L’Iliade ci introduce in medias res. Omero salta i preamboli e catapulta il lettore nel decimo anno del conflitto. Aprire l’Iliade è come ricevere in pieno volto lo schiaffo delle tempeste e delle battaglie. Troviamo i Greci in assemblea, intenti a dibattere, ma nessuno ci ha informati delle ragioni del contendere. Omero, in letteratura, è come un acheo in guerra: va dritto all’obiettivo.
Al centro del poema ci sono Achille, la sua collera e i mali che ne sono derivati. Ce lo dice l’invocazione, fin dal primo verso.
Canta, o dea, l’ira di Achille figlio di Peleo,
rovinosa, che mali infiniti provocò agli Achei
e molte anime forti di eroi sprofondò nell’Ade,
e i loro corpi fece preda dei cani
e di tutti gli uccelli.
(Iliade, I, 1-5)
Per conoscere le cause della guerra, bisognerà aspettare qualche canto, o documentarsi altrove. Non c’è dubbio che i Greci dell’Ottavo secolo, quando sentivano l’aedo intonare il poema, sapessero tutto delle discordie scoppiate quattro secoli prima tra Troiani e Achei.
Ma noi lettori di oggi cosa ne sappiamo? Sono passati tremila anni e per noi l’antagonismo tra gli uomini di Priamo e i sudditi di Agamennone non è familiare. Più avanti nel poema, en passant, Achille dirà:
Perché gli Argivi debbono battersi
contro i Troiani? Perché l’Atride ha raccolto un esercito
e l’ha portato fin qui? Non l’ha fatto per Elena dalla bella chioma?
(Iliade, IX, 337-339)
Fornita questa breve spiegazione, l’eroe si ritira nella propria tenda, lasciando i compagni a morire sotto gli assalti troiani. È tutto ciò che Omero ci svela sulle origini del conflitto.
Ma, per comprendere le ragioni della guerra, dobbiamo andare indietro nel tempo. Scopriamo così che i responsabili sono gli dei.
La dea Teti, obbedendo alla volontà di Zeus, sposa un mortale, Peleo, sul monte Pelio. Eris, dea della discordia, non invitata al matrimonio, si presenta al banchetto per creare scompiglio. Fa in modo di indire una «gara di bellezza» tra le divinità femminili e Zeus designa come giudice il più bello tra i mortali, il giovane pastore Paride. Tra Atena, dea della guerra, Era, sovrana dell’Olimpo, e Afrodite, dea dell’amore, la scelta del ragazzo, come quella della maggior parte degli uomini, cade su quest’ultima. La sua ricompensa è Elena, la più bella tra le mortali, promessa a Menelao, re di Sparta e fratello di Agamennone, che la dea stessa aiuterà a rapire. La guerra è dichiarata.
Per gli antichi Greci la bellezza del corpo è il «sublime dono» baudelairiano, manifestazione della superiorità, espressione dell’intelligenza. Ma la bellezza può anche essere fatale e quella di Elena, figlia di Zeus e Leda, è avvelenata. Gli Achei non possono tollerare che la donna di uno dei loro re sia rapita da un troiano. Elena diventa la scintilla che innescherà la guerra.
Questi riferimenti provengono da fonti greche e latine posteriori al poema omerico.