A Bosco l’aveva detto Mrs Brady del numero 26. Lui era di ritorno da un’interminabile riunione sindacale in cui si era discusso dello sciopero in corso e della mancanza di progressi. Lei gli tese un’imboscata all’angolo della strada e gli raccontò tutta la storia.
«Una bottiglia di sherry, una bottiglia di sherry, Cristo santo! Alla loro età! È uno scandalo, ecco cos’è! Sono sicura che gli farebbe una gran gola, a tutti quegli uomini che fanno i picchetti, una bottiglia di sherry». La voce era un po’ eccitata, com’è sempre la voce di una ficcanaso che non vede l’ora di raccontare ai genitori le marachelle dei figli. E l’allusione allo sciopero… anche quella a Bosco non era sfuggita.
«È proprio sicura che c’era anche mia figlia Agnes?» le chiese Bosco.
«Sicurissima» rispose la vecchia, e contò i nomi sulle dita. «Quella O’Sullivan con il culo fuori dalle mutande, quella Marion Delany, e la sua ragazzina, Agnes. Erano loro, come no».
«Be’, grazie molte per l’informazione, Mrs Brady» disse Bosco, per poi toccarsi il cappello e fare un sorriso alla signora. «Ora ci penso io, grazie». E se ne andò. Per sorridere si era fatto forza, in realtà era arrabbiato. Il pensiero della sua ragazzina che a soli dodici anni si scolava una bottiglia in un vicolo lo mandava in bestia.
Connie era ai fornelli che girava lo stufato in pentola, e le bambine facevano i compiti sul tavolo, quando furono investite dalla furia dell’uomo di casa. Più che entrare in casa, Bosco esplose. Chiuse la porta scaraventandosela alle spalle, e in quattro passi fu al centro della sala. Le tre donne rimasero sorprese, tutti gli occhi erano puntati su di lui. Agnes capì immediatamente. Capì un sacco di cose in un colpo solo. Capì che qualcuno aveva raccontato a suo padre della piccola riunione del pomeriggio. Capì che non avrebbe avuto tempo di raccontare a suo padre che, anche se era presente, non aveva bevuto nemmeno una goccia. Capì che, anche se avesse avuto tempo di raccontargli che non aveva bevuto nemmeno una goccia, lui non le avrebbe creduto. Capì che era perduta. Diventò bianchissima in volto.
«Che cosa c’è, Bosco?» chiese Connie con la voce che le tremava.
Bosco alzò un braccio. Il palmo piatto rivolto alla moglie. Poi urlò: «Tu non ti impicciare, donna. E tu» e puntò il dito contro Agnes «vieni qui davanti a me». Agnes fece per alzarsi da tavola, incespicando, e gli occhi le si riempirono di lacrime.
Intervenne Connie. «Ehi, aspetta un attimo, Bosco. Ho il diritto di sapere cosa succede» cominciò a dire, ma di nuovo la fermò il braccio alzato di Bosco.
«Hai il diritto, eh? Il diritto? Il diritto di cosa? Sono io che ho il diritto, donna». Si diede una manata sul petto. «Ho il diritto di avere delle figlie tirate su come si deve, ecco il diritto che ho. Ho il diritto di sapere che cosa succede in casa mia senza che me lo vengano a raccontare i vicini. Ecco il diritto che ho, signora mia!» le urlò Bosco.
Connie gli si fece incontro. «Ehi, aspetta un attimo, Bosco. Adesso ti calmi e abbassi la voce prima di parlare a chiunque, in questa casa». Lo schiaffo fu così veloce, e produsse un tale schiocco, che Connie rimase sorpresa prima ancora di capire che era stata schiaffeggiata. La testa cominciò a girarle. Si immobilizzò. Si mise una mano sulla guancia infuocata. Senza dire una parola, se ne andò in camera da letto. Agnes adesso era lì che urlava di fronte a suo padre.
«Non ho neanche bevuto niente!» strillava. «Neanche una goccia!»
«Non mi dire bugie, ragazzina!» gridò Bosco.
Dal tavolo, Dolly lo vide succedere e gli occhi le si fecero enormi. Come fosse al rallentatore. La mano destra di suo padre partì dal fianco destro e colpì Agnes sulla guancia, in pieno. La testa di Agnes oscillò un poco, e la bambina indietreggiò barcollando. Dolly si mise a piangere. Agnes andò di corsa in poltrona a nascondere la faccia nel cuscino.
Bosco per un po’ se ne andò in giro per la sala, pestando i piedi e urlando, e poi si avvicinò alle spalle di Agnes. Si chinò su di lei; la voce era ancora infuriata. «Adesso sarai soddisfatta, ragazzina. Guarda cos’hai fatto. Tua sorella sta male, tua madre sta male. Spero che ne sia valsa la pena, per la tua bevutina. Cristo santo, se mi dicevano che stavo tirando su una…» cercava la parola giusta «… barbona». Bosco, finite le parole, fece altri due giri della stanza e poi uscì di casa, sbattendosi la porta dietro le spalle. E poi, il silenzio.
Dolly, fra i singhiozzi, scese dalla sedia e andò alla poltrona dove c’era sua sorella che piangeva a dirotto. Le diede una manata sulla schiena e le urlò: «Hai fatto arrabbiare papà e hai fatto piangere mamma. Stronza!»
Due ore dopo, le due ragazzine erano sveglie nei loro letti quando sentirono la porta di casa che si apriva e si chiudeva.
«È tornato papà» disse Dolly sottovoce.
«Sta’ zitta» disse Agnes.
«Non farlo arrabbiare più, Agnes» sussurrò Dolly.
«Non l’ho fatto arrabbiare io. E sta’ zitta, adesso». Agnes aveva smesso di piangere da un pezzo. «E comunque» aggiunse, «poi gli dispiace quando vado via».
«A me no» disse Dolly tirandosi su la coperta fino al mento.
Rimasero in silenzio per un po’. In ascolto. Fuori non si sentiva neanche un suono. Perciò le due ragazzine parlava
no a voce bassissima.
«E dov’è che vai?» chiese Dolly.
«In Canada. Te l’ho detto, vado in Canada. Adesso sta’ zitta».
«Ah sì, in Canada. È lontano il Canada, Agnes?» chiese Dolly.
«Non lo so, credo siano più di cento chilometri».
«Papà non ti ci lascia andare, tanto».
«Quando ho diciott’anni non mi può dire più niente» rispose Agnes, in tono autorevole.
«E quando tu hai diciott’anni, Agnes, io quanti ne ho?» le chiese Dolly, e Agnes ci pensò un attimo, doveva fare i conti a mente.
«Tredici» fu la risposta. Dolly rimase lì a pensarci per qualche istante.
«Quando hai diciott’anni puoi venire in Canada da me, se vuoi».
«No. Sarà meglio che stia qui con papà» disse calma Dolly, e si tirò di nuovo su la coperta, tenendosela stretta sotto il mento.
Bosco era in piedi al centro della sala. Connie, seduta in poltrona all’ingresso di lui, si alzò e gli passò di fianco per andare ai fornelli.
«Ti scaldo la cena. Mettiti a sedere» disse. Bosco si tolse il berretto e la giacca e li buttò sulla poltrona.
«Grazie» fu la sua unica risposta, e si mise seduto. Una volta scaldato lo stufato, Connie lo mise in una ciotola e imburrò due fette di pane come accompagnamento. Posò ciotola e pane davanti a Bosco, insieme a un cucchiaio. Invece di tornare in poltrona, si mise seduta a tavola di fronte al marito. Senza parlare. Bosco iniziò a mangiare, imbarazzato. Dopo due o tre bocconi posò lentamente il cucchiaio.
«Beveva. Agnes. Dodici anni, dodici, e beveva. In un vicolo, con quelle barbone delle sue amiche».
«Ah, sì? Beveva?» gli chiese semplicemente Connie.
«Sì, beveva. Me l’ha detto Mrs Brady» le disse esibendo le prove.
«Mrs Brady, eh?» disse Connie, sarcastica. «E se Mrs Brady ti dicesse che Hitler è tuo padre, torneresti a casa e ci faresti fare il passo dell’oca in soggiorno?»
«Non dire stupidaggini. Perché me lo verrebbe a raccontare, se non è vero?»
«Perché è una pettegola ficcanaso pigra, sfaccendata e buona a nulla che pensa che la sua merda non puzzi. Ecco perché!» Connie allungò le braccia sul tavolo. «Adesso stammi a sentire tu, Mr Gran Sindacalista del Cazzo. Lo conosco, l’odore delle mie bambine. Le riconoscerei fra mille al buio in una miniera di carbone. Se quella bambina avesse bevuto, io me ne sarei resa conto. E io non ho sentito niente!» Abbassò la voce. «Mentre non posso dire lo stesso di te, Bosco Reddin». Connie si alzò da tavola e andò ai fornelli, sparandogli alle spalle una domanda di una sola parola: «Tè?»
Bosco si mise la testa fra le mani e iniziò a piangere come un bambino piccolo. Connie tornò a tavola e guardò quella figura accasciata. In cuor suo sapeva che era un brav’uomo. Gli passò le dita fra i capelli.
«Ero arrabbiato» disse Bosco singhiozzando, «ero deluso». Alzò lo sguardo. Connie mise una mano sotto il mento di suo marito e lo guardò negli occhi.
«No. Non eri deluso. Eri spaventato, Bosco. Terrorizzato. La tua bambina fra meno di un anno diventa una ragazza, e come tutti i padri prima di te e tutti quelli che verranno, eri terrorizzato». Bosco adesso faceva di sì con la testa, e le lacrime gli scendevano a fiotti lungo il viso. Connie si chinò per dargli una spalla su cui appoggiare la testa e piangere come un bambino. E intanto gli accarezzava la testa e diceva: «Su, su, su» come si fa con i bambini. Un bambino, si disse. Era mai stato bambino, il suo uomo? Rimase lì appiccicata a lui, finché non furono interrotti dal fischio del bollitore. Connie lo lasciò andare.
«Quel sindacato ti ammazzerà, un giorno o l’altro» borbottò mentre gli riempiva il pentolino di zuppa di pomodoro.
«Dammi un po’ di pane, col pomodoro» le chiese Bosco, ignorando le parole di lei. Era impegnato a foderarsi la giacca di giornali. Lo attendeva una notte lunga e gelida; i giornali servivano a isolarlo e a scaldarlo.
«Non c’è nessun altro a parte te che può fare un picchetto notturno?» domandò Connie, senza darsi per vinta. Nel frattempo imburrava delle gran fette di pane. Bosco continuò a ignorarla.
«C’è anche il culo?» le chiese. Connie sollevò il culo del pane, la fetta finale e più grossa, per farlo vedere a Bosco. Come se fosse una prova.
«Grazie» disse Bosco sorridendo e strizzandole l’occhio.
«Sul serio, Bosco, non potrai pensarci sempre tu». Connie non si stava lamentando così per fare, era davvero preoccupata. Bosco se ne accorse, e andò da lei. Da dietro, le mise un braccio intorno alla vita. Le diede un piccolo bacio sulla testa, e chiuse gli occhi sentendo nelle narici il profumo che era solo di Connie. Quando le rivolse la parola, lo fece con gentilezza.
«Ti ricordi la prima volta che mi hai visto parlare, Connie? Eravamo al Gravediggers Pub» le chiese, rispondendosi da solo.
«Sì, mi ricordo» rispose Connie. Chiuse gli occhi e tirò indietro la testa, per toccargli la guancia con la sua. «Il funerale di quel ragazzo, Liam Casey, che Dio l’abbia in gloria» aggiunse.
«Ero bravo, Connie?» le chiese, e sentì sulla guancia di lei il gonfiore di un sorriso.
«Andiamo a caccia di complimenti, eh?» gli disse Connie sprezzante, ma per scherzo.
«No, amore mio, voglio solo che te lo ricordi, e che te lo ricordi bene. Perché quel giorno, e in quel discorso, ho fatto delle promesse. Di fianco al padre del povero ragazzo che era morto, ho fatto delle promesse e ho intenzione di mantenerle, Connie. E se vuol dire che devo rimanere tutte le notti con gli uomini a cui ho fatto quelle promesse, con la pioggia e con la neve, in tutti i picchetti, pazienza. Capisci, amore mio? Mi capisci, Connie?» Lei si girò e si arrese. E si baciarono. Alla fine del bacio lei rimase aggrappata al suo uomo, stretta, e lui a lei. Gli disse sottovoce: «Vai a dare il bacio della buonanotte alle bambine, prima di andare via; sono sveglie, e ci sono rimaste male». E si salutarono.