Biografia

Carlo Pedersoli nacque da Rosa, detta Rina, e Alessandro, detto Sasà, il 31 ottobre 1929 a Napoli, in via Generale Orsini 40, nel Pallonetto di Santa Lucia. Era dello Scorpione, con ascendente Scorpione, come anche le figlie Cristiana e Diamante.

Il padre aveva ereditato insieme al fratello Giggino una fabbrica di mobili in ferro e una rete di negozi di arredo nel centro di Napoli. La fabbrica sorgeva ai Granili, un quartiere vicino al porto che, purtroppo, durante la guerra venne più volte bombardato. Nel 1943, una bomba rase al suolo l’azienda, spingendo i Pedersoli a lasciare la città.

Giggino migrò alla volta di Milano, mentre Sasà scelse Roma. Il giovane Carlo, che aveva già dato dimostrazione di avere una particolare attitudine per il nuoto (a otto anni era iscritto al Circolo Canottieri di Napoli), cominciò a praticare diversi sport: combatté una decina di incontri di pugilato, vincendoli tutti per Ko dell’avversario; su richiesta della sua scuola, l’Istituto San Gabriele, entrò nella squadra di rugby, che quell’anno vinse il campionato nazionale; e infine proseguì con il nuoto, entrando nella Romana Nuoto, con la quale si allenava in primavera e in estate nel Tevere, data la mancanza di piscine. Al suo debutto con la Romana Nuoto divenne campione italiano nei 100 metri a rana per tre anni consecutivi: aveva tredici, quattordici e quindici anni. In quest’ultima occasione, conseguì il suo primo record nazionale: 200 metri rana in 3’21’’3, che lo rese visibile ai tecnici dei club più noti.

Nel frattempo, Carlo proseguì gli studi, diplomandosi e iscrivendosi all’università, facoltà di Chimica, nel 1946: aveva appena diciassette anni.

L’anno successivo, dopo una decina di esami sostenuti con profitto, si trasferì in Brasile al seguito della famiglia: i suoi genitori speravano di migliorare così le loro condizioni economiche e di poter quindi offrire ai figli migliori possibilità. In Sudamerica sperimentò diversi mestieri (scaricatore di porto, segretario al consolato italiano, rappresentante alla Dupont, una fabbrica di vernici per rivestimenti in pelle di coccodrillo, operaio in catena di montaggio e bibliotecario), imparando perfettamente il portoghese e lo spagnolo e integrandosi a meraviglia nel tessuto sociale locale.

Dopo tre anni, rendendosi conto che le loro speranze non si erano realizzate, i Pedersoli decisero di fare ritorno a Roma.

In Italia Carlo riprese gli allenamenti di nuoto sotto l’egida della S.S. Lazio Nuoto, gareggiando nello stile libero e nella farfalla, ed entrando a far parte della squadra di pallanuoto. Al suo debutto in squadra sostituì Aldo Ghira e stupì segnando ben quattro goal, che gli valsero il soprannome Bomber.

Nel frattempo si iscrisse nuovamente all’università, Giurisprudenza, credendo di riuscire a conciliare sport ed esami, cosa che si rivelerà impossibile: man mano che la carriera sportiva decollerà, infatti, dovrà accantonare gli studi.

LA CARRIERA SPORTIVA

Le prime vittorie importanti risalgono al 1949, quando Carlo partecipò agli Assoluti di Roma, vincendo nello stile libero e nella staffetta. Nel 1950, a Genova, conquistò tre titoli (100 metri stile libero, staffetta 3x100 e 4x100) mentre a Vienna, ai Campionati europei, chiuse quinto nei 100 metri stile libero e quarto con la staffetta 4x200. Nello stesso anno, nuotando nella piscina di Salsomaggiore, segnò un record che rimase imbattuto per oltre dieci anni: fu il primo italiano a scendere sotto il minuto nei 100 metri stile libero. Precisamente, percorse la distanza in 59’’7. Il record inizialmente non fu registrato a causa della mancanza di giudici ufficiali: a Carlo venne quindi chiesto di ripetere la prova e lui riuscì a migliorarsi, concludendo in 59’’5.

Nel 1951 partecipò ai Giochi del Mediterraneo ad Alessandria d’Egitto, vincendo due medaglie d’argento, nei 100 metri stile libero e nella staffetta mista 3x100.

Nel 1952 prese parte alle Olimpiadi di Helsinki, ma il suo tempo (58’’9) non gli valse la finale nella sua specialità. In compenso, al ritorno in Italia, si classificò terzo nella graduatoria dei cannonieri di pallanuoto, con la bellezza di ventisette reti, risultato che gli permise di essere convocato, nel 1953, in nazionale. Con il Settebello Carlo si distinse segnando sin dalle prime partite, ma dopo qualche tempo un infortunio lo costrinse a un periodo di pausa. Riprese l’attività sportiva nel 1955, aggiudicandosi con la squadra il primo posto al Giochi del Mediterraneo di Barcellona.

L’anno successivo partecipò alle Olimpiadi di Melbourne, finendo undicesimo nella sua specialità e guadagnandosi, insieme ad Angelo Romani, primatista nei 400 metri stile libero, un periodo di residency alla Yale University, negli Stati Uniti, un onore offerto ai migliori atleti. Lì, continuerà a migliorare i suoi tempi, portando il suo record fino a 57’’7.

Nel frattempo, grazie alla notorietà che gli deriva dalle vittorie sportive e all’indubbia prestanza fisica, a partire dal 1950 Carlo comincerà a frequentare i set cinematografici come generico, interpretando personaggi con ruoli minimi, che però recitano qualche battuta. In questo modo prenderà parte ad alcune delle maggiori produzioni americane del periodo (come Quo vadis o Addio alle armi).

Nel 1957, in coincidenza con il declino della carriera sportiva, cominciò a vendere automobili sportive americane, una sua grande passione insieme a barche e aerei. Mosso dal desiderio di scoprire chi era, e forse bisognoso di vivere una vita più piena e avventurosa, decise di ritornare per un periodo in Sudamerica: partì da solo alla volta del Venezuela (incappando nella defenestrazione del tiranno Marcos Peréz Jiménez), dove lavorò per un anno e mezzo alla costruzione di una strada di collegamento tra Panama e Buenos Aires, la cosiddetta Panamericana. Risalgono a questo periodo i primi incontri con gli indios arawak e i loro sciamani, che lo mettono in contatto con una spiritualità primordiale e purissima, che lo accompagnerà per tutta la vita.

Al ritorno dal Venezuela chiese in sposa la fidanzata, Maria Amato, figlia del celebre produttore Giuseppe, detto Peppino, figura centrale del cinema italiano: fu lui a offrire la prima occasione ai fratelli De Filippo e a produrre il primo film di Vittorio De Sica, Rose scarlatte. Amato lavorò con i maggiori nomi del cinema della seconda metà del Novecento: da Walt Disney a Roberto Rossellini, da Ingrid Bergman a Sophia Loren. Fra gli altri, produsse La dolce vita, Ladri di biciclette, Umberto D e Roma città aperta.

Carlo e Maria rimasero uno accanto all’altra per oltre cinquant’anni e diedero alla luce tre figli: Giuseppe (1961), sceneggiatore e produttore; Cristiana (1962), pittrice e scultrice; e Diamante (1972), architetto e interior designer. Da loro nasceranno cinque fantastici nipoti: Nicolò, manager; Alessandro, designer; Carlo, campione di arti marziali miste, Sebastiano, attore; e Sofia, studentessa.

Fino al 1964 Carlo lavorò per la società discografica Rca, scrivendo testi per importanti artisti della canzone italiana, come Nico Fidenco e Ornella Vanoni, e interpretandone alcuni, sotto il nome d’arte Carlo Poli (Two Lovers e Je suis nerveux). In quell’anno fondò una sua società di produzione, che realizzò documentari e pubblicità per la televisione.

LA CARRIERA CINEMATOGRAFICA

Mentre stava allestendo un ufficio negli studi che allora si chiamavano Safa Palatino, venne contattato dal regista Giuseppe Colizzi, che lo cercò per un film nel quale aveva investito tutta la sua genialità e anche tutti i suoi soldi. Era il 1967 e il film era Dio perdona… io no! Colizzi cercava un attore grande, grosso e atletico. Carlo inizialmente rifiutò, ma dopo una breve trattativa decise di accettare, visto che aveva bisogno di soldi.

Sul set di quel film, in Spagna, Carlo conobbe Mario Girotti, con il quale creerà una coppia cinematografica inossidabile, che accompagnerà (per ora) tre generazioni. Secondo la moda del momento, i due americanizzarono i loro nomi in Bud Spencer e Terence Hill.

Dio perdona… io no! ebbe un tale successo che la coppia venne immediatamente arruolata per due sequel: I quattro dell’Ave Maria (1968) e La collina degli stivali (1969). Oltre alle pellicole di Colizzi, Bud e Terence vagliarono innumerevoli altre proposte di lavoro e, per fortuna, o per fiuto, accettarono un copione dal titolo Lo chiamavano Trinità…, per la regia di E.B. Clucher (pseudonimo di Enzo Barboni), che scrisse anche il soggetto. Il film uscì nel 1970, consacrandoli a livello internazionale, e l’anno successivo venne proposto il sequel, … continuavano a chiamarlo Trinità.

Negli anni successivi recitarono insieme in altri film campioni d’incasso (tra i quali … più forte ragazzi!, … altrimenti ci arrabbiamo!, Porgi l’altra guancia e I due superpiedi quasi piatti) e, a tratti, lavorarono per conto proprio, spinti dal desiderio di esplorarsi in progetti individuali. Carlo realizzò la serie del commissario Piedone insieme a Enzo Cannavale, grande interprete napoletano e grande amico, e girò con Giuliano Gemma Anche gli angeli mangiano fagioli. Inoltre, in due occasioni, interpretò uno sceriffo extraterrestre (Uno sceriffo extraterrestre… poco extra e molto terrestre, del 1979, e Chissà perché… capitano tutte a me, 1980), produzioni che per questioni d’agenda resero difficile la realizzazione con Terence di un progetto condiviso, che vedrà la luce solo nel 1994, con Botte di Natale.

La passione per la musica lo portò a dilettarsi con il sax in Detective Extralarge e a scrivere e interpretare alcuni dei più celebri brani delle colonne sonore dei suoi film, come El indio chaparral (in Lo chiamavano Bulldozer), Grau Grau Grau (in Io sto con gli ippopotami), La la la la la la (in … altrimenti ci arrabbiamo!) e Banana Joe per l’omonimo film.

La carriera cinematografica proseguì a gonfie vele fino agli anni duemila, all’inizio dei quali fu coronata dalla partecipazione in Cantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi, al quale la nipote di Carlo, Gaia Gorrini, lavorò come aiutoregista. Questo ultimo film fu un’esperienza di cui Carlo è andato sempre fiero e che l’ha condotto a vincere, nel 2010, il David di Donatello alla carriera.

Nel 1972, durante le riprese di … più forte ragazzi! si innamorò dell’aereo dipinto di rosa che avrebbe dovuto pilotare per finta e che, invece, pilotò per davvero. La passione per il volo lo accompagnò fino a quando, per limiti di età, non è stato costretto a rimanere a terra. Prese prima il brevetto di pilota di aerei jet, quindi la licenza per pilotare elicotteri in Italia, Svizzera e Stati Uniti. Nel 1981 fondò la Mistral Air, la prima compagnia di charter e di trasporto merci e posta aerea in Italia, che fu poi venduta a Poste Italiane: si trattò della sua seconda esperienza imprenditoriale dopo la Baltro Italiana (1976), con la quale produsse una linea d’abbigliamento per bambini disegnata da lui.

Dopo una vita vissuta al massimo ed esplorata in tutte le sue innumerevoli sfaccettature, Carlo Pedersoli è mancato il 27 giugno 2016, a ottantasei anni. Il 29 giugno, in Campidoglio, è stata allestita la camera ardente, che ha ricevuto la visita di centinaia di persone desiderose di salutarlo e ringraziarlo per aver lasciato un segno positivo nelle loro vite. Il funerale si è tenuto il 30 giugno nella chiesa degli Artisti: all’uscita dalla chiesa, il feretro è stato salutato con una canzone, Dune Buggy, la colonna sonora di … altrimenti ci arrabbiamo!