che mi faceva di bisognio, e fussi grande ispesa quanto si volessi: poi a me dette in su la spalla con la mana, dicendomi: —Mon ami (che vuol dire “amico mio”), io non so qual s’è maggior piacere, o quello d’un principe l’aver trovato un uomo sicondo il suo cuore, o quello di quel virtuoso l’aver trovato un principe che gli dia tanta comodità, che lui possa esprimere i sua gran virtuosi concetti.— Io risposi che se io ero quello che diceva sua maestà, gli era stato molto maggior ventura la mia. Rispose ridendo: —Diciamo che la sia eguale.— Partimmi con grande allegrezza, e tornai alle mie opere. [. . .]

23. Della Casa (1503–1556): Galateo

E sappi che in Verona ebbe già un vescovo molto savio di scrittura e di senno naturale, il cui nome fu messer Giovanni Matteo Giberti; il quale fra gli altri suoi laudevoli costumi si fu cortese e liberale assai a’ nobili gentiluomini che andavano e venivano a lui, onorandogli in casa sua con ma gnificenza non soprabbondante, ma mezzana, quale conviene a cherico. Avvenne che, passando in quel tempo di là un nobile uomo nomato conte Ricciardo, egli si dimorò più giorni col vescovo e con la famiglia di lui, la quale era per lo più di costumati uomini e scienziati; e, perciocché gentilissimo cavaliere parea loro e di bellissime maniere, molto lo commendarono e apprezzarono; se non che un picciolo difetto avea ne’ suoi modi; del quale essendosi il vescovo, che intendente signore era, avveduto e avutone consiglio con alcuno de’ suoi più domestichi, proposero che fosse da farne avveduto il conte, comeché temessero di fargliene noia. Per la qual cosa, avendo già il conte preso commiato e dovendosi partir la mattina vegnente, il vescovo, chiamato un suo discreto famigliare, gli impose che, montato a cavallo col conte per modo di accompagnarlo, se ne andasse con esso lui alquanto di via e, quando tempo gli paresse, per dolce modo gli venisse dicendo quello che essi aveano proposto tra loro. Era il detto famigliare uomo già pieno d’anni, molto scienziato e oltre ad ogni credenza piacevole e ben parlante e di grazioso aspetto, e molto avea de’ suoi dì usato alle corti de’ gran signori; il quale fu e forse ancora è chiamato messer Galateo, a petizion del quale e per suo consiglio presi io da prima a dettar questo presente trattato. Costui, cavalcando col conte, lo ebbe assai tosto messo in piacevoli ragionamenti, e, di uno in altro passando, quando tempo gli parve di dover verso Verona tornarsi, pregandonelo il conte ed accomiatandolo, con lieto viso gli venne dolcemente così dicendo: —Signor mio, il vescovo mio signore rende a Vostra Signoria infinite grazie dell’onore che egli ha da voi ricevuto, il quale de-

assigned to me, ordering them to provide me with everything I needed, no matter how great the expense; then he clapped me on the shoulder, saying: “Mon ami” (this means, “my friend”), “I don’t know which one"saying: has the greater pleasure, a ruler who has found a man after his own heart, or an artist who has found a prince that will give him the where- withal to express his great artistic conceptions.” I replied that, if I were the man His Majesty alluded to, my good fortune had been by far the greater. Laughing, he replied: “Let’s say they’re equal!” I departed most joyfully and returned to my work. [. . .]

23. Della Casa (1503–1556): Galateo

And hear this: In the past there was in Verona a bishop very wise in learning and in common sense, whose name was Giovanni Matteo Giberti; among his other praiseworthy traits he was very courteous and generous to the noble gentlemen who came to see him, honoring them in his house with a munificence that wasn’t excessive, but moderate, as befits a priest. It came about that a nobleman called Count Ricciardo passed that way at that time and stayed for a few days with the bishop and his household, comprised for the most part of well-bred and learned men; and because he struck them as being a very elegant knight with beautiful manners, they praised and admired him, except for one little defect in etiquette. The bishop, who was an observant gentleman, having noticed this and discussed it with one of his closest friends, they decided that the count should be made aware of it, though they feared to give him displeasure. Therefore, when the count had already taken leave, being due to depart the next morning, the bishop summoned a discreet member of his staff and ordered him to mount a horse along with the count, as if intending to accompany him, and to travel a good distance with him; then, when it seemed opportune, to tell him gently what they had decided on together. This staff member was a man already full of years, very learned, and amazingly charming, well-spoken, and gracious-looking, and for much of his life he had frequented the courts of grandees; he was, and perhaps still is, called Lord Galateo, and it was at his request and advice that I first began to indite the present treatise. He, riding with the count, had very soon engaged him in pleasant conversations, and moving from one topic to another, when he thought it was time to return to Verona, the count urging him to do so and saying good-bye, he spoke to him as follows with a cheerful expression: “My lord, my master the bishop thanks

gnato vi siete di entrare e di soggiornar nella sua picciola casa; ed oltre a ciò, in riconoscimento di tanta cortesia da voi usata verso di lui, mi ha imposto che io vi faccia un dono per sua parte, e caramente vi manda pregando che vi piaccia di riceverlo con lieto animo: e il dono è questo. Voi siete il più leggiadro e il più costumato gentiluomo che mai paresse al vescovo di vedere. Per la qual cosa avendo egli attentamente risguardato alle vostre maniere ed essaminatole partitamente, niuna ne ha tra loro trovata che non sia sommamente piacevole e commendabile, fuori solamente un atto difforme che voi fate con le labbra e con la bocca masticando alla mensa con un nuovo strepito molto spiacevole ad udire: questo vi manda significando il vescovo e pregandovi che voi v’ingegnate del tutto di rimanervene e che voi prendiate in luogo di caro dono la sua amorevole riprensione ed avvertimento; perciocché egli si rende certo, niuno altro al mondo essere che tale presente vi facesse. —Il conte, che del suo difetto non si era ancora mai avveduto, udendoselo rimproverare arrossò così un poco; ma, come valente uomo, assai tosto ripreso cuore, disse: —Direte al vescovo che, se tali fossero tutti i doni che gli uomini si fanno infra di loro, quale il suo è, eglino troppo più ricchi sarebbono che essi non sono; e di tanta sua cortesia e liberalità verso di me ringraziatelo senza fine, assicurandolo che io del mio difetto senza dubbio, per innanzi bene e diligentemente mi guarderò; e andatevi con Dio.

Ora che crediamo noi che avesse il vescovo e la sua nobil brigata detto a coloro che noi veggiamo talora, a guisa di porci col grifo nella broda tutti abbandonati, non levar mai alto il viso e mai non rimuover gli occhi e molto meno le mani dalle vivande e con ambedue le gote gonfiate, come se essi sonassero la tromba o soffiassero nel fuoco, non mangiare ma trangugiare? i quali, imbrattandosi le mani poco meno che fino al gomito, conciano in guisa le tovagliuole che le pezze degli agiamenti sono più nette? Con le quai tovagliuole anco molto spesso non si vergognano di rasciugare il sudore che per lo affrettarsi e per lo soverchio mangiare gocciola e cade loro dalla fronte e dal viso e d’intorno al collo, e anco di nettarsi con esse il naso quando voglia loro ne viene. Veramente questi così fatti non meritarebbono di essere ricevuti non pure nella purissima casa di quel nobile vescovo, ma doverebbono essere scacciati per tutto là dove costumati uomini fossero. Dée adunque l’uomo costumato guardarsi di non ugnersi le dita sì che la tovagliuola ne rimanga imbrattata: perciocché ella è stomachevole a vedere. Ed anco il fregarle al pane che egli dée mangiare non pare polito costume. I nobili servidori, i quali si essercitano nel servigio della tavola, non si deono per alcuna condizione grattare il capo né altrove dinanzi al loro signore quando e’ mangia, né porsi le mani in alcuna di quelle parti del

Your Lordship no end for the honor he has received from you for having deigned to enter and sojourn in his little house; furthermore, in gratitude for the great courtesy you showed him, he ordered me to give you a gift from him, and he begs you sincerely, through me, to deign to receive it cheerfully; and the gift is this: You are the most comely and mannerly gentleman the bishop thinks he’s ever seen. Therefore, having attentively observed your manners and examined them minutely, he has found none among them that isn’t extremely pleasant and commendable, except a vulgar action you perform with your lips and mouth, chewing at table with an odd noise most unpleasant to hear; the bishop sends me to point this out to you and to urge you to do your best to drop that habit; he wishes you to accept in lieu of an expensive gift his loving reproach and admonition; because he’s sure that no one else in the world would make you such a present.” The count, who had never been aware of his failing, blushed a little when he heard himself reproached for it; but, like a brave man, he took heart again very quickly and said: “Tell the bishop that if all the gifts people exchange were like his, they’d be much richer than they are; and give him no end of thanks for his great courtesy and generosity to me, assuring him that without any doubt I shall guard myself against my failing in the future very diligently. Farewell!”

Now, what do you think the bishop and his noble followers would have said to those we sometimes see letting themselves go completely, like pigs with their snout in the swill, never raising their face and never ungluing their eyes, let alone their hands, from their food, with both their cheeks swollen as if they were playing the trumpet or blowing up a fire, not eating but gulping down? Dirtying their arms almost up to the elbow, they soil their napkins so badly that latrine rags are cleaner. In fact, very often they aren’t ashamed to use those napkins to wipe away the sweat that their haste and their gorging causes to drip and fall from their forehead and face and around their neck, and they even blow their nose into them whenever they feel like it. Truly, people of that sort not only wouldn’t deserve to be received in the very pure house of that noble bishop, but should be chased out wherever there are well-mannered men. So a well-bred man should refrain from soiling his fingers so badly that his napkin is dirtied by them: because it’s a disgusting sight. And also, wiping them on the bread he is to eat doesn’t seem like a polite habit. The noble servants who are employed in waiting on the table should by no means scratch themselves on the head or elsewhere in front of their master while he’s eating, or place their hands on any of those parts of the body that are covered up, or even call attention to them, as