Il canto del ritorno

La costruzione dell’Odissea non è lineare né cronologica.

Il poema racconta sostanzialmente tre eventi: la partenza di Telemaco alla ricerca del padre; le avventure di Ulisse nel viaggio verso Itaca dopo la guerra di Troia; il suo arrivo e la lotta per cacciare gli usurpatori.

È il canto del ritorno a casa, quello in cui si rimette a posto il destino. L’ordine del cosmo è stato turbato dagli scempi perpetrati dall’uomo a Troia: è giunto il momento di ripristinare l’armonia. «Torneranno, gli dei che sempre vai piangendo! Presto il tempo ricondurrà l’ordine antico» scrive Gérard de Nerval in Delfica. Tornare in patria e restaurare l’equilibrio cosmico ristabilendo quello privato: è questo l’obiettivo dell’Odissea. In altri termini, «ricivilizzare» il mondo.

L’Odissea è anche il poema della remissione delle colpe, scritto secoli prima del Vangelo del perdono. Ulisse ha sbagliato e pagherà per gli eccessi degli uomini. Per Omero il viaggio rappresenta il riscatto. Gli dei sono sempre in agguato e disseminano di prove il cammino dell’eroe, in qualche caso andranno anche in suo soccorso. In questo risiede l’ambiguità degli dei antichi: sono al tempo stesso giudici e parte in causa; pongono le insidie e offrono il sostegno per superarle.

Il tema centrale dell’Iliade era la maledizione degli uomini, spesso impietosamente raffigurati in tutta la loro bassezza morale. L’Odissea è una sorta di «liturgia delle ore» di un uomo che sfugge alla follia collettiva e cerca di riconciliarsi con la propria condizione di mortale, libero e degno.

Ultimo asse portante dell’Odissea: la costanza. Il pericolo principale consiste nel dimenticare il proprio obiettivo, nel disamorarsi di sé e abbandonare lo scopo della propria vita.

Rinnegare se stessi è l’oltraggio supremo.