Beautyman sedeva dietro l’area di meta dei Vikings, immerso nella sua birra e guardando a mala pena il campo. Odiava il football. In ogni singolo aspetto che riusciva a considerare, esso non si avvicinava minimamente al baseball. La forza bruta della graticola non aveva niente a che fare con l’eleganza del diamante. Ma ottobre era già passato. I suoi amati Dodgers non ce l’avevano fatta di nuovo e i Minnesota Twins, non è che fossero andati tanto meglio. Perciò gli unici sport che potevano portarlo fuori di casa erano il football o l’hockey. Doveva solo tirare a sorte per decidere quale fosse il peggiore, e così scelse quello senza ghiaccio.
E come mai stavano giocando di giovedì sera? Il football doveva essere lo sport del week-end mentre il baseball quello che si giocava durante la settimana. Solo che, la settimana seguente, si sarebbe festeggiato il Giorno del Ringraziamento e l’unica possibilità era quella di vedere il football di giovedì.
Beautyman guardò il suo bicchiere di plastica ed agitò la birra contenuta al suo interno che produsse solo un paio di bolle. Che cosa poteva fare per Julie Diamond? Non aveva alcuna licenza per poter agire come investigatore privato nel Minnesota. Non aveva nessun amico al dipartimento di polizia che potesse aiutarlo. L’unica cosa che voleva era andarsene dallo stato del Minnesota e da casa di sua madre il prima possibile.
Da quanto tempo si ripeteva ormai queste cose? Sei mesi? Era sgattaiolato nella cantina di sua madre come un disgraziato e senza uno straccio di lavoro. E continuava a ripetere a se stesso che si trovava lì per badare a sua madre malata. Che cosa stava facendo? Aspettava che iniziasse a morire come la sua amica, in modo da giustificare i beni che gli avrebbe lasciato?
Beautyman si alzò in piedi. E’ un brutto segno, pensò, quando riesci a infliggerti più sensi di colpa di quanto non faccia già tua madre.
Stanotte sono il fantasma del Natale passato, pensò Beautyman, con il naso pressato contro la finestra del nuovo ristorante. In piedi vicino a lui ci sarebbe stato Ebenezer Scrooge, a guardare se stesso da giovane ballare, bere e a baciare ragazze sotto il vischio.
Quella festa era una di quelle feste. Gli amici si abbracciavano, gli affari terreni non avevano alcuna importanza, il cibo sembrava provenire dal mondo perfetto degli spot televisivi, l’alcol ti dava solo una perfetta leggerezza, e ogni donna era intelligente e sexy. O almeno questo era quello che si vedeva attraverso la finestra.
Nonostante quella gelida notte di novembre a Minneapolis, Beautyman si trattenne dall’idea di entrare. Questa non era la sua festa. Julie sarebbe stata l’unica persona che lo conosceva. Qualcuno sarebbe stato contento di vederlo? Jake Diamond era morto ed era riapparso proprio nel giorno dell’inaugurazione del ristorante di suo padre, un ristorante a cui Jake aveva dato il nome, e non poteva che essere un cattivo presagio.
Se avesse perso il controllo durante la festa, Julie sarebbe stata distrutta e Ruth furiosa. Ma essere un buon detective comportava sempre il rischio di perdere il controllo. “E se qualcuno della famiglia di Jake sapesse del suo finto suicidio di tre anni fa?” Sentiva se stesso dire a sua madre. “E se qualcuno di loro conoscesse il motivo per cui ora era morto?” Ma lei non avrebbe di certo voluto ascoltarlo. Il suo lavoro era quello di trovare il colpevole. E sospettare di un parente della migliore amica di sua madre sarebbe stato uno scandalo.
Le sue dita iniziavano a sembrare dei bastoncini di pesce congelati. Quindi le infilò nelle tasche ed entrò.
La cameriera che era all’ingresso lo salutò con una ampio sorriso. “Buona sera signore. Benvenuto al ristorante ‘Il Carato’.”
Poi lo guardò come in attesa di qualcosa e Beautyman capì che aveva bisogno di un pass per entrare, e così estrasse dalla tasca l’invito che Julie gli aveva dato.
“Più sono belli e più sembra che uno li abbia ricevuti per errore,” sorrise.
“Non si preoccupi, sembra che lei si confonda bene fra gli invitati,” disse la donna aggirando la sua postazione. Poi gli toccò il gomito con la punta delle dita e Beautyman si sentì come se gli mancasse il fiato.
“Vuole che le prenda la giacca signore?” tentò di spronarlo, quando vide che non si muoveva. Poi sorrise, mentre lui si voltava espirando lentamente. Sapeva che la donna aveva letto con esattezza l’espressione sul suo volto.
Beautyman si lasciò scivolare la giacca dalle spalle fino alle mani di lei. Non poteva fare a meno di sentirsi basso vicino a quell’amazzone, che dovette appena alzare le braccia per prendere la sua giacca.
“Sono qui come ospite di Julie Diamond. Potrebbe indicarmi il suo tavolo?”
“Mi dispiace signore, ma ha già lasciato il ristorante. Posso condurla ad un tavolo riservato?”
Solo se si siede con me, avrebbe voluto dirle scherzosamente. I suoi lucenti capelli biondi erano stati raccolti in uno chignon che le dava un’aria professionale. Doveva essere una donna di mezza età e per un attimo sperò che lei potesse ricambiare la sua attrazione. Dovrei uscire un po’ più spesso.
“Sì bene, la ringrazio.”
Beautyman si lasciò guidare attraverso la folla. Avrebbe dovuto esaminare con attenzione gli invitati, ma i suoi occhi non riuscivano a non guardare la pelle perfetta e le scapole che la donna esibiva dal suo abito scollato.
Si fermò ad un tavolo posto in un angolo appartato del ristorante ed indicò una sedia.
“In realtà, avrei preferito avere un posto al tavolo del signor Henry.” Provò a chiedere. Non avrebbe raccolto nessuna informazione sedendo ad un tavolo da solo.
La donna sorrise educatamente. “Il signor Diamond difficilmente avrà tempo di sedersi stasera. Ma lo informerò della sua presenza per farlo venire a salurla signor...”
“Beautyman. Detective Beautyman. Sono qui per Jake.”
Gli occhi della donna si fecero lucidi non appena lui si sedette. Era paura? Pena per la perdita? Rabbia per quanto era accaduto? Il calore? Qualunque cosa fosse, scomparve e i suoi occhi si coprirono di lacrime. Si affrettò verso la cucina con una mano che le copriva la bocca, ma troppo tardi per evitare che egli sentisse un singhiozzo. Beautyman realizzò che, ancora una volta, aveva perso una possibile compagnia. Era proprio arrugginito.
Beautyman ordinò un Manhattan al cameriere che arrivò non appena la donna lasciò la sala. Non amava particolarmente bere, ma lo credeva adatto all’atmosfera. Il ristorante era sapientemente illuminato. Salvo per la zona al centro della stanza, ornata da un lampadario d’argento del quale si intravedevano appena le lampadine. Ogni fonte luminosa sembrava esser stata nascosta, la luce rimbalzava sulle pareti come se fosse lievemente incandescente. La luce fioca era periodicamente ravvivata dalle fiamme che bruciavano sotto le padelle della cucina aperta o nel tavolo laterale per la preparazione del flambé alla banana. A Beautyman sembrò l’ambiente ideale per un primo appuntamento o per festeggiare le nozze d’argento.
A fermare il suo indagare fu una grossa mano che spuntava da una manica di smoking e che gli posò il suo Manhattan di fronte.
“Ha fatto piangere Dana,” disse una voce.
Beautyman guardò su. Un uomo dai capelli brizzolati lo stava fissando. Era alto e robusto, e aveva un torace molto sviluppato che gli riempiva lo smoking. A Beautyman sembrò quasi che l’uomo indossasse un’armatura da football americano sotto la giacca. Era enorme e forte.
Prima che potesse alzarsi, l’uomo scivolò nella sedia di fronte alla sua con una grazia sorprendente. “Holst aveva promesso che non sarebbe successo niente stasera ma a quanto pare non è così. Lei sta molestando la mia famiglia e bevendo il mio liquore.”
“Mi dispiace se ci sono stati dei problemi, Mr. Diamond. Non conosco nessuno di nome Holst e ho tutta l’intenzione di pagare il mio drink.”
Henry Diamond inclinò la testa su di un lato. “Dana dice che ha a che fare con la polizia.”
Beautyman si pentì subito di aver cercato di impressionare la donna e di aver fatto il nome di Jake. “Penso che abbia capito male. Sono un investigatore privato.” Non chiedermi la licenza.
“Con quale agenzia?”
“La mia.”
“Posso vedere la sua licenza?”
“Devo averla dimenticata nell’altro paio di pantaloni,” rispose Beautyman senza nemmeno far finta di cercarlo.
“Capisco.” Diamond si alzò. “Lei non è un detective, ma solo un amico degli Alcamo. Se non si incammina subito verso la porta, gli agenti che sono qui saranno lieti di accompagnarla alla polizia. Credo che avrebbero parecchie domande da farle.” Nonostante la chiarezza delle sue parole, Diamond non sembrava credere realmente a quanto stesse dicendo.
“Sfortunatamente non conosco nessuno di nome Alcamo, ancora. Sono qui a nome di Julie Diamond.”
Diamond sbuffò, ma quando vide Beautyman non battere ciglio, finalmente tornò a sedersi. “Certo che lo è,” mormorò scuotendo la testa.
“Mi dispiace aver creato agitazione durante la sua inaugurazione, Mr. Diamond. Ma a volte un po’ di agitazione può fornire informazioni che non vi è modo di ottenere altrimenti. Odio farlo, ma fa parte del mio lavoro.”
“E che lavoro sarebbe? Imbrogliare delle vecchiette facendo promesse che non si possono mantenere?”
Beautyman prese un sorso del suo drink. Perché lo stava facendo? Di solito odiava essere aggressivo con le persone. Intanto non era molto bravo a farlo. E poi c’era il fatto che fosse alto solo 1,70, o forse era il suo viso che riusciva a rendere brutto ma non minaccioso, era tutto inutile. Ma quella sera per qualche strana ragione stava giocando duro con un uomo di due metri di altezza e cento chili di muscoli.
Doveva esserci un modo migliore.
Si stravaccò nuovamente sulla sedia imbottita. “Non pagherò il drink, Mr. Diamond. A dire la verità, non sono qui per sua madre, ma per la mia. Lei è la compagna di bridge preferita di sua madre. Anzi Julie è la compagna preferita di mia madre, dovrei dire. Non so se la cosa è reciproca. Per caso il nome Ruth Beautyman le dice qualcosa? Lei vorrebbe che io iniziassi a lavorare di nuovo, e credo che non appena abbia sentito parlare di Jake, abbia visto la cosa come un’occasione per il suo unico figlio di ricominciare. Beh, vede...essendo Julie e Ruth molto simili, immaginerà quanto sarebbe stato difficile dire di ‘no’. Questo è ciò che mi ha portato qui stasera.”
Beautyman inclinò il bicchiere verso Diamond e prese un altro sorso. Diamond fece un sorrisetto. Si era visibilmente rilassato e Beautyman pensò che fosse segno che non lo avrebbe sbattuto fuori.
“Dovrò comunque controllare, ma ha detto che sua madre vorrebbe che lei ricominciasse?”
“Un anno fa ero un detective della Contea di Los Angeles, e anche uno bravo. Ma poi ho commesso una serie di grossi errori, per giunta di pubblico dominio. Prima di parlare di ‘disonore alla divisa’, chiesi un pensionamento anticipato involontario, come lo chiamano loro. Ho lasciato la città prima che mi inseguissero con i forconi e ho approfittato dell’ospitalità di mia madre. Vivo nella sua cantina da allora.”
“Che cosa le ha detto mia madre di Jake?”
“Mi ha chiesto di scoprire dove sia stato negli ultimi tre anni.”
“Non di scoprire chi lo ha ucciso?”
“Ucciso? No, assolutamente no. Mi ha detto che ha finto il suicidio tre anni fa e che ieri...beh, non mi ha detto come è morto. Lei crede che suo figlio sia stato ucciso, Mr. Diamond?”
“No. Ma la polizia non lo ha ancora stabilito, e non so se lei la stia usando per cercare vendetta,” disse Diamond. Poi fermò un cameriere che passava di lì e gli chiese di portargli un whiskey. Sta cercando di mascherarlo, pensò Beautyman, crede certamente che Jake sia stato ucciso.
“Mi dica, Mr. Diamond. Quella donna....era la fidanzata di Jake?”
Diamond annuì, inarcando un sopracciglio.
“Era solo una supposizione, non essendo May, e dalla reazione che ha avuto...”
“ E come fa a sapere che non è May?”
“Perché May è in Europa. E poi mi ha anche detto che ho fatto piangere Dana. Quindi non è troppo difficile da supporre.”
Il whiskey di Diamond arrivò, ed entrambi gli uomini sorseggiarono il loro drink. Diamond sicuramente più a lungo di Beautyman.
“Ha già informato May?” chiese Beautyman con delicatezza.
Diamond scosse per un attimo la testa. “Non voglio informarla via e-mail, ma non ho altro modo per contattarla. Perciò le ho chiesto di telefonare, ma ancora non ha chiamato.”
“E Nathan?”
“Sarà qui domani.”
“Per il funerale?”
“Non ancora. Sarà domenica sera. Penso che sia abbastanza per permettere a May di tornare, ma inizio a non esserne più così sicuro.”
“Lei e Dana sono molto unite?”
Diamond socchiuse gli occhi incrociando lo sguardo di Beautyman e lo fissò.
“Quindi Mr. Beautyman intende giocare al detective, licenza o no?”
Beautyman si era fatto prendere la mano, ma intenzionalmente. Voleva avere questa conversazione. “Mia madre non mi permetterà di lasciar perdere tanto facilmente. E poi penso di poter essere utile.”
Diamond lo squadrò come se dovesse confezionargli un abito. “Come mai questo interesse per Dana?”
“Perché sparire veramente è una delle cose più difficili da fare al mondo. Non parlo di nascondere le proprie tracce, cosa già di per sé difficile. Ma del dolore per la mancanza di contatti, che è molto difficile da sopportare. Se Jake avesse scelto di contattare qualcuno dal momento in cui ha finto la sua morte, io scommetterei sulla sua fidanzata. Si è vista con qualcuno negli ultimi tre anni?”
Diamond scosse il capo.
“Forse non ha incontrato nessuno perché sapeva che il suo ragazzo era ancora vivo.”
“Forse era ancora in lutto per la perdita,” tagliò corto Diamond.
“Forse. Ma è da qui che vorrei partire.”
“Mi sta forse chiedendo il permesso?”
“Ho già il permesso di sua madre. Io lavoro per lei.”
“Senza licenza? Potrei farle fare rapporto per questo.”
“Non se lavoro gratis. Diciamo che sono solo un vicino fastidioso.” Beautyman non sapeva se questo fosse plausibile, ma la cosa gli sembrava abbastanza convincente.
Ora era il turno di Diamond per replicare. Fissò il suo drink, era stato sconfitto, e Beautyman non aggiunse altro.
Alla fine Diamond disse, “lei è di Los Angeles giusto?”
“Originariamente di Modesto, ma sì.”
“Come mai sua madre vive in città?”
“Mio padre era un ingegnere chimico. Ottenne un lavoro alla 3M quando io frequentavo il college e così lasciò Modesto. Quando lui morì, mia madre viveva qui da almeno vent’anni e così decise di rimanere.”
“Ma lei personalmente non conosce nessuno di qui?”
“A parte qualche compagna di bridge di mia madre, non conosco anima viva. Questa è praticamente la prima volta che lascio lo scantinato per un motivo che non sia una partita dei Twins.”
“Io...” disse Diamond afferrando il drink, “potrei aver bisogno del suo aiuto.”
“Riguardo Jake?”
“Non c’entra la sua scomparsa... E’ una questione che riguarda lui e il ristorante, che deve essere risolta.”
“Di che si tratta?”
“Sono stato ricattato.”
“Dagli Alcamo?
Diamond iniziò a parlare, poi si sedette nel tentativo di concentrarsi. “Lei non si perde neanche una parola eh?”
“Se lei sa chi è, non ha bisogno di un detective privato, ma ha bisogno della polizia. Ma se non siete ancora andati alla polizia, significa che hanno qualcosa di grosso su di voi. Quindi ora avete bisogno di me per cosa? Per risolvere il problema?”
“Lo farebbe?”
“Non sono un tutore della legge Mr. Diamond. Sono un detective, anche se il mio unico caso è quello della compagna di bridge di mia madre.”
“Ma se riuscissi a provare che ciò che ha è falso? Lui non potrebbe più usarlo contro di me. E questo è sicuramente un lavoro da detective.”
“E che cos’è che avrebbe?”
“Omicidio”, disse Diamond, lasciando le parole aleggiare nell’aria della stanza, ”ma anche estorsione e corruzione in processi pubblici. E solo Dio sa quali altre violazioni della legge, se quanto dice è vero. E se fosse vero, ‘Il Carato’...”
“Aspetti un attimo, come fa a non saperlo?”
Diamond tracannò il suo whiskey. Perché Alcamo ha le prove, o almeno dice di averle. Le prove di ciò che Jake avrebbe fatto per mio conto prima di sparire. Ed ora è troppo tardi per chiedergli spiegazioni, non crede?”