Victor bussò alla porta del signor Grindle con un pugno, mentre sbatteva il batacchio di metallo con l’altra mano e Aisling suonava ripetutamente il campanello.
Thud-thud. Clank. Dlin-dlon. Thud-thud. Clank. Dlin-dlon.
«Signor Grindle!»
Stavano facendo talmente tanto baccano che alcuni ragazzi del vicinato uscirono di casa incuriositi. Si radunarono in gruppetti di due o tre, alcuni mangiando i toast imburrati di una tarda colazione, altri sgranocchiando sfacciatamente dolciumi o cioccolatini che di certo avevano sottratto di nascosto da qualche confezione formato famiglia, da cui era facile trafugare i pezzi senza dare nell’occhio.
La fessura per le lettere si aprì.
«Piantatela di bussare o chiamo la polizia» li minacciò il signor Grindle. Si vedevano solo gli occhi, ingranditi dalle spesse lenti a fondo di bottiglia dei suoi occhiali.
«Sappiamo che ce l’ha lei» disse Victor.
«Che cosa avrei? Fascino e una devastante bellezza?»
«La lista, la lista di Babbo Natale» sussurrò Aisling, che non voleva farsi sentire dal pubblico improvvisato. «Ce la ridia e non faremo storie.» La buca per le lettere si chiuse di scatto quando Joe, ormai senza fiato, li raggiunse. Salutò allegramente Willow, una ragazza della sua classe che viveva nella casa gialla dall’altra parte della strada.
Adesso il signor Grindle stava sbirciando da dietro le tendine. C’erano almeno sette gatti seduti accanto a lui. Si udì uno stridio quando l’uomo fece scorrere il vetro della finestra per aprire uno spiraglio appena sufficiente a mettere fuori il naso.
«Lista? Quale lista? Non so di cosa stiate parlando. Per favore, lasciate subito la mia proprietà, siete solo degli intrusi, buoni a nulla e…»
«Idioti?» suggerì Joe.
«Sì, ecco, idioti» concluse il signor Grindle.
«Non suggerire, Joe» sibilò Aisling.
La finestra si chiuse sbattendo, ma si riaprì subito dopo.
«A pensarci bene, è una lista straordinariamente interessante» considerò l’uomo. «E mi sembra che, se un certo signor Babbo Natale non la riavrà entro stasera, domani mattina ci saranno molti bambini infelici in tutto il mondo. Milioni e milioni di bambini piagnucolanti. Non riesco a pensare a un regalo di Natale più bello. Oh, questo mi rallegra proprio…»
«Perché dei bambini delusi dovrebbero rallegrarla?» domandò Aisling. «È ben strano.»
«Strano? Strano!? Come osi, ragazzina? Perché non dovrebbe rallegrarmi? Nessuno mi fa mai regali. Nessuno viene a trovarmi. Come sono infelice io, che lo siano anche tutti gli altri» brontolò il signor Grindle, aggiungendo una risatina posticcia, per non sbagliare. Fece un cenno ai ragazzini che si erano radunati lungo la strada. «Guardate quei poveri ingenui, compiaciuti di se stessi perché oggi è la Vigilia e pensano che Babbo Natale stanotte passerà da loro. Aspettano avidamente i regali che i loro cuoricini desiderano. Non si rendono nemmeno conto di quanto saranno sconvolti domani, quando si sveglieranno e non troveranno un bel niente. Sapete una cosa? Penso che questo sia il giorno più bello della mia vita e andrà ancora meglio. Quei piccoli sciocchi mi aiuteranno a tenere la lista lontana dalle vostre grinfie.»
«Ah, davvero? Perché dovrebbero farlo?» chiese Victor.
«Guarda.» Il signor Grindle aprì un po’ di più la finestra. «Ciao, vicini» gridò rivolto ai bambini che li stavano fissando. «Come sapete, non sopporto nessuno di voi. Solo vedere le vostre stupide facce mi fa venire il voltastomaco, ma visto che è Natale, facciamo qualcosa in tema. I primi a colpire i miei giovani amici, qui, con dieci palle di neve vinceranno la munifica somma di cinquanta euro. Mi avete sentito? Cinquanta euro! Cosa state aspettando? All’attacco!»
Ciò detto, richiuse la finestra, ridacchiando tra sé.
«Non preoccupatevi» disse subito Victor. «Conosco quei ragazzini. Sono anche i miei vicini. Non ci attaccheranno con le palle di neve. Sanno chi sono, quindi non oseranno.» La prima palla di neve sfrecciò sopra la sua testa qualche istante dopo, mancandolo di pochi centimetri.
«Che cosa…? Oh, no, non puoi averlo fatto, Hawk Willis!»
La seconda si schiantò sulla finestra del signor Grindle e spaventò i gatti, che si ritrassero, soffiando e correndo in giro.
La terza colpì Joe sul naso, e il bambino cadde a terra con fare eccessivamente drammatico.
«Alzati, forza, e inizia a fare palle di neve anche tu» gli ordinò Aisling, che ne aveva già preparate due.
«E va bene» si arrese Joe, balzando in piedi.
Una palla perfettamente rotonda raggiunse la faccia di Victor. «La pagherai cara, Mumbles Doherty!» gridò, togliendosi i residui dalle guance.
Ma prima che potesse agire, furono bersagliati da una gragnola di bombe bianche. La traiettoria di quei proiettili gelidi si curvava nell’aria, e ai tre ragazzini pareva di essere sotto una scarica di frecce che piovevano da ogni dove. Hudson aveva deciso che la cosa migliore fosse starne fuori finché non fosse finita. Infatti, corse a nascondersi dietro ai bidoni del signor Grindle.
«Siamo in inferiorità numerica. Cosa facciamo?» urlò Joe mentre veniva colpito a una spalla e, subito dopo, a una gamba.
Molte palle di neve si schiantavano sulla facciata, altre piombavano a terra attorno a loro e alcune esplodevano contro i cassonetti (con grande dispiacere di Hudson).
«Caricaaaa!» gridò Aisling. Afferrò una bracciata delle palle che aveva compattato e corse fuori dal cancello principale verso i nuovi nemici, ruggendo come un guerriero impavido.
«Aaargggh!»
Gli altri bambini furono colti di sorpresa e si fermarono per un istante, incerti sul da farsi. Si aspettavano un attacco da Victor, non dalla sua alleata sconosciuta. Aisling lanciò e colpì un certo Mumbles sul lato sinistro della testa.
«Il mio orecchio, il mio bellissimo orecchio!» gridò lui.
Tump! Un’altra palla andò a segno su una ragazzina grande il doppio di Aisling.
«Sapevo che c’era qualcosa che mi piaceva in tua sorella» disse Victor sogghignando, prima di mettersi anche lui a tirare palle a destra e a manca. Era molto forte e i suoi colpi erano così potenti che facevano male, quando andavano a segno. Alcuni ragazzini iniziarono a disperdersi, spaventati, e quelli rimasti si arresero quando lui corse verso di loro, armato della propria terrificante reputazione.
«Ritirata, ritirata!» strillarono. «Loozer è su tutte le furie!»
«Più si avvicina, più sembra grande» considerò un ragazzotto che sembrava stupito dall’idea.
«Be’, non ho intenzione di essere l’unico tagliato fuori» mormorò Joe, correndo dietro alla sorella e al nuovo amico, anche se era riuscito a fare solo due palle di neve nello stesso tempo in cui gli altri ne avevano compattate dieci.
Urlò a sua volta, sperando di risultare terrorizzante e potente, sebbene il suo grido di battaglia somigliasse più alla puzzetta di un topolino. Poi, mentre cercava di compiere un balzo che considerava eroico, inciampò in una pietra del giardino e atterrò di faccia, lasciando l’impronta dei suoi lineamenti nella neve. Si alzò in fretta e, quando si accorse che nessuno lo aveva visto cadere, fece finta di niente.
Hudson abbaiò il suo incoraggiamento, ma rimase esattamente dov’era.
«Nessuna banconota da cinquanta euro vale tutto questo!» esclamò Hawk Willis prima di scappare via, mostrando un’impressionante flessibilità nel cambiare idea.
Ora, la battaglia a palle di neve si era ridotta a tre contro cinque e mentre continuavano a bersagliarsi, e alcuni tiri andavano a segno e altri a vuoto, accadde una cosa strana: i nostri eroi dimenticarono le loro preoccupazioni, la signora Grough, i genitori e perfino la lista. Erano semplicemente felici. Avevano le dita gelate, le maniche zuppe e la neve in faccia, mentre qualche frammento che si era infilato sotto i giacconi si stava sciogliendo lungo le loro schiene.
All’improvviso Aisling scoppiò a ridere. Grandi risate gioiose. Victor la guardò e rise anche lui.
E poi, in un attimo, la battaglia a palle di neve finì. Avevano vinto.