Gli uomini non vogliono la guerra

All’inizio dell’Iliade gli uomini non vogliono la guerra. Dopo nove anni, gli Achei arrivati dal mare desiderano tornare a casa.

Nulla è più carico di nostalgia delle notti di un soldato, lo sapeva bene Napoleone, il quale affermava: «Vinco le mie battaglie anche con i sogni che i miei soldati fanno quando dormono».

Persino Agamennone, l’Atride, ritiene che la spedizione di Troia sia un fallimento e che bisognerebbe pensare al ritorno.

Fin dai primi versi dell’Iliade emerge il desiderio del re acheo di ritrovare la patria.

Nove anni del grande Zeus sono trascorsi,

s’è imputridito il legno delle navi, si sono allentate le funi;

certo le nostre spose ed i figli ancor piccoli

se ne stanno in casa ad aspettare; e tuttora incompiuta

per noi è l’impresa, per la quale qui siamo venuti.

Ma su, come propongo, persuadiamoci tutti:

fuggiamo con le navi alla nostra terra nativa;

mai più conquisteremo infatti Troia dalle ampie strade.

(Iliade, II, 134-141)

Eppure, nonostante le speranze di pacificazione, presto il sangue scorrerà e le urla copriranno il clangore delle armi.

Ma in questi primi canti gli uomini, meno spregiudicati degli dei, cercano ancora di evitare il massacro. Si tenta la via diplomatica.

I virtuosismi dei burocrati non sono forse i più deboli segni precursori della guerra? Più gli ambasciatori moltiplicano le cortigianerie, più la tragedia si avvicina.

Ettore esorta il fratello Paride a battersi in duello contro Menelao. Il vincitore si aggiudicherebbe Elena e i due eserciti potrebbero ritirarsi. Più avanti cercherà ancora di trasformare la guerra ineluttabile in uno scontro tra due soli combattenti. Sa che:

i patti non ha mandato ad effetto l’eccelso Cronide,

ma tramando sciagure fissa la meta ad entrambi,

per quando o voi prenderete Troia cinta di torri

o restiate sconfitti voi stessi alle navi che solcano il mare.

(Iliade, VII, 69-72)

Per evitare tutto ciò, propone che un greco lo affronti.

Questa soluzione pacifista è un sogno antichissimo per gli uomini: tramutare la guerra su larga scala in un duello tra capi, che assorbirebbe il gigantismo del conflitto. Ognuno dei due sfidanti rappresenterebbe milioni di anime del suo popolo. Sarebbe uno scontro tra titani investiti di un potere rappresentativo.

In fondo è il principio del Putsch contemporaneo: si eliminano i principi o i presidenti nel palazzo, si arresta qualche traditore, e al popolo viene garantita una certa stabilità.

Quanto sangue si sarebbe risparmiato se Alessandro I e Napoleone si fossero battuti «a singolar tenzone» all’alba davanti a qualche testimone? Se il Kaiser e Clemenceau si fossero sfidati allo Champ de Mars?

Per gli Achei, tuttavia, la soluzione del duello tra Menelao e Paride, che porrebbe fine alla rivalità per Elena, è una pia illusione, un sogno, una dolce fantasia. Gli dei sono in agguato, avidi di sangue umano.