Dieci anni dopo
Gli ultimi raggi di sole colpiscono la finestra, i loro riflessi creano un arcobaleno nel mio bicchiere di champagne. Oggi è un giorno da festeggiare. In un modo o nell’altro festeggiamo ogni giorno. Ma oggi è un giorno speciale. Sono tornata prima a casa dal lavoro per preparare un pasto elaborato. Se fossi ancora un avvocato, non sarebbe stato possibile. Non ho mai nemmeno pensato di tornare al mio vecchio lavoro. Quello che Tristan mi disse nella foresta pluviale è rimasto con me per sempre. Posso aiutare a modo mio. Una persona alla volta. All’età di ventisei anni abbandonai quella che poteva essere una brillante carriera da avvocato e mi iscrissi nuovamente al college, questa volta per studiare psicologia. Una parte dei miei amici criticarono la mia scelta, ma imparai a non preoccuparmene. Non è mai troppo tardi per un nuovo inizio. Tristan seguì il mio esempio e iniziò a studiare medicina. Alla fine si è scoperto che entrambi abbiamo fatto la scelta giusta, pienamente soddisfatti delle nostre carriere.
Gli anni del college, e quelli subito dopo, sono stati da un certo punto di vista, simili al tempo passato nella foresta pluviale. Sembrava che fossimo solo noi due, a farci strada in un posto a cui non appartenevamo. Desiderando di poter stare insieme in ogni momento, come nella foresta. Ogni volta che siamo separati per più di un giorno, da qualche parte dentro di me si scatena una paura irrazionale che possa accadergli qualcosa. È normale, l’ho imparato dai miei studi. È una sensazione che non supererò mai, ma posso conviverci. E quando le labbra di Tristan mi avvolgono e si incollano alle mie, come in questo momento, me ne dimentico.
«Felice decimo anniversario non ufficiale» mormora contro le mie labbra, facendo tintinnare il suo bicchiere di champagne contro il mio. Ammiro la bellezza di mio marito, prima di rispondere. I suoi capelli sono colorati da alcune macchie bianche che adoro. I suoi occhi scuri non hanno perso la loro espressività.
«È quello ufficiale per me.» Abbiamo avuto un matrimonio ufficiale dopo il nostro ritorno dalla foresta. Abbiamo avuto degli anelli d’oro e tutto il resto. Ma ogni anno celebriamo l’anniversario il giorno in cui ci siamo scambiati gli anelli fatti con il filo nella foresta. Oggi è il nostro decimo. Come ogni anno in questo giorno, tiriamo fuori la scatola di vetro dove teniamo gli anelli di filo. Questa scatola è la nostra piccola bolla di vetro, che preserva la purezza della foresta e la forza del nostro amore.
Il filo degli anelli è stato consumato dagli anni: sono diventati fragili. Non li togliamo mai dalla scatola per paura di danneggiarli. Li guardiamo e facciamo tintinnare i bicchieri di champagne sulla scatola. Li conserviamo per indossarli in un’occasione speciale sconosciuta. Non sappiamo quando ci sarà questa occasione, ma siamo certi che quando arriverà la riconosceremo. I tatuaggi che ci siamo fatti nella foresta si sono sbiaditi nel corso degli anni, ma sono ancora leggibili. Abbiamo pensato di farli rifare, questa volta da un vero tatuatore, ma poi abbiamo deciso di non farlo. Semplicemente non sarebbe la stessa cosa.
«Mamma, mamma.» La voce viene dal piccolo giardino sul retro della casa. Appartiene alla nostra bambina di cinque anni, con i capelli neri di Tristan e i miei occhi verdi. La guardo attraverso la porta aperta della cucina. Sta correndo dal cancello d’ingresso verso il patio, saltando i gradini che conducono alla nostra veranda con un solo balzo. Quando arriva in cucina è senza fiato e stringe una scatola rettangolare avvolta in una carta marrone.
«Guarda cosa ha portato il postino» dice con orgoglio. «Da zio Chris.»
«Come fai a sapere che è da parte sua?» chiede Tristan fingendo sospetto e trattenendo un sorriso.
«Lo dice proprio qui.» Appoggia il suo dito minuscolo sulla busta, dove è scritto il nome del mittente. «So leggere tutte le lettere dell’alfabeto.»
«Davvero?» Tristan la prende in braccio, solleticandola fino a quando non scoppia a ridere. La sua risata è contagiosa e tutti e tre finiamo per ridere di gusto.
«Credo che sia un’altra bambola di porcellana» dice dopo che ci siamo calmati, gli occhi che le brillano di speranza. «Per la mia collezione.»
«Be’, cosa aspetti? Aprilo» la imbecco. Strappa la carta marrone rivelando davvero una bambola di porcellana.
«Quando ci verrà a trovare di nuovo?» chiede lei.
«Chiamiamolo e chiediamoglielo, no?» dice Tristan prendendo Lynda tra le braccia. D’impulso, mi sollevo in punta di piedi e gli do un bacio. Un bacio delicato, di quei baci che ci scambiamo sempre quando Lynda ci guarda. Tristan mi strizza l’occhio mentre esce in veranda con Lynda per chiamare Chris.
Ci volle molto tempo prima che io e Chris ricominciassimo a sentirci. Gli mandai una mail contenente tutto quello che pensavo e le mie scuse il giorno prima di sposare Tristan. Non ricevetti mai risposta, ma non me l’aspettavo. Non cercai alcun contatto negli anni successivi. Fino a quando non vidi una sua foto sul giornale: aveva ricevuto un premio per l’innovazione del business dell’anno. Al suo fianco c’era una bella donna bionda. Pensai che scrivergli di nuovo non sarebbe stato un problema. Era ancora a New York. Ci scambiammo alcune mail per qualche tempo, dopo il suo matrimonio ci fecero visita per la prima volta. Rimasi incantata da lei, ed entrambi rimasero incantati da Lynda. A poco a poco ritrovai il mio migliore amico, Tristan guadagnò un nuovo amico e Lynda qualcuno da chiamare zio. Tutto andato più liscio di quanto mi aspettassi. Più facile di molte altre cose per le quali dovemmo lottare. La mia salute, per esempio. Nonostante i migliori sforzi dei dottori (e miei durante la terapia di guarigione), ancora oggi zoppico leggermente con una gamba e ho una cicatrice dove sono stata morsa.
Certi giorni la gamba mi fa male e non posso far altro che starmene rannicchiata con un libro. Abbiamo una libreria piena di libri. Tutti i tipi di libri. Romanzi d’amore, avventura e horror. Poesie, sia quelle allegre sia quelle malinconiche. Quando Lynda crescerà potrà leggere di tutto: dolore e felicità, buio e luce. Deve conoscere tutto, anche se come madre, spero che incontri solo felicità. Quanto a me, non provo risentimento per la paura e il dolore vissuti nella foresta pluviale. Se non avessi passato tutto questo, potrei non essere in grado di apprezzare ogni giorno, ogni minuto, come faccio ora.
Quei terrificanti mesi nella foresta pluviale furono, in un certo senso, un regalo. Forse è vero quello che si dice: che senza oscurità non si può veramente apprezzare la luce.
Mentre guardo Tristan e Lynda sul portico che ridono al telefono, mi siedo al posto che preferisco di tutta la casa: una sedia a dondolo. Forse è a causa di tutti quei mesi passati in aereo, ma mi sento più a mio agio a dormire su una sedia a dondolo che nel mio letto. Posso restarci seduta per ore, leggere storie a Lynda o aspettare che Tristan torni dall’ospedale nelle notti in cui lavora fino a tardi. Sopra la sedia a dondolo, c’è una coperta che ho fatto cucendo insieme vari pezzi di stoffa, su ognuno dei quali c’è una foto mia e di Tristan o di noi tre. Ogni anno aggiungo una toppa con le foto dei momenti più importanti. Tristan dice che se continuo così quando saremo vecchi la coperta sarà abbastanza grande da ricoprire la casa intera. Spero sarà così. Non si hanno mai abbastanza bei ricordi. Un leggero dolore mi colpisce alla caviglia sinistra. Succede di tanto in tanto. Ma sorrido. A prescindere dalle difficoltà che la vita ci riserva, le affronto con un sorriso. Perché ricorderò per sempre il momento in cui tutto quello che speravo era un altro respiro, un altro battito del cuore. Ora ne ho molti.
E intendo celebrare ognuno di essi.