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Isa fissò Marc incredula. Davvero le aveva appena fatto quella domanda? Come se fossero dei bambini che si minacciavano a vicenda e fosse ora il suo turno di replicargli? Peccato per lui che avesse rinunciato a certi giochi infantili la notte in cui si era fatta quaranta isolati a piedi sotto una pioggia gelida mista a nevischio senza nemmeno un cappotto a ripararla dalle intemperie.

Quella notte stessa aveva voltato pagina, costruendosi una vita nuova e migliore con un nome che nessuno nel settore avrebbe potuto associare a suo padre. Non gli avrebbe permesso di rovinare tutto.

«Non ho tempo per queste assurde schermaglie» gli disse con tono seccato. «E anche se mi piacerebbe dire che è stato bello rivederti, sappiamo entrambi che mentirei. Dunque...» aggiunse, rivolgendogli un beffardo cenno di saluto, «... ti auguro tutto il meglio dalla vita.»

Girando i tacchi, Isa tornò ad avviarsi per il corridoio deserto. Stavolta non fece più di due passi prima che lui le richiudesse la mano attorno al polso e glielo tirasse per fermarla.

«Non penserai sul serio che sia tutto così semplice, vero?»

Le sue dita forti le si sfregarono contro la pelle delicata dell'interno del polso. Fu una carezza familiare, una carezza che le aveva fatto talmente tante volte nei mesi in cui erano stati insieme che le era parso di sentirla ancora per parecchio tempo, anche dopo che si erano separati. Perfino adesso, con tutto quello che era successo fra loro e considerato il potere che lui aveva di rovinarle l'esistenza, il cuore infido e traditore le batteva all'impazzata a quel lieve contatto.

Infuriata con se stessa per essere così debole, e con lui per essere l'affascinante fusto che era, Isa ritrasse il braccio con una foga eccessiva rispetto a quella richiesta per liberarsi dalla presa di Marc. Così finì per barcollare all'indietro per un paio di passi prima di ritrovare l'equilibrio, cosa che la contrariò ulteriormente.

Perché mai doveva sempre fare la figura dell'idiota davanti a quell'uomo?

Infondendo al suo tono tutta la freddezza e il distacco di cui era capace, si obbligò a incontrare il suo sguardo.

«Non so di cosa stai parlando.»

Quei magnifici occhi la irrisero. «Vedo che sei sempre un'ottima bugiarda.» Lui allungò un braccio e le passò la mano sulla treccia. «Fa piacere constatare che certe cose non sono cambiate.»

«Io non ti ho mai mentito.»

«Ma non mi hai neanche detto la verità. Perfino quando farlo avrebbe risparmiato a me e alla mia società un sacco di tempo, denaro e imbarazzo.»

Un antico senso di colpa la pervase a quelle parole. Isa cercò di scacciarlo, tuttavia, essendo abituata a conviverci, non si fece troppe illusioni di riuscirci. In ogni caso, si rifiutava di assumersi tutta la colpa dell'accaduto. Non dopo che l'uomo tenero e sensibile che conosceva era sparito di punto in bianco. «Sì. Comunque mi pare che alla fine tu sia caduto in piedi.»

«Come te.» Marc guardò ostentatamente in direzione dell'aula da cui era appena uscita. «Professoressa al GIA e fra i maggiori esperti mondiali di diamanti. Devo ammettere che, quando sei scomparsa dalla circolazione, ho pensato che avessi deciso di seguire le orme di tuo padre.»

Isa inspirò a fondo, inorridita di scoprire che le sue parole avevano ancora il potere di ferirla anche dopo tutto quel tempo. «Non sono una ladra.» Avrebbe voluto suonare sprezzante, invece la voce le si incrinò a metà della frase.

Marc si fece serio e per un attimo, solo per un attimo, lei pensò che potesse allungare la mano per sfiorarla com'era solito fare con quella tenerezza infinita che la faceva sentire adorata. Ogni singola terminazione nervosa del suo corpo sembrò risvegliarsi al solo pensiero e, nonostante le parole offensive che le aveva appena rivolto e tutto ciò che era accaduto fra loro, si sentì sciogliere. Non per nulla, dovette irrigidire le ginocchia per impedirsi di gettarsi fra le sue braccia come aveva fatto tante volte in passato.

Poi però lui si schiarì la gola, spezzando l'incantesimo del momento. Tutti i brutti ricordi la assalirono, travolgendo e schiacciando in un batter di ciglia ciò che di buono le aveva lasciato la loro relazione.

Delle lacrime le si affacciarono negli occhi, ma si rifiutò di darvi sfogo. Si rifiutò di dimostrarsi debole davanti a lui. Anche perché, per lui, aveva già versato tutte le lacrime che aveva. La loro storia apparteneva al passato ed era là che intendeva lasciarla.

Arretrò, e stavolta lui non la marcò stretta. Si limitò a osservarla con un sogghigno stampato in faccia. Isa immaginò che questo significasse che lasciava a lei la prossima mossa. Be', non si sarebbe fatta pregare.

Tirando un profondo respiro, lo fissò dritto negli occhi e fece l'unica cosa che poteva fare a quel punto. Gli disse la verità. «Senti, so che vuoi ciò che ti è dovuto e ne hai tutto il diritto. Quindi, mi spiace. Mi spiace tanto per quello che ti ha fatto passare mio padre. Adesso, però, lui se n'è andato e non c'è niente che io possa fare per aggiustare le cose. Puoi accettare le mie scuse, in modo da metterci una pietra sopra e andare avanti? Tu insegnerai alla tua classe, io alla mia. E il passato rimarrà dov'è.»

Lui non si mosse, non batté ciglio, ma Isa avrebbe potuto giurare che non aveva apprezzato le sue parole. Attese quindi nervosamente che le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, quando però i secondi trascorsero senza che succedesse nulla, si fece sempre più inquieta. Essere scrutata da Marc Durand era come essere scrutata da un predatore famelico a cui denti e artigli, oltre che rapidità e intelligenza, davano un vantaggio su ogni altra specie che popolava la savana. O la spiaggia, si corresse mestamente, guardando l'oceano attraverso i finestroni in fondo al corridoio.

Sotto l'esame di Marc, Isa si spostò, conscia in modo imbarazzante che l'ultima volta che lui aveva passato tanto tempo a guardarla, lei era nuda e impegnata a implorarlo di fare l'amore con lei. E sebbene andare a letto con lui fosse la cosa più lontana che avesse per la mente attualmente, il suo infido corpo ricordava ancora il piacere che era stato capace di infonderle. Piacere di cui non aveva mai conosciuto eguale né prima, né dopo di allora.

I capezzoli le si inturgidirono al pensiero e le guance le si infiammarono per l'umiliazione. Lui la odiava, era disgustato dal solo vederla.

Isa aveva passato sei anni cercando di dimenticarlo. Eppure non poteva impedirsi di ritornare con la mente a ciò che aveva provato fra le sue braccia. Marc era un amante incredibile, appassionato, generoso... e i mesi che aveva trascorso con lui erano stati i migliori della sua vita.

Tuttavia ciò che era seguito era stato doloroso, si rammentò amaramente. E doveva tenerlo ben presente. Perché, benché il suo corpo fosse ancora in sintonia con Marc e lo desiderasse, questo non significava che il resto di lei condividesse quell'inclinazione. In fin dei conti, proprio la chimica li aveva portati dov'erano, no?

Marc non aveva ancora detto niente e il silenzio si fece sempre più opprimente. Almeno per lei.

Isa tirò indietro le spalle, si schiarì la gola e disse: «Sono veramente in ritardo. Devo andare».

Odiava che suonasse un po' come se gli stesse chiedendo il permesso di accomiatarsi, eppure non era certa di potersi allontanare senza che lui la assecondasse.

«C'è un cocktail party stasera» dichiarò inaspettatamente lui. «Nella galleria delle gemme.»

Seppur sorpresa dal bizzarro cambiamento di discorso, lei annuì. «Sì. È il raduno primaverile di facoltà.»

«Andiamoci insieme.»

Isa scosse il capo, certa di aver capito male. Marc non poteva averle chiesto di partecipare al cocktail party di facoltà al suo fianco. Perché mai avrebbe dovuto farlo? A meno che non avesse in programma di umiliarla di fronte a tutti i colleghi.

Il Marc che conosceva, quello di cui era stata perdutamente innamorata, non avrebbe mai fatto niente del genere. Ma non lo vedeva da sei lunghi anni e questo Marc arrabbiato e intransigente le pareva capace di qualsiasi cosa. Non voleva averci a che fare, indipendentemente da ciò che le diceva il suo corpo.

«Non posso.»

«Perché no?»

«Ho già un altro appuntamento.» Le parole le uscirono di bocca prima ancora che se ne rendesse conto. E, anche se non erano una bugia, non erano nemmeno la verità. Lei e Gideon, un altro professore, avevano progettato da settimane di andarci assieme. Erano amici e Isa sapeva che Gideon non se la sarebbe presa se avesse annullato l'appuntamento.

Tuttavia se la sarebbe presa lei. Già la metteva in difficoltà questa conversazione che durava ormai da una quindicina di minuti. Non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe accaduto a lei e alla nuova identità che tanta fatica le era costata se avesse passato un'intera serata in sua compagnia. Se avesse ceduto all'attrazione ancora viva fra loro. Inoltre, poteva anche essere abbastanza folle da essere ancora attratta da lui, ma i giorni in cui gli aveva fatto da capro espiatorio erano finiti da un pezzo. Non era più così masochista.

«Chi sarebbe lui?» Le parole gli uscirono attraverso i denti serrati.

«Gideon. Non lo conosci. Forse lo vedrai là.»

Lei abbozzò un sorriso non proprio spontaneo. Gli fece perfino un cenno di saluto con la mano prima di avviarsi lungo il corridoio per la terza volta negli ultimi venti minuti. Stavolta lui la lasciò andare.

Quando aprì la porta e uscì nella tersa luce solare di inizio primavera, si era quasi convinta di esserne contenta.

«Che brutta cera. Cos'è, ti è morto il gatto?» gli domandò Nic.

Marc alzò lo sguardo dal computer con espressione truce. Secondo il suo abituale modus operandi, il fratello minore gli era piombato nello studio della nuova sede californiana della Bijoux senza nemmeno preannunciarsi o bussare. Normalmente a Marc la cosa non importava, adesso, però, a poche ore di distanza dalla conversazione con Isa, avere a che fare con Nic era l'ultima cosa che desiderava. Anche perché suo fratello era insolitamente perspicace, oltre che in possesso di un'ironia maliziosa. Era una combinazione pericolosa, che implicava che Marc stesse in campana se voleva avere qualche speranza di stargli sempre un passo avanti. E oggi proprio non aveva voglia di provarci.

«Non so di cosa stai parlando.»

«Oh, sì. Guardati un po' in faccia.»

«Mi è impossibile, visto che non ci sono specchi qui dentro.»

«Accidenti, perché proprio a me doveva capitare un fratello assolutamente privo di immaginazione?» buttò lì Nic, alzando gli occhi al cielo come se si aspettasse dall'alto una risposta alla sua domanda. Francamente, Marc pensava che avrebbe avuto maggiori probabilità di trovare la risposta scritta sul soffitto che di riceverne una per intervento divino, tuttavia tenne per sé la considerazione. Non intendeva fornire ulteriori cartucce al caratterino polemico del fratello.

In ogni caso, Marc rispose alla domanda.

«Perché potessi sembrare tu il fratello spiritoso e simpatico.»

«Ehi, la mia era una domanda retorica. E poi io non sembro, sono il fratello spiritoso e simpatico» precisò Nic sbuffando. «Comunque, d'accordo. Non ti puoi vedere in faccia. Io però posso. E lascia che ti dica che sembri proprio uno a cui...»

«È appena morto il gatto.»

«Esattamente. Dunque, cosa c'è? Altri problemi con De Beers?»

«Non più del solito.»

«La nuova miniera?»

«Nossignore. Sono appena stato ragguagliato da Heath che tutto procede al meglio. Nonostante sia appena stata aperta, dovremmo trarne dei considerevoli profitti già entro l'autunno.»

«Visto? Chi ha detto che non si possono fare i soldi con dei diamanti che non siano di dubbia provenienza?»

«Solo degli avidi bastardi senza cuore o coscienza sociale.»

Nic storse il naso. «Di nuovo, era una domanda retorica. In ogni caso, ottima risposta.»

«È per questo che sono ben pagato. Per dare ottime risposte.»

Marc tornò a rivolgere l'attenzione al computer, cercando di concentrarsi sul grafico che aveva sullo schermo. Normalmente, quel genere di pratiche era pane per i suoi denti, oggi, però, controllare i valori di produzione delle varie miniere gli pareva solo una seccatura. Specialmente dato che non riusciva a smettere di pensare a Isa... e all'uomo misterioso che l'avrebbe accompagnata al cocktail party.

Era un amico? Il fidanzato? Un amante? L'ultima possibilità lo indusse a stringere le mani a pugno e a serrare i denti al punto da sentire quasi consumarsi lo smalto per la forza dell'attrito.

«Eccola lì!» disse Nic. «Quella è la faccia di cui stavo parlando.»

«Be', continuo a non poterla vedere.»

«E io continuo a vederla, quindi dimmi a cosa la si deve. Se non stiamo perdendo del denaro e non siamo giunti all'annuale braccio di ferro con De Beers, allora cosa diavolo ti tormenta tanto?»

Marc lo fulminò con un'occhiataccia. «Non c'è proprio nulla che mi tormenti.»

«Be', se non sei tormentato, hai qualcosa che ti rode.» Nic si diresse verso il mobile bar d'angolo, tolse dal frigorifero un paio di lattine di acqua gassata e una la lanciò a Marc.

«Cosa significa questo?»

«Significa che ho intenzione di tampinarti fino a quando non mi dirai cosa c'è che non va, quindi faresti meglio a sputare il rospo. Altrimenti, non potrai tornare a dedicarti a quel grafico che hai davanti al naso.»

«Cosa ti spinge a credere che stia guardando un grafico?»

«Ammettilo. Tu non fai che guardare grafici e rapporti statistici.» Nic si mise comodo su una delle poltrone per gli ospiti e piazzò i piedi sulla scrivania di Marc. «Allora, vuota il sacco.»

Marc fece finta di interessarsi allo schermo del computer, Nic però non colse l'antifona. O, se la colse, la ignorò. Il silenzio si protrasse fra i due fratelli, rotto solo dal rumore prodotto da Nic quando deglutiva e da quello dei denti che Marc continuava a digrignare. Finalmente, nella speranza di risparmiarsi una salata parcella dentistica, Marc fece ciò che gli chiedeva il fratello e spiattellò il motivo del suo stato d'animo.

«Oggi mi sono imbattuto in Isa.»

Riportando i piedi con un tonfo sordo sul pavimento, Nic si levò a sedere con la schiena eretta.

«Isa Varin?»

«Isabella Moreno, ai giorni nostri.»

«Si è sposata?» Nic emise un fischio basso e prolungato. «Non mi stupisce di trovarti di pessimo umore.»

«No, non è sposata!» borbottò Marc. «Tuttavia, anche se lo fosse, non è affar mio.»

«Oh, certo che no» commentò ironico Nic. «Hai solo passato gli ultimi sei anni a uscire con ogni rossa che riuscivi a trovare nel ridicolo tentativo di beccare una sostituta. Ma il fatto che sia sposata o meno non ti tocca minimamente.»

«Io non ho mai...» Marc si bloccò subito. Avrebbe voluto dire al fratello che si sbagliava e che non aveva mai fatto nulla del genere. Ripensando, però, alle poche donne con cui era uscito, si rese conto che Nic non aveva poi tutti i torti.

In precedenza non se ne era mai reso conto, però tutte le donne della sua vita erano rosse. Alte e slanciate rosse dal fisico sinuoso e dal sorriso luminoso.

Diamine.

Che avesse inconsciamente cercato di trovare una sosia di Isa in tutti quegli anni? Non lo aveva mai pensato, in ogni caso l'evidenza era dura da ignorare.

«E allora come mai questo cambio di nome se non è sposata?»

Non lo sapeva, ma lo avrebbe scoperto presto. Su questo non aveva dubbi. Comunque, a suo fratello riferì quello che gli aveva detto lei stessa.

«Mi ha detto che voleva ricominciare da capo.»

«C'era da scommetterci.»

A Marc non piacque il tono del fratello.

«Cosa vorresti insinuare?»

«Tu cosa pensi? Le cose non sono esattamente finite bene fra voi. So che, se l'hai sbattuta fuori, è perché sentivi di doverlo fare.»

«Ehi, credi forse che avessi un'alternativa?» Marc spazzò via la domanda con un ampio gesto del braccio prima che Nic potesse rispondere. Da quella notte, erano tornati innumerevoli volte sull'argomento. «Comunque sia, con tutti i quattrini che ho pagato in investigatori privati nel corso degli anni, almeno uno di loro avrebbe dovuto scoprire questo cambio di identità.»

«Non se non lo ha fatto legalmente.»

«Deve averlo fatto legalmente per forza. È assunta sotto questo nuovo nome.»

«Hai per caso scordato chi è suo padre? Con il genere di contatti che ha, potrebbe comperarsi un'identità nuova di zecca senza alcuna fatica.»

«Isa non lo farebbe mai.» Tuttavia, nel momento stesso in cui pronunciava quelle parole, Marc esitò. Ciò che sosteneva suo fratello aveva senso. Dopotutto, lei in precedenza aveva mentito. Rubato. Come poteva la figlia di un ladro di gioielli di fama mondiale, una donna che era stata ladra lei stessa, essere finita a insegnare nella sede mondiale del Gemological Institute of America, pur essendo una delle migliori nel suo campo? Non si doveva dimenticare che dove lavorava aveva accesso ad alcune delle gemme più preziose al mondo.

E, anche se non fosse stata una ladra, la pessima reputazione del padre avrebbe dovuto essere sufficiente a tenerle sbarrate le porte del GIA. A meno che non avesse fatto esattamente quello che presumeva suo fratello. Perché, se avesse cambiato nome legalmente, non c'era dubbio che i detective assunti da Marc anni addietro l'avrebbero scoperto.

«Be', come se la cava la nostra Isa?» si informò Nic, spezzando il corso delle riflessioni di Marc. «Sta bene?»

«Sì, benone.» In effetti, oltre che in splendida forma, gli era sembrata sprizzare felicità. Almeno fino a quando non lo aveva visto. Poi la luce nei suoi occhi si era spenta di colpo.

«Mi fa piacere. Nonostante l'incidente con suo padre... e a dispetto di ciò che è accaduto fra voi, mi è sempre piaciuta.»

Pure a lui. Gli era piaciuta al punto che Marc l'aveva chiesta in sposa nonostante prima di incontrarla fosse stato più che determinato a non sposarsi mai. I suoi genitori avevano costituito al riguardo un gran bell'esempio per lui e Nic...

«Dunque, l'hai invitata fuori?»

«Se l'ho invi...? Mi stai prendendo in giro? Non sei tu quello che mi ha appena rammentato come sono finite le cose fra noi?»

«Se non l'hai invitata, sei stato un somaro. Comunque Isa ha un gran cuore. Scommetto che ti perdonerà...»

«Non sono io quello che deve essere perdonato in questa faccenda. Quella donna ha rischiato di rovinare tutti i nostri progetti per la Bijoux

«Suo padre ha rischiato di rovinare tutti i nostri progetti, non lei.»

«Lei sapeva quasi tutto.»

«Sì, ma che cosa avrebbe dovuto dire? A proposito, tesoro, sai quel furto di diamanti che ti angustia tanto? Quello che potrebbe mandare in bancarotta la tua società? Be', credo che ci sia sotto mio padre

«Sarebbe stato carino da parte sua. Almeno non avrei dovuto sentirmelo dire dal capo della nostra security.»

«E dalle un minimo di fiducia. Aveva ventuno anni e probabilmente aveva una gran paura.»

Marc lo guardò, corrugando la fronte. «Improvvisamente, sei molto comprensivo. Se non ricordo male, quando tutto stava per andare a rotoli avevi chiesto la sua testa.»

«La testa di suo padre» lo corresse Nic. «L'avrei spedito sulla sedia elettrica per quello che aveva fatto, ma sei stato tu quello che si è rifiutato di sporgere denuncia. E che ha fatto di tutto per tirarlo fuori dai guai. Diamine, devi ancora finire di sdebitarti per certi favori chiesti in quello sventurato frangente.»

Nic aveva ragione. Era così, Marc aveva chiesto favori a destra e a manca, e alcuni erano stati imbarazzanti. Più di una volta, si era domandato cosa gli fosse saltato in mente. Perché si fosse dato tanta pena per evitare che il padre di Isa finisse in gattabuia dopo ciò che gli aveva combinato. Forse perché si era immaginato il volto pallido e terrorizzato di Isa e aveva sentito di non avere altra scelta.

Alzatosi in piedi, Marc andò verso una delle due finestre panoramiche che costituivano le pareti esterne del suo ufficio.

Attraverso la vetrata era possibile godere di una magnifica vista del Pacifico che veniva a infrangersi contro la linea costiera rocciosa. Lo studiò per dei lunghi istanti, lasciando che il ritmo delle onde calmasse in parte l'irritazione e la confusione di cui era preda. Spostare la sede della Bijoux a San Diego sei mesi prima era stata una delle sue mosse più azzeccate. L'aveva fatto per essere vicino alla sede mondiale del GIA, e l'accesso all'oceano era un piacevolissimo valore aggiunto.

«Era un uomo vecchio e malato. È morto prima ancora che l'anno volgesse al termine. Non c'era bisogno che passasse al fresco gli ultimi due mesi della sua vita.»

«Lo hai fatto per Isa e perché sotto quella tua scorza da duro si nasconde un cuore tenero...»

«Scorza? Parli come se avessi novant'anni!»

«L'hai detto tu, non io.» Il suo smartphone emise un avviso acustico e Nic balzò in piedi. «Devo scappare. C'è una riunione dell'ufficio marketing che inizia tra cinque minuti a cui voglio presenziare.»

«Procede tutto per il verso giusto con la nuova campagna?» si informò Marc. Era CEO della Bijoux e come tale gestiva ogni cosa, dai contratti statali fino a miniere, dipendenti e distribuzione. Ma il genio creativo della famiglia era suo fratello. Ed era Nic che si occupava di marketing, pubbliche relazioni e vendite. Tutto quello che aveva a che fare con l'immagine pubblica della Bijoux. E lo faceva in modo brillante, cosa che Marc apprezzava perché gli dava tempo per concentrarsi su ciò che preferiva, ovvero trasformare la società di famiglia in una società leader e rispettosa dell'ambiente nel settore dei diamanti.

«Sta andando alla grande» affermò Nic, sicuro del fatto suo. «È solo che preferisco essere presente a tutte le riunioni per sentire le varie idee e vedere come va. Insomma, voglio sempre avere il polso della situazione.»

«E poi dicono che sono io il maniaco del controllo in famiglia.»

«Perché lo sei. Io sono semplicemente coscienzioso.» Nic accartocciò la sua lattina di acqua minerale vuota e la lanciò nel cestino della carta. «Canestro!»

Marc si morsicò la lingua per non sottolineare che non c'era nessun canestro. Meglio evitare un'ulteriore ramanzina sul fatto di non essere il fratello spiritoso bensì quello pragmatico.

Nic si avviò verso l'uscita, quindi si fermò sulla porta e si voltò.

«Seriamente, fratello. Il destino ti ha concesso un'altra chance con Isa. Non fartela sfuggire.»

«Io non credo nel destino. E non voglio un'altra chance con lei.»

«Sicuro di questo?»

«Sicurissimo.» Dopo tutto quello che era successo fra loro? L'ultima cosa che voleva era dare a Isa un'altra opportunità di incasinargli il lavoro... o il cuore.

Voleva tornare a letto con lei? Diavolo, eccome. Quale uomo non avrebbe voluto farlo? Era bellissima, oltre che tremendamente sexy.

Era con Isa che aveva fatto il miglior sesso della sua vita.

Certo, lei era sempre stata più il tipo con cui si faceva l'amore, piuttosto che sesso. Quando erano insieme, gli era sempre piaciuto questo di lei. Adesso, tuttavia, non la sentiva altrimenti che una sorta di spina nel fianco... per non citare altre parti, e cruciali, della sua anatomia. No, non era più questione di tenerezza.

«Be', allora, scordatela» gli suggerì con estrema praticità Nic. «Il passato è passato. Entrambi avete proseguito per le vostre strade. Continuate così.»

«È quello che intendo fare.»

Eppure, Marc non poteva non pensare a Isa... e al suo accompagnatore al party in programma quella sera.

Gideon. Il solo nome gli faceva arrotare i denti. E, in ogni caso, che razza di nome era Gideon? Chi diamine era? E cosa cavolo voleva da Isa?

L'immagine di lei in piedi davanti alla sua classe gli tornò in mente. Gli occhi che le brillavano per l'entusiasmo con cui trattava l'argomento della lezione, la pelle arrossata e radiosa. I lunghi capelli rossi stretti in quella ridicola treccia, il suo splendido corpo coperto, eppure messo in risalto, dai pantaloni fascianti e da un dolcevita attillato.

Quando l'aveva conosciuta, era calda e piena di passione. Per la vita, per i diamanti, per lui. Adesso era una incredibile contraddizione che la rendeva una donna ancora più intrigante. Una donna che non poteva impedirsi di volere nonostante la rabbia che provava ancora per il suo tradimento.

No, Isa non era stata ansiosa di riallacciare il loro rapporto quel pomeriggio. Ma aveva visto il modo in cui lo guardava, il modo in cui si protendeva verso di lui quando la toccava. Forse riportarla a letto non sarebbe stato poi così complicato. Il pensiero gli strappò un sorriso. Perché, una volta che ci fosse riuscito, l'avrebbe fatta sua ripetutamente, fino a stancarsene.

Così facendo, se la sarebbe levata dalla testa una volta per tutte e, finalmente, avrebbe potuto mettersi alle spalle sia lei che tutta la loro storia.