Beautyman si risvegliò di domenica mattina con Ruth seduta ai piedi del suo letto.
“Pensavo fossimo d’accordo che questa è la mia stanza.”
“Ho bussato.”
“Non ho proprio sentito. Forse centra la mia commozione celebrale e il fatto di non aver dormito per due giorni.”
“Henry Diamond ha telefonato.”
“Di che si tratta?”
“Ieri sera Dana non si è presentata al lavoro e nessuno riesce a trovarla.”
Beautyman si grattò il viso non rasato. “Che ore sono?”
“Le 10:30. Sarei già dovuta essere in chiesa. Il tempo vola.”
“Ok. Se mi dai un momento, mi metto un paio di mutande e mi alzo.”
“Ruth sorrise dolcemente. “Sai, sono le stesse lenzuola che usavi quand’eri bambino.”
“Sì, mi ricordo.”
“A Matt è piaciuta la tua stanza? Sarebbe bello se diventaste amici.”
“Mamma ti prego. Vai di sopra e lasciami infilare un paio di mutande.” “Però dovresti dirgli che ha bisogno di tagliarsi i capelli.”
“Mamma!”
Davanti a un piatto di uova e toast, Beautyman ripercorse tutti gli interrogatori del giorno precedente, a partire da Alcamo fino ad arrivare a Julie, Henry Diamond, Nathan e infine Matt Carson.
Ruth intanto ascoltò con attenzione e senza proferir parola, finché Beautyman non ebbe finito. “Quindi quando ho letto che lo stomaco di Jake conteneva del sugo alla marinara ho pensato che fosse quello del ‘Dromio’. Ma a quanto pare potrebbe tranquillamente essere anche de ‘Il Carato’.”
Beautyman annuì. “O di qualunque altro posto. Per quanto ne sappiamo potrebbe anche aver mangiato al Giardino di Olivia. Forse è stata solo una coincidenza.”
“Lo credi veramente?”
“No. Da quello che abbiamo sentito fin’ora credo che si tratti di uno dei due ristoranti. L’autopsia è già stata fatta, quindi dubito ci sia un modo per capire di quale si tratti. Tuttavia propendo più per il ‘Dromio’.”
“E perché?”
“Perché Alcamo è l’unico ad avermi detto che sapeva che Jake era vivo. Nessun’altro lo ha ammesso. Ma mi chiedo se Alcamo non stia cercando di proteggere se stesso. Se trovassimo delle prove che Jake era al ‘Dromio’, e Alcamo mi avesse detto di non sapere che era vivo, scopriremmo che mente.”
“Credi che qualcun altro sapesse che era ancora vivo?”
“Avrei detto Dana, ma inizio a dubitarne. Nathan o May mi sembrano più probabili. Specialmente Nathan. Avere un fratello a New York sarebbe proprio un aggancio perfetto se qualcuno volesse nascondersi. Inoltre, sembra non fidarsi di me e vorrebbe che non lo facesse nemmeno suo padre.”
“Ci sono molti motivi che lo farebbero pensare.”
“Certo mamma. Sto cercando di fare il massimo con quello che ho ottenuto fin’ora.”
“Quindi qual è la prossima mossa?”
“Beh, non so ancora dove sia stato Jake negli ultimi tre anni. E finché sospetterò di Nathan, penso che dovremmo mettergli maggiore pressione.”
Beautyman si ricordò che il fratello di Jake alloggiava in un lussuoso hotel nel centro di Minneapolis. “L’inizio del piano prevede sempre di partire insieme.”
“Ma io che posso fare?” chiese Ruth, interrompendo il ragionamento.
“Mamma, la colazione è già più che sufficiente.”
“Arthur! Io sono la tua partner, non la segretaria che ti porta i caffè. Fammi fare qualcosa che può realmente essere utile.”
“Non voglio che tu rischi di nuovo di farti del male.”
“Nessuno farebbe del male ad una piccola e vecchia signora. Lo abbiamo già sperimentato. Ora dimmi che devo fare.”
Beautyman si stropicciò gli occhi sperando di poterle chiedere del caffè e delle uova. “Pensi che potresti pedinare qualcuno senza che si accorga?”
“Sì! Sì, certo che posso farlo. Chi vuoi farmi pedinare?”
“Ti voglio davanti alla Foshay Tower, in centro. Io andrò avanti e cercherò di raggiungere Nathan nella sua stanza. Se c’è, voglio che tu rimanga lì finché non esce, per poi seguirlo. Se invece non c’è, mi seguirai fino al posto in cui incontrerò Henry. Se Nathan è con lui, lo seguirai da là. Pensi di riuscirci?”
“Come saprò che è lui?”
“Non sai che aspetto ha?
“Sì certo, ma non lascerà il Foshay in macchina? Come saprò che è lui?”
“Non mi è sembrato il tipo di persona che parcheggia la sua auto da solo. Assicurati di vedere bene il parcheggiatore dalla tua posizione. Se perdi lui, perderai anche Nathan. In quel caso proveremo a raggiungerlo più tardi.”
“Gli starò attaccata come un fiore al gambo.”
“Non troppo attaccata. Ricorda, non deve capire di essere seguito. Hai il tuo cellulare con te?”
“Lo lascio sempre in macchina.”
“Ok. Hai il mio numero fra le chiamate rapide?”
“Non riesco mai a farle funzionare. Ma ho il tuo numero memorizzato.”
“Ok. Vado a radermi e a farmi una doccia. Puoi andare a fare il pieno mentre mi preparo?”
“C’è già il pieno. Lo faccio sempre quando il serbatoio scende sotto i tre quarti.”
“Io...dici sul serio? Non so che dire, non lo sapevo.”
“Una macchina va molto meglio con la parte superiore del serbatoio che con il fondo. Questo almeno è quello che diceva tuo padre.”
“Lo so. Credo solo che tu l’abbia preso un po’ troppo alla lettera.” Beautyman si alzò, prese il suo piatto e baciò la testa di sua madre. “Però è una buona teoria.”
“Non è una teoria. E’ semplicemente una buona abitudine!”
“Lo terrò a mente. Sarò pronto in un quarto d’ora.”
Dopo la doccia, Beautyman passò del tempo in cantina a sistemare delle scatole di dispositivi elettronici che aveva portato con sé da Los Angeles. La cosa più facile da trovare fu un decodificatore per carte magnetiche. Perfettamente legale, il dispositivo poteva leggere e sovrascrivere le barre magnetiche che si trovano sul retro di carte di credito, badge o qualsiasi altra carta magnetica.
Meno legale era un piccolo rettangolo nero di una gomma rigida, che era scivolato in un angolo della scatola. Il dispositivo aveva una sottile fessura al centro, abbastanza grande da farvi scorrere dentro una carta di credito. Beautyman guardò nuovamente nella scatola e vi trovò il cavo USB con cui poter collegare il dispositivo ad un portatile.
Mise tutto in una ventiquattrore e tornò al piano superiore.
Alla Foshay Tower, Beautyman attese finché non fu certo che Ruth avesse trovato un buon posteggio, che le permettesse di vedere la porta d’ingresso dell’hotel. Portò la sua ventiquattrore dentro l’hotel e la sistemò vicino alla reception. La stanza era illuminata da una luce rosa al neon e, come a ‘Il Carato’, non vi era una buona fonte di illuminazione.
Il ragazzo dietro ad una lastra di roccia nera che costituiva il bancone lo salutò. “Ha una prenotazione?”
“No. Vorrei una stanza per stanotte e vorrei fare il check-in rapidamente, se possibile,” disse Beautyman, mostrando una carta di credito.
“Nessun problema.” Beautyman sentì il netto suono delle dita sulla tastiera e pensò al collega di Carson e al piano per registrare il suono dei tasti. “A lei Mr. Beautyman,” disse il ragazzo. “La sua stanza è la 515, ed è già pronta per lei.”
“Grazie,” disse Beautyman, prendendo la chiave.
“Le auguro una buona permanenza.”
“A proposito, sarebbe possibile controllare se un mio amico è già arrivato? Il suo nome è Nathan Diamond.”
Click-clack. “Sì, ha già effettuato il check-in.”
“Vorrei incontrarlo, è possibile sapere il numero della sua stanza?”
“Sono spiacente Mr. Beautyman, comunicare il numero delle stanze dei nostri ospiti è contro la politica dell’hotel.”
“Potrebbe allora chiamare per me la sua stanza per vedere se c’è?”
“Molto volentieri.” Beautyman si sporse in avanti per afferrare la sua carta di credito dal bancone, ma appena vide il ragazzo alzare la cornetta e digitare i numeri 1602, fece nuovamente un passo indietro.
“Non risponde nessuno, signore. Vuole lasciargli un messaggio?”
“No grazie. Sono sicuro che lo incontrerò da queste parti.”
Beautyman prese l’ascensore e si diresse verso la stanza 515. Prima di entrare, fece scorrere le dita sulla maniglia di ottone e dunque inserì la chiave. Una volta dentro, appoggiò la ventiquattrore sul letto e la aprì. Il dispositivo rettangolare era piccolo abbastanza per le sue esigenze, ma era del colore sbagliato.
Beautyman uscì nel corridoio e si guardò intorno. Vuoto. Osservò la carta da parati e poi su fino alla lampada che si trovava appena fuori la sua porta. La luce che emanava era blu, niente a che vedere con quella rosa dell’ingresso. La luce era fioca, ma non abbastanza.
Lasciò richiudersi la porta alle sue spalle, giusto il tempo di riapparire con in mano la sedia della scrivania della sua suite. In piedi sul cuscino della sedia ed usando le maniche per afferrare la lampadina, Beautyman riuscì a svitarla abbastanza da rendere il corridoio quasi buio.
Una volta finito, riportò dentro la sedia e prese il dispositivo. La tecnologia al suo interno era la stessa del legale decodificatore di carte magnetiche che aveva in borsa. Ma questo proveniva da un distributore della San Fernando Valley. Un gruppo di ladri aveva sistemato questi dispositivi in diversi distributori automatici e sportelli ATM del sud della California. Essi erano stati realizzati per assomigliare alle parti dei macchinari a cui venivano attaccati. Proprio come parassiti, i dispositivi intercettavano i numeri di carta di credito e li memorizzavano fino a che non venivano recuperati. Poi, utilizzando un apparecchio simile ad un lettore per carte di credito, i ladri copiavano i dati su una carta vergine ottenendo così una copia della carta originale. I dispositivi erano anche dotati di una microcamera orientata sulla tastiera, grazie alla quale era anche possibile ottenere il codice PIN delle carte duplicate.
Nessuno lo seppe mai per certo, ma quando la banda di ladri venne scoperta, sembra che il dipartimento di polizia avesse stimato furti per un totale di più di 4 milioni di dollari.
Dopo l’arresto, Beautyman si era impossessato di uno di quei dispositivi per studiarne la tecnologia, ma anche perché era certo che in futuro avrebbe potuto essergli utile.
E così fu! Posizionò il dispositivo sulla serratura della sua stanza, proprio dove veniva passata la chiave magnetica. Nella penombra del corridoio, nessuno lo avrebbe notato. Chi avrebbe potuto immaginarlo?
Rientrato nella sua stanza, Beautyman srotolò un quarto di un rotolo di carta igienica e la gettò nel water. Poi tirò l’acqua, facendo intasare lo scarico.
“Stavo uscendo a prendere una tazza di caffè, ma ho notato che il water della mia stanza è intasato,” disse Beautyman al ragazzo della reception. “Può mandare subito qualcuno per sistemarlo?”
“Certo, le mando immediatamente qualcuno.”
“Stanza 515, grazie.”
Beautyman uscì e si diresse verso la berlina di sua madre. Non appena lo vide lei abbassò il finestrino.
“Perché ci hai messo tanto, Arthur?”
“Non è qui.”
“Sei andato porta a porta a controllare?”
“Scusa, stavo controllando alcune cose.”
“Possiamo andare a ‘Il Carato’ ora?”
“Devo tornare dentro per occuparmi di una cosa.”
“Arthur, Dana non si trova! Non possiamo stare qui ad aspettare! Dobbiamo andare a cercarla!”
“Dammi ancora qualche minuto, mamma. Sii paziente.”
Beautyman tornò alla stanza 515 e passò la chiave magnetica nel dispositivo e nella serratura. Non appena la porta si aprì, sentì il rumore dello sciacquone.
Beautyman staccò il dispositivo dalla serratura e se lo mise velocemente in tasca, poi entrò in bagno. “Tutto bene qui?”
Un uomo corpulento stava sistemando un vecchio stantuffo nella sua cassetta degli attrezzi. “Può dirlo forte. Un bambino deve averci infilato dentro qualcosa.”
“Grazie per essere intervenuto così rapidamente.”
“Dovere signore. Le auguro una buona permanenza. E manderò anche qualcuno a sistemare la lampada di fronte alla porta,” disse, andando verso il corridoio.
Beautyman chiuse a chiave la porta ed accese il suo portatile. Poi lo collegò al dispositivo tramite il cavo USB e in pochi attimi riuscì ad accedere ai dati acquisiti.
Lo schermo mostrò due codici di 24 cifre seguiti dalla data in cui erano stati registrati. Il primo codice era della chiave magnetica dell’idraulico e il secondo apparteneva alla sua stessa chiave. Beautyman passò la sua carta magnetica nel dispositivo, smagnetizzandola. Poi digitò le 24 cifre del codice che appartenevano alla chiave dell’idraulico, riattivando la carta.
Infine estrasse la chiave e la osservò. “Ora io e te andiamo a fare un giro.”
Lungo il corridoio, Beautyman si posizionò davanti alla stanza 516 ed inserì la sua nuova chiave nella serratura. Estraendola, non poté fare a meno di sorridere quando vide accendersi la luce verde. Aveva trasformato la sua chiave magnetica in un pass valido per tutte le stanze dell’hotel.
Soddisfatto prese l’ascensore, diretto verso la stanza di Nathan al sedicesimo piano.
Beautyman bussò forte sulla porta con le nocche e non ricevette alcuna risposta. Quindi passò la chiave magnetica nella serratura, la luce divenne verde e la porta si aprì.
Una volta dentro, Beautyman estrasse una piccola torcia dalla tasca. Non voleva toccare l’interruttore. Non era tanto per non lasciare impronte ma, nella sua esperienza, aveva imparato che era meglio spostare meno cose possibili.
La stanza era moderna e spaziosa. Muovendosi rapidamente, Beautyman entrò nel bagno ma sul bancone vide solo un rasoio e uno spazzolino da denti. Anche nei cassetti non c’era granché.
Sembrava che Nathan avesse portato solo un paio di cose. Una valigetta marrone che aveva poggiato sul tavolo e un piccolo bagaglio, sistemato sotto alla finestra.
Il bagaglio era aperto, quindi Beautyman iniziò da lì. Prese il suo iPhone e fece una foto del contenuto. Poi tastò l’interno del bagaglio con le dita fino ad arrivare sul fondo e lasciandosi guidare dal tatto, cercò la presenza di eventuali anomalie, ma niente. Tastò anche il contenuto delle tasche del bagaglio, ma erano tutte vuote.
Quand’ebbe finito, i vestiti sembravano più sgualciti di quando aveva iniziato. Allora prese il telefono e fece il confronto con la foto che aveva scattato poco prima. Sistemate un paio di camice fu soddisfatto.
Poi si voltò verso la valigetta e trovò la chiusura aperta, quindi la aprì. Fece nuovamente una foto prima di toccarne il contenuto, e iniziò la ricerca. La valigetta di Nathan conteneva principalmente una serie di cartelle che Beautyman estrasse tutte insieme.
Aprendole a turno una alla volta, cercò qualunque cosa gli sembrasse degna di nota, ma trovò soprattutto documenti relativi a merci e prezzi di mercato che erano stati stampati da internet o presi da cataloghi. “Letture da fare durante il volo,” pensò Beautyman.
Una cartella con su scritto CONTRATTO era evidentemente più sottile delle altre. La prima parola che apparve fu ‘Carato’. Invece che perdere tempo a leggere quelle carte, Beautyman estrasse nuovamente il telefono e fotografò ognuna delle pagine, facendo attenzione a non mutarne l’ordine.
Due forti colpi di nocche risuonarono sulla porta. “Pulizie!”
“Solo un attimo!” rispose Beautyman.
Terminò di scattare le foto e diede una rapida occhiata per vedere se vi fosse altro di interessante, ma non trovò niente. Infine confrontò di nuovo l’interno della valigetta con la foto scattata prima di richiuderla.
La maniglia della porta si abbassò ma la porta non si aprì. “Mi dia solo il tempo di infilarmi una maglia e poi la stanza sarà a sua disposizione.
Diete un’ultima occhiata alla stanza, cercando altre eventuali cose che Nathan poteva aver nascosto, ma non trovò niente. Dunque si diresse alla porta.
“Mi scusi signore. Posso tornare più tardi.”
“No, nessun problema. Stavo uscendo. Faccia pure con comodo.”
Girò intorno al carrello e si diresse verso l’ascensore.
Beautyman posteggiò l’auto lungo il marciapiede di fronte a ‘Il Carato’ e uscì. Le strade del quartiere erano silenziose, era domenica, e non c’erano molti negozi aperti. Guardandosi indietro, vide la Buick di sua madre posteggiata a un paio di isolati dalla sua, vicina ad un altro paio di vetture.
“Ben fatto mamma,” disse fra sé e sé, sorridendo.
Lei accese alcune volte gli abbaglianti e lui gli fece cenno di smettere. “Sì, ti vedo, adesso smetti di attirare l’attenzione su di te.”
Ruth suonò il clacson e Beautyman smise di sorridere e guardò in direzione del ristorante per vedere se qualcuno si fosse accorto di loro.
In piedi di fronte a ‘Il Carato’ c’era un uomo che Beautyman ricordava solo vagamente di aver già visto, ma non aveva dubbi che fosse l’Hmong che lo aveva aggredito. A quel punto Ruth smise di suonare il clacson. Com’era possibile che lo avesse visto prima di lui? Non era forse lui il detective? Ma ora Beautyman non aveva tempo per l’autoflagellazione.
Squadrò il corpo dell’uomo, che gli sembrò in tensione come se fosse pronto a combattere. L’Hmong lo fissò vigile, ma non diede alcun segnale di voler attaccare. Forse quella non sarebbe stata una replica di quanto era accaduto fuori dal ‘Dromio’.
Beautyman si guardò di nuovo intorno, ma non vide nessuno. Decise allora di cogliere l’attimo, e facendo un timido passo in avanti disse, “mi hai provocato un trauma cranico sai?”
La porta di ingresso de ‘Il Carato’ si mosse e l’Hmong non rimase a vedere chi fosse. Quel piccolo uomo si allontanò lungo la strada con una grazia tale con la quale Beautyman non credeva fosse possibile muoversi. Lo guardò allontanarsi e poi si girò verso la porta. Vide Nathan Diamond, fisso anche lui a guardare l’uomo mentre teneva una sigaretta fra le labbra.
“E’ un vostro amico?” chiese Beautyman.
“Ci siamo incrociati, a volte.”
“Mio padre ti sta aspettando,” disse Nathan, spingendo la porta ed invitando Beautyman ad entrare. “Non ti sei certo affrettato a venire.”
Beautyman non rispose. Dentro trovò Sam Kelly, seduto ad ascoltare le parole di Diamond che, in piedi davanti a un tavolo, agitava le braccia verso di lui, spiegandogli la situazione. Entrambi erano in giacca e cravatta e Beautyman si ricordò che quella sarebbe stata una lunga serata.
“...inizio a pensare che sia meglio chiamare Holst per denunciare la sua scomparsa!” Diamond si voltò al suono della porta che si richiudeva. “Che cos’era quel baccano?” chiese a Nathan.
“Solo il Detective Beautyman che faceva la sua entrata.”
“Tutto quel casino?”
Beautyman capì che Nathan aveva aperto la porta per capire chi stesse suonando il clacson. “Pensavo di aver riconosciuto una persona.”
“Chi?”
“Oh, nessuno di importante.”
“Chiunque fosse se n’è andato,” disse Nathan. “Avresti dovuto vedere quanto riusciva a correre veloce.”
“Ma di chi state parlando?” chiese ancora Diamond.
Beautyman toccò il bernoccolo che aveva in testa. “E’ stato lui a farmi questo bernoccolo venerdì sera fuori dal ‘Dromio’. A quanto pare mi sono immischiato troppo nei suoi affari, visto che mi tiene ancora d’occhio.”
“Fa quasi venire voglia di dedicarsi ad altro, eh Detective?” scherzò Nathan.
“Magari un bel lavoro a Wall Street...”
Beautyman si aspettava che Nathan fosse arrabbiato, invece lo trovò sorridente. “Hai ragione. Sarebbe sicuramente meno rischioso.”
“Dana,” disse Beautyman, rivolgendosi a Diamond.
“Penso che le sia successo qualcosa di brutto,” rispose Diamond, passandosi una mano fra i capelli. “Ieri era la terza sera, e lei non si presenta? Lei ama questo ristorante, non ha scelto lei di non venire. E ho paura che non la vedremo nemmeno stasera.”
“Qualcuno è andato a controllare al suo appartamento?” chiese Beautyman.
“Sì, sono andato io stamattina presto.”
“Nessuno ha risposto?”
Diamond rimase in silenzio, pensando attentamente alla sua risposta. “Io ho una chiave.” Sia Nathan che Kelly abbassarono lo sguardo.
“Scusa se te lo chiedo, ma avevi già quella chiave prima che Jake sparisse?”
Beautyman si sentì come se avesse fatto infuriare un toro. Tentò comunque di mantenere la calma e attese che lo sguardo di Diamond incrociasse il suo.
“No,” bisbigliò. “Non fino a pochi mesi dopo l’incidente di Ellen. Era successo da poco. Eravami entrambi in lutto e...”
“Capita ancora adesso?”
“No. Ma non le ho mai restituito la chiave.”
“Se mi presti la chiave, andrò io stesso a controllare. Magari riuscirò a notare qualcosa che a te è sfuggito.”
Diamond annuì. Estrasse dalla tasca una chiave color argento e gliela consegnò, comunicandogli l’indirizzo.
“Vorrei avere il piacere di accompagnarla, se non le dispiace,” disse Kelly, attraversando la stanza e prendendo la chiave dalle mani di Diamond.
“Non ho bisogno di avere qualcuno tra i piedi, grazie.”
“Bene, allora vengo con lei.”
Beautyman e Kelly girarono intorno a Diamond che guardò Kelly per un istante e poi annuì.
“Bene,” disse Beautyman. “Sa dove dobbiamo andare?”
“Direzione nord fino alla venticinquesima, poi a destra. Non è lontano.”
Dana Foster viveva nel seminterrato di un antico edificio di mattoni che era stato trasformato in condominio. Kelly aprì la porta robusta e si chinò per entrare. “Attento alla testa,” disse voltandosi. Beautyman distinse un accenno di risata nella sua voce. Superò facilmente lo stipite e chiuse la porta alle sue spalle.
Premette l’interruttore di un lampadario vecchio stile e un paio di lampadine a forma di candela, fecero del loro meglio per illuminare il corridoio. C’erano tre porte a sinistra e un armadio in fondo.
Beautyman superò Kelly e si diresse verso la stanza alla fine del corridoio. Era un piccolo bagno con una vasca ricavata in un angolo. Aprì l’armadietto dei medicinali e non vi trovò niente di interessante, a parte un flacone di antidepressivi che, considerando gli avvenimenti degli ultimi anni, non rappresentavano niente di sorprendente. Beautyman prese il suo telefono e fece alcune foto del bagno, inclusa una ravvicinata dell’armadietto.
Kelly lo attendeva fuori dalla porta del bagno e Beautyman, ignorandolo, entrò nella porta accanto, la camera da letto. Non era molto più grande del bagno e conteneva solo un letto matrimoniale disfatto, una cassettiera in legno di pino e un comodino.
Beautyman sbirciò nel primo cassetto del comodino e vi trovò una piccola luce da lettura, un flacone di aspirina, alcuni pezzi di carta e un pacchetto inutilizzato di preservativi. Beautyman lesse la data di scadenza sulla confezione, era passata da più di due anni.
Fece una foto del cassetto e poi si spostò verso la cassettiera. Sopra di essa c’erano alcune cornici. Una foto di Dana e Jake con le teste che si toccavano e il braccio di lui teso a tenere la macchina fotografica. Una foto di famiglia di Dana insieme alle sue sorelle e ai suoi parenti del periodo in cui era adolescente. Tutti incredibilmente biondi. Una di un gruppo di amiche vestite da sera e sedute attorno al bancone di un bar. E infine Dana e altre due ragazze mentre indossavano la divisa da hockey dei Minneapolis Stars, tenendosi le mani sulle spalle e mostrando l’espressione della vittoria.
Beautyman aprì il primo cassetto e osservò il disordine con cui erano disposti reggiseno e mutande. Poi passò le mani all’interno del cassetto alla ricerca di eventuali cose nascoste al suo interno.
“Sembra che lei abbia un’ossessione per la biancheria. Ha bisogno di restare solo?”
“Magari, lei vada pure e aspetti fuori.”
Kelly ubbidì e Beautyman fini di esaminare il contenuto del cassetto senza però trovare niente. Fece altre foto della stanza e infine si diresse con Kelly nella stanza principale. Era un soggiorno abbastanza ampio con la cucina su di un lato, un divano, sedie, tv e altra mobilia. In un angolo della stanza c’era anche un vecchio computer.
Beautyman si sedette alla scrivania e accese lo schermo.
“Mi scusi Beautyman, ma questo mi sembra troppo,” disse Kelly.
“E’ il modo migliore per scoprire dove possa essere Dana. E-mail, cronologia e cose del genere.”
“Mi sto solo preoccupando per la sua privacy.”
“Io mi sto preoccupando della sua salute.”
Kelly rimase in silenzio e infine annuì. “Però non le e-mail...”
Beautyman si voltò di nuovo verso il computer e lo accese. Poi iniziò a scrutare all’interno della cronologia. Homepage di Yahoo, alcune notizie locali, un sito di previsioni del tempo e poco altro. Fra le ultime pagine web visitate c’erano l’e-mail di Yahoo, alcuni siti di shopping online e il sito di ESPN. Poi, con maggiore attenzione si concentrò sulle date e notò che l’ultima pagina era stata aperta alle 19:30 della sera precedente. Era la programmazione delle partite dei Minneapolis Stars. Beautyman rimase su quella schermata senza cliccare. La sua squadra di hockey.
“A che ora ha aperto ‘Il Carato’ ieri?” chiese Beautyman, spegnendo il computer.
“Alle 16:00.”
“A che ora sarebbe dovuta essere lì Dana?”
“Credo per le 15:00. Non ne sono sicuro. Perché?”
“Stava navigando qui alle 19:30,” disse, guardandosi intorno. “Per caso ha una segreteria telefonica?”
“No, ha solo un cellulare.”
Beautyman annuì e guardò il suo telefono per controllare l’ora. “Bene, penso che qui abbiamo finito.”
“Come abbiamo finito? E dov’è Dana?”
“Chi lo sa?”
“Non è preoccupato per lei?”
“Era qui a controllare le e-mail e a navigare in internet nell’orario in cui sarebbe dovuta essere al ristorante. Quindi non ha evitato di andare al lavoro perché le è successo qualcosa. Non credo sia nei guai. Non c’è alcun segno di colluttazione qui. Forse ha solo bisogno di un po’ di tempo per superare la scomparsa di Jake. O magari ha deciso di trasferirsi in California e di iniziare una nuova vita. Oppure la vedremo stasera alla veglia funebre.”
“Perché ‘la vedremo’? Ci saranno solo amici e parenti. Lei non è invitato.”
“Non ha ancora notato che riesco sempre a intrufolarmi anche dove non dovrei essere?”
Kelly dapprima sorrise e poi scoppiò in una risata che sembrava sincera. “Ha proprio ragione dective...Stasera alle 18:00 dai Diamond.”