Capitolo 4

Prima di uscire per il suo incontro con Dana, Beautyman scese in cantina con il cordless della cucina.

Dopo una rapida ricerca su Internet decise che aveva bisogno di informazioni migliori e così decise di chiamare il dipartimento di polizia di Minneapolis.

“Salve...potrei parlare con Raymond Holst, per favore?”

“Emm...intende il detective Ed Holst?”

“Sì esatto, intendevo Ed. Non so come mai abbia detto Raymond. E sa cosa, non c’è bisogno di disturbarlo in questo momento. Le dispiacerebbe soltanto darmi il suo indirizzo e-mail?”

“Mi dia solo un attimo, devo averlo qui da qualche parte.”

Si segnò l’indirizzo, ringraziò il suo interlocutore e riagganciò il telefono.

Beautyman aveva appreso il nome di Holst da Diamond, alla festa. Holst, come tutti i detective – Beautyman incluso – non avrebbe di certo gradito avere un altro detective privato fra i piedi, specialmente se senza licenza e che lavorasse al suo stesso caso. Beautyman però sperava di poter ottenere da Holst delle informazioni utili senza che lui sapesse di avergliele date.

Beautyman avviò l’accesso ad una chat sicura.

Questo era un segreto che sicuramente non avrebbe mai svelato al suo nuovo ‘partner’ pensò, e immaginando la scena iniziò a sorridere. “Ehi mamma, comunque, dovresti sapere che fin da quando mi avete regalato il mio primo computer – sai quel bellissimo TRS-80 con il quale giocavo per ore – io sono un hacker.”

Avrebbe rabbrividito, come chiunque altro. Gli hacker sono considerati delinquenti, che rubano dati bancari, cancellano file e accedono con le credenziali di altri.

Ciò era parzialmente vero, ovviamente. Ma era anche vero che c’erano moltissimi hacker che conducevano una vita rispettabile. Essi venivano assunti dalle compagnie per verificare i loro sistemi di sicurezza, ne constatavano le eventuali falle e li rendevano più efficienti. Ma anche se fosse riuscito a convincere sua madre di questo, di certo non sarebbe diventato uno di loro, pensò. Non avrebbe mai trasformato questa sua attività in una carriera al pari dei cosiddetti ‘white hat’, come non sarebbe nemmeno diventato un ‘black hat’. Lui, e quelli simili a lui, preferivano definirsi ‘grey hat’. Loro eseguivano operazioni illegali ma senza cattive intenzioni, e quando violavano un sistema di sicurezza, poi lo ripristinavano. Beautyman amava la sfida, il rischio – e ad essere sincero con se stesso – anche il fatto di sentirsi superiore.

Per lui era un passatempo, la stessa cosa che era per alcuni fare le parole crociate. Ma non c’era adrenalina nel fare le parole crociate.

Appena Beautyman entrò nella chat diede un’occhiata per vedere se vi fosse qualcuno che conosceva, finché non vide un amico. Beh, amico non era la parola giusta.

Fino a un anno fa, Beautyman lo conosceva solo con il soprannome ‘Aftermath’. Solo successivamente scoprì che l’individuo che c’era dietro quel nome era un ragazzo di 16 anni di nome Brad. Lui era l’unico hacker che conosceva il suo vero nome, dove abitava e il suo vecchio lavoro.

“C 6 Aftermath?” digitò Beautyman. Odiava usare quel tipo di linguaggio abbreviato, ma scrivere “Ehi Brad sei in linea?” non sarebbe stato appropriato in nessuna di quelle chat. Ormai era in grado di passare agevolmente da un linguaggio all’altro come facevano i suoi colleghi di Los Angeles, passando da inglese a spagnolo.

“Hey dutchman cm è la neve? LOL”

Il soprannome di Beautyman era ‘Dutchman’. Il riferimento era alla leggendaria nave fantasma, l’Olandese Volante, ma in realtà Beautyman lo aveva scelto perché era il soprannome di Honus Wagner, il più grande interbase che avesse mai calpestato un campo da baseball. Dopo tutto quello che era successo a Los Angeles e fino al suo trasferimento, aveva dovuto abbandonare quel soprannome per un paio di mesi. Ma gli era troppo affezionato per trovarne uno nuovo e così aveva ripreso ad usarlo.

“La neve è appena arrivata. Mi manca la California!” Beautyman non era ancora arrivato al punto di utilizzare simboli come ‘LOL’, abbreviazione inglese che stava per ‘Laugh Out Loud’, ridere a crepapelle. Sigla che invece Aftermath utilizzava sempre, quasi che tutto ciò che diceva fosse degno di una risata.

“Ho bisogno di un programmino per violare alcune chiavi d’accesso. Hai tempo oggi?”  

“Dipende.”

Beautyman spiegò ad Aftermath di che tipo di programma aveva bisogno.

“Dai amico, stai scherzando?! Non riesci a farti un programma così facile? LOL”

“Non sono capace. Non con server simili. Sei hai tempo prova a farlo, mi connetterò più tardi.”

Beautyman uscì dalla chat. Se fosse riuscito ad entrare nell’account del detective Holst avrebbe potuto accedere a tutte le informazioni di cui aveva bisogno, sia riguardo i casi su cui stava lavorando che su quelli precedenti alla scomparsa di Jake.

Beautyman uscì di casa prima dell’ora di pranzo, lasciandosi abbastanza tempo per raggiungere l’ufficio di Kelly per le 14:00. Cosa positiva, poiché l’ufficio si trovava nella parte opposta della città rispetto alla sua posizione. Uscendo da casa di sua madre proseguì in direzione est, superò alcuni edifici di Plymouth Avenue e dopo circa 10 minuti si ritrovò nel quartiere industriale di Minneapolis. Nella zona che si trovava subito dopo il fiume Mississippi, ogni singolo magazzino era stato trasformato in un condominio o in un ristorante chic, dopo aver versato per anni in stato di totale abbandono. Probabilmente la zona era stata ‘riscoperta’ da artisti, architetti e restauratori.

Beautyman accostò al marciapiede e guardò l’indirizzo che si era appuntato prima di partire. Era nel posto giusto. Attraverso il finestrino guardò la costruzione che si trovava dall’altra parte della strada. “Qui c’è un edificio che non è stato ancora riscoperto.”

A differenza degli sgargianti magazzini di mattoni rossi che erano stati restaurati nella zona, il 202 di Third Avenue era dipinto di un beige opaco, anche se la maggior parte dello stretto edificio di due piani era ricoperto di sporcizia dovuta ad anni di trascuratezza. Inoltre vi era una vecchia insegna al neon, probabilmente vecchia come il resto della costruzione, che pubblicizzava il ristorante ‘Dromio’ di Minneapolis che serviva pasta e pesce alla siciliana.

E secondo un articolo del quotidiano Star Tribune che Beautyman aveva trovato, il proprietario era un certo Luca Alcamo. Il proprietario di quel ristorante aveva realmente ricattato Diamond? Non sembrava vi fosse anima viva nei pressi di quel locale, anche se l’orario era quello della pausa pranzo. Beautyman controllò il telefono. Le 13:20. Era una copertura? O solo un ristorante che non aveva scelto di essere al passo con il rinnovamento del quartiere, costringendo il suo proprietario a cercare altrove nuove fonti di guadagno?

Beautyman ripartì e si diresse verso l’ufficio di Kelly. Diamond non aveva menzionato né Luca Alcamo né il suo ricatto, in presenza della polizia. Ciò costituiva un enorme vantaggio, e se Beautyman fosse stato l’ufficiale incaricato del caso, avrebbe denunciato Diamond per intralcio alle indagini. Ma lui non era l’incaricato al caso e questo significava che doveva proteggere il suo cliente, almeno per il momento.

Se Jake aveva fatto qualcosa di illegale per conto di Diamond, la paura di essere scoperto, poteva essere stata una buona ragione per scappare. Molti avevano finto la loro morte anche per motivi più futili. Gli bastava il fatto di sentirsi in trappola, senza alcuna via di uscita. Cosa sufficiente a spaventare un ragazzo di soli 22 anni.

Ma perché era morto ora, pensava Beautyman. Questa parte richiedeva ancora del tempo per essere svelata.

“Buon pomeriggio, Mr. Beautyman. Prego si sieda,“ disse Kelly toccandogli il braccio prima di sedersi. Agli occhi di Beautyman, Kelly apparve come il tipico uomo del Midwest. Biondo, occhi azzurri e solo un paio di rughe di espressione sul viso. Ma a differenza del tipico uomo del Midwest, Sam Kelly avrebbe potuto essere scambiato per una star di Hollywood. Aveva la stessa altezza di Diamond, ma non la stazza. Il suo vestito scuro era stato confezionato allo scopo di farlo sembrare più robusto. Anche il suo ufficio sembrava voler mostrare forza. Il soffitto alto e lavorato, sicuramente molto costoso, e poi il tavolo di mogano, tutto sembrava essere messo lì come un avvertimento per chi entrava, quasi volesse dire, “non provare a metterti contro di noi,” oppure “sarai al sicuro solo se starai dalla nostra parte.” Tutto dipendeva da dove ci si sedeva rispetto a Kelly.

E Beautyman gli si sedette di fronte.

Kelly gli apparve come un vecchio pugile che deve la sua reputazione più ai suoi successi passati che all’attuale forza dei suoi pugni. Ma qualcosa gli consigliava di non abbassare comunque la guardia.

Di fianco a lui c’era Dana Foster, che sembrò furiosa alla vista di Beautyman. Avrebbe detto che i due fossero parenti. Entrambi erano molto alti e dai bei lineamenti, e mostravano chiaramente le loro origini scandinave.

Beautyman decise di rivolgersi subito a Dana per chiarire la situazione, tentando di mascherare agli occhi della donna l’attrazione che provava per lei.

“Prima di iniziare, vorrei chiarire le cose,” esordì Beautyman. “Mrs. Foster, non sono stato particolarmente sensibile ieri sera. Non potevo sapere che lei fosse così vicina a Jake, ma di certo avrei dovuto immaginare che nello staff del ristorante lavorassero suoi amici e conoscenti e avrei dovuto essere più delicato. La prego di accettare le miei scuse per averla scioccata a quel modo.”

Dana continuò a guardarlo duramente, ma Beautyman fu certo di aver almeno migliorato la situazione poiché, dopo le sue parole, la donna chiuse gli occhi e annuì.

“Permetta anche a me di chiarire le cose,” disse Kelly. “Lei è un investigatore che agisce senza licenza. Tuttavia i miei clienti, contrariamente a quanto ho consigliato loro, le hanno dato il permesso di parlare con famigliari e amici per svolgere le indagini...ma al momento, su che cosa è stato incaricato di indagare esattamente, Arthur?

Beautyman non sapeva se Kelly sapesse degli Alcamo, e non voleva di certo essere lui a parlargliene, nel caso in cui Diamond non lo avesse fatto. “Sono spiacente Mr Kelly, ma credo che le sia sfuggito un piccolo particolare. Mr. Diamond non è mio cliente. Io sono stato incaricato da sua madre Julie di scoprire dove sia stato Jake negli ultimi tre anni, durante i quali ha finto la sua morte. Ieri sera ho incontrato il suo cliente e l’ho informato della situazione.”

“L’intera famiglia Diamond è mia cliente, Arthur. Godo di procura per la famiglia e ho il compito di proteggerla da ogni possibile minaccia. Considerato ciò, ho seri dubbi riguardo questa ‘indagine’,” disse Kelly, facendo il segno delle virgolette con le dita.

“Ho intenzione di rispondere a tutte le sue domande, Mr. Kelly,” tagliò corto Dana, alzando nuovamente lo sguardo verso Beautyman. “Voglio sapere che cos’è accaduto a Jake più di chiunque altro.”

Prima che Kelly potesse aggiungere altro, Beautyman iniziò con le domande “Mrs. Foster, sono dispiaciuto di dover sollevare nuovamente una questione così delicata. Ma ho bisogno di sapere una cosa. C’è mai stato un momento in cui le è capitato di dubitare che Jake fosse realmente morto?”

“Non sei costretta a rispondere, Dana,” intervenne Kelly.

“Certo che non lo è. Non sono né un poliziotto né un avvocato e questo non è un interrogatorio, ma tutto quello che riesce a dirmi potrebbe essere di aiuto,” disse Beautyman, voltandosi verso di lei.

Dana annuì. “All’inizio non riuscivo proprio a credere che fosse vero. Tutto quello che avevano era la sua giacca e io...io non ci potevo credere. Poi la superficie del lago ghiacciò e pensai che se fosse realmente morto, avrebbero ritrovato il suo corpo in primavera. Ho passato tutto l’inverno temendo il giorno in cui sarebbe iniziato il disgelo. Ma allo stesso tempo aspettavo ogni giorno di avere sue notizie, di vederlo arrivare e dirmi che era tutto ok e spiegarmi che cosa fosse realmente accaduto. L’ho cercato al supermercato e l’ho cercato in ogni singolo angolo della città. Speravo che mi seguisse e che attendesse solo il momento giusto per parlarmi senza essere scoperto. Quindi mi recavo spesso in parchi isolati o andavo al cinema da sola sperando che si facesse vedere, ma non è mai accaduto.

“Poi arrivò la primavera e la polizia cercò nuovamente il corpo ma, non riuscendo a trovare niente, abbandonarono le ricerche.”

“A quel punto si arrese anche lei? Oppure no?”

Dana scosse il capo e fissò lo sguardo su un punto del tavolo che aveva davanti. “A quel punto iniziai a pensare che lo avessero preso contrò la sua volontà e che non era stato Jake ad inscenare la sua morte, ma che era stato qualcun altro, qualcuno che lo aveva rapito per qualche motivo. Forse...forse tutto questo può sembrare assurdo da pensare. Non avevo nessuna ragione reale per crederlo, ma lo feci ugualmente. Poi ricordo che una sera, mentre ero a cena con Henry, Ellen e May dissi qualcosa riguardo il fatto che Jake fosse ancora vivo. May divenne molto triste. Dissi che c’era ancora ragione di sperare e che la polizia aveva abbandonato Jake.

“Ellen iniziò a piangere e May uscì di casa. Henry mi prese da una parte e mi disse che dovevo iniziare ad accettare ciò che Jake aveva fatto. Poi aggiunse che tutti avevamo amato Jake ma che quanto aveva fatto era stato molto egoista, la cosa più egoista che avesse potuto fare, e che convincersi che fosse vittima di un complotto era sbagliato.”

Dana s’interruppe e mise una mano nella borsa per prendere un fazzoletto. Sì soffiò il naso e proseguì. “Iniziai quindi a convincermi che Jake se n’era realmente andato. E sono contenta di averlo fatto perché Ellen era ancora molto turbata per quanto era accaduto. Ebbe l’incidente non molto tempo dopo e spero che in quel momento avesse smesso di sentirsi in colpa. L’idea spaventò Henry per molto tempo...l’idea che Ellen avesse provocato l’incidenze intenzionalmente.” Dana pronunciò a fatica quelle ultime parole e strinse il fazzoletto che aveva in mano.

Kelly poggiò goffamente una mano sulla sua spalla e disse, “durante la prima nevicata Mrs. Diamond era alla guida, di notte. La sua auto sbandò lungo il raccordo dell’autostrada e si ribaltò diverse volte giù per la scarpata. I primi ad arrivare sul posto dissero che era morta sul colpo,” disse a Beautyman. “La polizia trovò alcune scie di pneumatici sull’asfalto e segni di collisione sul lato del conducente. Venne fuori che un’altra auto le era finita addosso e l’aveva spinta fuori strada. Ipotizzarono che fosse stato un incidente con omissione di soccorso, ma ciò venne stabilito solo dopo diverse settimane. E questo fu terribile per la famiglia, perché nel frattempo pensarono all’eventualità che Ellen si fosse suicidata.”

Dana sembrava essersi ripresa abbastanza e Beautyman decise quindi di rivolgersi di nuovo a lei. “E che cosa mi dice di questi ultimi giorni, Ms. Foster? Intendo quando ha saputo di Jake.” 

Dana scosse il capo e strinse gli occhi contemporaneamente.

“Ora che ha saputo che è stato in vita negli ultimi tre anni, c’è qualche luogo dove pensa possa essere stato? Un posto che magari amava particolarmente?”

Dana si mise a riflettere con aria tranquilla. “Jake...Jake amava gli estremi. Avrebbe potuto desiderare di passare del tempo nella natura selvaggia dello Yukon, come essere al centro di New York.

“C’era qualche posto in particolare dove sarebbe voluto andare?”

“Avrebbe voluto diventare un attore. Forse la California? Los Angeles? Mi dispiace...non so davvero cosa dire.”

Beautyman annuì, ma la sua mente lo riportò all’improvviso nella sua vecchia casa di Studio City, un luogo che non vedeva da ben sei mesi. Ed iniziò a pensare che, ovviamente, Jake sarebbe voluto andare a Los Angeles. Lo stesso posto in cui avrebbe voluto essere ora anche lui.

“Ms. Foster,” proseguì, riprendendosi dai suoi pensieri, “ricorda di aver notato qualche cosa di strano prima della scomparsa di Jake? Aveva paura di qualcosa? Le sembrava stressato?”

“Dana ha già dovuto rispondere a tutte queste domande tre anni fa,” lo interruppe Kelly.

“Certo, ma sapendo che era ancora vivo, forse le risposte potrebbero essere diverse,” replicò Beautyman.

“Non so se avesse paura,” disse Dana come se niente fosse successo. “Stressato lo era sicuramente. Henry era impegnato a raccogliere fondi per aprire il ristorante. Aveva sognato per anni quel momento e sentiva che la realizzazione del suo sogno era molto vicina. Tutti lo sentivano, credo. Mi sembra assurdo che ci siano voluti altri tre anni. E Jake voleva essere di aiuto. Iniziò a dire a Henry che poteva occuparsi del marketing del locale. Si era laureato in marketing e comunicazione quindi...pensava di essere perfetto per qual ruolo,” Dana sorrise dolcemente. Era un sorriso bellissimo. Se fosse stata la protagonista di un film, tutti gli spettatori avrebbero risposto a quel gesto. “Credo tu sappia che è stato lui a dare il nome al ristorante...”

Beautyman annuì e le sorrise.

“Jake non cercò lavoro dopo il college, ma passò tutto il tempo che aveva lavorando all’apertura del ristorante. Aveva un sacco di incontri. Non ho mai capito bene a che cosa servissero, ma lui era sempre di fretta per andare da qualche parte, e io non ho mai insistito per sapere dove andasse nè per quale motivo. Sapevo solo che era per il ristorante.”

“Questa potrebbe sembrarti una domanda un po’ strana, ma volevo sapere se Jake ti abbia mai portato al ‘Dromio’?”

Dana rise brevemente e il suo sguardo sembrò ravvivarsi. “Sì, questa è proprio una domanda molto strana. Certo, ci andavamo spesso,” disse, sorridendo al ricordo di qualche piacevole serata passata insieme, poi guardò Beautyman. “Perché me lo chiedi?”

“Era solo una mia curiosità. Ho sentito dire che gli piaceva,” rispose Beautyman. Era pronto a terminare l’incontro e ad andarsene.

Dana annuì, “era uno dei ristoranti italiani preferiti di Jake. Preparavano dei sughi che non ti puoi immaginare. Prima della sua scomparsa ci andavamo molto spesso. Ma poi...non credo sarei riuscita a metterci piede di nuovo. Non c’ero passata più nemmeno vicina per un paio d’anni finché, qualche tempo fa, viaggiavo sulla metro che porta all’aeroporto e attraversando la zona mi sono accorta che non c’era più, demolito per costruire una stazione.

Beautyman stava quasi per andarsene quando rabbrividì.

“Demolito?” domandò. “Ma l’ho visto poco fa, proprio oggi.”

“Beh, è perché sono due. Come nella commedia.”

Beautyman la guardò perplesso.

“Chiedo scusa, nemmeno io ne ero a conoscenza prima che Jake me lo dicesse. ‘Dromio’ è il nome di una coppia di gemelli protagonisti di una commedia di Shakespeare. Anche i proprietari sono gemelli. Uno di loro gestisce il ‘Dromio di Minneapolis’, quello che si trova in centro, e l’altro il ‘Dromio di Minnehaha’, nei pressi del Minnehaha Park.

“Quello che si trova qui nella zona industriale c’è ancora, mentre quello che si trovava in periferia ora non esiste più. Avrei dovuto immaginare che lo avrebbero demolito,” disse sospirando. “Anche se sarebbe stato difficile, mi sarebbe piaciuto tornarci di nuovo. Sai, quello era il nostro posto. Allora non lo avevo ancora capito, ma oggi vorrei potermi sedere ad uno dei loro tavolini con un bel piatto di pasta e un bicchiere di vino per poter dire addio a Jake.”