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Non sapeva cosa fare, né dove andare. Non sapeva come comportarsi di fronte al fatto che il cuore le si era spaccato, andando in mille pezzi. Un'altra volta.

Dopo essere scappata dall'ufficio di Marc, con le sue parole al vetriolo che le riecheggiavano ancora nelle orecchie, aveva fatto di corsa il corridoio, era scesa al pianterreno ed era uscita nell'area antistante l'edificio che si affacciava sull'oceano.

E adesso era lì, a fissare la distesa d'acqua e a chiedersi come poteva essere di nuovo al punto di partenza a distanza di sei anni.

Marc se l'era presa con lei. Di nuovo. Il pensiero non faceva che ripresentarsi. A ogni passo che faceva sulla sabbia, a ogni onda che veniva a infrangersi sul bagnasciuga, la consapevolezza che non si fidava di lei la lacerava.

La considerava una ladra. Era convinto che, dopo tutto ciò che era accaduto negli ultimissimi giorni, avesse fatto l'ennesimo voltafaccia, derubandolo.

Come se potesse fargli una cosa del genere.

Camminò, camminò e camminò ancora. E così facendo, si rimproverò per tutti gli sbagli che aveva commesso. Per le speranze che si era permessa di cullare malgrado tutto ciò che le diceva la ragione.

Perché il problema di fondo era uno e uno solo. Vale a dire che, indipendentemente da quanto fosse riuscita a cambiare la sua vita o con quanta generosità gli avesse offerto il suo aiuto, Marc non sarebbe mai riuscito a modificare l'idea di lei che si era fatto sei anni prima. Non sarebbe mai riuscito a guardarla per quello che era veramente.

Era una verità dura da mandar giù, resa ancora più dura dal fatto che non lo aveva mai derubato. Né allora, né adesso.

No, non lo aveva derubato, considerò mentre continuava a passeggiare, tenendo le spalle abbassate contro il vento che soffiava dall'oceano. Eppure sei anni fa aveva pensato di farlo. Non sarebbe stato onesto fingere altrimenti.

E non era stata spinta dalla mancanza di denaro, visto che suo padre ne aveva rubato abbastanza per garantire un futuro anche ai figli dei suoi figli, aveva pensato di farlo perché l'idea la elettrizzava.

La vecchia Isa era una donna assetata di adrenalina che, dopo la morte della madre, era stata cresciuta da un genitore ladro di gioielli. La truffa in genere, ma soprattutto il furto, l'avevano sempre affascinata più di qualsiasi altra cosa. Tranne suo padre... e, in seguito, Marc.

Lo aveva conosciuto a un party dell'alta società cui aveva partecipato per una ricognizione prima di un colpo e aveva preso una terribile sbandata per lui nel momento stesso in cui le aveva offerto una coppa di champagne con un sorriso smagliante, una battuta di spirito e quel suo sopracciglio malandrino inarcato.

Ricordava ancora cosa le aveva detto in quel frangente. Probabilmente se ne sarebbe ricordata fino alla fine dei suoi giorni. Perché, proprio mentre lo viveva, si era resa conto che doveva essere uno di quei momenti che segnano la vita.

Aveva alzato lo sguardo per fissare quei brillanti occhi color zaffiro, e aveva capito subito di volerlo conoscere meglio.

E così aveva piantato in asso gli amici con cui era e aveva abbandonato il piano di rubare l'enorme Poinsettia Ruby, vero motivo per cui era al party. Non voleva essere ipocrita. Le era dispiaciuto rinunciare a quella pietra da trentacinque carati, ma lo aveva fatto.

Okay, le era dispiaciuto più di un poco rinunciarvi. E forse le dispiaceva ancora.

Quella sera, però, aveva voluto Marc più di quella pietra. Più di quanto avesse voluto compiacere suo padre. Più di quanto avesse voluto la vita che aveva. E nei sei mesi in cui erano stati insieme, aveva continuato a volerlo più di qualsiasi altra cosa.

Aveva rinunciato alle vecchie, cattive abitudini di colpo. Naturalmente, le erano mancate. Per la maggior parte della vita, rubare gioielli vistosi le era venuto naturale come respirare. Alla fine, però, aveva voluto ciò che vedeva negli occhi di Marc, ciò che provava fra le sue braccia, più di quanto volesse l'oscuro brivido del proibito che provava ogni volta che metteva a segno un furto.

Suo padre non aveva capito. Per molto tempo, era stato convinto che stesse studiando Marc, per individuarne i punti deboli. Che cercasse di introdursi nel caveau della Bijoux, dov'erano custoditi due dei diamanti più perfetti che si conoscessero. Diamanti che Marc, che aveva dedicato i primi anni della sua carriera professionale a costruire una reputazione eticamente irreprensibile alla sua società, si accingeva a vendere all'asta.

Suo padre aveva dato per scontato che lei stesse usando Marc per arrivare a quei gioielli. Quando si era reso conto che così non era, ma che stava con Marc perché lo amava e voleva trascorrere con lui il resto della sua esistenza da persona onesta, era andato su tutte le furie, accusandola di avergli voltato le spalle.

E lei non era stata capace di rispondergli, perché le era sembrato di non aver voltato le spalle solo al padre, ma anche alla vita che lui le aveva insegnato a volere, ad aspettarsi, ad apprezzare.

Avrebbe dovuto capire fin da subito cosa sarebbe accaduto in seguito.

Per molti versi, suo padre era come un bambino, che si eccitava tanto a predisporre e a mettere a segno il colpo, quanto a rigirarsi fra le mani i gingilli che rubava. E una volta che si fissava su un obiettivo, nemmeno l'apocalisse avrebbe potuto distoglierlo.

Ciò di cui non si era resa conto, ciò che all'epoca era stata troppo ingenua per capire, era che innamorandosi di Marc, era come se avesse additato come target lui e la sua attività. Quando poi aveva confessato al padre che non avrebbe più rubato, che intendeva mettersi sulla retta via e ritagliarsi una vita da persona normale, era come se avesse messo una gigantesca X rossa su Marc.

Così, non appena i diamanti erano stati rubati, e l'attività e la vita di Marc erano state a un passo dall'essere distrutte, lei aveva capito subito chi c'era dietro al misfatto.

Rubava con suo padre da quando aveva nove anni e avrebbe riconosciuto lo stile del genitore con la stessa facilità con cui riconosceva il proprio viso quando si guardava allo specchio.

Ed era lì che aveva commesso il secondo errore. Perché non aveva detto subito a Marc quello che sapeva. Non era andata da lui a spiegargli chi era lei, chi era suo padre e a offrirsi di aiutarlo a riavere le pietre preziose. Era andata invece dal padre, e aveva cercato di convincerlo a restituire le pietre. Naturalmente, lui si era rifiutato. Dal suo punto di vista, era una questione d'onore. Marc Durand gli aveva sottratto qualcosa di prezioso e lui aveva ricambiato il favore.

Eppure, anche dopo quell'incontro, Isa non aveva detto a Marc la verità. Come avrebbe potuto quando facendolo avrebbe non solo mandato in prigione il padre malato ma avrebbe anche indotto Marc a guardarla con disprezzo e disgusto? No, non aveva avuto la forza di rovinare tutti i suoi sogni, anche a costo di rischiare di distruggere quelli di Marc.

Così, si era tenuta dentro tutto quanto per settimane, mentre la vita di Marc si trasformava in un incubo. Perché l'assicurazione si rifiutava di pagare nella convinzione che l'intera faccenda fosse una truffa partorita internamente. Nella convinzione che lui fosse colpevole di frode e che avesse fatto tutto quanto per denaro e per ottenere pubblicità.

Anche se Marc aveva cercato di nasconderle gran parte dei suoi problemi, lei non aveva potuto non accorgersene. E quando la polizia, su richiesta della compagnia di assicurazione, aveva cominciato a indagare sul conto di Marc e Nic, si era resa conto di non poter più tacere.

Aveva così convinto il padre a restituire i gioielli e li aveva riportati nella sede della Bijoux in quello che sarebbe potuto essere definito il furto al contrario più complicato mai messo in atto.

Compagnia di assicurazione, poliziotti, consiglio di amministrazione di Marc: nessuno ci aveva capito nulla. E non lo capivano tuttora, fatta eccezione per Marc, al quale aveva confessato ogni cosa.

E che aveva ricambiato il suo generoso gesto sbattendola fuori dalla sua vita senza degnarla di un ulteriore sguardo.

Isa aveva saputo cosa si sarebbe potuta aspettare prima ancora di vuotare il sacco. Dopotutto, gli mentiva da settimane, mentre lui passava l'inferno. Mentre la società che aveva costruito con tanta fatica stava andando a pezzi. Tuttavia una parte di lei non era preparata a una simile reazione. Come avrebbe potuto esserlo, visto che il suo amore per lui era tale che, a ruoli invertiti, qualunque cosa le potesse fare Marc, mai e poi mai gli avrebbe voltato le spalle?

Invece lui le spalle gliele aveva voltate allora e adesso lo aveva fatto di nuovo, nonostante fosse riuscita a crearsi una nuova vita. Mentre vagava per le strade sei anni prima, Isa si era promessa che sarebbe cambiata. Che sarebbe diventata una persona migliore, una persona che nessuno avrebbe mai più potuto accusare o mettere alla porta brutalmente.

E lo aveva fatto. Aveva smesso di essere la ladra di gioielli che era prima di incontrare Marc e, una volta morto suo padre, aveva tagliato i ponti con tutto ciò che la legava alla vecchia vita: i suoi amici e conoscenti, il suo appartamento, perfino il suo nome. E si era rifatta un'esistenza, in cui sfruttare la sua competenza per favorire la conoscenza, anziché per nuocere al prossimo.

Lo aveva fatto per se stessa, perché era stato importante redimersi dopo tutto ciò che aveva fatto. E, si rese conto mentre percorreva la striscia di spiaggia deserta e osservava il cielo assumere i colori intensi del tramonto, lo aveva fatto anche per Marc.

Sebbene non lo avesse più cercato, c'era una parte di lei che aveva sempre creduto che, se avesse saputo, lui avrebbe accettato la nuova Isa, dimenticando il passato.

Fino a ora, non aveva mai ammesso così esplicitamente quelle sue speranze nascoste e, adesso che lo stava facendo, il dolore che provava era addirittura più lacerante di quello che era convinta di essersi lasciata alle spalle.

Perché Marc non credeva nella nuova donna che era diventata.

Non credeva affatto che fosse cambiata.

La portata del dolore che provava le fece venir voglia di piangere e di urlare.

Perché c'era sempre e solo dolore per lei?

Continuò a camminare a capo chino mentre calava l'oscurità. Si era levata una brezza abbastanza sostenuta che le scompigliava i capelli e la camicia leggera non le forniva certo una adeguata protezione. Il vento le arrivava sulla pelle, insinuandosi nelle ossa.

Tuttavia non smise di camminare e, mentre fissava le onde che venivano a morire sulla spiaggia, non vedeva che Marc.

Lo sguardo accigliato.

La mascella tesa.

I pugni serrati.

Non avrebbe dovuto accettare di lavorare per lui per fargli un favore. Tutto dentro di lei le aveva strillato che era una pessima idea. Invece, aveva accettato. Come avrebbe potuto non farlo quando Marc aveva bisogno di lei? Quando, nonostante com'era finita sei anni prima, lo aveva amato con tutta se stessa?

Quando, anche se odiava ammetterlo, lo amava ancora?

Era proprio perché lo amava alla follia che il dolore era così insopportabile.

Oh, il viaggio che aveva appena intrapreso lungo la strada dei ricordi era amaro, oltre che pieno di errori che non poteva correggere. Tuttavia il dolore che le arrecava non sfiorava nemmeno il dolore che aveva provato vedendo il volto di Marc mentre le chiedeva se lo aveva derubato un'altra volta. Mentre le ordinava, terreo in volto e con lo sguardo spento, di lasciare il suo ufficio. Di abbandonare l'edificio.

Di uscire dalla sua vita.

Al ricordo, il respiro le si fermò in gola e delle lacrime le si affacciarono agli occhi. Si disse che non stava piangendo, che era solo la brezza che le irritava gli occhi, stringendole il petto.

Non era così.

Non era una che piangeva facilmente. Poteva contare sulle dita di una mano le volte che lo aveva fatto, ma adesso non poteva non provare una straziante pena per quello che sarebbe potuto essere e non era stato. Non poteva non piangere.

Non avrebbe saputo dire quanto rimase a fissare l'oceano infinito.

Abbastanza perché si alzasse la marea e le bagnasse le dita dei piedi, le caviglie e parte dei polpacci.

Abbastanza perché le stelle si accendessero, stagliandosi nel manto scuro del cielo notturno.

Abbastanza perché le lacrime le si seccassero sulle gote e il cuore le si aprisse in due mentre la verità la avvolgeva come un mantello. O, meglio, come un fardello che era incapace di sostenere.

Marc non le avrebbe mai creduto. Anche se avesse trovato la prova che il furto dei diamanti non era opera sua, non si sarebbe comunque più fidato di lei. Per quanto avesse fatto, per quanto fosse riuscita a cambiare la sua vita, per quanto si fosse sforzata di non essere più la persona di un tempo, la sostanza non cambiava. Lui avrebbe continuato a vedere solo quello che voleva vedere, a credere solo quello che aveva sempre creduto.

Era una pillola amara da mandare giù, una pillola che spegneva anche l'ultimo barlume di speranza che cullava dentro di sé. Eppure fu anche lo stimolo che le diede la forza per tornare sui suoi passi, verso il parcheggio della Bijoux in cui aveva l'auto.

E se anche pianse per tutta la strada del ritorno a casa, be', non l'avrebbe saputo nessuno, tranne lei.