21.

Marion aveva la chiave del magazzino di Nellie; gliel’aveva data sua madre la sera prima, dicendole di consegnarla ad Agnes per il suo primo giorno di lavoro. E Marion ora gliela consegnò, con una specie di rituale pagano. Tenere la chiave del magazzino comportava grandi responsabilità, cosa che Marion non mancò di sottolineare alla consegna: «Non allontanarti mai dalla strada con la chiave in orario di lavoro». Marion pronunciò queste parole come se gliele a­vessero martellate nel cervello, il che probabilmente era ve­ro. Agnes fece di sì con la testa.

«Se ti devi allontanare, dai la chiave alla venditrice, che in questo caso è Nellie Nugent. Quando torni a Moore Street, riprenditi subito la chiave. Mi raccomando, è im­portante» disse Marion. «Se c’è una cosa che fa andare su tutte le furie una venditrice è chiedere alla sua aiutante» e qui puntò il dito su Agnes, «cioè a te, di andarle a prendere qualcosa in magazzino e poi doverle dare la chiave, diven­tano matte». Marion alzò gli occhi al cielo, e Agnes annuì con aria molto seria, come se capisse ogni parola con tutte le sue implicazioni.

Marion proseguì: «Agnes, come portatrice della chiave devi arrivare in orario tutti i giorni, nessuno escluso».

Agnes fece di sì con la testa. «Certo» promise.

«Ecco qua. Ti ho attaccato la chiave a una cordicella, così te la puoi legare al collo. È il posto migliore, così sai sempre dov’è». Marion le passò chiave e cordicella, e Agnes si mise subito la chiave al collo come una medaglia olim­pica. Si sorrisero.

«Bene, andiamo» disse Marion. La neopadrona di Agnes, Nellie, si faceva dalle cinque alle sette del mattino dai grossisti di frutta e verdura. Lì sceglieva i prodotti mi­gliori, tirando sul prezzo con il grossista e decidendo quello che avrebbe venduto o meno. In magazzino non c’è modo di conservare la frutta e la verdura. Quando arriva il cavallo che tira il carro del grossista, bisogna mettere tutto sulla bancarella, per cui bisogna che la bancarella sia già pronta. Le due ragazzine aprirono il magazzino e si mi­sero a trascinarsi dietro i pezzi della bancarella. C’erano quattro cavalletti apribili, sui quali andava posata una ta­vola che faceva da base. Su questa base veniva montata tutta la bancarella. Nel caso di Nellie, la bancarella era due metri e mezzo per un metro e venti. Nel magazzino c’e­rano anche tre cassette di legno da mele. Due di queste ve­nivano messe una vicina all’altra in mezzo alla bancarella, e la terza sopra le altre due, il che conferiva alla bancarella la sua popolare forma a triangolo. Poi, sopra tutta quella struttura, si stendeva un telone verde, che veniva infilato e rincalzato agli angoli e alla base delle cassette, e tenuto fermo da pesanti sbarre di ferro. Agnes lavorava a pieno ritmo. Lo aveva fatto moltissime volte, di dare una mano a Marion che tirava su la bancarella di sua madre, e la ban­carella di Nellie era di forma molto simile, quindi che pro­blema c’era? Una volta finito, Agnes attraversò la strada per andare da Marion, che finiva di mettere a posto la bancarella di sua madre.

«Che te ne pare?» le chiese. Marion si fermò e guardò con occhio critico il lavoro di Agnes. Fece un sorriso.

«Ben fatto, Agnes. È perfetto».

«Davvero? Dici davvero?»

«Sì. Una meraviglia. Hai un talento naturale, ragazza, un talento naturale» confermò Marion.

Agnes fece un risolino compiaciuto. «Dici che le piace?»

«A chi?» Marion si era rimessa a lavorare.

«A Nellie. Dici che le piace?» Agnes sorrideva.

«Oh, no. No, certo che no. A lei non va mai bene niente». Marion si rimise a lavorare. Senza più un refolo di vento in poppa, Agnes se ne tornò al suo monumento e co­minciò a mettere in ordine prima che arrivasse Nellie.

 

I mercati all’ingrosso della frutta, della verdura e del pe­sce freschi, a Dublino, occupano un’area molto vasta, da Capel Street a Mary’s Abbey, da Green Street a Church Street passando per Strand Street. Il centro del mercato, e il fulcro di tutta l’attività, è l’edificio principale del Mercato Cooperativo.

Sul lato nord dell’edificio, basta attraversare la strada per entrare nel Rosie’s Market Café. Il Rosie’s apre i battenti nelle prime ore del mattino, alle tre e mezzo, quando John Joe O’Reilly toglie i catenacci. I battenti rimangono aperti fino al tardo pomeriggio, e la clientela arriva a turni.

Alle tre e mezzo del mattino c’è il turno delle prosti­tute, per lo spuntino di fine giornata. Da quel momento in poi, il locale diventa tutto un ronzare di conversazioni fatte di strilli acutissimi e pettegolezzi sulla serata appena trascorsa. «Le piattole? mi fa. Eh? faccio io. Hai le piattole? mi fa. Senti un po’, bello, queste qua ti sembrano piat­tole?» Risa sguaiate, gare di insulti, lacrime e una litigata ogni tanto, il tutto nello stesso posto e nello stesso mo­mento, mentre John Joe O’Reilly, proprietario e cuoco, cerca di prendere al volo gli ordini, e non nello stile dei più pacati ristoranti del Southside. Per esempio, nella zona sud della città è più raro che il padrone del locale urli a una cliente: «Ho capito, cazzo, uova all’occhio di bue, non sono mica sordo! Adesso mettiti a sedere e non rompere, cicciona. A chi tocca?»

Alle quattro e mezzo del mattino finisce il primo turno, e a questo punto John Joe ha tempo di fumarsi una siga­retta prima del turno delle cinque. Dopodiché tocca ai ca­mionisti. Questi uomini duri e arditi hanno guidato tutta la notte, dagli angoli più remoti dell’Irlanda, per portare i loro prodotti al mercato prima delle tre. Ci vogliono un paio d’ore per scaricare, e a quel punto si è fatta ora di cena, prima di rimettersi sulla via di casa per ricaricare e farsi una dormita. Il tè, a questi uomini, va servito in boccali fu­manti da mezza pinta – altro che tazze, quella è roba da fi­ghetti – e il pane va tagliato spesso e cosparso di burro fuso sgocciolante. Ma è tutta gente abbastanza tranquilla, che preferisce masticare in silenzio piuttosto che brontolare ad alta voce. In pratica, i camionisti se ne vanno in massa alle sei, e poi, per una mezzora buona, le viuzze del mercato sono intasate dal loro enorme convoglio in uscita dalla città. Per il resto della mattinata, il Rosie’s Café è delle si­gnore del mercato.

Costoro, dopo aver mercanteggiato con i grossisti, ripa­rano al Rosie’s Market Café per farsi un fritto bisunto, un tè e un po’ di pane tostato. Davanti al Rosie’s c’è una bella fila di carrozzine stracolme, di marche diverse ma di forma simile. Ognuna di queste carrozzine è carica di tutta la roba che si può spingere con un solo paio di braccia. Grazie alla carrozzina, la venditrice può cominciare a mettere su un po’ di roba in attesa del carro del grossista, che arriva più tardi. È solo per merito delle ragazzine, che intanto montano le bancarelle, che le venditrici possono permettersi quella me­ritata pausa.

Quella mattina, grazie alla ragazzina che aveva appena assunto, Nellie Nugent andò da Rosie’s a fare colazione, ed erano anni che non succedeva. John Joe O’Reilly la avvistò nell’istante esatto in cui varcava la soglia. Conosceva la fac­cia, sapeva che aveva una bancarella, e sapeva anche che non metteva piede nel suo caffè da qualche anno, ma non si ricordava il perché. Quando individuò la madre di Ma­rion, Nellie andò subito a sedersi di fianco a lei. John Joe arrivò al tavolo nello stesso momento.

«Ehi, tu» le si rivolse con tono severo, puntandole un dito contro.

Nellie inarcò le sopracciglia. «Cosa c’è?» Era sorpresa e perplessa.

«Non combinarmi casini, eh?» la avvisò John Joe.

Nellie guardò Mrs Delany e poi John Joe. «Ma che cazzo dici?» Si rimise in piedi.

«Non ti ho cacciato via perché hai combinato qualche casino?»

«No» rispose Nellie, dura.

«Sicura?»

«Come la morte» rispose Nellie.

John Joe si rilassò. «Ah, bene. Allora, signore, cosa vi porto?»