CAPITOLO 7

Cara canticchiò fra sé mentre apportava gli ultimi ritocchi ai sistemi ambientali. Stava cercando di riprodurre la pioggia in una sezione della nave. Aveva già modificato la programmazione del simulatore.

Non aveva idea del perché quella gente credesse che essere inseguiti fosse l’unico modo per fare un buon esercizio cardiovascolare. Una bella sessione di step era altrettanto utile per il cuore, le gambe e i muscoli. Per fortuna Cara aveva con sé l’iPhone. Nella sua playlist c’erano oltre duemila canzoni, alcune risalenti agli anni Ottanta. The Electric Slide era una canzone disco fantastica. Cara aveva persino inserito nel programma un effetto sfera stroboscopica e della nebbia.

Stava cercando di limitarsi a cose piccole fino a quando non avesse compreso meglio la situazione. Il traduttore che le aveva impiantato il medico la aiutava parecchio. All’inizio, era stato un po’ strano, ma non più dell’avere il simbionte che traduceva tutto.

Cara aveva imparato un sacco di belle cose da quando aveva scoperto che i codici di programmazione degli alieni non erano molto diversi da quelli che aveva imparato a scuola. Symba, il soprannome che Cara aveva dato al simbionte, era divenuta sua compagna costante nonché socia a delinquere. Cara aveva finalmente scoperto che il simbionte, in realtà, era costituito dall’unione di migliaia di miliardi di nanobot viventi che formavano una sorta di alveare. Ciascun simbionte sembrava entrare in sintonia col guerriero e il suo drago quando i neonati venivano portati nel sito dell’unione, un luogo sacro noto soltanto ai capi dei valdier.

“Accetta codice,” disse nel momento in cui la porta degli alloggi in cui si trovava si aprì. Cara sobbalzò per lo stupore; non aspettava nessuno.


Trelon era sulla soglia dei suoi alloggi, a fissare incredulo il disastro che un tempo era stato il suo dominio privato. Dei cavi correvano sul pavimento a partire dall’unità a parete… dov’era l’unità parete? si chiese, fissando il buco dove un tempo essa si trovava… fino al tavolo. Componenti, cavi e circuiti stampati erano sparpagliati su quasi tutte le superfici disponibili.

“Come hai ridotto i miei alloggi?” chiese inorridito Trelon. Fece per entrare nella stanza quando urtò qualcosa con il piede. Abbassando lo sguardo, strinse gli occhi. Era il suo igienizzatore di abiti, quello? Il suo sguardo corse a un’altra parte che gli sembrava di conoscere. Il suo sistema di videocomunicazione era in mille pezzi. Quando vide il clonatore di parti per ottenere il quale aveva dovuto praticamente lottare fino alla morte contro un guerriero sarafin in occasione della sua ultima vista la loro galassia, per poco non si mise a piangere. Era stato completamente smantellato.

“Tu…” Trelon cominciò a guardarsi attorno con impotenza. “Tu…”

“Sì?” chiese Cara con aria innocente, passando lo sguardo sui tesori che aveva trovato. “Avete un sacco di bella roba, qui dentro. Guarda questa! L’ho trovata dietro a un pannello nell’altra stanza. Credo che serva per riprodurre delle specie di video. Mi sono detta che, siccome era in fondo ai vestiti, nessuno la usava, per cui l’ho smontata e ho usato i componenti per…”

Trelon non seppe se ridere o piangere quando la femmina gli mostrò quello che restava del suo sistema AVP, meglio noto come Accompagnatrice Virtuale Personale. Tutti i guerrieri ne avevano una, soprattutto durante i lunghi viaggi senza femmine. Sì, riproduceva dei video. Riproduceva migliaia di video virtuali che rendevano fattibili i lunghi viaggi solitari e lei lo aveva fatto a pezzi.

Trelon aveva trascorso anni, centinaia di anni, a programmare i video in modo che fossero perfetti per lui. Ce n’era uno per qualunque umore, qualunque desiderio e qualunque voglia, e ora… sparito, era tutto sparito. Una buona AVP era seconda solo a una vera compagna, dato che la maggior parte dei guerrieri non andava oltre. Una fantastica AVP correva il rischio di far ammazzare un uomo nel sonno. Quella di Trelon era stata a due passi, forse anche tre, oltre il fenomenale, il che era la ragione per cui lui la teneva nascosta in un pannello segreto in fondo al suo ripostiglio dei vestiti.

I cicli di sonno perduti, combinati allo stress di ricostruire la sala del teletrasporto, l’avere a che fare con il suo drago imbronciato e le esigenze di suo fratello non erano nulla rispetto all’aver trovato il suo unico rifugio sicuro distrutto e i suoi tesori fatti a pezzi. Trelon chiuse per un attimo gli occhi in modo da concentrarsi sul non strangolare la femmina che lo stava fissando con aria tanto innocente.

Aperti gli occhi, Trelon borbottò in tono cupo: “Adesso userò l’unità igienizzante, sempre che sia ancora intera, e poi me ne andrò a letto. Non. Distruggere. Niente. Altro!” Strinse i denti mentre si faceva largo attraverso la stanza, verso la zona notte.

“Ah,” esordì Cara, sollevando un dito. Trelon si immobilizzò, continuando a voltarle le spalle.

“Come non detto,” si affrettò a dire Cara. “Può aspettare.” Trelon annuì brevemente prima di proseguire fino alla stanza dell’igiene.

*.*.*

Trelon si svegliò al suono degli allarmi e di voci accalorate nell’altra stanza. Il suo simbionte, che aveva occupato la maggior parte del letto fino a quando lui non se l’era levato di dosso, si alzò e svanì in un lampo. Trelon chiuse gli occhi, cercando di far funzionare il cervello stordito. Persino il suo drago, questa volta, si rifiutò di rispondere agli allarmi e alle voci.

Era la terza volta – o forse la quarta? si chiese stancamente – che quei suoni molesti lo svegliavano. La prima volta, lui aveva trascinato il suo culo stanco fuori dal letto solo per scoprire Jarak, il capo della sicurezza della nave, che discuteva con la sua compagna. Sembrava che il nuovo programma di addestramento che lui aveva progettato per i guerrieri fosse stato sostituito con qualcos’altro. Trelon aveva scosso stancamente la testa, si era voltato ed era tornato a letto.

La seconda volta, si era detto che doveva aver frainteso le parole di Jarak, perché non poteva certo piovere nello spazio. La terza volta, quando aveva udito la voce di Jarak, non si era nemmeno preso la briga di alzarsi. Sembrava che, con la musica giusta, i cristalli che alimentavano i motori potessero produrre quasi un terzo di potenza in più. Il problema, sembrava, era che il simbionte che contribuiva a regolare il flusso di energia si era quasi ubriacato come effetto collaterale e stava creando gravi problemi in sala macchine.

Sì, questa è la quarta volta, pensò con orrore. Sembrava che la nave stesse ricevendo comunicazioni da diverse galassie, nelle quali erano richieste copie di certi video che la sua compagna aveva trasmesso. Trelon stava pensando di coprirsi la testa con un cuscino quando le parole della sua compagna, finalmente, lo raggiunsero.

“Erano solo degli stupidi video in un dispositivo che ho trovato dietro un pannello! Che importa?” disse con rabbia Cara. Ci fu una pausa prima che lei proseguisse. “No, non so cosa ci fosse sopra. Stavo solo cercando di capire se le modifiche che avevo apportato al sistema di comunicazione potessero gestire l’invio di un file così grosso, per determinare fino a che punto potessi inviarlo prima che il segnale si deteriorasse.”

Trelon cominciava ad avere un brutto, brutto presentimento riguardo a ciò che la sua compagna aveva trasmesso. Non riusciva a sentire quello che diceva Jarak, ma l’uomo cominciava a suonare davvero disperato. Trelon trasse un respiro profondo e lo esalò, cercando di alleviare la tensione che andava crescendo nelle sue spalle. Dopo essersi messo lentamente seduto, si levò con riluttanza le coperte di dosso e si alzò. Afferrato l’asciugamano che aveva scartato dopo essersi lavato, se lo avvolse attorno alla vita e si incamminò lentamente verso quella che era stata la sua zona giorno.

“Ti ho detto che non so cosa ci fosse nei video. Devi chiederlo a Trelon. Si chiama così, vero? Devi chiederlo a lui quando si sveglia, cosa che dovrebbe succedere presto, dato che dorme da un’eternità!” ripeté Cara.

Perché questo tizio pensa che sia colpa mia tutte le volte che scatta un allarme? pensò Cara con risentimento. In fondo, inserire della musica nel simulatore di addestramento non avrebbe dovuto far scattare gli allarmi.

D’accordo, va bene, forse aveva esagerato con la nebbia, ma come poteva sapere che il computer l’avrebbe interpretata come fumo e avviato il programma di evacuazione antincendio?

E, sì, aveva accidentalmente scatenato una piccola inondazione nell’hangar, ma era stata sua intenzione creare solo una pioggerella, che peraltro avrebbe dovuto cadere nelle docce del centro di addestramento, che si trovavano esattamente al piano superiore rispetto a dove la pioggia si era sviluppata.

Inoltre, come avrebbe potuto sapere che certe frequenze, combinate ai cristalli, erano come un superalcolico per un simbionte? E ora, lui le dava la colpa del fatto che i loro sistemi di comunicazione erano sovraccarichi di richieste per i video che lei aveva caricato.

*.*.*

“Jarak,” disse Trelon, passandosi una mano fra i capelli e levandoseli dal viso. “Qual è il problema, adesso?”

“Mio signore, mi dispiace disturbarvi di nuovo, ma…” esordì Jarak con una voce che suonava pericolosamente simile a un piagnucolio.

Trelon mosse la mano per interrompere le scuse. “Dimmi cos’è successo e basta.”

“Mio signore, i nostri sistemi di comunicazione si sono disattivati. Sembrerebbe che la femmina abbia inviato una…” Il volto di Jarak si colorì di rosso scuro prima che lui proseguisse, lanciando un’occhiata nervosa a Cara. “Sembrerebbe che la femmina abbia inviato una copia della vostra AVP. Il segnale è stato amplificato e ricevuto da un gran numero di individui che hanno richiesto delle copie. Sembrerebbe che la femmina abbia bloccato la copia non autorizzata…” Jarak si interruppe quando Cara parlò.

“Ma certo!” esclamò accalorata Cara. “Rispetto le norme sul diritto d’autore, io.”

“Sfortunatamente, i video hanno avuto tanto successo che i nostri sistemi non sono riusciti a gestire la quantità di messaggi in arrivo e si sono disattivati,” concluse Jarak.

“Che diavolo è una AVP?” chiese improvvisamente Cara. Forse avrebbe dovuto guardare alcuni dei video prima di spedirli. Aveva lanciato un’occhiata alla parte testuale, ma non ne aveva davvero compreso il significato. Il sistema informatico l’aveva tradotta in AVP in una lingua a lei comprensibile e Cara era giunta alla conclusione che doveva trattarsi di un video a tema idraulico.

Trelon lanciò a Jarak un’occhiata cupa quando questi emise una risatina strozzata. “È tutto, Jarak. Ora sono sveglio; ci penserò io. Vedi quello che puoi fare per il sistema di comunicazione fino a quando non avrò modo di raggiungerti sul ponte.”

Jarak diede un’ultima occhiata agli alloggi di Trelon e gli rivolse uno sguardo carico di solidarietà prima di annuire e allontanarsi. Trelon sollevò una mano per zittire Cara prima di girare sui tacchi e svanire nella zona notte. Aveva deciso che si sarebbe pulito, si sarebbe vestito e sarebbe andato a uccidere suo fratello Zoran per avergli portato quel guaio in casa.

Il drago di Trelon, che si era risvegliato nel corso della conversazione, aveva altre idee. Avrebbe voluto afferrare la femmina, buttarsela in spalla e farla sua nella doccia. Trelon abbassò lo sguardo sull’asciugamano che portava basso sui fianchi e vide che si era teso. Sembrava che anche la sua metà maschile avesse avuto la stessa idea.

Trelon ringhiò in preda alla frustrazione. All’inferno, pensò. Lui voleva la femmina, il suo drago voleva la femmina, il suo simbionte era inseparabile dalla femmina; l’avrebbe semplicemente presa e avrebbe saziato la fame lacerante che lo stava facendo a pezzi. Dopo aver preso quella decisione, girò nuovamente sui tacchi e rientrò nel cumulo di macerie noto come la sua zona giorno, trovandolo… vuoto. Trelon buttò la testa all’indietro e lanciò un ruggito di frustrazione.

*.*.*

Cara guardò l’uomo di nome Trelon girare sui tacchi e lasciare la stanza. Accidenti, era un bel vedere da tutti i punti di vista. Era una fortuna che l’altro tizio fosse stato nella stanza quando Trelon era arrivato vestito solo di un asciugamano. Ci era voluto tutto ciò che Cara aveva dentro per ricordarle il giuramento di non lasciarsi mai più coinvolgere dagli uomini. La cosa non era stato un problema fino a quel momento, perché nessuno degli uomini da lei conosciuti fino a pochi giorni prima era anche solo lontanamente paragonabile a Trelon. Dalla sommità del suo corpo alto due metri e passa alle punte dei suoi enormi piedi, lei avrebbe voluto leccare, mordicchiare e succhiare ogni delizioso centimetro.

L’uomo aveva una scura chioma di capelli neri e setosi, con una vaga nota di blu che le ricordava i colori del drago. Aveva deliziosi occhi dorati, del colore del miele appena uscito dall’alveare… e che muscoli! Persino i suoi muscoli avevano dei muscoli. Le piaceva che avesse appena uno spruzzo di peli scuri sul petto, che si stringeva mentre andava a infilarsi sotto la copertura dell’asciugamano. E lei non aveva mancato di notare la prova della sua eccitazione. Come avrebbe potuto, quando lui non cercava nemmeno di nasconderla?

Cara aveva dovuto mordersi la lingua per non fare commenti quando lui le aveva dato le spalle, perché la visuale posteriore era piacevole quanto quella anteriore. Si vedeva che sotto l’asciugamano, l’uomo aveva un sedere bello sodo. Gemendo, Cara resistette alla tentazione di seguirlo nell’unità igienizzante per unirsi a lui.

Cattiva, Cara, si rimproverò. Molto, molto cattiva. Ricorda quello che è successo l’ultima volta in cui hai pensato di dare il cuore e il corpo a qualcuno.

Il ricordo la aiutò a mettere sotto controllo i suoi ormoni fuorviati. Dopo aver chiamato Symba, decise che aveva fame e che sarebbe andata a cercare qualcosa da mangiare.