CAPITOLO 3

Trelon ringhiò sottovoce mentre offriva le nocche sanguinanti al simbionte. Era la seconda volta in altrettanti minuti che aveva bisogno di essere guarito. Andando avanti così, non sarebbe mai riuscito a completare le modifiche al motore ad alimentazione cristallina su cui stava lavorando.

“Grazie, amico mio,” disse Trelon con un profondo affetto nella voce. Il rapporto fra il guerriero valdier, il suo drago e il suo simbionte era così profondo che nessuno dei tre poteva essere separato dagli altri. La forma dorata di un enorme felino vorticò di colori nell’udire l’affetto nella voce di Trelon. Pochi istanti dopo, piccole fasce d’oro si separarono ad avvolgergli la mano in una rete di metallo dorato, formando un guanto flessibile.

Trelon rise. “Ti sei già stancato di guarirmi, amico mio? Grazie di nuovo per l’aiuto.” L’enorme felino dorato brillò di una varietà di colori prima di stendersi accanto a Trelon per osservare ciò che stava facendo.

Trelon cercò di concentrarsi sul suo lavoro. Stava apportando alcune modifiche ai motori che combinavano l’energia del simbionte a bordo e i cristalli usati per alimentare le navi valdier. Fino a quel momento, era riuscito a ridurre di diversi giorni la durata del viaggio verso il pianeta primitivo sul quale suo fratello maggiore, Zoran, aveva trovato rifugio. Trelon aveva sepolto la paura per gli altri suoi fratelli quando aveva ricevuto la richiesta di soccorso di Zoran. Aveva temuto che il suo nuovo sistema difensivo avesse avuto un malfunzionamento.

I valdier erano in pace con i guerrieri sarafin da un centinaio di anni, ma ciò non significava che la pace sarebbe durata. Essa rimaneva in vigore solo grazie alla promessa che la figlia primogenita del re di Valdier sarebbe stata data in sposa al figlio primogenito del re di Sarafin. Sfortunatamente per i sarafin, il padre di Trelon aveva trascurato di informarli che le femmine erano poche e nascevano di rado. Al punto che da secoli non nasceva una figlia nella famiglia reale di Valdier. Trelon fece una smorfia.

Se i valdier fossero stati sinceri con i sarafin, avrebbero ammesso che la popolazione femminile era in costante declino. I loro scienziati non erano sicuri del motivo, ma credevano che ciò fosse dovuto alla relazione simbiotica che i maschi avevano con i loro simbionti e i loro draghi.

C’era stata un’epoca di grandi guerre fra curizani, valdier e sarafin. Le guerre avevano fatto sì che fossero necessari più maschi. Nel corso del tempo, le femmine avevano iniziato a partorire sempre più guerrieri. I problemi si erano fatti piuttosto gravi alla fine delle guerre. Le femmine continuavano a generare guerrieri e, nel corso del tempo, la differenza fra la popolazione maschile e quella femminile aveva raggiunto un punto di svolta: c’erano più maschi che femmine.

All’incirca trecento anni prima, quella discrepanza aveva finalmente costretto i valdier a volgere lo sguardo all’esterno della loro galassia nella disperata ricerca di femmine. Sfortunatamente, erano incappati in un altro problema: i loro simbionti, e spesso anche i loro draghi, si rifiutavano di accoppiarsi veramente con le femmine. Sebbene i maschi potessero godersi lo sfogo sessuale e un certo piacere, non trovavano mai la soddisfazione di una vera compagna, accettata da tutte e tre le parti di loro. Solo in una vera compagna il fuoco draconico poteva attecchire e un maschio poteva trovare la soddisfazione sessuale totale.

Trelon appoggiò la nuca al freddo metallo del compartimento in cui stava lavorando e trasse un respiro profondo. Il suo drago cominciava a essere impaziente di accoppiarsi. A meno che lui non trovasse la sua vera compagna, la fame e il disagio crescenti avrebbero continuato a divorarlo da dentro. Stretti i denti, cercò di costringere il suo drago a calmarsi. In fondo, non poteva farci nulla. Di tutte le donne con cui era stato nel corso degli anni, nessuna era riuscita a soddisfare tutte e tre le parti di lui.

Per la miseria, era fortunato a essere riuscito a fare sesso in generale. Al suo drago non importava particolarmente come fosse la femmina, se lui aveva voglia di farsi una bella scopata. La tollerava a sufficienza da grattarsi il prurito, ma non voleva mordere nessuna di loro, per quanto Trelon cercasse di convincerlo.

E poi, c’era il simbionte. Trelon e il suo drago avevano praticamente dovuto implorarlo di non uccidere le femmine con cui Trelon era andato a letto. L’unico modo in cui era riuscito a trovare sollievo era stato ordinare al simbionte di starsene dall’altra parte della stanza quando lui era con una donna. Un paio di volte, era persino capitato che dovesse mandarlo a giocare nella foresta, se la femmina proprio non gli piaceva.

Trelon non sapeva cosa avrebbe fatto se non avesse trovato presto una donna. Forse avrebbe dovuto accettare l’offerta di N’tasha. Sebbene il suo simbionte non la sopportasse, il suo drago la tollerava a sufficienza da permettergli di andarci a letto qualche volta alla settimana. Era meglio di niente, anche se era molto improbabile che il loro accoppiamento producesse un figlio, pensò Trelon con un sospiro di rammarico.

*.*.*

Cara attraversò di corsa la pista e si infilò nel cancello che aveva visto attraversare a Abby. Mentre si muoveva, sentiva il livello della sua energia aumentare sempre di più. Qualche ora di sonno, l’aria fresca della sera, l’essere uscita dall’aereo e il pensiero di divertirsi erano come un’iniezione di adrenalina. Cara voleva raggiungere Abby per interrogarla su quei fratelli e capire se ci fosse la possibilità di tirare un po’ su Ariel.

Cara si accigliò quando vide qualcuno emergere dalle ombre alle spalle di Abby. L’uomo aveva il viso rivolto dall’altra parte, per cui Cara non poteva vederlo davvero in faccia. Una sensazione di disagio le corse lungo la spina dorsale. Sperava che Abby conoscesse quel tizio, perché il modo in cui questi le arrivò alle spalle senza salutare le diede una pessima sensazione. Cara decise che era il caso di lanciare un avvertimento quando vide Abby sussultare per la sorpresa.

“Ehi, Abby, va tutto bene?” chiese Cara mentre si dirigeva verso il furgone. “Ariel e Trish stanno arrivando. Ci hanno messo…” Le parole le morirono sulle labbra perché Abby crollò riversa contro l’uomo.

L’uomo sollevò di scatto la testa nell'udire la voce di Cara. Estratta una pistola da dietro la schiena, gliela puntò contro e premette il grilletto. Cara lasciò cadere lo zaino e il cinturone e aveva già toccato il cemento quando si udì uno scoppiettio soffocato e un proiettile la mancò a malapena. Nel giro di qualche istante, l’uomo raccolse Abby da terra e se la buttò in spalla, sparando un altro colpo mentre si muoveva. Cara rotolò verso un’auto da golf parcheggiata nei paraggi e si nascose dietro le piccole ruote anteriori, per una volta lieta di essere un formato tascabile. Stava respirando affannosamente con il naso ed esaminando una strategia dopo l’altra quando sentì una mano sul braccio. Il contatto le strappò un gridolino.

“Shhh. Sono io, Carmen,” disse Carmen, inginocchiandosi accanto a lei. La donna sollevò lo sguardo quando vide Ariel e Trish correre verso di loro.

“Merda. Cos’è successo?” chiese Trisha, traendo un sospiro di sollievo nel vedere Cara voltarsi e mettersi seduta. Prima che Cara potesse dire qualcosa, Carmen parlò a bassa voce.

“Uno stronzo è saltato addosso a Abby. Da quel poco che ho capito, non è contento che lei abbia scelto Zoran e non lui. L’ha colpita con qualcosa e l’ha ammanettata. Io lo seguo. Tenete aperte le comunicazioni; potrei aver bisogno di rinforzi,” disse Carmen prima di correre verso una moto nascosta nel buio fra due hangar.

“Ci serve un mezzo di trasporto,” borbottò cupamente Ariel mentre guardava un furgone che si allontanava a gran velocità dall’aeroporto. Carmen non si curò nemmeno di accendere i fari della moto. Si lanciò all’inseguimento del furgone con la Yamaha YAF-R1, sollevandosi su una ruota sola quando accelerò a tavoletta.

“D’accordo,” disse Cara con voce tremante, dirigendosi verso il furgone di Abby. Nel giro di pochi istanti, avviò il motore. Non riuscì a non rimpiangere di non aver potuto dire a zio Wilfred che l’abitudine di rubare automobili durante l’adolescenza le si era rivelata utile da adulta. Le tornò in mente quando, a dodici anni, aveva fatto un giro sull’auto dello sceriffo. Era incazzata con lo sceriffo per un motivo che ora le sfuggiva. Aveva lasciato l’auto parcheggiata fuori dalla casa dell’anziana vedova Miller. Come poteva sapere che lo sceriffo aveva una relazione clandestina con la vedova e che sua moglie avrebbe cercato di sparargli addosso? Cara aveva solo dodici anni all’epoca!

Naturalmente, dopo quel piccolo incidente, tutti avevano saputo della vedova Miller e dello sceriffo. Inutile a dirsi, lo sceriffo non era stato rieletto quell’autunno. Quando zio Wilfred aveva scoperto quello che era successo, le aveva fatto il terzo grado e l’aveva costretta a lavorare nel garage dello sceriffo dopo la scuola per il resto dell’anno scolastico, sotto la supervisione del nuovo sceriffo.

Cara sorrideva come una stupida quando Ariel e Trish balzarono sul sedile anteriore e la guardarono strano. Non riuscì a cancellarsi il sorriso ebete dalla faccia. “Una volta, avevo il vizio di prendere a prestito i veicoli altrui.”

Cara inserì la marcia e si lanciò all’inseguimento di Carmen e del furgone. “Chiama Carmen. Chiedile indicazioni.”

Cara ascoltò con un orecchio la conversazione fra Ariel e Carmen e con l’altro il rumore del motore del furgone, cercando di capire quanta spinta potesse strappargli. Era importante conoscere il veicolo di cui si era alla guida, soprattutto se si voleva correre a gran velocità su strade sconosciute. Cara non voleva rischiare di prendere una curva troppo in fretta o che il motore grippasse nel bel mezzo di una svolta.

“È il caso di contattare le autorità locali?” chiese Cara mentre sterzava bruscamente, premendo l’acceleratore al massimo. “Porca miseria, devo mettere le mani dentro questo furgone. La ripresa fa schifo.” Cara si chiese distrattamente se Abby avesse mai superato il limite di velocità con quel povero arnese. Più che un pick-up, sembrava di guidare l’auto di una nonnina!

Trisha levò gli occhi al cielo. “Solo a te poteva venire in mente una cosa del genere durante un inseguimento in mezzo al nulla.”

“Ehi, guarda che ce la faccio a pensare a più di una cosa per volta,” disse Cara mentre sterzava di nuovo, sbandando un poco. Oops. Gira, gira, gira, raddrizzati, non compensare troppo… ecco, così.

I pensieri Cara stavano andando in tutte le direzioni mentre l’adrenalina cominciava a pompare abbondante dentro di lei. Le gomme sono un po’ lisce, un ritocchino alla trasmissione non farebbe male e uno dei cilindri è leggermente disallineato. Nulla di irreparabile.

Forse, se i fratelli sono davvero carini, riuscirò a convincere Ariel e Trish a fermarci un paio di giorni in più. In fondo, i Boswell non hanno certo fretta di riavere il loro jet, dato che è ancora in produzione. Così, avrò il tempo per lavorare sul furgone di Abby. Naturalmente, intervenne Cara nel discorso che stava facendo a se stessa, prima dobbiamo riprenderci Abby e prendere a calci il cattivo. Cara era sicura che non ci sarebbe voluto molto, fra le quattro – cinque contando anche Abby – donne. Perdiana, pensò con un sorriso amaro, conoscendo Carmen, c’è il rischio che non ci rimanga nulla da prendere a calci!

Ariel e Trish lanciarono una sfilza di imprecazioni che avevano imparato nell’aeronautica. Cara si limitò a ridere. Aveva rubato più di un veicolo in vita sua e, nonostante la polizia l’avesse seguita, non erano mai riusciti a prenderla.