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Eccolo. Marc. Sebbene ancora non ci si fosse imbattuta, Isa aveva sentito il suo sguardo su di sé dal momento in cui lei e Gideon avevano varcato la porta del locale in cui si teneva il party di facoltà. Era sempre stato così. Non riusciva a non avvertire la presenza di Marc ogniqualvolta era nelle vicinanze.

«Posso offrirti un drink?» le chiese Gideon, portando la propria bocca a pochi centimetri dal suo orecchio. Isa sapeva che lo faceva perché era difficile farsi sentire al di sopra della musica e del chiacchiericcio che risuonavano nel salone, tuttavia, percependo il calore del suo alito sulla guancia e sul collo, si innervosì comunque. E si sentì vagamente a disagio.

Il che era sciocco. Gideon era suo amico e, di tanto in tanto, andavano insieme al cinema o a qualche festa. Era così da quando si erano conosciuti tre anni prima e mai e poi mai lui aveva mostrato qualche segno che volesse di più. Erano colleghi, confidenti e rappresentavano l'uno per l'altra il classico porto sicuro in caso di tempesta. Dunque, perché si sentiva improvvisamente così impacciata al suo fianco?

Un brivido le corse lungo la schiena, e con quello giunse la risposta alla sua domanda. Perché Marc era lì, a osservarla, e sapeva che non gli piaceva il fatto che Gideon le stesse così appiccicato, con il viso a un soffio dal suo e la mano appoggiata alla base della sua schiena.

Non appena quella considerazione le passò per la testa, si affrettò a scacciarla. Lei e Marc avevano chiuso da più di sei anni. Probabilmente a lui non importava che fosse con Gideon... così come a lei non importava con chi fosse lui. Qualsiasi sensazione provasse era solo un residuo del passato. Allora, Marc era stato estremamente possessivo nei suoi confronti. E la cosa era stata reciproca.

«Isabel?» La voce di Gideon si abbassò di un'ottava mentre una certa preoccupazione gli velava lo sguardo. «Tutto bene? Da quando sono passato a prenderti, mi sembri un po' strana.»

Aveva ragione. Era strana... e non solo da una mezz'ora. Lo era dall'incontro con Marc nel corridoio. E anche in quel momento, saperlo lì la faceva sentire a disagio.

Per farsi perdonare, rivolse un caloroso sorriso a Gideon. «Scusami. Ero solo persa nei miei pensieri. Adesso li metterò da parte, lo prometto.»

«Vacci piano con quel sorriso, ragazza. È un'arma letale» scherzò, prima di tornare a farsi serio. «E, comunque, lo sai, che se hai bisogno di qualcosa puoi contare su di me?»

«Certo. Ma sto bene. Lo giuro.» Si protese verso di lui e gli stampò un fugace bacio sulla guancia. «Però ho sete.»

«Il solito?» le chiese, pilotandola verso un gruppo di colleghi con cui erano entrambi affiatati.

«Sì, il solito.»

Dopo averla lasciata con i loro amici, Gideon si avviò alla volta del bar. Isa cercò di rilassarsi e di partecipare alla conversazione, alla quale solitamente contribuiva fattivamente. Non ci riuscì. Non quando le sembrava che gli occhi di Marc le stessero trapassando la schiena come due raggi laser.

«Com'era il balletto a cui sei stata la settimana scorsa?» le domandò Maribel, una delle altre insegnanti del GIA. «Non mi do ancora pace per essermelo persa.»

«Sì, be', credo che un appuntamento dal ginecologo avesse ampiamente la precedenza su un pomeriggio a teatro» le disse Isa. «Comunque il balletto meritava. La San Diego Ballet Academy ha allestito un signor programma.»

«Oh, la prossima stagione non me la perderò per nulla al mondo. Anche a costo di dover prendere una babysitter» affermò Maribel, accarezzandosi con cautela la pancia visibilmente arrotondata.

«Come sta il bambino? E tu come ti senti?»

«Il bimbo sta a meraviglia, io invece mi sento un pachiderma. Non posso credere di avere davanti a me altri due mesi di tutto questo.»

«Con un po' di fortuna, passeranno senza quasi che te ne accorga» intervenne suo marito Michael, massaggiandole gentilmente la schiena.

Maribel sbuffò. «Davvero? Lo sai per esperienza diretta, perché ti porti in giro un pallone gonfiabile nel ventre?»

Tutti scoppiarono a ridere, anche Michael, e Isa finalmente sentì allentarsi la tensione. Marc era lì ma non c'era motivo per cui dovessero andare oltre un educato scambio di saluti. Ammesso che avessero occasione di incrociarsi.

Gideon tornò con il suo drink, un bicchiere di Pinot Grigio, ma prima che lei potesse anche solo ringraziarlo, sentì la voce del preside di facoltà giungere alle sue spalle. «Buonasera a tutti. Vorrei cogliere l'occasione per presentarvi il nostro nuovo docente.»

L'uomo non aveva ancora pronunciato il nome di Marc che già Isa si sentì rimescolare lo stomaco. Perché chi altri avrebbe potuto essere scortato personalmente dal preside in giro per il cocktail party se non il CEO del secondo gruppo mondiale nel commercio dei diamanti?

I suoi amici e colleghi accolsero cordialmente Marc. Non che ci si potesse aspettare altrimenti. Erano un gruppo di persone fantastiche, ben disposte e dotate di una giusta dose di curiosità. Naturale che fossero interessate a qualsiasi nuovo docente, specie se del prestigio di Marc.

Come prevedibile, lui si inserì a meraviglia. Ricordò subito i nomi di tutti senza farseli ripetere. Raccontò una storiella con una battuta finale che fece sbellicare i presenti. Pose le domande appropriate che diedero l'opportunità a ciascuno di mettersi in qualche modo in evidenza.

In altre parole, Marc si calò nel ruolo di uomo di mondo. Un ruolo in cui si era calato ogni volta che erano andati a una festa. Quello stesso ruolo che Isa non era mai riuscita a far suo, per quanto ci avesse provato. Quando erano insieme, avrebbe voluto essere la fidanzata di cui potesse andar fiero. Così si era sforzata di essere loquace e sicura di sé nelle varie situazioni in cui l'aveva coinvolta Marc. Purtroppo per lei, era timida.

Amava parlare agli studenti, adorava conversare con gli amici. Tuttavia chiacchierare del più e del meno con degli estranei? Spremersi le meningi per trovare qualcosa da dire che potesse catalizzare l'attenzione di chi le stava attorno e, in particolare, delle persone che le presentava Marc? Quelle situazioni l'avevano messa terribilmente a disagio al punto che ore prima di affrontarle si era trovata spesso a soffrire di attacchi di ansia.

Naturalmente, non l'aveva mai confessato a Marc. Non voleva che si vergognasse di lei o che le trovasse dei difetti. L'aveva amato talmente e aveva così disperatamente desiderato diventare la signora Durand che avrebbe fatto qualsiasi cosa lui avesse voluto. E, in effetti, aveva fatto qualsiasi cosa... tranne tradire suo padre. E quell'unica decisione, quell'unica presa di posizione, le era costata tutto.

Mescolata al vino e al nervosismo, la rabbia le ribollì nello stomaco, fino a quando non avvertì un vago senso di nausea. Gideon si accorse subito che qualcosa non andava. Le cinse la vita con un braccio e la attirò a sé.

«Tutto okay?» le domandò sottovoce, le labbra premute contro l'orecchio in modo che nessuno sentisse. Dato che era una delle poche persone di cui si fidava abbastanza da renderla partecipe dell'ansia che la prendeva nelle occasioni mondane, Gideon insisteva per essere al suo fianco alle feste in genere e si assicurava sempre di lasciarla in buone mani prima di andare a prendere i loro drink.

«Ho bisogno di un po' di aria» sussurrò di rimando lei.

«La terrazza è aperta. Ti ci accompagno.»

«No, va tutto bene.» Gideon era molto coinvolto nella discussione sul balletto di San Diego e non sarebbe stato giusto trascinarlo via. «Resta pure. Torno fra un paio di minuti.»

Lui inarcò un sopracciglio. «Sicura?»

«Sicura.» Si protese quanto bastava per dargli un rapido abbraccio. Poi si scusò con gli altri, dicendo che doveva recarsi alla toilette.

In realtà, puntò decisa verso la porta a doppio battente in fondo alla sala che dava sulla terrazza affacciata sull'oceano. Fuori tirava una brezza fresca. Proprio ciò che le ci voleva per schiarirsi la mente. E per dimenticare Marc e il doloroso passato che non poteva essere cambiato.

Dribblando un ultimo gruppetto di persone, raggiunse la parte più in ombra della terrazza. Quindi, appoggiate le mani sulla balaustra in ferro battuto, chiuse gli occhi, inspirò ed espirò a fondo. Si sentiva già più calma. Più padrona di sé. Si chiedeva solo quanto sarebbe potuta restare dov'era prima che Gideon venisse a cercarla.

Era bellissima. Con un abito semplice e aderente di un viola che si stagliava contro il mare di abiti da cocktail neri, era sexy come la ricordava. Se possibile, la maturità aveva aggiunto luminosità al suo volto e accentuato le curve già notevoli.

Curve che non erano sfuggite a quel pagliaccio di Gideon. Non a caso ogni scusa era buona per sfiorarla o toccarla. Starsene lì in disparte mentre quel bastardo toccava Isa era stata una delle cose più ardue che gli fosse mai capitato di fare. Considerato, poi, che avrebbe tanto voluto stampare un bel pugno sul naso di quel cascamorto.

Solo il fatto che Isa era sembrata apprezzare le attenzioni di Gideon lo aveva trattenuto dall'intervenire, ma questo aveva contribuito a elevare la sua rabbia oltre il livello di guardia.

Marc la osservò farsi strada fra i presenti e infilare la portafinestra che dava sulla terrazza, dove individuò un angolo appartato, solo parzialmente illuminato dalla morbida luce di un faretto.

Quindi la osservò tirare un profondo respiro. Poi un altro e un altro ancora.

I magnifici seni tremarono contro la profonda scollatura dell'abito e Marc si sentì fremere di fronte al desiderio di stringerli fra le mani per poi baciarle e mordicchiarle i capezzoli fino a condurla a un orgasmo travolgente.

Era stata una delle cose che preferiva fare quando era ancora sua.

Mentre se ne stava lì a tenerla d'occhio da lontano, un'immagine gli si formò nella mente. Un'immagine in cui Gideon era inginocchiato di fronte a lei, impegnato a darle piacere nel modo in cui era solito farlo lui. Fu la classica goccia che fece traboccare il vaso perché, nel giro di pochi istanti, si ritrovò accanto a Isa.

«Cosa diamine rappresenta questo Gideon per te?» le domandò a bruciapelo, con voce aspra e gli occhi iniettati di sangue. Sobbalzando, Isa girò su se stessa, portandosi una mano al petto. «Scusa. Non intendevo spaventarti.»

«Che cosa ci fai tu qui?»

«Ti ho seguita.» Le passò le dita sulla gota levigata.

«Perché?»

Marc ignorò la domanda, concentrandosi invece sull'improvvisa accelerazione del ritmo del suo respiro.

Era nervosa, oppure eccitata. O forse entrambe le cose. Avrebbe potuto elettrizzarsi di fronte a quella reazione, e probabilmente lo avrebbe fatto, non fosse stato per il fulmineo dubbio che la risposta di Isa poteva essere stata causata da Gideon e non da lui.

«Che cos'è quel tizio per te?» le chiese di nuovo.

«Gideon?»

Non gli piacque nemmeno un po' il modo in cui pronunciò il nome dell'individuo in questione, con naturalezza e familiarità. Punto nel vivo, si sentì ancor più determinato a portarsela a letto al più presto. «Già. Proprio lui.»

«È il mio accompagnatore. E... ed è mio amico.»

La voce le si incrinò quando lui le fece scivolare la mano dalla guancia sulla mascella, e poi più giù, fino alla base della gola, sentendo distintamente l'accelerazione delle sue pulsazioni. «È tutto?»

Lei si umettò le labbra con la punta della lingua e per poco Marc non si lasciò sfuggire un gemito. Dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non chinarsi e passare la propria lingua dove poco prima era passata quella di Isa.

«È tutto in che senso?» Adesso lei era a corto di fiato, tanto che il petto le si alzava e abbassava spasmodicamente.

La consapevolezza che lo voleva gli trasmise una scarica di adrenalina. Marc fece un passo avanti e la sfiorò con il proprio corpo mentre le richiudeva pollice e indice attorno al collo. Non era una minaccia, né un tentativo di intimidirla. Era semplicemente un gesto che esprimeva la possessività che lo stava travolgendo come un treno in piena corsa che non avrebbe potuto fermare nemmeno volendolo.

E nemmeno voleva fermarlo. Non quando il desiderio di Isa era un fuoco che gli incendiava le vene e che gli offuscava la mente.

Alla fine, si protese fino a quando le sue labbra non furono che a un paio di centimetri da quelle di lei. «Gideon. È solo un amico? O qualcosa di più?»

«Gi... Gideon?»

Gli piaceva la confusione che le riecheggiava nella voce e, soprattutto, gli piaceva che non ricordasse nemmeno di chi stava parlando. «Il tizio che ti ha portata qui.» Marc si protese ulteriormente, sfregandole le labbra contro l'angolo della bocca. «Stai con lui?»

Isa rabbrividì, tremando contro di lui. «No.»

La negazione fu poco più di un sussurro, ma gli bastò. Tanto più che la vide arrossire.

«Ottimo» approvò, un attimo prima di richiudere la bocca sulla sua.