CITTÀ SENZA UNA MAPPA
Confini
Non parlare del passato qui. Non chiedere al tuo vicino perché ha lasciato il posto da cui viene, qualunque esso sia; non aspettarti che i tuoi nuovi amici provino nostalgia per case che non esistono più. Forse il passato per te racchiude qualcosa più del dolore, ma non puoi presumere che sia vero per chiunque altro. Vogliamo sentirne l’odore, il sapore, vogliamo udire la sua canzone, sentirne il caldo del deserto o la pioggia estiva, ma non vogliamo parlarne. Le cose che abbiamo vissuto non ci possono ferire, qui, se non glielo permettiamo. Le città cadute, le nazioni annegate nel sangue. Le urla delle persone che amavamo. Queste storie le mettiamo via. Avremo bisogno di storie nuove.
Tutte le città sono esperimenti scientifici. Qaanaaq è forse l’esperimento più attentamente controllato della storia. Una stampa quasi del tutto libera. Burocrazia ridotta al minimo, in gran parte meccanica, la città presieduta da un software benevolo. Gli azionisti pagano le tasse, e possono permetterselo. Se cibo e affitto costano troppo, è un problema tra te e l’esercente. Lo svedese è la lingua più diffusa, eppure lo parla solo il 37 per cento della popolazione. Una lingua ufficiale non esiste. Niente di ufficiale esiste. Qaanaaq non ha un governo, un sindaco. Queste funzioni sono assolte da una rete di agenzie delegate dai suoi azionisti. Ciascun Braccio elegge un manager con un mandato di quattro anni, per aiutare i cittadini a destreggiarsi tra le agenzie e inchiodare alle proprie responsabilità gli impiegati municipali che si comportano male. Queste otto persone sono i soli politici di Qaanaaq, e sarebbero le prime ad ammettere che il loro potere è alquanto limitato.
Se il Ventesimo secolo è stato plasmato da ideologie di guerra, e il Ventunesimo è stato una battaglia di linguaggi digitali, la nostra epoca è definita da approcci contrastanti all’ingegneria della città oceanica. Le tecnologie sviluppate per costruire gli impianti di trivellazione sono diventate dottrine in cui credere con fervore e per cui combattere. Impianti convenzionali fissi; piattaforme su boe a palo; semisommergibili; flessibili; ad ancoraggio verticale. A fondazione pneumatica o poggiate su torri d’acciaio; ancorate al fondale marino. Zavorrate in alto o in basso da casse di galleggiamento che si riempiono e si svuotano o da piedi stabilizzatori di metallo. Alcune sono il sogno di ogni migrante, illuminate e bene armate. Alcune sono inferni galleggianti, come gli impianti di riciclaggio della plastica che corrono intorno al vortice subtropicale del Pacifico, in cui tutti gli edifici e i corpi sono anneriti dalla fuliggine delle fornaci.
A Qaanaaq, i software prendono la maggior parte delle decisioni quotidiane, scelgono i protocolli che gli esseri umani che lavorano per le agenzie della città dovranno seguire. In teoria, in casi estremi, ci si potrebbe appellare a un tribunale di esseri umani in carne e ossa, eletti dalle nazioni fondatrici, ma per proteggerne l’anonimato persino questo processo è mediato da software, tanto che molti si chiedono se questo tribunale esista davvero.
Alcune città reticolo sono meno rigide sul loro sviluppo. Il behemoth russo Vadisever non pose limiti alle costruzioni e, dieci anni più tardi la città era una metastasi ribelle. Centinaia di bracci, vie d’acqua intasate e impenetrabili. Fu necessario l’intervento dell’esercito per ripulirla, bombardando il groviglio di nuove strutture, e lasciando senza un tetto decine di migliaia di persone. Qaanaaq non permette ulteriori costruzioni, e nessuna nuova gamba può raggiungere il fondale marino. Provare ad agganciarci qualcosa che galleggia è un privilegio che si paga caro. Queste cose galleggianti, a loro volta, possono far pagare per il privilegio di agganciarsi a esse, ed è così che, tra le onde, spuntano interi villaggi galleggianti, che vengono dissolti o ricollocati quando gli agenti dell’Integrità strutturale decidono che sono un pericolo.
Una cosa galleggiante legata direttamente al reticolo è la Piattaforma degli sport. Una nave di cinque piani grande quanto un campo da calcio, ancorata al limite estremo del Quarto Braccio. Una pista di pattinaggio su ghiaccio al piano più alto, esposta agli elementi; ogni altro piano racchiude campi e piste che possono essere ulteriormente suddivisi. Il livello più basso si trova tre piani sotto la superficie del mare, ed è utilizzato principalmente per gli allenamenti.
Ci sono cose che devi sapere. C’è un motivo se sto disegnando per te questa mappa, se ti sto raccontando queste storie. Ovunque tu sia ora, per quanto tu possa essere in trappola, avere fame o paura, queste storie possono offrirti una via d’uscita, una fuga, una mappa verso la libertà.
Sono sopravvissuta grazie alle storie, in questi lunghi anni. E ora posso condividerle con te.
Come la maggior parte delle moderne entità socio-politiche – città, stati, nazioni – Qaanaaq gestisce una rete chiusa. Le Guerre di Sistema che hanno contribuito così tanto al crollo del vecchio mondo hanno generato una quantità terrificante di malware incontrollabili, di parassiti e vettori di infezione. Intere nazioni hanno visto crollare le proprie infrastrutture non a causa della volontà di nemici stranieri, ma per colpa degli attacchi irrazionali di rootkit ribelli e worm autarchici. Botnet i cui autori erano morti; scareware che hanno infettato trojan per produrre nuovi, incontrollabili orrori. Il World Wide Web non è stato che un fenomeno di breve durata. Sono esistite reti globali e regionali circoscritte, ma il flusso di dati era controllato così strettamente da renderle talmente lente da essere inutilizzabili.
La rete di Qaanaaq, all’opposto, è uno splendido mare agitato di dati, sorvegliato da intelligenze artificiali imprevedibili ma quasi sempre controllabili.
È attraversata da così tante storie. Alcune le ho sentite, persino da questo luogo.
Eccone una.
Otto giorni dopo l’arrivo a Qaanaaq della donna con l’orca, il cetaceo fu avvistato diverse volte in prossimità della Piattaforma degli sport, il che attirò una decina di giornalisti verso quella struttura che puzza di sudore e popcorn.
Trovarono la donna al livello più basso. Eseguiva una serie di mosse di arti marziali diverse brandendo una lancia affilata, così agile e veloce che era chiaro non avesse bisogno di un mammifero predatore per essere al sicuro. L’impugnatura della lancia era una spessa e lunga zanna di tricheco, proprio come dicevano le voci di corridoio, ma la lama era ancora più strana e minacciosa di quanto suggerito dalle storie. Enorme, pallida, curva, seghettata. Un giornalista ipotizzò che si trattasse della mandibola di un capodoglio, intagliata e traforata e affilata, e tutti quanti ne scrissero come se fosse vero. L’orso polare sedeva a lato, con le zampe e la testa intrappolati. I giornalisti sedettero sugli spalti a fumare e urlare domande.
– Da dove vieni?
– Perché sei qui?
– Possiamo intervistarti?
Solo l’americano si fece avanti. Per un americano, l’arrivo di qualcuno come lei toccava dei tasti dolenti – quello del senso di colpa collettivo, molto probabilmente, per la guerra sanguinosa che era stata scatenata contro le sue genti, o quello di un odio istintivo.
– Salve! – disse avvicinandosi, ma lei non rispose.
Lui si fermò appena fuori dalla portata della lancia. – Mi chiamo Bohr Sanchez, – disse. – Dirigo il Brooklyn Expat.
Lei non disse niente, solo fendette l’aria a pochi metri da lui. Fece un balzò, affondò, abbassò la lancia e fece una capriola. Gli uomini e le donne sugli spalti alle sue spalle risero, soppesando di nascosto la possibilità che fosse decapitato di fronte ai loro occhi.
– Sei nanolegata?
A questo punto la donna si fermò. Lo fissò. Fece un passo avanti.
Bohr represse ogni timore. I suoi colleghi stavano guardando. – Pensavo che vi avessero annientati. Non hai paura? Di quelli che hanno cercato di sterminarvi? A Qaanaaq i fanatici non mancano.
Lei iniziò a muoversi sempre più veloce, compiendo gesti sempre più impressionanti. E spaventosi.
– È vero che la tua gente rifugge la tecnologia in tutte le sue forme?
– Quanti ce ne sono là fuori, come te?
Spiccò un balzo e l’arma le cadde di mano. Per la frustrazione? Per la tristezza, l’argomento doloroso? La voglia irrefrenabile di ucciderlo? E infine disse qualcosa. Un singolo ruggito indistinto.