Soq

– Sono colpito, – disse Podlove, con un tremito nella voce, mentre i nuovi arrivati lo circondavano. È terrorizzato, pensò Soq. Disperato. – Che la tua gente cercasse di irrompere qui me lo aspettavo. Ma non credevo che fossi capace in qualche modo di distruggere i miei sistemi di difesa.

– È una sorpresa anche per me, – disse Go, furiosa, confusa, spaventata. A Oora, Kaev, Masaaraq e all’orso polare disse, – Vi avevo detto di restare sulla nave.

Podlove aveva le labbra serrate. – Bene. Non sei stata tu a far uccidere mio nipote. Non sei stata tu a dire loro di venire qui. Continuano a succedere cose terribili, e tu c’entri sempre ma non è mai colpa tua.

Soq spostò lo sguardo da Go a Podlove. Confrontandoli. Chiedendosi: chi è più adatto a governare? Chi è più cattivo? Erano entrambi spaventati. Entrambi sudavano. Barron, quantomeno, era rilassato, o almeno lo sembrava. Difficile a dirsi, con un cappuccio in testa. La sua postura e il suo atteggiamento calmo però suggerivano una mancanza di paura.

Su una corvetta di fronte alla Grotta di sale, qualcuno aveva fatto un graffito: LA CITTÀ DELL’ORCA.

– Non abbiamo distrutto i tuoi sistemi di difesa, – disse Soq, guadagnandosi uno sguardo assassino da Go. – Sei stato tu a farlo. Tu hai avviato quel software barbaro contro se stesso, ed è questo che vi ha fregato. Te e buona parte della città, suppongo.

– Come hai fatto a prenderglielo, mi chiedo? – disse Podlove. – Al mio povero nipote. L’hai torturato? No. Te l’avrà dato di sua spontanea volontà. Sei proprio il suo tipo. Crudele e turpe e strav…

Soq rise. – Non essere infantile. – La sua esortazione ebbe l’effetto desiderato. Dire a un ottantenne che si sta comportando da bambino di solito è un buon modo per farlo stare zitto.

La faccia di plastilina di Go si stava facendo più dura. Stava chiaramente arrivando a capire e accettare che la situazione era fuori dal suo controllo. Una sensazione che per Go era un’agonia, ma per Soq era… esaltante. Piena di potenzialità. Terrificante, ma anche ricca di magnifiche possibilità. Soq seppe come si erano sentiti i poveracci di Città del Messico o di Pretoria nel vedere le armate ribelli marciare per le strade, gli abitanti di Lisbona o Copenaghen all’innalzarsi delle acque. Per una volta, lo status quo è fragile. Le cose possono cambiare.

– E i nostri nuovi arrivati? – disse Podlove, voltandosi verso quel gruppetto di gente rabbiosa. – Certo non siete venuti fin qua solo per restare lì a fissarmi.

Oora si fece avanti. – Sai chi sono?

– Non credo di avere mai avuto il piacere di conoscerla, signora.

Lei pronunciò il suo nome. L’espressione di lui non mutò. Nei suoi occhi non brillarono né agnizione, né inganno. Non la riconosce davvero, pensò Soq.

Sotto di loro qualcosa tremò. L’edificio stava combattendo contro se stesso. Una malattia autoimmune digitale. – Meglio se continuiamo a parlarne fuori, – disse piano Soq, e notò che questa volta Go non sembrò arrabbiarsi per il fatto che stesse parlando quando non era il suo turno. – Il suo arsenale può tornare online in qualunque momento. Saremmo morti nel giro di mezzo secondo.

– Vieni, – disse Masaaraq, girando il braccio per puntare la lama contro Podlove.

– Preferirei di no, se per voi fa lo stesso.

Pensa che la sua anzianità possa proteggerlo, pensò Soq. Quindi forse non è intelligente come credevo.

Masaaraq si mosse appena, ed entrambi i tirapiedi di Podlove caddero a terra stringendosi le gole squarciate. Soq calcolò che ci sarebbero dovuti volere due colpi, visto quanto erano lontani, ma non ne aveva visto nemmeno uno.

Tre colpi. Una sottile linea rossa si stava formando sulla fronte di Podlove. Singole gocce di sangue affiorarono, iniziarono a colare.

– Non sei tu a decidere, – disse Go a Podlove, sorridendo – ma il suo sorriso sembrava effimero.

– E tu nemmeno, – disse Masaaraq, e colpì di nuovo, più lentamente, perché voleva che Go vedesse cosa stava facendo. La soldatessa col tirapugni cadde a terra, annaspando, rifiutandosi di urlare.

La faccia di Masaaraq era priva di espressioni, ma Soq sapeva cosa le stesse passando per la testa. Dal momento in cui si erano legati, Soq aveva percepito molti dei suoi ricordi, delle sue paure e dei suoi incubi, dei dolori che portava dentro, degli orrori che era stata costretta a sopportare. Tutti pensavano che fosse Oora quella spezzata, dopo tutti quegli anni al Ripostiglio, ma Soq capì che Masaaraq era quella il cui danno minacciava di distruggerli. E amava Masaaraq così tanto, in quel momento, la sua bellissima formidabile mutilata nonna, da avere male al cuore.

Se conosci qualcuno, se conosci qualcuno nel profondo, significa automaticamente che lo ami?

– Che bellissima giornata, – disse Podlove, superando con un passo la soldatessa col tirapugni che si contorceva a terra. Soq capì: gentilezza, buone maniere, erano queste le sue uniche capacità. L’ostentazione di ricchezza era un’armatura che potevi indossare quando il mondo minacciava di spazzarti via. – Perché non continuiamo a parlarne fuori?

Sopra le loro teste, lo schermavento si spostava avanti e indietro con lenti movimenti aggraziati e senza scopo. Cadeva la neve. Gente in piedi che guardava, li indicava, faceva telefonate, scattava fotografie con gli schermi o gli oculari. Faceva spazio per loro. Un sacco di spazio. Solo il collasso completo e momentaneo dell’infrastruttura digitale di Qaanaaq permetteva loro di muoversi liberamente – in un altro momento, la risposta della Sicurezza sarebbe già stata massiccia. Sarebbero arrivati tutti. Un dispiegamento eccezionale di navi enormi e terribili stracariche di armi.

– L’hai chiusa tu nel Ripostiglio, – disse Masaaraq.

– Ah, – disse Podlove, dondolando la testa come se qualcuno gli avesse detto che si era dimenticato il forno acceso. – Credo di capire, adesso.

Go teneva la mano appoggiata all’impugnatura del machete. Soq rifletté: La sua unica speranza è di fare pace con Podlove. Altrimenti, in un modo o nell’altro, la distruggeranno. Se lui muore, la risposta della città sarà implacabile. Qaanaaq permette alle organizzazioni criminali di prosperare, imponendo pochissime regole su cosa possano o non possano fare, ma lei le ha infrante praticamente tutte. Go vive solo se vive lui. E anche in quel caso non è detto.

La sopravvivenza di Podlove sembrava improbabile, suppose Soq, ma d’altra parte tutto era possibile. Una qualche magia diabolica l’aveva tenuto in vita così a lungo in un mondo pieno di persone che aveva fatto incazzare. Magari non si era ancora esaurita.

Pensi di capire? – disse Oora. L’orso trasalì, contenendo a malapena la rabbia.

– Abbiamo messo un sacco di persone nel Ripostiglio, – disse. – Dovevamo. L’alternativa era ucciderle. Lo avresti preferito? Non era niente di personale. I nostri datori di lavoro si erano fatti un sacco di nemici, e avevano fatto amicizia con un sacco di persone impopolari. Capisci, durante la Multiforcazione sono venuti in molti a chiederci una mano. In venti città diverse le minoranze si stavano rivoltando per via degli omicidi di civili disarmati da parte della polizia. I partiti stavano per perdere degli stati chiave. E tutti avevano bisogno di…

– Spargimenti di sangue e capri espiatori, – disse Barron da sotto il cappuccio.

– Non siamo stati noi a fare le regole, – disse Podlove. – Divide et impera. Dividi e conquista, è il concetto su cui le dinamiche di potere si sono basate fina dalla prima società umana.

– Anche i coltelli esistevano già a quei tempi, – disse Kaev. – Non significa che un uomo che ne accoltelli un altro non sia colpevole.

– Di quante persone stiamo parlando? – chiese Masaaraq.

– Al Ripostiglio? Almeno quindici. In altre città reticolo…

Non finì la frase. Non ce n’era bisogno.

– E ciascuna di loro era l’unica sopravvissuta di un genocidio, piccolo o grande? – chiese Oora. – Probabilmente non lo sai. Non l’hai voluto sapere.

Podlove non disse niente. Restò lì, con un’espressione che imitava il pentimento senza ingannare nessuno. – Non ho fatto niente da solo. Eravamo una decina, dirigenti come me. Non ero neanche quello più in alto nella gerarchia. So che vorreste che fossi un mostro barbaro e assetato di sangue che, da solo, è la causa di ogni vostra sofferenza. Ma credetemi, non lo sono. È solo che sono l’unico a essere ancora vivo.

– Sai cosa potrei fare in questo momento? – disse Masaaraq, puntandogli contro la lama insanguinata. – Potrei infilzarti nello stomaco con questa, usare quell’uncino che c’è in cima per prenderti l’intestino, tirarlo fuori e usarlo per strangolarti, o fartelo mangiare, o darlo alla mia orca, che lo userebbe per trascinarti in acqua e ammazzarti con calma.

Lui fece spallucce. – Non posso impedirtelo. Né te ne farei una colpa.

Un’esplosione lontana. Il suono intermittente delle sirene.

Lo stallo durò a lungo. Si fissavano a vicenda. Tranne Podlove, che si guardava i piedi. Che guardava il reticolo su cui poggiava, la città che aveva aiutato a costruire, il posto sicuro che i suoi soldi insanguinati gli avevano comprato. Il mare di sotto. L’acqua che sarebbe rimasta lì anche dopo che l’ultimo essere umano fosse affondato tra le onde.

Era così vecchio. La sua pelle era così sottile. Così rugosa. Ruga su ruga, una rete intricata. Non aveva fisicamente fatto male a nessuno. Non c’era sangue sulle sue mani. Aveva solo spinto altre persone a fare del male per il suo guadagno. Ma non era addirittura peggio? Non ingigantiva il suo crimine, l’avere insanguinato le mani di altri? Che sofferenza aveva causato loro, alle persone che avevano massacrato innocenti al posto suo? Con quali traumi, quale rabbia, quali incubi li aveva lasciati? Con quale karma negativo?

Anche se lo avessero incatenato a una sedia in cantina per fargli passare il resto della vita a torturarlo fino a farlo svenire dal dolore, per poi svegliarlo e ricominciare da capo, ancora e ancora, non c’era modo di pareggiare il dolore che aveva causato. Niente che gli potessero portare via sarebbe mai ammontato neanche a una frazione del senso di perdita che aveva causato ad altri. Si riteneva innocente, giustificando i suoi crimini come necessità, e niente che avessero potuto fargli gli avrebbe fatto vedere la sua colpa.

Soq lo stava ancora guardando quando accadde.

Masaaraq urlò qualcosa, si contorse per fermarla, ma era troppo lontana per impedire a Go di decapitare Barron.

– Scappa, – disse Go a Podlove, puntando il machete insanguinato, lanciandosi contro Masaaraq.

Dopodiché, tutto sembrò accadere nello spazio di un unico, breve respiro.