e9788845981678_i0022.jpg

Un gruppo di amici.

9

ALLEANZE E RETI SOCIALI

Le osservazioni descritte nel capitolo precedente mi stimolarono a cercare di capire di più su come si formano i legami tra i corvi. La cosa migliore da fare, se non l’unica possibile, era osservare gli individui che conoscevo bene: Golia e i suoi compagni e gli altri corvi che avrebbero alloggiato nella voliera successivamente. Sapevo già che i miei corvi erano sempre molto interessati agli estranei che si avvicinavano alla voliera: in genere ne erano apparentemente curiosi, ma talvolta si mostravano anche aggressivi nei loro confronti. Se vedevano un giovane nei dintorni lo osservavano con attenzione, rimanevano in ascolto ed emettevano richiami e l’estraneo finiva sempre per planare vicino alla voliera. I corvi mettevano in atto una gamma piuttosto estesa di comportamenti sociali, ma la natura e lo scopo dei singoli comportamenti mi erano sconosciuti. Forse gli estranei erano interessati al cibo all’interno della voliera, e i miei corvi cercavano di difenderlo; ma non ero affatto sicuro che questa spiegazione, per quanto logica, fosse quella giusta. Simili interazioni si verificavano anche quando nella voliera non c’era traccia di cibo. Se poi lasciavo del cibo all’esterno, i nuovi arrivati tendevano a ignorarlo, ma non per questo smettevano di interagire con gli individui all’interno. Entrambi si atteggiavano come se volessero mettersi in mostra e facevano sfoggio dei propri repertori vocali.

I giovani vagabondi sono tipi gregari. A dozzine, talvolta a centinaia, sfruttano le correnti ascensionali per librarsi alti nel cielo, poi ridiscendono in avvitamento e, volando a spirale, risalgono cavalcando le correnti. Durante le loro esibizioni aeree danzano in coppia o a gruppi di tre. Spesso mi sono chiesto se due corvi che volavano insieme fossero membri di una coppia e se altri individui cercassero di intromettersi per effettuare uno scambio di partner, ma in genere l’azione si svolge troppo in fretta, e troppo in alto, per capire come stanno le cose. Anche quando i giovani arrivano di mattina alle fonti di cibo dai dormitori, spesso vi arrivano a coppie. È possibile che i giovani formino coppie? Ero scettico a riguardo, sebbene i dati raccolti in campo suggerissero questa ipotesi. Furono Golia e i suoi compagni a fornirmi un nuovo punto di vista sull’argomento.

Un mese dopo aver lasciato il nido i giovani corvi sono praticamente identici agli adulti, fatta eccezione per il colore dell’interno della bocca. I giovani raggiungono la maturità sessuale a tre anni, ma talvolta non hanno occasione di riprodursi fino a sette. Maschi e femmine presentano le stesse caratteristiche esteriori. È possibile distinguerli da certe esibizioni e vocalizzazioni, che però non si manifestano con sufficiente chiarezza prima del secondo anno d’età. Eppure nelle voliere si formano chiaramente coppie prima di un anno di età, e i membri della coppia mettono in atto display caratteristici nei confronti del partner (Lorenz, 1940; Gwinner, 1964).

L’8 febbraio, a quasi un anno di età, Mancina azzardò per la prima volta un timido knocking display all’indirizzo di Ciuffo: chinò il capo, gonfiò le penne e aprì a ventaglio le penne della coda, emettendo nel contempo caratteristici richiami simili a rintocchi. Fu così che capii che era una femmina. Ma lo sapeva anche Ciuffo? La domanda mi sorse spontanea perché in passato avevo allevato due grossi maschi dominanti provenienti dalla stessa nidiata che avevano finito per costruire un nido insieme per poi scontrarsi violentemente quando uno dei due aveva cercato di accoppiarsi con l’altro appena ultimata la costruzione. Evidentemente, le condizioni del nido erano un segnale scatenante per l’accoppiamento più forte della disponibilità del partner.

L’amicizia tra i due fratelli era continuata nonostante i numerosi scontri e tentativi di accoppiamento falliti, e nonostante la presenza di femmine nelle vicinanze. Nei giorni successivi Mancina ripeté l’esibizione più e più volte quasi come se si stesse esercitando, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Houdi, l’altro individuo di dimensioni leggermente inferiori che sospettavo essere una femmina, non emise il tipico richiamo femminile fino a un anno più tardi.

Mentre scrivo, nel giugno del 1998, sto allevando in voliera un altro gruppo di giovani che hanno lasciato il nido da circa un anno. In gennaio, solo sette mesi dopo aver lasciato il nido, Blu, uno dei maschi, ha formato una coppia stabile con Rossa. (I giovani prendono il nome dal colore dell’anello con cui sono marcati). I due si appollaiano spesso uno accanto all’altro, si lisciano le penne a vicenda e mangiano insieme. All’interno del gruppo, Blu è l’individuo dominante. Lui e Rossa ora mangiano pacificamente uno accanto all’altro, ma chiunque altro si avvicini viene aggredito. Si comportano in tutto e per tutto come una coppia, ma se fossero liberi in natura sarebbero ancora nomadi e non avrebbero l’opportunità di riprodursi per almeno altri due anni.

Non è chiaro che cosa spinge i giovani a socializzare, ma è un fatto che l’entrare a far parte di un tessuto sociale potrebbe garantire loro benefici che vanno oltre lo scambio di informazioni riguardo alle possibili fonti di cibo. Le interazioni sociali infatti riducono l’aggressività, e gli individui conosciuti vengono più facilmente tollerati alle fonti di cibo Non solo, ma per poter incontrare dei potenziali partner un individuo deve farsi conoscere e interagire con altri. Le alleanze possono trasformarsi in relazioni di coppia. A sua volta, l’unirsi a un gruppo radunato intorno a una fonte di cibo può essere un’ottima occasione per stabilire legami che potrebbero portare alla formazione di alleanze. Se è così, i corvi devono essere in grado di distinguere un individuo dall’altro. Si pensa che alcune specie di uccelli ne siano capaci, ma non sappiamo da dove abbia origine questa capacità. Col tempo speravo di osservare differenze individuali tra i miei protetti e di raccogliere qualche indizio per stabilire se e come loro stessi notassero queste differenze.

Poche settimane dopo aver lasciato il nido Golia e i suoi tre compagni cominciarono a seguirmi nelle mie escursioni giornaliere nei boschi. Verso la fine di luglio di quell’anno i piccoli mostravano segni di indipendenza. Temevo che fossero ormai quasi completamente autosufficienti e che a breve mi avrebbero lasciato come avevano fatto i giovani che avevo allevato in precedenza. Poiché avevo intenzione di studiare la formazione di coppie (e molto altro), li confinai nella voliera.

In autunno si erano già formate le prime coppie. Spesso un individuo si appollaiava accanto a un altro e chinava il capo per farsi lisciare le penne. Osservando questi comportamenti mi feci un’idea di quali individui volessero attenzioni e da chi, e allo stesso tempo, osservando se ricevessero o meno quello che volevano, potevo capire chi era interessato a gratificarli. Inizialmente, la cura reciproca del piumaggio (allopreening) veniva praticata da tutti gli uccelli indistintamente. Poco alla volta questi scambi si restrinsero a piccoli gruppi, per poi diventare esclusivi di una coppia. Golia e Mancina, ad esempio, divennero compagni di preening, mentre Ciuffo lisciava le penne solo a Houdi e viceversa. Sembrava una cosa seria. (Immagino sia solo un caso che Golia avesse scelto Mancina, che era sua sorella). Ma le coppie allora formatesi avrebbero poi finito per costruire un nido insieme? Per scoprirlo, dovetti separarle in due voliere diverse.

Nel gennaio del 1995 lasciai Ciuffo e Houdi nel Vermont, e portai Golia e Mancina nella voliera nel Maine. I due alloggiavano per lo più in un annesso della voliera separato dalla sezione principale, in cui in quel periodo risiedeva un gruppo di giovani che avevo catturato in natura. Il 26 aprile, però, lasciai la coppia libera di vagare nella sezione principale. Aspettai per vedere se Golia sarebbe stato aggredito entrando nel territorio dei giovani. Niente affatto! Golia sembrava non vedere l’ora di unirsi al gruppo, ma subito dopo aggredì in serie tutti i maschi dominanti e in particolare il più dominante di tutti, G67. Nel giro di un giorno G67 e tutti gli altri si erano arresi a Golia. Lui li aveva inseguiti uno a uno e si era ripetutamente esibito in display di dominanza maschile finché non avevano smesso di reagire alle sue provocazioni. Si era particolarmente accanito contro gli individui che avevano opposto resistenza. Per lo più ignorava le femmine, ad eccezione di una che aveva una penna bianca sull’ala sinistra. Inizialmente le rivolse lo stesso display di dominanza che usava con gli altri maschi. Essendo una femmina, lei non rispose con la lotta, con la fuga o con gesti di sottomissione, ma con il tipico knocking display che significa «sono una femmina di rango elevato». A quel punto Golia le cedeva il passo. A volte riuscivo a distinguere maschi e femmine in base al comportamento, e forse anche i corvi fanno lo stesso.

Cercai di spingere Golia e Mancina a tornare nello scompartimento separato della voliera. Sapevano perfettamente dov’era l’ingresso, perché in passato erano stati liberi di vagare per l’intera voliera, ma sembravano entrambi determinati a restare dov’erano. Golia mi puntava con lo sguardo, poi becchettava su un ramo con rabbia e drizzava le «orecchie» come durante il suo display da maschio dominante. Non se l’era mai presa con me in quel modo prima di allora, ed ero sempre riuscito a dirigerlo senza problemi nella direzione desiderata. Anche Mancina si rifiutò di obbedire, trovò un buco nella rete della voliera e scappò via. Rimase appollaiata su una betulla per un po’, emettendo continui kek-kek, poi volò via nel fondovalle verso Alder Stream. Nel bel mezzo della baraonda, «Pennabianca» volò nella sezione della voliera dedicata a Golia. Appena entrata, lanciò una serie di richiami territoriali lunghi e modulati che non le avevo mai sentito fare, e ancora più sorprendente era il fatto che li emettesse all’interno del territorio di Golia. In genere, questo tipo di richiamo non sollecita risposte da parte di altri individui, ma Golia reagì immediatamente rientrando nella sezione della voliera dove si trovava la femmina e avvicinandosi a lei. Pensavo che l’avrebbe aggredita. Invece le si avvicinò con cautela, mentre lei si esibiva in inchini con le penne del capo arruffate e ripeteva in serie i tre richiami simili a rintocchi che le femmine usano per segnalare ai maschi la propria presenza. Quando avvertì la presenza di Golia, lei si scostò remissiva. Allora fu la volta di lui, che eseguì un display maschile, ma senza troppa spavalderia. Poi fu calma piatta. Non ci furono scontri. Più tardi Pennabianca ripeté a lungo i richiami a rintocchi. Capii che era scoccata una scintilla e chiusi la porta della «loro» voliera. Non aveva senso cercare di riunire Golia e Mancina. Il destino aveva deciso altrimenti e non vedevo l’ora di scoprire cosa sarebbe successo dopo.

Mancina tornò dalla sua visita a un gruppo riunito intorno a una carcassa a circa un chilometro e mezzo di distanza e non badò minimamente a Golia. Si appollaiò sopra la sezione comune della voliera, ignorando completamente Golia e Pennabianca. Ecco cosa rimaneva di quella che avevo creduto essere una storia d’amore. Se mai era esistita, la relazione tra Golia e Mancina era stata un legame di pura convenienza.

 

 

Giunse il momento di liberare i giovani, con l’eccezione di Golia e Pennabianca. Aprii la voliera e misi una carcassa di procione fuori dalla porta per invitarli a uscire. Alcuni si avvicinarono alla carcassa per mangiare, ma si guardarono bene dal volare via. Anzi, finito il pasto rientrarono nella voliera. La sera, altri individui cercarono ripetutamente di rientrare, e si misero a camminare avanti e indietro nella neve lungo la recinzione. Ci vollero altri due giorni prima che si decidessero a passare la notte fuori.

A settimane di distanza il mio corvo addomesticato e la femmina catturata in natura erano ancora insieme. Sembravano una coppia affettuosa: dormivano uno accanto all’altra, si lisciavano le penne a vicenda e tubavano teneramente di continuo. Mancina era sparita per sempre. Forse anche la coppia Golia-Pennabianca era frutto della convenienza e si sarebbe sciolta alla prima occasione. C’era un solo modo per scoprirlo: fare in modo che l’occasione si presentasse. Il 22 luglio portai Golia e Pennabianca nel Vermont e li rilasciai nella voliera in cui abitavano Ciuffo e Houdi. Li avrei lasciati insieme per quattro mesi.

Per primo liberai Golia. Quando uscì dalla cassa in cui l’avevo trasportato e si guardò intorno in quella che fino a pochi mesi prima era stata casa sua, sembrò completamente a suo agio. Scosse le penne. Ciuffo emise un rap-rap-rap, segno di massima allerta. In passato aveva una posizione subordinata rispetto a Golia. In assenza di Golia, però, nessuno aveva contestato la sua supremazia. Ora si preparò ad accogliere Golia con un display di dominanza, avvicinandoglisi di soppiatto. Houdi rimase appollaiata nel capanno, emettendo di tanto in tanto i richiami a rintocchi. Ciuffo avanzò impettito, aprendo e chiudendo il becco e sbattendo la membrana nittitante. Golia non reagì. Ciuffo allora partì all’attacco e Golia rispose ritraendo la testa tra le spalle e abbassandosi a terra, un atteggiamento che gli era del tutto nuovo. In un attimo, la battaglia fu conclusa.

Golia, che in passato occupava una posizione dominante rispetto a Ciuffo, era passato invece in posizione subordinata. Il rapporto tra i due individui, stabilitosi nei primi minuti dal loro incontro, rimase poi inalterato. Nei successivi quarantacinque minuti la tensione tra i due diminuì gradualmente, ma il risultato dello scontro era chiaro. Houdi si era tenuta in disparte lasciando che i due maschi risolvessero la questione tra loro. A quel punto rilasciai Pennabianca. Sarebbe anche lei stata assalita e sconfitta dalla femmina residente, come Golia era stato sconfitto da Ciuffo? Avrei potuto scommettere che sarebbe andata così, tanto più che Pennabianca era un uccello selvatico e si trovava in un contesto estraneo, mentre Houdi giocava in casa.

e9788845981678_i0023.jpg

Una coppia di corvi che ascolta in allerta il richiamo di un vicino.

Pennabianca uscì dalla cassa e volò su un posatoio, Golia la raggiunse e si esibì nel tipico display maschile. Lei rispose con il richiamo a rintocchi. Di lì a poco si sfiorarono con il becco e per un attimo si lisciarono le penne a vicenda. Ciuffo emise un trillo stridulo che non gli avevo mai sentito fare. Il trillo durò a lungo e Ciuffo lo ripeté più e più volte. Al sentire i richiami di Pennabianca, Houdi non volle essere da meno e prese a emettere lo stesso richiamo in un crescendo di esaltazione. A differenza dei maschi, le due femmine non fecero cenno di avvicinarsi l’una all’altra. Per circa dieci minuti, però, fu un coro quasi ininterrotto, poi il duello canoro andò scemando. L’ultima parola toccò a Pennabianca, e Houdi ammutolì.

Da quel momento Golia fu sempre subordinato a Ciuffo, mentre Pennabianca ebbe sempre la meglio su Houdi. Houdi, che prima si esibiva quotidianamente in knocking display, ammutolì. Era come se Pennabianca la inibisse con il suo vociare continuo. Anche Golia, che in passato era sempre stato ciarliero, si fece silenzioso e da quel momento in presenza di cibo cedette sempre il passo a Ciuffo, che invece era divenuto chiacchierone.

I rapporti di dominanza si erano invertiti, ma le relazioni di coppia erano rimaste invariate. Le femmine continuarono a esibire comportamenti di preening solo nei confronti del loro compagno. Pennabianca, la femmina dominante, rimase legata a Golia, che invece era divenuto il maschio subordinato. Dal canto suo Ciuffo, pur essendo il maschio dominante, lisciava le penne solo a Houdi, la femmina subordinata e ormai completamente silente. Ogni giorno i membri delle due coppie passavano ore e ore appollaiati uno accanto all’altro su un ramo.

Golia, che fino ad allora era stato l’unico a mostrare un atteggiamento di subordinazione nei miei confronti, smise di accogliermi accovacciandosi al suolo con la coda tremante. Ciuffo da parte sua mi salutò con il tipico display da macho che viene utilizzato per impressionare le potenziali partner o i maschi rivali.

La gerarchia all’interno del gruppo era particolarmente evidente in presenza di risorse da condividere, quali il cibo, i posatoi e la vasca da bagno. Al momento del bagno (che avveniva in una grossa carriola), l’individuo dominante aveva la precedenza, mentre quello di rango più basso era l’ultimo della fila. I tentativi di saltare la coda, però, erano all’ordine del giorno e venivano accolti con grandi spintoni.

Il 22 luglio del 1995 fu una giornata caldissima: c’erano più di trenta gradi. Appena ebbi riempito la vasca, Ciuffo volò a terra ed entrò dritto in acqua. Si tuffò e schizzò ovunque finché le penne non gli si aggrovigliarono tutte in buffe ciocche grondanti. Finito il bagno, volò su un ramo per lisciarsi le penne; allora e solo allora Golia si avvicinò titubante alla vasca. Normalmente Ciuffo avrebbe continuato a lisciarsi le penne per almeno mezz’ora, ma alla vista di Golia che si apprestava a fare il bagno, volò a terra ancora fradicio e fece un altro lungo bagno. Finito anche quello, tornò sul posatoio e riprese a lisciarsi le penne. Aveva appena iniziato, ma gli toccò interrompersi di nuovo per inseguire Golia, che si era azzardato ancora una volta ad avvicinarsi all’acqua. L’intera procedura si ripeté per ben otto volte prima che Ciuffo finalmente concedesse a Golia di fare il bagno, e a se stesso di asciugarsi le penne. Impedire a Golia l’accesso alla vasca non aveva all’apparenza alcuno scopo concreto se non, forse, quello di dimostrare il proprio potere. Di persone che ragionano così ce ne sono parecchie, ma fu una sorpresa vedere che anche i corvi potevano comportarsi in modo tanto irrazionale.

Quando finalmente riuscì a fare il bagno, Golia venne ripetutamente interrotto da Pennabianca. La femmina non entrò mai nella vasca con lui, ma si avvicinò varie volte con la palese intenzione di raggiungerlo nella carriola che, con i suoi sessanta centimetri di diametro, era chiaramente grande abbastanza per due. Al che immancabilmente Golia interrompeva le sue abluzioni per scacciare la compagna. Col tempo i membri di una coppia diventano più tolleranti e accettano la presenza del partner mentre mangiano o fanno il bagno.

Poi fu la volta di Houdi. Quando cercò di avvicinarsi, Pennabianca la cacciò subito via nonostante lei avesse già finito di fare il bagno. Mentre cercava di impedire a Houdi di fare il bagno, Pennabianca emetteva di continuo il richiamo delle femmine dominanti. Houdi, dal canto suo, mentre cercava di avvicinarsi di soppiatto alla vasca, si guardava intorno sospettosa come per assicurarsi che gli altri fossero tutti presi dalle loro attività. Non riuscì mai a spuntarla. Alla fine rinunciò al bagno.

Dopo quattro mesi separai le due coppie, in parte per mettere fine al test di fedeltà a cui le avevo sottoposte e in parte per dare loro l’opportunità di costruire un nido e allevare una nidiata: non avrebbero mai nidificato nella stessa voliera. Lasciai Ciuffo e Houdi nella voliera nel Vermont e riportai Golia e Pennabianca vicino al bungalow e al sito di ricerca nel Maine, dove si erano conosciuti.

Il giorno in cui separai le coppie, il 21 novembre 1995, Houdi mostrò un cambiamento radicale. All’improvviso ritrovò la voce, e si prese la sua vendetta, ripetendo il richiamo a rintocchi per ore. Quando le coppie stavano insieme, Ciuffo aveva staccato la punta della lingua a Golia con un morso. Avevo pensato che il silenzio di quest’ultimo fosse dovuto alla ferita. Non era così. Non appena si ritrovò senza Ciuffo, Golia riacquisì il suo intero repertorio vocale, e senza alcun apparente cambiamento di voce. Riprese anche a fare il display di dominanza maschile.

Nonostante la separazione, le storie delle due coppie erano destinate a incrociarsi di nuovo. A Natale, Ciuffo e Houdi erano l’incarnazione dell’affetto coniugale e si lisciavano le penne a vicenda praticamente ogni minuto. Due volte su tre era lui a lisciare le penne a lei. Per richiedere il trattamento, Houdi seguiva il compagno, gli si appollaiava vicino e piegava la testa in avanti, al che lui le lisciava le penne della testa una a una con il becco. Poi Ciuffo passava alle penne della gola e Houdi sollevava la testa all’indietro per lasciarlo fare. Probabilmente con il preening i due rimuovevano dalle penne anche qualche occasionale grumo di terra, ma non ho mai visto parassiti su nessuno dei due. All’apparenza, Ciuffo non sollecitava mai il trattamento da parte di Houdi; si esibiva anzi in continui display di dominanza accompagnati da degli uu-uu e sembrava quasi spingerla via. Lei rispondeva con il suo knocking display e talvolta gli posava una zampa sul dorso. Di tanto in tanto lui le si avvicinava di soppiatto, le afferrava la zampa e la tratteneva per diversi secondi. Non avevo idea del significato di quel comportamento, se non che in qualche caso avevo l’impressione che servisse a impedirle di muoversi.

Houdi era giocherellona. Si lasciava scivolare e rotolare giù da un cumulo di neve alto mezzo metro. Inizialmente sembrò che fosse stata una scoperta casuale: mentre Ciuffo le stava lisciando le penne in cima al cumulo, Houdi si era lasciata cadere ed era scivolata sul dorso. Poi però ripeté l’operazione più e più volte da sola.

 

 

Il 28 gennaio Houdi portò due bastoncini nel capanno in cui speravo avrebbero costruito il nido. Ciuffo si interessò subito alla cosa e si mise a seguirla. Quando lei arrivò con il terzo rametto, anche lui ne raccolse uno da terra e si avvicinò al punto in cui lei aveva depositato il suo. Che Houdi stesse cercando di dirgli qualcosa?

Nelle due settimane successive fu solo Ciuffo a raccogliere materiale per il nido. Portava rametti nel punto che avevano scelto per il nido e spesso scuoteva rapidamente la testa tenendone uno stretto nel becco. In genere queste oscillazioni servono a fissare i rametti tra loro e ad ancorarli al substrato del nido, ma nel caso di Houdi e Ciuffo la costruzione del nido sembrava più che altro un gioco. All’inizio, per ogni rametto che Ciuffo portava al nido, ce n’era uno che cadeva a terra. Houdi teneva spesso compagnia a Ciuffo e lo osservava, ma non contribuiva affatto. I due avevano quasi tre anni. Forse erano troppo giovani per fare sul serio. Forse alla loro età le connessioni neuronali necessarie per manifestare quel tipo di comportamento non erano ancora state stabilite o attivate del tutto.

Quasi un mese dopo, il 22 febbraio, il nido era ancora solo un fascio lasso di una decina di rametti. Mancava loro qualcosa? Misi nella voliera una vecchia pelle di pecora con lunghi ciuffi di pelo ancora attaccati. Ciuffo e Houdi osservarono attentamente il materiale. Ciuffo raccolse un rametto e lo portò al nido. Lei staccò del pelo dal pellame, lo sfilacciò e lo portò al nido. A quel punto Ciuffo si diede una mossa. Come se avesse improvvisamente afferrato il segnale di Houdi, cominciò a trasportare un rametto dopo l’altro, anche due alla volta. Dopo diciotto minuti, Ciuffo aveva portato al nido ben otto rametti e Houdi aveva fatto tre viaggi trasportando lana.

Entrambi avevano anche giocato sia con altri rametti che con la lana. Quando diedi loro dell’erba secca, Houdi si riempì il becco e la portò al nido tutta in una volta. Dopodiché raccolse un ramo di frassino di due centimetri di diametro lungo più di mezzo metro. Tenendolo con una zampa rimosse tutta la corteccia e per un po’ lo lasciò pendere nel vuoto sotto di sé prima di portarlo al nido. Aveva dato il suo contributo. Si appollaiò sul bordo del nido, si lisciò le penne ed emise una serie di rintocchi. Che quello fosse il segnale per dire a Ciuffo di darsi da fare? A quanto pare sì, visto che lui si mise a trasportare rametti a tre alla volta, pur continuando a ignorare l’erba e la lana.

Nel giro di un giorno Ciuffo aveva finito di costruire l’involucro esterno del nido. Prelevai lo strato interno della corteccia di un pioppo morto e gliene portai in quantità. Questa volta si occuparono entrambi del trasporto, accompagnandosi a vicenda al nido. Un carico dopo l’altro, si divisero quasi equamente il compito di trasportare al nido le fibre di corteccia e la lana. Ventiquattro ore più tardi, per ogni viaggio di Ciuffo per trasportare materiale al nido, Houdi ne faceva tre. Lui continuava a raccogliere rametti, lasciarli cadere, raccoglierli di nuovo, come se nel bel mezzo dell’azione si dimenticasse che cosa stava facendo. A quel punto il nido era quasi completo, mancava solo il rivestimento interno. Il giorno successivo, il 27 febbraio, il nido sembrava pronto. Aveva una meravigliosa imbottitura spessa e soffice. La struttura esterna misurava 70 centimetri in larghezza e 50 in altezza, mentre la parte interna era larga 30 centimetri e profonda 15. Mi aspettavo di trovarlo pieno di uova da un momento all’altro.

L’8 marzo Houdi si sedette sul nido, si girò e rigirò più volte, poi rimase ferma e in silenzio per lunghi periodi. Dopo una di queste pause (dalle 8.19 alle 8.35) andai a controllare il nido ma lo trovai vuoto. Ciuffo continuava ad accompagnarla ovunque e rimaneva accanto al nido quando lei ci si appollaiava dentro. Alle 8.54 Houdi tornò nel nido. Dopo sei minuti si diedero il cambio Alle 9.27, dopo altri avvicendamenti, Ciuffo saltò fuori dal nido, Houdi prese il suo posto e rimase nel nido per sette minuti mentre lui si esibiva in un display di dominanza maschile. Si scambiarono il posto di nuovo, e questa volta fu Houdi a esibirsi in un display di dominanza. Houdi si appollaiò nel nido vuoto altre due volte e ci rimase per nove e tre minuti rispettivamente. Nel frattempo Ciuffo strappava peli con il becco da una pelle di alce che avevo messo nella voliera; poi lì sputò fuori e li abbandonò. Nel frattempo, quando Houdi lasciava il nido, lui le si avvicinava e le prendeva la zampa e lei si sdraiava sul fianco accanto a lui. Erano i preliminari dell’accoppiamento?

La mattina successiva un corvo selvatico passò in volo sopra di loro; Ciuffo reagì con un crescendo di gracchi profondi. Più tardi lo vidi appollaiato con le penne della testa parzialmente arruffate e stranamente in silenzio. A intervalli frequenti veniva preso da un tremito per qualche secondo. Non l’avevo mai visto comportarsi così prima di allora, né l’avrei più visto in futuro. Non poteva essere il freddo, la giornata era piuttosto mite. Sembrava piuttosto che Ciuffo fosse in uno stato di massima esaltazione. Forse per lui il completamento del nido era il segnale per l’accoppiamento.

Due giorni dopo, la mattina del 10 marzo 1996, trovai il primo uovo nel nido. Houdi rimase nel nido buona parte della giornata. Ciuffo fu inamovibile al suo fianco per ore e a tratti emetteva degli uu-uu, sbatteva il becco e si esibiva in display di dominanza e in modulati richiami territoriali.

La mattina successiva all’alba avvertì tutti i vicini di tenersi alla larga con gracchi territoriali profondi e prolungati. Houdi era ancora appollaiata sul nido. Ciuffo era in stato di allerta e si guardava intorno circospetto. Alle 6.30 Houdi lasciò il nido, si stirò l’ala destra e gli si avvicinò saltellando. Lui la salutò facendo schioccare il becco, e lei rispose con il suo knocking display. Lui le si avvicinò camminando di lato sul ramo e allungò la zampa destra per afferrare la sinistra di lei. Lei si accovacciò, inarcando il dorso e roteando la coda e lui le saltò sul dorso. Ciuffo perse l’equilibrio e allora Houdi volò a terra. Lui la seguì. Lei si accovacciò di nuovo facendo vibrare rapidamente la coda e lui rispose accovacciandosi a sua volta e facendo vibrare anche lui la coda, con le ali spalancate e il becco rivolto verso l’alto a un angolo di circa quaranta gradi. Ciuffo si esibì in questo display solo per uno o due secondi prima di saltare di nuovo sul dorso di Houdi, fare presa con le zampe e poi arretrare per fare in modo che le loro cloache venissero a contatto. Nel giro di due o tre secondi era tutto finito e Houdi si avviò verso la carcassa di vitello che avevo messo nella voliera per mangiare. Ciuffo tornò ad appollaiarsi su un ramo. Ne approfittai per controllare velocemente il nido. C’era ancora un solo uovo.

Alle 7.10 Houdi lasciò il nido e Ciuffo prese il suo posto e lì rimase per quarantatré minuti, finché Houdi non fece ritorno e gli si appollaiò accanto sul bordo del nido emettendo flebili richiami gutturali. Lui rimase immobile nel nido, e si spostò solo più tardi (quando Houdi era a terra a mangiare). Dopo due minuti da quando Ciuffo si era allontanato, Houdi tornò al nido per continuare a covare e/o deporre.

Alle 9.40 cercai di avvicinarmi al nido per scacciare Houdi e controllare se avesse deposto un altro uovo, ma per la prima volta Ciuffo mi aggredì. Era decisamente minaccioso. Gonfiò le penne, emise una serie di richiami di allarme in rapida serie e prese a becchettare il ramo più vicino a me con tanta forza che vidi volare delle schegge. Dal canto suo, Houdi non emise un suono, ma non si mosse dal nido. Che fossero gli effetti del testosterone? Durante il periodo della riproduzione i testicoli dei maschi degli uccelli aumentano di volume di più di trenta volte. Pare che il testosterone aumenti i livelli di aggressività. Di lì a poco, però, anche Houdi divenne aggressiva quanto Ciuffo e presumibilmente lei non aveva grandi quantità di testosterone in circolo. Divenne così aggressiva nei miei confronti che dovetti ripiegare su una serie di trucchi per controllare il contenuto del nido.

«Hai voglia di fare un esperimento?» chiesi a un’amica che era venuta a trovarmi.

«Certo!».

«Ok, avvicinati al nido e guarda quante uova ci sono».

Così fece. Erano due.

Né Houdi né Ciuffo cercarono di scacciarla. Nessuno dei due emise richiami di allarme. La mia amica non aveva mai interagito con questi uccelli in precedenza, e ai loro occhi avrebbe dovuto apparire ben più minacciosa di me, che li avevo cresciuti e avevo goduto della loro fiducia fino a quel momento. Non rimasi più di tanto stupito però: i corvi sono una fonte inesauribile di sorprese.

Nei giorni e nelle settimane successive dovetti trovare il modo di avvicinarmi più spesso al nido, e poiché non avevo sempre amici a disposizione, mi toccò improvvisare. Mi resi conto che se mi avvicinavo con un oggetto ingombrante in mano il più delle volte riuscivo a tenere Houdi e Ciuffo a distanza. Bastava un sacchetto di carta. In ogni caso, non sembrava essere niente di personale. Se mi sedevo a un metro e mezzo di distanza dal nido, anche senza nulla in mano, entrambi mi ignoravano completamente, purché non tentassi di avvicinarmi oltre. Il minimo segno di avvicinamento scatenava le più violente manifestazioni di rabbia e il mio cuore si metteva a battere all’impazzata; sapevo bene che, se avessero messo in atto le loro minacce, le avrei prese di santa ragione. Non avevo dubbi che Houdi sarebbe volata dritta verso la mia faccia e avrebbe beccato più forte che poteva.

Houdi depose cinque uova a distanza di circa venticinque ore una dall’altra. Le marcai con del nastro adesivo su cui avevo scritto un numero per tenere traccia della sequenza in cui erano state deposte.

Fino al giorno in cui Houdi depose il quinto uovo, i due si accoppiarono ogni mattina all’alba, quasi esattamente alla stessa ora e con il medesimo rituale. La sequenza di eventi era la stessa. L’accoppiamento avveniva quando la femmina si allontanava dal nido per la prima volta per stiracchiarsi dopo la notte. Ciuffo le si avvicinava esibendosi nel suo display di dominanza. Lei rispondeva con il knocking display. Lui allora lasciava penzolare le ali verso il basso e faceva vibrare la coda. Lei si accovacciava sempre con le stesse movenze e lui le saltava sul dorso per l’accoppiamento.

Si è sempre pensato che i corvi siano monogami e rimangano con lo stesso compagno tutta la vita. In realtà, questo dipende in gran parte dalle circostanze, come quasi tutti gli aspetti del loro comportamento. Nella letteratura scientifica sono riportati numerosi esempi in cui, in caso di morte di uno dei membri di una coppia, il compagno ha trovato un sostituto nel giro di un giorno. John Marzluff, che studia i corvidi negli Stati Uniti occidentali, ha recentemente documentato casi di accoppiamenti extraconiugali nei corvi imperiali che abitano le campagne dell’Idaho. Marzluff osservò una femmina che si accoppiava con altri quattro maschi oltre al compagno (che aveva una targhetta sull’ala ed era quindi facile da riconoscere) e riscontrò accoppiamenti extraconiugali in entrambe le coppie che teneva sotto osservazione. «Gli intrusi aspettano sempre il momento esatto in cui il maschio territoriale si allontana, il che non succede molto spesso» mi disse John. «A quel punto si precipitano dalla femmina. Questo accade solo nel periodo della deposizione, come se i maschi agissero esattamente quando è maggiore la probabilità di fecondare la femmina». La cosa interessante è che gli accoppiamenti extraconiugali erano diversi da quelli «legittimi» che avevo osservato io. Potevano verificarsi in qualunque momento, non solo all’alba, e avevano luogo con la femmina appollaiata nel nido, non al di fuori. I maschi satelliti avevano tutta l’aria di conoscere esattamente sia lo stato riproduttivo della femmina e/o le condizioni del nido (anche se non era il loro), nonché il comportamento di difesa del nido da parte del maschio.

Le uova dei miei corvi avevano una forma leggermente più a pera rispetto alle uova di gallina ed erano più piccole di un uovo di media taglia. Il primo uovo deposto da Houdi, quello non fecondato, era completamente ricoperto di puntini grigio scuro, tanto che lo sfondo verde-azzurro si intravedeva a malapena, soprattutto all’estremità tondeggiante. Le uova marcate con i numeri 2 e 3 erano coperte di puntini ben distinti tra loro, l’uovo numero 4 ne aveva ancora meno. L’uovo numero 5 era quello con la colorazione più particolare. Era di un tenue azzurrino verdastro con minuscoli puntini scuri concentrati all’estremità appuntita.

Avevo rimosso le uova subito dopo la deposizione pensando di rimetterle al loro posto non appena la femmina avesse smesso di deporne, per verificare se Houdi avrebbe continuato a deporre uova fino ad avere il nido pieno come accade in alcune specie. Ma, sebbene nel nido non ci fossero mai più di due uova alla volta, arrivata a cinque Houdi smise di deporre. Quando rimisi le prime quattro uova al loro posto, Houdi si sistemò nel nido e come se niente fosse si mise a covare tutte e cinque le uova, sebbene fino a un momento prima fosse accovacciata su un uovo solo. Da quel momento in poi, deposte tutte le uova, fu solo Houdi a covare. Quando capitava che si allontanasse per brevi periodi, si muoveva freneticamente da un posto all’altro e poi tornava subito al nido. Raramente andava a cercarsi il cibo da sola. Il più delle volte era Ciuffo a portarle da mangiare e a nutrirla, nel nido o appena fuori. Se lei esitava a prendere il cibo, lui le dava dei colpetti sul becco. Talvolta Houdi emetteva gli stessi richiami dei piccoli quando chiedono di essere nutriti.

Le uova numero 3 e 4 si schiusero il 4 aprile, ventun giorni dopo la deposizione. Due uova si erano schiuse due giorni prima, il che mi fece pensare che le uova fossero già state covate per qualche giorno quando il 16 marzo le avevo rimesse al loro posto dopo averle tenute per tre e quattro giorni rispettivamente.

Dopo la schiusa delle uova, il comportamento di Ciuffo e Houdi nei miei confronti cambiò radicalmente: i due divennero ancora più aggressivi. Viste le loro reazioni, cominciai a temere il momento in cui dovevo prelevare i piccoli dal nido per pesarli, il che accadeva ogni due giorni. Alla nascita, i piccoli pesavano 25 grammi. Il 13 aprile pesavano tra i 350 e i 360 grammi. Cominciavano ad aprire gli occhi e, sebbene fossero ancora implumi, sotto la pelle si intravedevano gli abbozzi delle penne. In quattordici giorni il loro peso corporeo aumentò di ventiquattro volte, fino a raggiungere i 600 grammi. A trentadue giorni avevano già le penne, ma non lasciarono il nido fino all’età di quarantotto giorni.

I piccoli emisero richiami fin dal giorno della schiusa; inizialmente alzavano la testa, aprivano la bocca e pigolavano con le loro vocine rauche solo quando sentivano uno dei genitori appollaiato sul bordo del nido emettere morbidi krr. A due settimane di età aprivano la bocca ed emettevano richiami in risposta a qualunque stimolo esterno, senza aspettare di sentire il richiamo dei genitori.

Ciuffo era un padre premuroso. Lui e Houdi trasportavano bocconi di carne in gola e li portavano ai piccoli subito dopo averli strappati dalle carcasse. Poi sputavano i bocconi coperti di saliva. È possibile che la saliva contenga enzimi digestivi. Solo quando i piccoli erano sazi, i genitori mangiavano a loro volta. I topi erano uno dei cibi preferiti dei piccoli. Ciuffo e Houdi li facevano a pezzi e appendevano le interiora su un ramo per scartarle o per mangiarle più tardi loro stessi. Se Houdi era sul nido quando Ciuffo arrivava con la gola piena di cibo, lei si alzava e Ciuffo le dava un pezzo di carne prima di occuparsi personalmente di nutrire i piccoli. Se davo loro più di un topo alla volta, li nascondevano e poi tornavano a prenderli più tardi.

Non sempre gli adulti mangiavano le stesse cose che davano ai piccoli. I piccoli ricevevano esclusivamente carne. Se disponibili, Houdi e Ciuffo mangiavano o andavano a nascondere anche burro e bacche, ma non li offrivano mai ai piccoli. Mangiavano loro i pezzi di carne più grossi e difficili da ingerire (ad esempio con ossa o pelle ancora attaccate), mentre riservavano ai piccoli i bocconi più teneri e raffinati.

Houdi non fece mai il bagno per tutto il periodo della cova, almeno fino a quando ai piccoli non spuntarono le penne e non era più necessario tenerli al caldo. Col tempo le sue ali, il petto, la coda e le zampe si sporcarono parecchio. Ciuffo invece faceva il bagno nell’acqua, se ce n’era, o nella neve. Lei si limitava a pulirsi le penne con il becco.

Giunse il momento di lasciarli liberi; non pensavo avrebbero abbandonato i piccoli a quel punto. Il 20 aprile lasciai aperta la porta della voliera. Non sembravano avere fretta di andarsene, ma alla fine Ciuffo uscì. La coppia che aveva il nido a poco più di un chilometro di distanza era lì pronta ad accoglierlo, come se avesse avuto una soffiata. Il maschio si avventò su Ciuffo. Ne seguì un inseguimento accanito; quella fu l’ultima volta che lo vidi.

Durante l’aggressione, Houdi rimase nel nido in silenzio. Solo qualche ora più tardi si avventurò a terra per mangiare; il giorno successivo si avvicinò alla carcassa che avevo lasciato fuori dalla voliera.

Rimase pressoché in silenzio. Eberhard Gwinner, che ha studiato i corvi in Germania negli anni Cinquanta e Sessanta, vide un corvo che, alla sparizione del compagno, cominciò a «chiamarlo per nome», emettendo un richiamo che in precedenza aveva sentito usare solo dal compagno. Non fu quello il caso di Houdi. Anzi, il richiamo che emetteva più di frequente era il proprio nome, il tipico richiamo simile a un rintocco che comunica: «Guarda! Sono qui! Sono femmina». In una sola occasione, intorno alle 10.30 della mattina successiva alla sparizione di Ciuffo, Houdi sfoggiò il suo intero repertorio: a schiamazzi striduli seguirono il gracchiare modulato tipico degli individui territoriali, dei «guaiti» e una serie di rap-rap-rap. Per tre volte quel giorno vidi dei corvi in alto nel cielo. Houdi si zittì e rimase immobile appollaiata su un pino. In un’altra occasione un corvo si avvicinò e Houdi si ritirò nel capanno in cui si trovava il nido e si sporse con cautela per osservare l’intruso. Non ne uscì finché non se ne fu andato.

Verso le sei della mattina dopo emise il richiamo tipico delle femmine per alcuni minuti alla volta, ma non sentii nessun altro richiamo. I richiami avevano senso, pensai, se Houdi era convinta che Ciuffo la stesse cercando. Ma invece di ricondurre a casa Ciuffo, i richiami attrassero un maschio selvatico, che non fu male accolto. Houdi si appollaiò su un albero fuori dalla voliera insieme al nuovo arrivato, che secondo le mie supposizioni era lo stesso individuo che aveva cacciato Ciuffo. Lui si esibì in un display di dominanza inchinandosi, sbattendo le palpebre ed emettendo dei gemiti, e lei rispose proseguendo il display femminile. La scena sembrava uscita da una commedia romantica.

Quando il maschio se ne andò mezz’ora dopo, Houdi riprese a strappare pezzi di carne dalla carcassa che avevo lasciato nel bosco lì vicino. Diede da mangiare ai piccoli come se niente fosse successo. Mi sedetti accanto alla carcassa e lei mi si avvicinò, senza mostrare paura o diffidenza. Che gioia vederla volare libera sopra i boschi dove i pioppi erano carichi di infiorescenze, i salici cominciavano a fiorire e si sentivano cantare i primi silvidi, il vireo testazzurra e lo scricciolo! Houdi portò, uno dopo l’altro, enormi bocconi di carne ai piccoli, apparentemente insaziabili. Spesso lasciava cadere un grosso pezzo di carne vicino al nido e poi andava avanti e indietro tra lì e il nido anche quattro volte per portare ai pulli bocconi più piccoli.

Un giorno, una coppia di corvi comparve all’improvviso annunciandosi con lunghe strida nasali. Houdi era intenta a strappare pezzi di carne dalla carcassa. Al loro arrivo si interruppe immediatamente e si ritirò silenziosamente nel capanno all’interno della voliera senza nemmeno portare il cibo con sé. Non emise il benché minimo suono, sembrava davvero impaurita. Nel frattempo, la coppia si servì alla «sua» carcassa. Se Houdi avesse avuto un compagno non sarebbe mai successa una cosa del genere. In una situazione simile il maschio sarebbe stato preso da una rabbia incontrollabile. Houdi mi fece pena e dalla finestra della mia camera da letto, che dava direttamente sul capanno, le allungai un uovo sodo. Lei lo diede immediatamente ai piccoli.

Quasi venti minuti dopo che la coppia si era allontanata, Houdi era ancora nascosta e in silenzio. A tratti rimaneva immobile con il collo allungato verso il basso come per spiare da sotto la tettoia. Forse si stava domandando: «Sono ancora qui?». Chissà se sapeva che questa volta il suo spasimante si era portato appresso la compagna e che lei non sarebbe certo stata tollerante quanto lui nei suoi confronti.

Per farle sapere che aveva via libera e incoraggiarla a uscire, mi avvicinai alla carcassa e la chiamai. Sapeva che se io mi trovavo lì nessun corvo selvatico poteva essere in zona e infatti volò subito nella mia direzione. Era lì da pochi minuti quando comparve un corvo solitario. Per un attimo Houdi rimase dov’era, poi emise una serie di richiami diversi e infine volò verso di lui! I due si sistemarono uno accanto all’altra. Immaginai fosse il maschio di prima che era tornato indietro da solo. Si esibì in un display di dominanza all’indirizzo di Houdi e lei fece la ritrosa. La cerimonia non durò che pochi minuti, però, perché di lì a poco comparve un altro corvo. Era chiaramente la compagna del maschio, che partì immediatamente all’inseguimento di Houdi, ma non appena mi vide deviò all’improvviso e tornò in volo al nido in Swamp Road, da cui avevo sempre sospettato che i due provenissero, visto che in inverno venivano spesso a cercare da mangiare intorno a casa mia.

Erano le otto e dovetti andarmene proprio quando la storia cominciava a farsi avvincente. Quando tornai a casa e ripresi le osservazioni erano le tre del pomeriggio passate e vidi la coppia arrivare in volo. Uno dei due inseguì Houdi. L’inseguitore aveva le penne della testa arruffate, mentre Houdi aveva le penne schiacciate sul corpo e sembrava più esile di quanto non sembrasse normalmente. I due sparirono dalla mia vista. Ci fu un lungo silenzio. Cominciai a preoccuparmi. Trentacinque minuti più tardi sentii gracchiare e vidi due corvi avvicinarsi in volo. Uno di loro scese verso di me. Era Houdi. Riprese a mangiare dalla carcassa, e io mi sentii decisamente sollevato, certo che, insieme, io e Houdi saremmo riusciti a crescere i piccoli nonostante la vicina di casa molesta.

Da quel giorno in avanti, il maschio venne spesso in visita. Lui e Houdi si esibivano sempre in display di dominanza reciproci. Lui la seguiva e talvolta volava verso di lei, e a sua volta lei spesso gli volava incontro. Non osservai mai nessuna aggressione tra i due.

Il 1° maggio rimasi basito quando sentii Houdi iniziare la giornata con una «sessione» di vocalizzazioni: almeno un quarto d’ora di suoni simili a rintocchi, kek-kek-kek (non c’era nessun predatore in vista!), «guaiti», richiami (quorks) territoriali lunghi e modulati, gracchi rauchi a salire e molti altri. Era decisamente agitata e si guardava intorno in tutte le direzioni, volava sopra i campi e i boschi e poi tornava a posarsi sugli alberi vicino alla voliera e al nido. Sembrava energica e risoluta, tutt’altro che l’uccello timido ed esitante di sempre. Stava succedendo qualcosa.

La mattina successiva, con mia grande sorpresa, non emise alcun tipo di suono. Era tutto molto strano, eppure non capii che cosa stava per succedere. Come mi resi conto più tardi, fu un peccato.

Me ne andai nel pomeriggio per tornare nel Maine, come da programma, e le lasciai una carcassa di vitello. Quando tornai il 5 maggio, Houdi era sparita! I piccoli erano affamatissimi. Un amico mi disse poi che nel tardo pomeriggio del 3 maggio l’aveva vista volare lungo Hinesburg Road (vicino al nido della coppia). L’aveva riconosciuta per via delle due penne mancanti sull’ala destra. Non la rividi mai più, ma mi lasciò i suoi piccoli.

Ero tornato nel Maine per controllare che cosa stessero combinando Golia e Pennabianca. Il 6 marzo avevo lasciato loro del materiale per il nido, e in soli due giorni avevano completato la costruzione. Il 23 aprile, quando i loro piccoli avevano già dieci giorni, osservai Pennabianca emettere delle specie di squittii all’indirizzo di Golia e vidi i due tenersi per il becco come in un lungo bacio. Sedevano uno accanto all’altra per lunghi periodi, così vicini che sembravano toccarsi. Si scambiavano tante attenzioni che temetti si fossero scordati dei piccoli. Rimasi nascosto in un capanno a osservarli con uno specchio semiriflettente. Li guardai per due ore e quindici minuti e in quel breve periodo Golia si occupò della cova una sola volta per trentasette minuti, mentre Pennabianca fece quattro sessioni di cova rispettivamente della durata di cinque, tre, cinque e quattordici minuti. Golia diede da mangiare ai piccoli tre volte e ogni volta si fermò a raccogliere i loro escrementi con il becco. Pennabianca portò da mangiare ai piccoli una sola volta e mangiò lei stessa i topi che le avevo portato. In tutto quel tempo lui non emise un solo suono. Lei, al contrario, era piuttosto chiassosa: la sentii emettere lunghe serie di rintocchi per ben tre volte. A un certo punto emise anche una serie di strida, prima acute, poi più nasali, dei cok-cok-cok, dei rap-rap-rap e richiami territoriali modulati (quorks) seguiti da un gracchiare stridulo e penetrante. I richiami erano evidentemente diretti ai vicini di casa verso nord e sud-est, perché in lontananza sentii dei corvi rispondere dai tre nidi in quelle direzioni con versi simili.

Come descrivo più approfonditamente più avanti (si veda sotto, cap. 12), finii per rifilare a Golia e Pennabianca la prole abbandonata di Ciuffo e Houdi. Poi aprii anche la loro voliera. Ero convinto che le cose sarebbero andate diversamente. Prima di tutto, Pennabianca era stata catturata in natura e si trovava ancora nel suo territorio. In passato aveva visto quelle colline, quelle foreste e l’intero territorio dall’alto. Era possibile che conoscesse anche i vicini, sempre che fossero rimasti gli stessi. Se anche l’avessero inseguita, non avrebbe perso l’orientamento. Anche Golia era stato libero nella foresta per un certo periodo dopo aver lasciato il nido. Sentendomi molto sicuro, smantellai un lato intero della voliera perché la coppia potesse accedere rapidamente e direttamente al nido, che ora conteneva ben sei piccoli.

Ci vollero pochi minuti perché Golia e Pennabianca uscissero dalla voliera. Indugiarono brevemente sul grosso acero che cresceva lì vicino, e, come Houdi e Ciuffo nel Vermont, vennero subito accolti da una coppia residente che era apparsa dal nulla. In questo caso, però, non ci furono inseguimenti. Al contrario, i quattro si appollaiarono gli uni accanto agli altri esibendosi in display di dominanza reciproci; non seppi mai come era andata a finire la disputa, perché i quattro se ne andarono insieme continuando a vocalizzare con veemenza. In un attimo le loro voci si persero in lontananza. Li vidi scomparire attraverso le lenti del binocolo, minuscoli puntini neri in alto nel cielo, verso nord. Rimasero lontani per tutta la mattina. Non si sentì un suono. Non tornarono nemmeno nel pomeriggio. Diedi da mangiare ai piccoli, ormai convinto di avere davanti sei orfani. Passai la notte in uno stato di agitazione, ma all’alba del giorno dopo sentii due corvi gracchiare nella voliera. Golia e Pennabianca erano tornati! Nei successivi due mesi non si assentarono più.

Quell’estate una delle mie più grandi soddisfazioni consistette nel sedermi su un tronco vicino alla voliera e guardare i due uccelli volare avanti e indietro e prendersi cura dei piccoli.

Golia mi si avvicinava senza esitazione, e mangiava dalle mie mani. Pennabianca, che era cresciuta in libertà, non si avvicinò mai così tanto, ma la mia presenza non sembrava preoccuparla, e spesso arrivava a cinque-sei metri da me. A differenza di Ciuffo e Houdi, i due non mi aggredirono mai, nemmeno quando mi arrampicavo per controllare i piccoli nel nido.

Quando lasciarono il nido, i piccoli si comportarono esattamente come tutti gli altri piccoli di corvo. Inizialmente rimasero nei dintorni, strappando e facendo a pezzi tutto ciò che trovavano. Poco a poco cominciarono ad avventurarsi più lontano, spesso al seguito di uno dei genitori, ma di tanto in tanto anche da soli. A luglio le loro escursioni in solitario si fecero sempre più frequenti, e di lì a poco non li vidi più.

Qualche giorno dopo la partenza dei piccoli anche Golia e Pennabianca se ne andarono, ma si trattò solo di un mese di vacanza per riprendersi dalle fatiche delle cure parentali, perché poi fecero ritorno. Come in passato, ogni mattina mi rendevano nota la propria presenza con una raffica di richiami rauchi. Mi convinsi che avessero stabilito il loro territorio nella zona e che si sarebbero fermati lì per sempre.

 

 

Con Golia e Pennabianca a poca distanza dal bungalow, avevo avuto l’opportunità di studiare da vicino le interazioni di una coppia in libertà con gli altri corvi presenti sul territorio e di compiere osservazioni quotidiane. Un giorno, dopo che Pennabianca se n’era andata, lasciai un pezzo di carne sul sentiero nel bosco, duecento metri a nord della voliera, sapendo che né lei né il compagno l’avrebbero individuato immediatamente. Vidi una coppia di corvi volare in alto nel cielo; i nuovi arrivati si precipitarono a terra piroettando, atterrarono su un acero rosso e si misero a gracchiare. In tutta fretta, Pennabianca lasciò l’albero su cui era appollaiata non lontano dalla voliera e volò dritta verso di loro. Poco dopo li vidi tutti e tre a poca distanza l’uno dall’altro, con almeno uno che si esibiva in un display di dominanza maschile e Pennabianca che lanciava al loro indirizzo i tipici richiami delle femmine dominanti. Alla mia vista, i nuovi arrivati si allontanarono e Pennabianca tornò alla voliera. Qualche giorno più tardi vidi Golia e Pennabianca volare con un terzo individuo: sembrava che lo stessero scortando via e che fosse Pennabianca a guidare l’operazione volando a poca distanza dall’intruso, che gracchiava rumorosamente. Golia era rimasto indietro. Lo sconosciuto tornò più e più volte alla radura vicino al bungalow, e fu infine raggiunto da un altro individuo.

Quando sentivano un corvo gracchiare a distanza, Golia e Pennabianca non mancavano mai di inquietarsi e reagire emettendo richiami territoriali e cercando di gracchiare più forte del nuovo arrivato. Una mattina di primavera Golia si trovava vicino a me quando sentimmo il verso di un corvo provenire dalla foresta. Golia, che in genere impazziva nel sentire i richiami di uno sconosciuto, questa volta non diede segno di aver sentito. Strano, pensai; mi avviai nel bosco per controllare e naturalmente mi trovai davanti Pennabianca. Più tardi, i due si trovavano entrambi nella voliera quando un corvo passò in volo a circa un chilometro e mezzo di distanza. Entrambi partirono immediatamente all’inseguimento. Qualche ora dopo, arrampicatomi su un abete, vidi un corvo volare in silenzio lungo il fondovalle in direzione del lago Webb. Pennabianca e Golia eruppero in una serie di gracchi striduli e Pennabianca partì all’inseguimento dell’intruso e i due volarono insieme per un po’. Vedendoli in quel momento si sarebbe potuto pensare che fossero una coppia. Volarono in formazione per un lungo tratto, fino a Gammon Ridge e al Mount Blue e poi lungo Alder Stream. Golia rimase vicino a me e al nido emettendo richiami territoriali. Nel giro di cinque minuti Pennabianca fece ritorno da sola e si unì a Golia nei richiami territoriali. Circa un’ora più tardi una coppia di corvi passò sopra la voliera. Pennabianca partì per prima all’inseguimento, con Golia a poca distanza. Questa volta i due diedero caccia spietata agli intrusi. Li sentii scandire i richiami aggressivi tipici degli inseguimenti mentre gli uccelli pigolavano pietosamente. Non si trattava affatto di un gioco. Rimasero lontani per più di cinque minuti; il primo a rientrare fu Golia. Al ritorno, entrambi emisero gracchi aspri e profondi e rapidi rap-rap-rap.

Una (o più) coppie fecero visita in zona ripetutamente e il loro arrivo sembrava scatenare ogni volta un inseguimento più sfrenato. Golia si lanciava all’inseguimento anche quando Pennabianca era lontana in cerca di cibo, il che suggeriva che riuscisse a distinguere gli estranei anche a distanza.

Gli intrusi che facevano visita di frequente non erano interessati solo al cibo. Un giorno avevo lasciato una carcassa di cervo in piena vista in un campo quando due corvi arrivarono volando in alto vicinissimi uno all’altro, dalla direzione del nido più vicino, nei pressi di Hills Pond, verso est. Volarono sopra e oltre la carcassa, puntando dritti al nido di Golia e Pennabianca, che partirono entrambi all’inseguimento. Fu uno degli inseguimenti più sfrenati a cui avessi mai assistito e durò per più di venti minuti. Si sentirono schiamazzi, rintocchi, pigolii, rap-rap-rap, richiami modulati, cok, gracchi aspri, richiami agitati. In tutto quel tempo la coppia di invasori continuò a cercare di raggiungere la voliera, ma Golia e Pennabianca le tennero testa. Che gli intrusi volessero demolire il nido e/o annientare la prole?

Dopo un po’ i vicini sembrarono rassegnarsi al fatto che Golia e Pennabianca, la «nuova» coppia comparsa di recente sulla collina, non si sarebbero lasciati scalzare facilmente. Smisero di venire in visita, ma le competizioni canore quotidiane non cessarono mai. Se uno dei vicini mandava richiami dal proprio territorio per rendere nota la propria presenza, Golia e Pennabianca si giravano verso quella direzione e rispondevano emettendo a loro volta richiami territoriali a squarciagola. Nessun corvo si avvicinava mai durante una di queste sessioni canore.

All’inizio di giugno Golia e Pennabianca portarono i piccoli in giro per tutto il vicinato, fermandosi a ogni carcassa che avevo sparso per il territorio. In quel periodo i piccoli chiedevano ancora di essere nutriti dai genitori. Uno dei due strappava la carne e poi la dava immediatamente al piccolo più vicino. Più avanti, i piccoli cominciarono a strappare carne dalle carcasse da soli, e i genitori cominciarono a considerare i giovani come dei concorrenti. Golia, che fino ad allora era stato la principale fonte di nutrimento per i piccoli, talvolta li beccava violentemente.

Il 17 settembre 1996, poco dopo che Golia e Pennabianca erano tornati a casa dopo una lunga assenza a seguito della partenza dei piccoli, sentii un corvo gracchiare dalle parti di Hills Pond. Golia, che come sempre era appollaiato sul tronco di betulla a poca distanza da noi, proprio al di sopra della buca dove accendevamo il fuoco, si voltò guardingo in quella direzione. Stranamente, non sembrava né agitato né sulla difensiva. Pochi minuti dopo Golia e Pennabianca presero il volo e passarono sopra le nostre teste. Un altro corvo si alzò in volo dalla direzione da cui avevamo sentito gracchiare e si unì a loro. I tre veleggiarono insieme amichevolmente sopra la radura. Volavano vicini, scambiandosi posto di continuo, tanto che divenne impossibile per me distinguerli. Dopo cinque minuti di convenevoli il nuovo arrivato si allontanò e tornò da dove era venuto, e Golia e Pennabianca tornarono verso di noi. Golia era di umore giocoso. Sulla via del ritorno fece due avvitamenti. Fu la prima volta che gli vidi fare quelle acrobazie. Sentii una folata d’aria mentre Golia scendeva a 45 gradi, all’improvviso si buttò dritto in picchiata e fece tre avvitamenti prima di atterrare elegantemente al fianco della compagna.

La mattina seguente vidi di nuovo la coppia veleggiare al di sopra della collina in compagnia di un terzo individuo. Uno sparviere striato si alzò in volo e andò loro incontro, per poi buttarsi in picchiata su uno dei tre. Uno dei corvi si voltò sul dorso e allungò le zampe e lo sparviere si allontanò. Il nuovo arrivato tornò verso il suo territorio dalle parti di Hills Pond. Un’altra coppia passò in volo in alto sopra Golia e Pennabianca, che sembrarono ignorarla. Nel tardo pomeriggio un gruppo di otto corvi arrivò in volo da nord. Golia e Pennabianca ignorarono anche loro. Erano selettivi nelle loro amicizie?

Il 28 settembre Golia e un altro corvo volavano a poca distanza l’uno dall’altro (il secondo sopra Golia) muovendosi a cerchio in sincronia: sembravano una coppia perfetta. Pennabianca era vicino a me, apparentemente noncurante. I due rimasero sopra la vallata e la collina coperta di pini vicino al bungalow. Gli unici versi che sentii nei quindici minuti in cui i due volarono insieme furono dei cok, che secondo me sono i versi che un corvo emette quando è a suo agio e vuole essere amichevole e rassicurante. Sentivo spesso questi medesimi versi quando Golia e Pennabianca erano soli. Dopo quel volo il nuovo arrivato volò via verso nord e Golia tornò al bungalow dalla sua compagna.

Il 28 ottobre era una giornata piovosa, ma nel primo pomeriggio smise di piovere, la nebbia si sollevò e le nuvole scure si allontanarono spinte dal vento da nord-ovest. L’aria divenne talmente tersa che riuscivo a vedere la cima di tutte le colline circostanti. Verso le 14.20 all’improvviso sentii dei rap-rap-rap provenire dalla voliera. Che Golia e Pennabianca avessero avvistato un estraneo? Uscii dal bungalow e sentii in lontananza un lieve rap-rap-rap provenire da nord-est. Golia partì immediatamente in quella direzione, ma dopo aver descritto un cerchio nell’aria tornò indietro e atterrò su un acero vicino al bungalow. Non smise però di guardare in quella direzione, stando impettito e con le «orecchie» alzate e sfregando il becco contro il ramo su cui si trovava, in una vistosa esibizione di dominanza. Il corvo in lontananza si fece sentire di nuovo. Ancora una volta Golia si alzò immediatamente in volo, poi calò il silenzio. Cinque minuti più tardi sentii dei cok provenire dall’area intorno alla voliera e vidi due corvi volare in cerchio sopra la collina. Forse uno di loro era Golia. Un momento dopo sentii i richiami tipici delle femmine dominanti. Poi vidi quattro corvi volare verso la cima della collina. Non ci furono inseguimenti, nessuna interazione aggressiva. Golia e Pennabianca conducevano il quartetto. Scesero oscillando verso il luogo dove erano soliti posarsi sulla collina, mentre gli altri due tornarono in direzione del fondovalle a est, dove solo pochi minuti prima Golia si era diretto in tutta fretta, apparentemente inquieto.

 

 

I dati disponibili sulla distribuzione dei nidi sono compatibili con la teoria dei territori esclusivi, ma sospetto che in realtà le società dei corvi siano assai più complesse. Osservando Golia e Pennabianca mi sono fatto l’idea che i corvi adulti abbiano amicizie e inimicizie. Oltretutto, i livelli di aggressività variano in funzione della disponibilità di cibo, per cui mi sorse spontaneo il dubbio che il conflitto tra residenti e non residenti fosse più tra individui che si riconoscono ed estranei che tra giovani e adulti.

Non avevo trovato risposta al perché ci fossero tre individui nei pressi del nido sull’altra sponda del lago, ma la cosa non mi sorprendeva più. Mi ero reso conto che i legami di coppia tra i corvi sono elastici e che l’attività sessuale e le gelosie sono in realtà limitate a un breve intervallo temporale concentrato intorno al periodo della deposizione delle uova.

Molti dei comportamenti associati alla costruzione del nido sono stimolati dagli ormoni, ma come in tutti gli altri uccelli, e come anche nell’uomo, la reazione allo stimolo è così complessa che è evidente che gli individui non sono guidati solo dagli ormoni. Le relazioni di coppia e tra coppie e le relazioni con altri individui sembrano suggerire che questi uccelli siano in grado di soppesare le opzioni e scegliere di conseguenza.