CAPITOLO 17

Parvero trascorrere delle ore, ma in realtà erano passati non più di quindici o venti minuti dall’inizio della battaglia quando Trelon vide Symba, due dei suoi fratelli e mezza dozzina di altri guerrieri volare sopra le cime degli alberi e atterrare accanto a lui. Symba accorse immediatamente al suo fianco. Trelon pronunciò una debole preghiera di ringraziamento alle divinità mentre il calore guaritore avvolgeva il suo corpo indebolito.

“Cos’è successo?” domandò Mandra. Si inginocchiò accanto a Trelon mentre Creon osservava il danno in piedi.

“Skimmer curizani,” rispose debolmente Trelon. “Più di una dozzina.”

Creon si voltò a guardare stupito Trelon. “Più di una dozzina,” disse stupito. “Hai fatto proprio un bel lavoro.”

“Non da solo,” disse Trelon con voce strozzata. Sentiva il simbionte al lavoro sul polmone. “Cara…” disse mentre punti neri cominciavano a danzare di fronte ai suoi occhi. “Trovate Cara… altri cinque… la inseguono.”

Mandra avvicinò la testa color zaffiro e argento a Trelon, cercando di mantenerlo cosciente abbastanza a lungo da poter dare loro ulteriori informazioni. “Trelon, da che parte è andata la tua compagna? Trelon…”

Creon imprecò mentre guardava suo fratello soccombere alle ferite. “Riportatelo a palazzo il più in fretta possibile. Io vado a cercare la sua compagna.” Creon si rivolse a due guerrieri e annuì.

Dopo aver spiccato il volo, Creon trasse un respiro profondo mentre cercava di capire in che direzione fosse andata la compagna di Trelon. Ci vollero diversi tentativi da parte di tutti e tre i guerrieri prima che cogliessero il debole odore di sangue proveniente da est. Il drago di Creon ringhiò profondamente al pensiero che la minuscola umana fosse ferita.

*.*.*

Cara aveva il cuore in gola mentre i tre skimmer rimasti la seguivano. Era riuscita a convincere con l’inganno due di essi a seguirla attraverso le fronde. I veicoli non erano riusciti ad affrontare il fogliame fitto ed erano precipitati fra alcuni alberi folti.

Ma gli altri tre erano stati più prudenti. La seguivano dall’alto. In diverse occasioni lei era stata costretta a cambiare direzione perché le avevano sparato addosso. Era coperta di tagli, graffi e ustioni. La zampa destra, colpita da una scarica di energia, le bruciava molto.

Fu solo quando notò che gli alberi cominciavano ad assottigliarsi che iniziò davvero a preoccuparsi. Era molto stanca. Non sarebbe mai riuscita a sopravvivere allo scoperto. Superò le fitte fronde e lanciò un grido di stupore ritrovandosi di fronte a una ripida parete rocciosa. Incapace di rallentare a sufficienza per il troppo slancio, andò a sbattervi contro. La pietra frastagliata le penetrò nelle zampe mentre lei le allungava di fronte a sé e Cara riuscì a malapena a spostare la testa per evitare di sbatterla contro una piccola sporgenza.

Uno degli skimmer la individuò e sparò una serie di scariche di energia. Frammenti di roccia piovvero attorno a lei. Piccoli tagli apparvero nelle sue ali e il suo drago lanciò un grido di dolore.

Dobbiamo trovare riparo, disse disperatamente Cara al suo drago. Guardati attorno e vedi se riesci a trovare qualcosa.

Cara si spinse via dalla parete rocciosa, ignorando le membra sanguinanti, e planò lungo essa. Arrivata in fondo, il suo drago lanciò un grido trionfante alla vista di una piccola apertura nella roccia. Cara era così concentrata sugli skimmer che sparavano loro addosso che non riuscì a reagire prima che il suo drago si voltasse bruscamente in cerchio, stringesse a sé le ali danneggiate e volasse attraverso la stretta apertura ruotando su se stessa.

Cara poteva vedere all’interno dello spazio buio, ma ciò non significava che volesse restarci. La stretta apertura si allargò a rivelare una caverna erosa all’incirca dieci metri per venti. Cara notò un piccolo specchio d’acqua poco profondo in un angolo. La sua claustrofobia prese bruscamente il sopravvento quando si rese conto che il suo drago aveva intenzione di nascondersi nella caverna piccola e buia.

No! si disse bruscamente Cara. Sentiva il panico crescere dentro di lei. Avrebbe preferito correre il rischio di affrontare gli skimmer rimasti che restare in quel buco minuscolo e buio. No! ripeté al suo drago, che si opponeva all’idea. Non ce la faccio. Non respiro. Devo uscire, implorò Cara.

Cara costrinse il suo drago a invertire la rotta. Aveva quasi raggiunto l’ingresso quando l’intero versante della montagna parve tremare. Frammenti di soffitto le piovvero addosso e l’aria si colmò di polvere, rendendo ancora più difficile respirare. Cara indietreggiò barcollando in preda all’orrore mentre guardava l’apertura chiudersi lentamente e tonnellate di roccia coprire l’ingresso.

No! gridò disperata mentre l’oscurità profonda si trasformava nel buio di una tomba.

Cara corse verso l’ingresso bloccato, smuovendo disperatamente le rocce. Le zampe lacerate le bruciarono mentre terra e sporcizia si incastravano nelle ferite aperte. Il suo drago percepì il suo terrore crescente e cercò di calmarla, ma Cara non era più in grado di sentire ragione.

La sottile fascia d’oro attorno al suo collo fremette nel fare del proprio meglio per guarire i palmi del drago, ma Cara se li stava lacerando più in fretta di quanto il minuscolo frammento di simbionte potesse guarirli. Alla fine, esso tornò lentamente attorno al collo di Cara, troppo debole per fare molto altro. Cara si scagliò ripetutamente contro gli enormi massi, fino a quando il suo drago non rifiutò di continuare a obbedirle. La creatura prese il sopravvento, essendosi resa conto che Cara non era più in grado di controllarsi.

Mentre le grida di Cara si trasformavano prima in singhiozzi e poi in silenzio, il suo drago si recò al piccolo specchio d’acqua. Vi si stese abbastanza vicino da poter lappare l’acqua senza doversi alzare. Dopo aver soddisfatto la sete, cominciò a leccarsi delicatamente le ferite, nel tentativo di pulirle per quanto possibile.

All’interno, Cara si ritrasse in una piccola palla tremolante. Si dondolò avanti e indietro, allontanandosi dall’oscurità soffocante. Non sentiva nulla: non il tossire sommesso del suo drago che chiamava il compagno, non l’acqua che gocciolava dal soffitto, nemmeno il battito del suo cuore. Si fece il più piccola possibile, per non udire il grido nella sua testa mentre l’oscurità le colmava l’anima.

Trelon aprì lentamente gli occhi. La sua mente era più lucida di quanto non fosse mai stata negli ultimi tre giorni. Aveva perso continuamente conoscenza; le sue ferite erano più gravi di quello che si era aspettato. Il colpo alla schiena non gli aveva soltanto perforato un polmone, ma aveva anche danneggiato la spina dorsale e altri organi. Il suo simbionte aveva lavorato continuamente, affiancato dai guaritori.

Trelon si accigliò. Dov’è Cara? Il pensiero che non fosse accanto a lui lo feriva. Aveva creduto che gli sarebbe rimasta vicina, sapendo che lui non poteva raggiungerla. Qualcuno si schiarì la voce e Trelon voltò la testa verso il suono.

“Dov’è Cara?” chiese Trelon con voce flebile. Cercò di schiarirsi la voce, ma aveva la gola troppo secca.

Kelan venne a versargli un bicchiere d’acqua. Dopo averglielo portato alle labbra, attese che ne avesse bevuta almeno la metà prima di rispondere. “Creon e Mandra la stanno ancora cercando. Zoran è ancora via con Abby. Lo abbiamo informato, ma gli abbiamo detto di restare con la sua compagna. Non volevamo correre il rischio che le accadesse qualcosa e tutti abbiamo concordato che lui non può fare nulla in questo momento.”

Trelon cercò di mettersi seduto. “Che significa che la stanno cercando? Ditemi cos’è successo,” domandò bruscamente.

Kelan si sedette su una sedia vicino al letto. Si passò una mano fra i capelli e sospirò pesantemente. Non voleva far preoccupare il fratello, ma quello che stava per dirgli lo avrebbe fatto alzare dal letto. Sapeva che, se fosse stata Trisha a mancare all’appello, lui stesso avrebbe affrontato le intere forze armate curizane per riprendersela.

Sotto il suo sguardo, Trelon riuscì finalmente a sollevarsi debolmente in una posizione seduta. La sua fronte era coperta di sudore ed era estremamente pallido. Il simbionte di Trelon e il guaritore avevano fatto entrambi un miracolo. Trelon non si rendeva conto di quanto fosse fortunato a essere ancora vivo. Kelan non ricordava che nessuno di loro fosse mai arrivato così vicino alla morte, nemmeno durante le Tre Guerre.

“Ti ricordi di essere stato attaccato, tre giorni fa?” chiese a bassa voce Kelan.

Trelon si accigliò. Sì, certo che se la ricordava. C’era stata oltre una dozzina di skimmer curizani. Ne aveva abbattuti diversi prima che uno lo raggiungesse alle spalle e gli aprisse un buco nella schiena. Il suo respiro si fece affannoso al ricordo del piccolo drago di Cara che usciva dal nulla e attaccava gli skimmer rimasti. Ne aveva abbattuta la maggior parte, ma ne rimanevano ancora cinque.

“Dov’è? Dov’è Cara?” chiese Trelon con voce soffocata dalla paura. Cara non poteva essere morta. Se fosse morta, lui lo avrebbe saputo. Il suo drago avrebbe appreso immediatamente se la sua compagna fosse ferita.

“Creon e due guerrieri sono riusciti a seguire le tracce del suo sangue fino alle montagne orientali. Lui ha trovato i resti di altri due skimmer. I resti dei piloti non erano curizani, ma valdier. Mandra ha scoperto che si trattava di membri della guardia scelta di Raffvin. Hanno trovato il sangue di Cara lungo una delle pareti rocciose. Ce n’era parecchio,” mormorò Kelan. “Sembrerebbe che le abbiano sparato addosso mentre era aggrappata alla roccia. Una sezione di parete è stata distrutta. Creon e Mandra hanno organizzato una squadra per ripulire la zona. Crediamo che sia rimasta sepolta sotto la valanga.”

Trelon scosse lentamente la testa. “Non è morta. Io lo saprei. Il mio drago sente la sua compagna. Non è morta!” ripeté disperatamente. Chiuse gli occhi e protese i sensi. Se Cara fosse morta, lo avrebbe saputo.

Non riuscì ad avvertire la sua presenza, ma il suo drago percepì la propria compagna. Era come se una fosse viva e l’altra no… ma era impossibile. Ora, le due erano due metà di un unico insieme. Non poteva esserci drago senza Cara e viceversa. Le fasce dorate sul braccio di Trelon colsero la traccia di un’immagine. Era un segnale molto debole e disturbato, ma sufficiente a fargli capire che erano ancora vive.

“È in una specie di grotta vicino alle pendici della montagna. Non riesco a vedere altro,” disse Trelon con voce flebile mentre si appoggiava alla testiera del letto. Dovevano aver sostituito il letto, pensò distrattamente per poi fissare fuori dalle porte del balcone. “Aiutami ad alzarmi.”

Kelan fece per scuotere la testa, ma si fermò alla vista dell’espressione cocciuta sul volto di Trelon. Suo fratello si sarebbe alzato con o senza il suo aiuto. Kelan si alzò e si chinò.

Afferrò Trelon per la vita, senza fare commenti sul peso che gli gravava sulle spalle perché Trelon era troppo debole per stare in piedi. Lo aiutò a raggiungere l’unità igienizzante e la avviò.

Trelon si appoggiò pesantemente alla parete, lasciando che l’acqua si riversasse sui suoi muscoli indolenziti. Lanciò un richiamo a Symba. Avrebbe avuto bisogno di più aiuto se voleva andare a cercare la sua compagna. Per un attimo, si concentrò su se stesso, preoccupato per il suo drago. La creatura aveva subito colpi devastanti. Se lui non fosse stato così preoccupato, avrebbe ridacchiato quando il drago levò gli occhi al cielo.

Il suo drago era più che pronto ad andare alla ricerca della sua minuscola compagna. Era ancora convinto che lei meritasse una bella sculacciata per essersi ribellata. Spero solo che avremo la possibilità di minacciarla in tal senso, disse Trelon al suo drago. E non dimenticare cos’è successo l’ultima volta in cui abbiamo minacciato di punirla, gli ricordò. Il profondo grugnito del drago migliorò il suo umore.

Trelon si scrollò i capelli via dagli occhi. “Andiamo a prendere la mia compagna,” ringhiò mentre usciva dall’unità.

“Forse, prima dovresti vestirti. Senza offesa, ma vedo cose che preferirei non vedere,” disse sorridendo Kelan. Era lieto di riavere suo fratello.

*.*.*

Trelon aveva brontolato e si era lamentato, ma Kelan aveva insistito. Avrebbero viaggiato nel suo simbionte, o Kelan lo avrebbe legato al letto. Trelon aveva accettato solo dopo essersi reso conto di quanto debole ed esausto fosse il suo simbionte. Symba aveva speso una considerabile quantità di energia a tenerlo in vita e a guarire lui e il suo drago.

Trelon accarezzò distrattamente il testone di Symba mentre guardava il paesaggio cambiare sotto di lui. Le uniche tracce della battaglia combattuta tre giorni prima erano l’erba bruciata e l’enorme cratere lasciato dalla sua caduta. La foresta aveva rapidamente riparato i danni subiti.

“Abbiamo raccolto tutti i resti degli skimmer e dei piloti. Erano un misto di guerrieri curizani e valdier. Tutti i guerrieri valdier sono stati associati alla guardia scelta di Raffvin. Avrei dovuto dubitare del suo desiderio di avere una guardia personale. Non mi ero mai reso conto di quanto fosse numerosa,” spiegò Kelan mentre volava verso est, verso le montagne.

“Creon ha scoperto dell’altro?” chiese Trelon.

“Sì,” disse a bassa voce Kelan. “Temo che quello che ha scoperto potrebbe portare a un’altra guerra con i sarafin. In base alle informazioni che ha ricevuto, sembrerebbe che Raffvin sia coinvolto nella scomparsa di re Vox.”

Trelon sospirò pesantemente. Se i sarafin avessero sospettato che i valdier fossero responsabili della scomparsa del loro re, avrebbero attaccato, con o senza prova. “A che gioco sta giocando Raffvin? Pensavo fosse diretto laggiù.”

“Lo è, ma noi sospettiamo che si tratti di un semplice diversivo. Non abbiamo idea di cosa abbia intenzione di fare laggiù. Creon ha detto che anche Ha’ven è in viaggio per la stessa destinazione. È amico di uno dei fratelli. Credo che gli abbia salvato la vita durante la guerra. C’è un debito che Ha’ven spera di poter sfruttare per evitare uno spargimento di sangue prima che noi scopriamo chi sono i collaboratori di Raffvin. Ora che Ben’qumain è morto, deve esserci qualcun altro al comando della parte curizana dell’operazione,” disse Kelan. “Ecco: quello è l’ultimo punto in cui Creon è riuscito a sentire l’odore della tua compagna.”

Trelon osservò sconvolto la zona sottostante. Più di cento guerrieri in forma draconica erano al lavoro, spostando tonnellate di roccia. A giudicare dalle bruciature sulla facciata della scogliera, gli skimmer dovevano aver sparato ripetutamente contro di essa, persino dopo che la grotta in cui Cara si era rifugiata era stata coperta. Era quasi come se chiunque avesse ordinato quell’operazione volesse avere la certezza che loro non avrebbero raggiunto in tempo la compagna di Trelon.

Kelan fece atterrare il suo simbionte in una piccola radura non lontana dal confine della zona ripulita dalle macerie. Trelon scese lentamente. Era ancora debole. Symba scese d’un balzo accanto a lui e gli avvolse le nuove fasce d’oro attorno ai polsi.

“No, Symba,” disse gentilmente Trelon. “Conserva le forze. Potremmo averne bisogno per la nostra compagna.”

Le fasce dorate furono percorse da un vortice di colore. Symba avrebbe fatto qualunque cosa fosse necessaria per proteggere Trelon e la sua compagna. Si sentiva ancora in colpa per averli lasciati soli tre giorni prima. Se solo…

“No, Symba,” bisbigliò Trelon, scuotendo la testa. “La colpa è mia. Spetta a me proteggerla. Sarei morto, se non fosse stato per te.” Trelon inviò sensazioni di affetto a Symba e guardò i colori calmarsi lentamente.

Creon si voltò e guardò i suoi fratelli incamminarsi verso di lui. Si trasformò e scese da uno stretto sentiero fra le rocce. Il suo sguardo percorse Trelon. Annuì, come se fosse soddisfatto da ciò che vedeva, prima di parlare.

“Abbiamo quasi raggiunto l’ingresso della grotta. Un’altra ora e dovremmo riuscire ad aprire un passaggio,” disse Creon a mo’ di saluto.

Nel profondo di sé, sapeva che a Trelon importava soltanto di raggiunger la sua compagna. I suoi pensieri corsero a Carmen. Si concentrò per un attimo sul simbionte che aveva lasciato a guardia dell’umana. Il suo volto non mostrò il sorriso che lui sentì dentro di fronte all’immagine che gli mandò il suo simbionte. Carmen non era molto contenta di lui, in quel momento. Tornò a concentrarsi sui suoi fratelli.

Per l’ora successiva, Trelon osservò impotente mentre guardava i guerrieri che lavoravano. Kelan e Creon si rifiutarono di permettergli di trasformarsi per dare una mano. Gli dissero di conservare le forze per quando avrebbero finalmente aperto una strada per la sua compagna e l’intervento di Trelon sarebbe stato più necessario. Un forte ruggito riecheggiò nell’area di lavoro quando l’ultimo masso venne rimosso.

Trelon non era mai stato così orgoglioso di avere guerrieri di tale levatura a proteggere la sua famiglia. In verità, molti di loro si erano innamorati della minuscola femmina umana che schizzava per il palazzo. Storie delle sue imprese a bordo della V’ager erano circolate al punto che tutti la guardavano con stupore.

Trelon corse lungo il sentiero, affiancato da Symba. Mentre si infilava nello stretto ingresso, trasformò la vista per scrutare l'interno della grotta buia. Gli si mozzò il fiato quando intravide la figura indebolita del drago di Cara. Giaceva su un fianco vicino a un piccolo specchio d’acqua, immobile. Trelon la raggiunse lentamente, quasi temendo ciò che avrebbe trovato.

“Cara, mi elila,” mormorò dolcemente Trelon. “Cara, sono qui, suma mi mador.”

Trelon passò la mano sulla testa delicata del drago di Cara. Il suo drago gli premette contro la pelle, desideroso di toccare la sua compagna. Chiusi gli occhi, Trelon esaudì il desiderio del drago. L’enorme maschio si inginocchiò accanto alla sua compagna e cominciò a leccarla delicatamente. Le pulì il viso, cominciando con lunghe carezze di lingua. Solo quando arrivò al collo avvertì le prime avvisaglie di coscienza.

Il drago mosse leggermente la testa fino a quando il suo muso non sfiorò il collo di Trelon. Lui si avvicinò al corpo gelido della femmina e continuò a pulirla. Lei si avvicinò al suo tepore e una bassa vibrazione cominciò nel profondo del petto di Trelon quando iniziò a fare le fusa. Mentre il suo drago si prendeva lentamente cura della sua compagna, Trelon continuò a provare a raggiungere la sua.

“Cara, mi mador, rispondimi, per favore,” le disse disperatamente.

Non riusciva a percepirla. Continuò a lanciarle un richiamo, a dirle che la amava e che aveva bisogno che lei si svegliasse e che lo facesse impazzire. Le promise che le avrebbe lasciato smontare qualunque cosa volesse. L’avrebbe persino lasciata libera di girovagare tutta sola… beh, non tutta sola, perché non voleva perderla di vista mai più… ma le avrebbe permesso di fare quello che voleva nella sua officina. Le promise lunghi voli sopra l’oceano e ore di sesso e che non si sarebbe mai più arrabbiato con lei se non l’avesse trovata accanto a sé al risveglio.

Ma Cara continuò a tacere. In preda alla disperazione, Trelon disse a Symba di collegare le loro fasce dorate, in modo che lui provasse ciò che provava lei mentre la esaminava. Symba si avvicinò al drago di Cara, guarendo con attenzione ciascun taglio e ciascuna ustione. Ma nonostante tutto, Symba non riuscì a raggiungere quella scintilla che era Cara. Cercò e cercò, ma Cara sembrava essere svanita all’interno del piccolo drago, al punto che pareva non essere rimasta nemmeno una scintilla della sua identità umana.

Se Trelon non fosse riuscito a trovarla e a riportarla indietro, Cara sarebbe stata incapace di trasformarsi e avrebbe vissuto il resto della sua vita in forma draconica. Non sarebbe mai più stata integra e non avrebbe vissuto molto a lungo in assenza di una parte così importante di sé.