacce al prete che celebrava la messa. Bosco era in piedi da­vanti all’altare con un vestito preso in prestito dallo zio, una camicia presa in prestito da un amico e un paio di scarpe che si era comprato da solo.

Constance Parker-Willis sapeva che il giorno in cui spo­sava Bosco, suo padre l’avrebbe buttata fuori di casa. Non avrebbe ricevuto né dote né assegni, e sarebbe stata cancellata dal testamento. Lasciava casa sua solo con i vestiti che aveva addosso, fatta eccezione per un regalo. Appena prima che se ne andasse, sua madre era entrata nella camera di Constance e le aveva porto una scatola molto grande.

«Prendilo» aveva detto alla figlia. «È tutto quello che ho, e voglio che lo tenga tu». Constance aveva preso la scatola, aveva abbracciato sua madre e le aveva dato un bacio sulla guancia.

«Grazie, mamma. E scusa» era riuscita a dire fra un sin­ghiozzo e l’altro.

«Non scusarti, cara, sii felice» aveva detto sua madre. E aveva aggiunto: «Vorrei esserci io al posto tuo». Poi, a capo chino, era uscita dalla stanza.

 

Quando era arrivata in chiesa, Constance indossava il contenuto della scatola di sua madre. Il velo che faceva da appoggio al diadema scintillante era una bianca retina di seta. Il corsetto dell’abito nuziale era coperto di mille perle, tutte cucite a mano, e la gonna fluente era fatta di raso bianco con una sopragonna di pizzo di Galway intessuta a mano. Senza dubbio, era il più bell’abito nuziale che avesse mai onorato della sua presenza le navate di quella chiesa. E la ciliegina sulla torta erano i cinque metri di strascico di seta e raso che scivolavano dolcemente dietro la sposa sulla via dell’altare.

All’altare Bosco allungò il braccio e le prese la mano. Che ci crediate o no, era la prima volta che Bosco Reddin toccava la sposa, e il suo sorriso rivelò la bellezza e la mor­bidezza della pelle di lei.

Durante la cerimonia non capitò nulla di particolare. Be’, perlomeno fino al sì. Perché fu a quel punto che Papa Char­lie si svegliò sulla sua panca e diede il suo contributo ai lavori. Quando il prete chiese a Bosco: «Vuoi tu prendere la qui pre­sente Constance come tua legittima sposa?» Papa Charlie ar­rivò per primo: «Ma è ovvio, cazzo, sennò cos’è venuto a fare?»

«Sì, lo voglio» disse Bosco.

«E vuoi tu prendere il qui presente…»

«Stessa domanda, stessa risposta del cazzo». Charlie si an­noiava.

«Sì, lo voglio» disse Constance, guardando gli occhi scu­ri di suo marito.

Alla fine della cerimonia, arrivò il momento in cui gli sposi dovevano andare in sagrestia a firmare il registro. En­trò prima il prete, poi i testimoni, quindi Michael O’Mal­ley, e infine gli sposi. Appena varcata la soglia della sagre­stia, Bosco si fermò. Constance andò avanti due o tre passi prima di rendersi conto che camminava da sola. Si girò.

«Tutto bene, Bosco?» gli chiese.

«Sì, tutto bene. Vieni un attimo qui. Prima di entrare».

«Perché? Cosa c’è che non va?» Lo sguardo di Connie era preoccupato.

«Tutto a posto, Bosco?» Era Michael O’Malley. Da die­tro le spalle di Connie, Bosco gli fece cenno di andare a­vanti.

«Tranquillo, ragazzo, tranquillo. Vai a dire al prete che arriviamo subito». Michael gli rispose con il pollice alzato.

«Nessun problema, Bosco» disse, e scomparve. Constance fece per parlare, ma Bosco le mise un dito sulle labbra.

«Sh». Sorrideva. «Stai zitta un secondo e ascoltami». Connie fece di sì con la testa. Gli occhi di lui erano fissi su di lei. Se ne stavano appiccicati in un angolo del corridoio. Quando Bosco aprì bocca, gli uscì poco più di un sussurro. «So che è successo tutto molto in fretta. E so che siamo an­dati lì a farci delle promesse e a recitare la parte a memoria. Ma ti voglio dire una cosa. Non là fuori davanti a tutti. Solo io e te, ma te la voglio dire qui, nella casa di Dio. Con­stance Parker-Willis, ti amo». Fece un attimo di pausa. «Ci credi?» Gli occhi di Constance cominciarono a riempirsi di lacrime. Perché si rese conto che nessun uomo gliel’aveva mai detto. Nemmeno suo padre. E ora eccola qui, senza un soldo, solo i vestiti che aveva addosso, diseredata, e senza­tetto fino a qualche settimana prima. E per la prima volta si sentiva davvero amata. Mentre le sbucavano fuori le la­crime calde e luccicanti, fece di sì con la testa e disse sotto­voce: «Sì, ci credo».

Bosco le sorrise. Le mise le mani a coppa sotto il mento e le sollevò il viso. Con dolcezza, la baciò sulle labbra. «Non ti lascerò mai, Connie, e dovunque vai, donna, cammina piano, perché porti con te il cuore di quest’uomo».

Constance sorrise. «Farò come se camminassi sulle piu­me» promise.

Anche Bosco sorrise. «Bene. Ora, c’è rimasta solo una cosa». Infilò una mano in tasca e tirò fuori un foulard. Era piegato. Lo mise in mano a Connie. Lei lo guardò.

«Che cos’è?»

«È tuo» rispose Bosco. Constance era ancora perplessa.

«Da dove sbuca?» gli chiese.

«È sbucato dalla mia gamba, tanto tempo fa». Un lampo attraversò il volto di Constance.

«Eri tu il ragazzo…» riuscì a biascicare.

«Sì. E tu eri l’angelo. Vieni, andiamo a rendere le cose ufficiali». Da lì in poi, per Constance fu tutta una nebbia.

A un certo punto, mentre firmavano il registro, il prete si chinò per sussurrare all’orecchio di Constance: «Mi dis­piace molto per gli schiamazzi durante la cerimonia».

«Quali schiamazzi?» chiese Constance, e non scherzava.

La colazione di nozze che seguì raccolse oltre cento invi­tati, compreso Papa Charlie, e fu la solita roba un po’ sboc­cata, con un’unica nota di cui vale la pena parlare. Nel suo discorso, Bosco chiamò sua moglie sempre e solo Connie, e così l’avrebbe chiamata da quel giorno in poi. Il nome Con­stance lei non l’avrebbe sentito mai più. Un nuovo nome, un nuovo inizio, e un mondo completamente nuovo.