CAPITOLO III

Il giorno che Giovanni si sentì pronto, invitò Maria a uscire con lui. Lei accettò con una certa indifferenza e senza neanche fingere di rifletterci. Sembrava quasi annoiata ma poi, prima di andare via, aveva messo con cura un rossetto rosso sulle labbra.

La gelosia di Benedetta era evidente quanto ridicola. Lucia non aveva neanche alzato gli occhi dal lavoro. «Lavora Benedetta, che la candela non si è ancora consumata».

Il giorno seguente Maria entrò in casa strisciando un po’ i piedi, aveva l’aria svogliata. Osservò con leggero disprezzo la cucina e le sue occupanti e poi si sedette vicino a Benedetta che si sforzò di non guardarla mordendosi il labbro fin quasi a farsi male. Avrebbe voluto mostrarsi allegra, cercare di divertirla, di non annoiarla, ma non sapeva proprio da dove iniziare. Nonostante passasse quasi tutto il tempo in cui Maria non c’era a pensare ad argomenti interessanti, quando l’aveva davanti si rendeva sempre conto di quanto fossero inutili. Fissò in silenzio le proprie mani pensando che le sarebbe piaciuto posarle sul braccio di lei, prenderle una mano tra le sue. E darle un bacio, anche. Era un desiderio così acuto che le faceva quasi male, qualcosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Sarebbe stato meglio essere già vecchi, al sicuro dai tormenti.

«Benedetta, si può sapere che cos’hai questo pomeriggio? Da quando sei tornata dal porto, non hai ancora detto una parola».

La ragazza alzò le sopracciglia con aria indifferente mentre Maria la osservava con un mezzo sorriso. Sapere che la sera prima era uscita con il fratello le faceva tremare le mani. Perché doveva provare tutte quelle sensazioni lancinanti mentre Maria non sembrava turbata da nulla? Si chiese se era la bellezza a metterla al riparo dal dolore.

«Non ho niente».

Maria non diede peso alla risposta e incominciò a parlare. Si vedeva che aveva voglia di raccontare.

«Non sai quanto mi sono divertita ieri sera». Aveva abbassato il tono della voce spostando la sedia su cui stava cucendo per avvicinarsi. «Finalmente una festa vera. Era nello scantinato di un locale e, ti giuro, non ho mai visto tanto alcol... Ho ballato, bevuto» fece roteare un dito. «Mi ero messa quella gonna nera che mi hai cucito tu, la ricordi? Quella con le frange in fondo.... Hai capito quale?».

Benedetta annuì.

Maria si incantò come se avesse perso il filo. Aveva lasciato la bocca leggermente aperta. «Sì,» si riprese «magari ero un po’ ubriaca, ma tuo fratello! È stupido proprio». Scosse la testa stringendo gli occhi. «Sempre geloso... isterico. Sembrava un matto, mi ha portata via che non era neanche mezzanotte. Sì, ma se va avanti così...».

«Ti piace Giovanni?». Non era riuscita a trattenere la domanda.

«Dai, Be’! Non ti ci mettere pure tu!».

Lo disse come se fosse la cosa più normale del mondo, come se non ci fosse niente di strano nella gelosia della compagna. Anzi, sembrava divertirla, quasi. Si avvicinò all’orecchio di Benedetta e il suo alito caldo la fece tremare.

«Tu lo sai che non me ne frega niente di nessuno».

Sì, Benedetta lo sapeva. E sapeva anche di far parte di quel “nessuno”, ma le piaceva sentirglielo dire.

Maria si raddrizzò e la fissò cambiando espressione.

«Perché ti vesti sempre... così?». Aveva la faccia quasi schifata.

«E come dovrei vestirmi?!».

Il tono brusco era lontanissimo dal suo sentire ma Maria la guardò stringendo gli occhi e poi si voltò dalla parte opposta mettendo fine alla conversazione. Benedetta si rammaricò subito di essersi rivolta male ma oramai era fatta. Non era certo colpa dell’amica se era in perenne lotta con la gelosia.

Soppesò la sua gonna, marrone, un po’ ispessita dalla salsedine della mattinata trascorsa al porto. Lì aveva visto il ragazzo con i capelli neri che le aveva fatto provare la stessa sensazione di insicurezza causata da Maria.

Si chiese da che parte dell’Italia venisse. Ripensò al colore dei suoi occhi.