COMMENTO
Ispirare fiducia e tranquillizzare [l’avversario], mentre si tramano piani segreti.
Dopo aver provveduto a ciò, passare all’azione, evitando che [l’avversario] modifichi [la fiducia che nutre verso di noi].
[Il Libro dei mutamenti dice:]
«Il forte è al centro, il debole è all’esterno».
Spiegazione
«Miele sulle labbra, pugnale alla cintola.»
– PROVERBIO CINESE
Per indurre un avversario molto potente ad abbassare la guardia, lo stratagemma suggerisce di celare le intenzioni ostili dietro una facciata di leale amicizia. Una volta conquistata la sua fiducia, lo si attaccherà a sua insaputa.
È la strategia che i cinesi chiamano «la tigre che sorride». Il tipo di sorriso della tigre dipende dal tipo di avversario: se è vanitoso oppure ottuso, bisogna adularlo e compiacerlo con parole lusinghiere; se umile, inorgoglirlo; se indeciso, disorientarlo; se povero, arricchirlo.
Una volta adescato il contendente, gli si può presentare una situazione negativa come positiva. Si può fargli accettare incombenze gravose che nessuno accetterebbe, presentandole come la fortuna che gli bussa alla porta. Scoprirà solo in un secondo tempo a proprie spese di essere caduto tra gli artigli della tigre che sorride.
L’idea di «celare un coltello dietro un sorriso» è evocata dalla spiegazione dell’esagramma 58 del Libro dei mutamenti: «Il forte è al centro, il debole è all’esterno».1 Nella filosofia militare cinese ciò indica il mascherare l’ostilità («forte al centro») dietro un sorriso («debole all’esterno»). Non potrebbe essere altrimenti: la natura dell’esagramma è il metallo che recide e distrugge, simbolo dell’attività bellica. L’immagine del Libro dei mutamenti è l’unione di due laghi. Il lago è associato alla bocca e al sorridere. L’esagramma è composto da un trigramma superiore, che rappresenta un lago all’esterno («il sorriso»), e da un trigramma inferiore, che rappresenta un lago all’interno. L’ostilità rimane dentro, mentre l’espressione d’amicizia fuori. L’ostilità apparirà solo quando il «forte» farà la sua inaspettata comparsa.
Senza dubbio questo è lo stratagemma che suona come il più familiare alle orecchie del lettore.
Chi non è mai stato avvelenato da un avversario dal fare amichevole?
Proprio da questa prospettiva, lo stratagemma può fornire utili suggerimenti per prevedere le vere intenzioni e il comportamento dell’avversario, da applicare con profitto in qualsiasi contesto ostile.
L’osservatore che sappia porre attenzione al comportamento del contendente, senza lasciarsi fuorviare dalle apparenze ma guardandovi attraverso, rinverrà i suoi reali propositi. Se l’avversario cerca di accattivarsi la nostra fiducia parlando umilmente, giocando sui legami personali, sta probabilmente «celando un pugnale dietro il sorriso»: nasconde il suo proposito di attaccare. Se l’esito di uno scontro non si è ancora profilato e l’avversario già avanza richieste di sospensione delle ostilità, la sua mossa andrà vagliata attentamente: potrebbe mascherare il tentativo di tranquillizzarci, mentre sta architettando un piano d’attacco a sorpresa. Tale osservazione, semplice ma frutto di scrupolosa analisi, viene riportata anche da Sunzi nella nona sezione dell’Arte della guerra: «Chi parla umilmente ma accresce i preparativi si dispone all’attacco. […] Chi chiede una tregua senza condizioni sta elaborando uno stratagemma».
Un detto di Confucio concluderà al meglio la spiegazione di questo stratagemma:
«Saggio è colui che senza sospettare l’inganno né nutrendo sfiducia, scopre immediatamente [gli inganni e l’inaffidabilità altrui]» (Lunyu, XIV.33).
Illustrazione storica
Durante il periodo degli Stati Combattenti, nell’anno 340 a.C., il generale Gongsun Yang del regno di Qin al seguito del suo potente esercito marciò verso lo stato di Wei. La fortezza di Wu presto sarebbe stata posta sotto assedio.
Il sovrano di Wei, ancora indebolito dalla bruciante sconfitta di dieci anni prima (riferita nello stratagemma II), non era nella possibilità di far fronte a un impegno bellico.
Che fare?
Il ministro Gonzi Ying ricordò che Gongsun Yang era originario del regno di Wei e che ai tempi della gioventù avevano trascorso diversi anni insieme. Chiese dunque al sovrano di Wei il permesso di recarsi personalmente da Gongsun Yang per dissuaderlo dall’assedio, facendo appello alla loro antica amicizia. Se Gongsun Yang avesse rifiutato, Gonzi Ying si sarebbe rifugiato nella fortezza di Wu.
Altre chance, se non quella diplomatica, non si intravedevano.
Il sovrano acconsentì e il ministro Gonzi Ying, al comando di 50.000 uomini, s’insediò nella fortezza di Wu.
Non appena fu riferito a Gongsun Yang che l’amico di un tempo era il tenutario del castello di Wu, egli non si fece sfuggire l’occasione di applicare lo stratagemma «Celare un pugnale dietro un sorriso».
Fece precedere il suo arrivo a Wu da una missiva a Gonzi Ying, nella quale, in nome dell’amicizia di gioventù, richiedeva un meeting di tre giorni fuori dalle mura cittadine per negoziare la sospensione delle ostilità.
Gonzi Ying, entusiasta di essere stato preceduto in tale proposta, accettò prontamente. Il giorno stabilito, uscì dalla fortezza al seguito di soli 300 soldati disarmati, per mostrare le sue buone intenzioni e quelle del regno che serviva. Gongsun Yang accolse a braccia aperte l’amico di un tempo. E in un’atmosfera calorosa, i due si lasciarono andare ai ricordi della passata gioventù.
Dunque l’amicizia aveva ancora un valore anche sul campo di battaglia?
Gongsun Yang invitò Gonzi Ying e i suoi uomini al proprio accampamento, nel quale avrebbe tenuto un banchetto in loro onore.
Ma, non appena giunsero al campo di Qin, questi furono imprigionati e denudati.
Al primo imbrunire, travestite con le uniformi dei soldati Wei, le milizie Qin si avviarono alla volta della fortezza di Wu. Il presidio della fortezza non esitò un attimo ad aprire le porte alla delegazione del ministro Gonzi Ying di ritorno dalle negoziazioni.
Una volta dentro, non fu difficile a Gonsun Yang e ai suoi uomini prendere d’assalto la fortezza e conquistarla grazie all’elemento sorpresa.
Lo stratagemma «Celare un pugnale dietro un sorriso» aveva sortito il suo effetto e al troppo fiducioso Gonzi Ying l’antica amicizia con Gongsun Yang servì solo per avere la vita in salvo e, da prigioniero, testimoniare il declino del regno di Wei.
1. → I 64 Enigmi, “Gioia”, op. cit., pp. 122-123.