COMMENTO
Schivare l’avversario per conservare le forze.
[Il Libro dei mutamenti dice:]
«Ritirata. Niente da biasimare».
Non ci si trova al di fuori del naturale ordine delle cose.
Spiegazione
«La ritirata è un modo per avanzare. Il saggio
non combatte una guerra persa.»
– MASSIMA BELLICA CINESE
Quando la vittoria dell’avversario si profila nettamente schiacciante, si presentano quattro possibilità: combattere fino alla morte, capitolare, negoziare e fuggire. Combattere fino alla morte o capitolare significano sconfitta completa, la soluzione peggiore. La negoziazione di un compromesso significa una mezza sconfitta, preferibile alla capitolazione. La fuga non significa una sconfitta. Finché non si è vinti, si conserva la possibilità di attaccare in un secondo momento, più propizio. Evitando una sconfitta oggi, si guadagna la possibilità di volgerla in vittoria domani. Dunque è questa la scelta migliore, che non contrasta con la saggezza dell’arte di combattere.
Per questo, un detto cinese recita: «La lepre astuta ha sempre tre uscite dalla sua tana».
Se diventa chiaro che il corso dell’azione condurrà alla sconfitta, allora ritirarsi e riorganizzarsi è l’unica via di salvezza; in questo senso è «lo stratagemma migliore».
Indubbiamente una mentalità occidentale, assuefatta all’idea eroica di coraggio (stile hollywoodiano), reputerà inaccettabile il suggerimento dell’ultimo stratagemma, quando tutti gli altri si rivelano inefficaci.
La mentalità pragmatica cinese, al contrario, consegna grande dignità all’arte della fuga. I numerosi successi strategici di Mao Zedong durante la Lunga Marcia ne attestano la validità. Nelle sue tattiche di guerriglia, egli fece largo impiego di questo stratagemma, che gli permise di preservare il potenziale dell’Armata rossa nonostante le numerose campagne d’accerchiamento e di annientamento dirette dal Guomindang. Il suo principio è largamente noto: «Se la battaglia può essere vinta, combatterla; al contrario, evitarla».
Orchestrare una fuga strategica e pianificata riflette un modo di pensiero tipicamente cinese che riecheggia l’idea taoista della non azione (wei wu wei), cioè del seguire il corso delle cose. È un’arte di risolvere i problemi che lo stratega Sun Bin, discendente di Sunzi, definì «sottomettersi temporaneamente per rafforzarsi». E che rappresenta, dunque, il passaggio a una nuova fase.
Non trarre vantaggio da un’opportunità che si presenta è una violazione del principio della non azione. Allo stesso modo, combattere una guerra persa in partenza significa violare il «decreto celeste», cioè il fato. Così, nell’arte del combattimento, il talento dello stratega si riconosce anche quando fugge.
Un combattimento va affrontato solo al momento adatto, nel luogo opportuno e con il giusto avversario. Altrimenti, va eluso.
La spiegazione della quarta parte dell’esagramma 7, «Il maestro militare», del Libro dei mutamenti suggerisce che l’avanzata come la ritirata sono una pratica usuale nel combattimento.1 Dunque, «nulla da biasimare», laddove la fuga sia il solo mezzo per trasformare una situazione di inferiorità in una futura vittoria.
Ritirarsi risulta talvolta più difficoltoso che avanzare, anche quando il fallimento è un dato oggettivo. Nel business chiudere le porte a un’impresa poco vantaggiosa o ritirare dal mercato un prodotto rivelatosi fallimentare non è così semplice come si potrebbe pensare e questo per varie ragioni.
Comunque, questo stratagemma va impiegato con attenzione, non dovrebbe mai essere preso con leggerezza o per soddisfare il semplice impulso di scappare di fronte a un ostacolo. Non lo si dovrebbe mai considerare un pretesto per evitare le sfide della vita, piuttosto come un mezzo per meglio affrontarle.
Illustrazione storica
Nel 431, durante il periodo delle Dinastie del Sud e del Nord, il sovrano Wen della dinastia Liu Song affidò al suo migliore generale, Tan Daoji, una spedizione nei territori settentrionali. L’incarico era quello di contrastare l’espansione territoriale del popolo dei Tuoba che, dopo aver fondato la dinastia Wei, stava abbattendo uno dopo l’altro i vari stati rivali e costituiva, dunque, una minaccia per le province del nord della dinastia Liu Song.
Tan Daoji condusse una lunga campagna militare, in un’escalation di vittorie. Mieté successi, uno dopo l’altro, finché, giunto nella regione di Zhili, si ritrovò a corto di cibo e di rifornimenti.
Doveva affrontare un nuovo conflitto, ancora più cruento dei precedenti, ma ciò non era possibile. Dovette prendere atto della situazione.
Tan Daoji era un grande comandante che attaccava quando doveva farlo e si ritirava quando doveva farlo. Non era certo il tipo da procedere in una sola direzione, qualora la battaglia si profilasse perduta in partenza.
Dunque, s’imponeva la fuga.
Ma come attuarla?
Tan Daoji era a conoscenza del fatto che all’interno del suo accampamento c’era una spia Wei.
Ebbe un’idea e, come solo i grandi uomini sono in grado, fece di uno svantaggio il suo punto di forza per formulare un piano.
Durante la sera inoltrata, diede ordine all’ufficiale addetto agli approvvigionamenti di farsi aiutare da alcuni uomini a trasportare fuori dal magazzino le vettovaglie per le consuete operazioni di conteggio.
Dal magazzino venne tratta fuori una grande quantità di sacchi di iuta rigonfi. Terminata l’operazione di conteggio, i sacchi vennero nuovamente stivati nel magazzino.
Durante il maneggio ne scivolò a terra uno, da cui inavvertitamente fuoriuscì un po’ di riso.
La spia, che di nascosto osservava tutta l’operazione rimase molto perplessa.
Da dove si erano procurati quell’ingente riserva di riso? Allora, le derrate alimentari non scarseggiavano affatto?
Che strano!
Volle vederci chiaro. Attese che tutti quanti se ne fossero andati per controllare da vicino. Sparpagliato a terra trovò effettivamente del riso. Dunque, l’esercito Liu Song disponeva ancora di cibo in abbondanza!
Si recò immediatamente all’accampamento Wei per fare rapporto: l’esercito Liu Song aveva vettovaglie più che sufficienti per sostenere ancora la campagna militare.
Il tempo necessario all’esercito Wei per realizzare di essere stato giocato dallo stratagemma XXXVI fu determinante. Questa accortezza permise all’esercito Liu Song di battere in una ritirata provvidenziale, in una fuga indisturbata.
In realtà i sacchi di iuta non erano affatto pieni di riso, anzi! Si trattava di uno stratagemma: erano stati riempiti di breccia e terriccio. Solo in un sacco vi era del riso, proprio quello che cadde a terra!
In quell’occasione fuggire si rivelò «lo stratagemma migliore». Solo così Tan Daoji poté mantenersi in vita e, di lì a poco, lanciarsi in nuove imprese.
1. → I 64 Enigmi, “Maestro militare”, op. cit., pp. 20-21.