Non c’è nessuna notte di nozze perché, ancora sdraiata tra le braccia di Tristan, soccombo alla febbre. Un sonno pesante mi avvolge non appena chiudo gli occhi. Dopo, i giorni e le notti si trasformano in una spirale infinita di dolore e disperazione. Il mio corpo si spegne piano. Tristan cerca di nutrirmi, ma la mia gola si dimentica come si fa a deglutire. Tutto il mio corpo rifiuta il cibo. Presto inizio a rifiutare anche l’acqua, nonostante ne abbia bisogno. Oh, e quanto! Mi sento bruciare dall’interno, fino a quando sento sapore di cenere in bocca. E poi arriva il momento in cui non senti più né fame né sete. Capisco di essere nei guai quando non sento più nemmeno dolore. Ciò che mi dà ancora testimonianza del mondo che mi circonda è l’aria che respiro: l’aria della foresta o l’odore di Tristan, che mi fa capire che è nelle vicinanze.
Comincio a pregare affinché il mio corpo respinga l’aria, insieme a tutto il resto. Tristan mi parla, ma non riesco a dare un senso alle sue parole. Certo, potrebbe essere il frutto della mia immaginazione; forse Tristan non mi parla affatto, troppo debilitato dalla fame o ferito dai giaguari. Ma anche se fosse un miraggio, mi piace.
Capisco che il mio cervello ha ceduto alla pazzia quando inizio a sentire delle voci. Molte voci. Frenetiche e rumorose. Inizialmente cerco di ignorarle, perché sentire delle voci nella testa non è un modo dignitoso di lasciare questo mondo. Ma poi inizio a prestare attenzione. Riconosco più di una voce. Per la prima volta mi rendo conto che almeno una parte del mio corpo funziona ancora: il cuore. Batte contro la cassa toracica ricordandomi che sono ancora viva.
Per adesso.
Apro gli occhi e mi costringo a tenerli aperti per qualche secondo, ma ho le vertigini e mi cominciano a lacrimare. Mi alzo sui gomiti, ma il mio cervello febbricitante percepisce la cosa come un terremoto, e mi viene la nausea. Non riesco a percepire molto, a parte il fatto che molte persone si aggirano nell’aereo. Persone che non conosco.
Due di loro sono accovacciati di fronte a me, e uno di loro urla qualcosa. Potrebbe essere: “Si è svegliata.”
Abbasso lo sguardo sulle mie mani, e vedo degli aghi infilati nelle vene, e una flebo accanto a me. La squadra di soccorso deve essere arrivata. Non ho tempo per gioirne, perché crollo sulla schiena e i miei occhi si richiudono così serratamente che non riesco più ad aprirli, per quanto ci provi. Con le ultime energie mi aggrappo ai miei sensi: l’odore della foresta presente nell’aereo, il suono delle voci che mi chiamano, alcune con disperazione, altre con speranza. Una con urgenza. Tristan. Non riesco a decifrare le parole che sussurra, ma quando intreccia le sue dita con le mie, io mi ci avvinghio.
Le ultime parole che sento prima di scivolare nell’incoscienza sono: «Non ce la farà.»
Vengono da Chris.