XXIX

STRATAGEMMA

Far spuntare i fiori sull’albero

COMMENTO

Sfoggiare di fronte all’avversario una posizione di grande potenza

pur avendo una forza insignificante.

[Il Libro dei mutamenti dice:]

«L’oca selvatica si avvicina gradualmente alla collina.

Il suo piumaggio può essere utilizzato come ornamento rituale».

Spiegazione

«Il combattimento è la via dell’inganno.»

SUNZI

L’arte dell’inganno, principio che anima I 36 stratagemmi, suggerisce sempre di lasciar trasparire all’esterno solo ciò che ci aggrada.

L’abile stratega sa che l’avversario può essere manipolato in qualsiasi modo. Impiegando ciò che è inaspettato, inusuale o strano, egli si prefigge di mostrare una forza superiore a quella reale. Abbaglia l’avversario con spettacolari ostentazioni, confondendo la sua mente al punto di impedirgli di percepire la differenza tra il bianco e il nero, tra l’apparenza e la sostanza.

Una falsa apparenza può disorientare l’avversario e suscitare in lui soggezione. Gettato nel dubbio e nella confusione, gli sarà difficile comprendere la realtà e affrontarla con intelligenza. Quindi si approfitterà della posizione di vantaggio per soggiogarlo e assumere il controllo della situazione.

Si tratta di un assunto valido non solo nel contesto militare. La politica e la diplomazia offrono abbondanti opportunità per fantastiche dichiarazioni verosimili, ma in disaccordo con la realtà dei fatti.

La metafora dello stratagemma è quella di far sbocciare all’improvviso dei fiori su un albero avvizzito, mentre in realtà si tratta di pezzi di stoffa colorati infilati tra i rami. Una manipolazione basata su una distorsione cognitiva, che suscita una forte emozione in un avversario che si fida ciecamente dei propri occhi!

È in questione l’arte del depistaggio psicologico: ciò che gli occhi vedono e gli orecchi sentono, la mente crede! È in questione il potere della manipolazione strategica, per cui niente è ciò che sembra.

Il giudizio soggettivo dell’avversario sarà sviato dall’apparenza. Egli crederà di trovarsi di fronte a qualcuno in possesso di abilità speciali o poteri sovrannaturali. Sarà soggiogato da tale sfoggio di potenza. Dunque, verrà usato uno specchietto per le allodole, per far apparire prezioso qualcosa di privo di valore, indispensabile qualcosa d’inutile. È uno stratagemma tesaurizzato dal marketing per generare apparenza di domanda verso un nuovo prodotto, ancor prima del suo lancio sul mercato.

La forte emozione suscitata nell’avversario viene evocata dal volo delle oche selvatiche con le ali spiegate in formazione verso un’altura: nella spiegazione dell’esagramma 53, «La gradualità», del Libro dei mutamenti.1 Nel contesto dello stratagemma, l’ornamento rituale del piumaggio delle oche selvatiche allude all’influenza che si esercita sull’avversario. Facendo sfoggio di parvenze si può spesso trarre in inganno un contendente e ottenere risultati concreti.

Per converso, lo stratagemma sottolinea l’importanza d’impedire all’avversario di suscitare forti emozioni in noi. L’abile stratega non soccombe alle provocazioni emotive dell’avversario, non gli permette l’indebolimento del suo giudizio e il controllo delle sue azioni. Gli elogi o gli insulti non fanno breccia nel suo cuore. Egli non lascia che le emozioni prendano il sopravvento. Ai fini del trionfo, questo è essenziale.

È uno stratagemma utile non solo per togliersi d’impaccio da situazioni svantaggiose. Il suo impiego può risultare efficace anche in condizioni di superiorità sull’avversario, laddove, mostrando la propria potenza, lo si voglia dissuadere dalla lotta o portarlo fuori strada.

Illustrazione storica

Nel 284 a.C., durante il periodo degli Stati Combattenti, il regno di Yan alleato con le forze di Qin, Wei, Han e Zhao, invase il regno di Qi.

Durante la lunga campagna militare caddero più di settanta città di Qi.

Solo due città resistevano strenuamente da parecchi mesi senza vacillare: Lu, ove si era rifugiato il re di Qi, e Jimo sotto il comando di un abile stratega, il generale Tian Dan.

Le due città vennero cinte in un lungo e logorante stato d’assedio.

Nel frattempo il regno di Yan avviava con gli alleati una politica diplomatica per riuscire a porre sotto il suo controllo i territori strappati a Qi.

Per guadagnarsi il supporto delle truppe e per sollevare il morale degli abitanti, Tian Dan presentò un soldato che si diceva posseduto dallo spirito di un celebre stratega giunto da un’altra sfera di esistenza. Si officiarono sacrifici in suo onore, durante i quali il soldato ebbe una visione o almeno così parve a tutti. La visione diceva che grazie a Tian Dan l’assedio presto sarebbe stato tolto e che una vittoria prodigiosa era alle porte.

Era la trama di uno stratagemma tessuto da Tian Dan?

Dopo aver raccolto un’ingente quantità d’oro tra gli abitanti di Jimo, Tian Dan la fece recapitare al generale degli Yan, Qi Jie, con un messaggio in cui lo si metteva al corrente del fatto che la città era pronta a sottomettersi. L’unica preghiera che lo stratega gli rivolgeva era di aver pietà delle donne, dei vecchi e dei bambini.

Qi Jie accettò il dono e garantì per le richieste della popolazione.

I soldati Yan accolsero con entusiasmo la notizia dell’imminente fine dell’assedio. Quel lungo periodo di campagne militari aveva logorato le loro forze e il morale e ora pregustavano il rimpatrio.

Nel frattempo, Tian Dan aveva raccolto anche una mandria di oltre un migliaio di tori. Li ricoprì con seta di color porpora e li dipinse con strisce di colori sgargianti. Pugnali e torce furono fissati sulle corna delle bestie. Vennero poi legate alle loro code delle fascine di paglia imbevuta di olio combustibile.

Lo stratagemma di Tian Dan fu applicato di notte, secondo la migliore tradizione bellica. Furono aperti dei varchi nelle mura della città, in direzione dell’accampamento nemico. Appiccato il fuoco alla paglia fissata alla coda degli animali e accese le torce sulle corna, le fila di tori infuriati vennero lanciati fuori della città per rompere l’accerchiamento e annientare l’avversario.

L’esercito Yan fu risvegliato improvvisamente dal torpore del sonno. Dalla città si era levato un frastuono assordante che scosse il cielo e la terra.

Un terremoto?

Non appena si videro caricati da quelle strane bestie infuriate, i soldati piombarono nel panico, rimanendo paralizzati dal terrore.

Si trattava forse di un sogno collettivo?

Pensarono di essere attaccati da spaventosi draghi. Le fiamme alle code e sulle corna dei tori si riverberavano sulla seta e sulle lame dei coltelli, consegnando alle bestie sembianze mostruose.

Dietro ai tori inferociti, Tian Dan aveva schierato una divisione di cinquemila soldati valorosi e agguerriti che avanzavano vestiti di nero, silenziosi e con i volti dipinti, come maschere dalla smorfia brutale e animalesca. Brandivano grandi spade e alabarde con cui fecero strage di soldati Yan, disorientati e atterriti. Protetti dallo scudo dei tori inferociti, sfondarono l’accampamento con facilità, facendovi irruzione di scatto, come bestie feroci. Infine, infierirono sul nemico, massacrandolo selvaggiamente.

L’accampamento, colto alla sprovvista, fu travolto e devastato. Gli sconfitti brancolavano tra mucchi di cadaveri. Nel trambusto generale, i Qi si avventarono contro il loro bersaglio principale: Qi Jie venne travolto da una furia irriducibile.

Gli ufficiali Yan farfugliavano ancora qualche ordine sommesso, ma ormai chi prestava loro più ascolto?

L’intera armata Yan fu sbaragliata e i pochi superstiti si dileguarono nell’oscurità. A quel punto, era tutto finito.

La battaglia di Jimo segnò la prima sconfitta delle forze alleate e la guerra di riconquista assunse un nuovo volto. Quella vittoria strepitosa fu l’incipit di una serie di campagne baciate dal successo. Tian Dan riuscì a riconquistare tutte le altre città strappate al regno di Qi.

Chi avrebbe potuto uguagliarlo nell’arte della guerra?

Il sovrano di Qi poté finalmente lasciare Ju e rientrare a Linzi, la capitale dello stato di Qi. L’intero regno fu presto restaurato, riconquistando il potere militare nella regione.

1. → I 64 Enigmi, “Gradualità”, op. cit., pp. 112-113.