EeeeeeEEEeccoci! EeeeeeeeeeeEEEEccccccccoci! EEEEEEEeeeeeeeeecccccooooooooocci! Eccoci! Con il nostro incessante ronzio, il nostro infinito potere di seccarvi e stancarvi con le nostre avvolgenti onomatopee... Udzudzu. Munyinyi. Bestiacce fastidiose! Ma sempre meglio del vostro modo di abbaiare con quei buchi umidi e puzzolenti! Almeno noi cantiamo con le nostre ali sempre asciutte e sfarfallanti. Una vibrazione lamentosa che va alla deriva nell’aria, una canzone gracile come lo sciame in sé, la nostra moltitudine galleggiante e ondulante. Perché cantiamo? Per amore, naturalmente.

Al tramonto o all’alba – gli apici della giornata – i nostri maschi si librano su un camino o su una torre. Intorno a quest’altura, formano una foschia grigia, una massa vorticosa di seduzione. A una a una, arrivano anche le femmine raccogliendo il guanto di sfida entomologico. Con ali che girano all’impazzata, strimpellano tutte un’aria carica di entusiasmo mentre piombano in mezzo al caos dei maschi e, con le antenne pelose, questi ultimi seguono la pista del loro volo.

Poi arriva il momento della caccia, della lotta avvinghiati, della caduta: anche voi umani avete questi rituali. Il maschio sta sotto, la coppia s’incastra con forza e dopo un minuto o poco più le loro strade si dividono. Qualche volta, la presa di lei è troppo stretta e le parti basse di lui ne pagheranno le conseguenze a vita! Se lui riesce a scappare via incolume, lo rifarà, dalle sei alle otto volte nell’arco della sua esistenza. Ma per la femmina basta così – ha già amato e perduto il suo amore una volta – e ha già tutto quello che le serve per riprodursi.

Una pozzanghera, uno stagno, un lago, un fiume: lei si muove sulla superficie delle acque. Sempre volteggiando, in un inchino, sgancia dalle sue parti basse un centinaio di uova fecondate con cui bombarda di futuri figlioletti la superficie, finché non ce n’è un battaglione intero che aspetta sotto di lei. Li raccoglie in una barchetta affusolata, una canoa grande quanto mezzo chicco di riso. Poi, senza più degnarci di uno sguardo, nostra madre se ne va, lasciandoci a schiudere le uova senza di lei.

Siamo come matrioske della metamorfosi, ogni fase della nostra esistenza si dischiude dalla precedente. Spacca il guscio, allarga bene la fessura, poi fai una muta completa del vecchio involucro. Da uovo a larva, la pupa a forma di virgola, fino all’imago alata e traballante. Fai un passo sull’acqua con un piedino delicato. Ti fermi mentre la spina dorsale prende consistenza.

Ma non troppo! Ci sono minacce dappertutto! È una fogna, questa pozza di Eden: uccelli e batteri, pesci e formiche, nematodi, coleotteri acquatici, lucertole. Alcune di una nostra specie, le Toxorhynchites, hanno delle larve che si cannibalizzano tra di loro.

Sylvia lo sa bene, l’amore spesso porta pene: familiare, romantico, materno. Gli innamorati sono letali! Ti mettono da parte, fuggono via da te più veloci dell’argento vivo!