Rebecca cucì con cura la manica alla luce della finestra. Intanto Eva lavorava al corpetto, in modo da poterlo far provare alla sorella quel giorno stesso.
«Hai avuto notizie da Sarah?» chiese Rebecca senza sollevare lo sguardo dal suo lavoro.
«Le ho scritto solo due giorni fa, non credo che riceverò una risposta a breve.»
«Pensi che ci permetterà di stare da lei? Mi piacerebbe tanto passare qualche giorno a Birmingham.»
«Sì, pensò che accetterà.»
Sarah era la figlia della sorella di sua madre ed era più grande di Eva. Non avevano mai frequentato quel ramo della famiglia perché i parenti del padre non avevano mai approvato il suo matrimonio con la figlia di un mercante. Un mercante molto ricco, stando a quanto dicevano, con cui il consuocero non poteva competere.
Di tanto in tanto, Eva scriveva una lettera a Sarah per non perdere del tutto i contatti. Questo, però, non voleva dire che la donna avrebbe accolto con gioia la richiesta di ospitalità delle cugine.
Se, come sospettava, Sarah avesse rifiutato, avrebbero dovuto spendere tutti i risparmi per una stanza in una locanda o in un albergo e sarebbero potute restare solo una notte, anziché due o tre.
Eva sollevò il corpetto e ammirò la stoffa. Aveva scelto bene. La fantasia era semplice, ma non infantile. Rebecca si sarebbe arrabbiata se il nuovo abito l'avesse fatta sembrare una scolaretta.
«Chi è quello?» chiese Rebecca.
Eva si voltò verso la sorella, che stava guardando fuori dalla finestra. Rebecca si alzò e l'aprì per vedere meglio.
«È un altro dei tanti forestieri che da un mese si aggirano da queste parti?» Quattro giorni prima Eva aveva visto l'ennesimo sconosciuto attraversare il campo fuori dal loro giardino. Naturalmente poteva essere un amico del loro vicino. In realtà era così lontano che non era riuscita nemmeno a capire se fosse davvero un forestiero, ma aveva provato una certa inquietudine, come le capitava sempre con certi volti estranei incrociati negli ultimi tempi.
«Sembra un nobile o un uomo molto ricco. Ha un grande cavallo nero e sembra attraente. Misericordia, viene dritto verso casa nostra!»
Eva si avvicinò alla sorella e guardò fuori, poi si ritrasse in fretta e chiuse la finestra. «L'ho conosciuto di recente, ma non credevo che sarebbe venuto a farmi visita. Togli la stoffa e le altre cose dal divano. Svelta!»
Rebecca raccolse in fretta il suo lavoro e lo nascose nel cesto del cucito. Eva provò a rendere più presentabile il tavolo a cui era seduta, poi girò l'unica sedia che avevano verso il divano. Ringraziò Dio che i dipinti presi in prestito e le sue copie fossero coperti dai teli protettivi. Un attimo dopo in casa riecheggiò il bussare del nuovo arrivato.
Eva indicò il divano. «Siediti. Lo faremo accomodare sulla sedia.»
«Ma chi è? Come lo hai conosciuto? Perché non mi hai detto che avevi un nuovo amico?» la incalzò la sorella a bassa voce.
Eva non aveva il tempo di spiegarglielo. Andò alla porta e l'aprì.
Mr. Fitzallen era lì in tutto il suo splendore. Si era convinta di ricordarlo molto più bello di quanto non fosse in realtà, ma non appena lo vide capì che si sbagliava. Per fortuna stavolta riuscì almeno a guardarlo a bocca aperta e a non perdere la calma.
«Mr. Fitzallen, gentile da parte vostra farmi visita. Vi prego, entrate e ditemi cosa posso fare per voi.»
Lui la seguì ed entrò in biblioteca. «Non sono qui per approfittare ancora della vostra disponibilità, Miss Russell. Passavo di qui e ho pensato di farvi una visita di cortesia.» Fece un inchino a Eva e poi uno a Rebecca, ma non prestò particolare attenzione a sua sorella.
Non si poteva dire lo stesso della giovane. Con gli occhi sbarrati e la bocca aperta, sembrava come inebetita. La stessa reazione che ho avuto io più di una volta, ricordò Eva.
«Davvero gentile, signore.» Gli presentò Rebecca, si accomodò sul divano e invitò Mr. Fitzallen a prendere posto sulla sedia.
«Come procedono le migliorie alla vostra tenuta?» gli domandò.
«Molto bene, grazie. Ho assunto due ragazzi del posto. Uno dei due è molto bravo con i lavori manuali. L'altro, che è stato un attendente dell'esercito, sta organizzando le varie attività domestiche e mi fa da valletto.»
«Dev'essere Harold. È un uomo onesto.»
«Come molti dei residenti di Langdon's End, da quanto mi è parso di capire. Ho riavuto tre sedie e due tavoli. Li ho trovati di fronte alla porta ieri mattina, insieme a un cesto di stoviglie e a qualche secchio di rame. Devo ringraziare voi per questo, credo.»
«Sono felice di sapere che abbiano restituito alcuni degli oggetti presi in prestito. Ne riavrete altri, così non dovrete ricomprare tutto.»
Lo sguardo esterrefatto di Rebecca si spostò su di lei quando la sentì parlare degli oggetti presi in quella casa. Eva la ignorò.
«Sì, per fortuna. Mr. Trevor mi ha fatto visita e abbiamo stilato un elenco dei lavori più importanti. Oggi ho girato tutta la proprietà a cavallo per vedere in che condizioni è.»
«Se avete cavalcato tanto a lungo, avrete bisogno di rinfrescarvi... Posso offrirvi solo dell'acqua, ma proviene da una sorgente purissima.» Eva si alzò. «Ve ne portò un po'.»
Lui si alzò immediatamente. «Lasciate che vi aiuti. È una bella giornata. Avete un giardino?»
«Sì, un giardino molto bello.»
Mentre si voltava per andare verso la porta, Mr. Fitzallen notò la scatola dei pennelli. Il suo sguardo scorse lungo le pareti e si soffermò sui due dipinti di Eva che le ornavano. Si avvicinò al primo, occhieggiando con una curiosità allarmante il cavalletto coperto dal telo, poi osservò il paesaggio appeso al muro.
«Chi di voi è l'artista?»
«Sono io che mi diletto con la pittura» rispose Eva. «Ma è solo il capriccio di una dilettante.» Nessuno comprava mai i suoi dipinti. Alcuni erano rimasti esposti nel negozio di Mr. Stevenson per anni.
«Una dilettante molto brava» commentò lui.
«Troppo gentile. Grazie.» Eva gli fece strada verso il retro della casa. «Vieni con noi, Rebecca.»
«Vi dispiace se resto qui?» ribatté la fanciulla. «Preferisco leggere un po', se non vi offendete.»
«Sono ore che leggi» obiettò Eva, fissando la sorella con insistenza. «È una bella giornata e ti farà bene prendere un po' d'aria.»
«Sì, ma è perfino troppo caldo» protestò Rebecca con aria innocente. I suoi grandi occhi continuavano a indicarle Gareth di sottecchi e si trattenne a stento dal rivolgerle un sorriso sornione. «Il mio abito di lana è troppo pesante per stare all'aperto.»
«Devo insistere, per il bene della tua...» Eva si interruppe. Rebecca stava guardando verso Gareth con aria allarmata.
Eva si voltò e vide che Gareth stava per sollevare il telo che copriva il dipinto preso in prestito.
«Mr. Fitzallen, andiamo a goderci il sole in giardino, anche se mia sorella non vuole unirsi a noi» gli disse Eva per distrarlo.
Lui si fermò e lasciò ricadere la mano lungo il fianco, poi la seguì di buon grado sul retro.
Eva condusse l'ospite in giardino, poi tornò in cucina per prendere un bicchiere. Quando tornò in giardino, Mr. Fitzallen aveva già preso un secchio d'acqua alla sorgente.
Sul retro c'erano solo delle panchine per sedersi. Si accomodarono sulla stessa, poi lui immerse il bicchiere e lo riempì di acqua piacevolmente fredda. L'aria era fresca, ma il sole li riscaldava. Gli alberi e gli arbusti erano cosparsi di tenere foglioline e dal terreno fuoriuscivano i primi getti delle piante.
«È proprio un bel giardino. Il vostro giardiniere lavora molto bene, signorina.»
«Sono io a occuparmi del giardino. Ho scoperto che adoro coltivare e disporre le piante. È un po' come dipingere, dato che è tutto un gioco di luce, forme e colori.»
«Ve ne occupate voi da quando vostro fratello si è ammalato?»
«Ve lo hanno detto? La riservatezza non esiste in cittadine come la nostra. Non conoscevo la situazione finanziaria della mia famiglia finché lui non è tornato a casa con quella pallottola in un fianco. Con la sua malattia, ho scoperto che eravamo in gravi difficoltà economiche e ho licenziato subito la servitù. Perciò sì, da allora sono io il giardiniere.»
«Però avete scoperto una nuova passione, perciò avere trionfato sulle avversità.»
«Sì, sono molto fiera di questo giardino. È una mia creazione ora e mi dà soddisfazione.»
Anche pronunciare quelle parole ad alta voce le dava soddisfazione. Alcuni provavano pietà per lei e Rebecca, come se il denaro fosse l'unica cosa importante. Mr. Fitzallen, invece, non sembrava compatirle e questo la colpì. Sentiva una complicità profonda con quell'uomo.
Sedeva ad appena due spanne da lei, così vicino che Eva sentiva il suo calore. Quella presenza mascolina le confondeva i pensieri. La sua aura, rassicurante ed eccitante allo stesso tempo, era portatrice di novità, fascino e attenzioni.
Forse non la stava prendendo in giro quando l'aveva definita sua amica. Sarebbe stato bello avere qualcuno su cui poter contare.
«Avete una bella proprietà» commentò lui, indicando i dintorni con il bicchiere. «La sorgente da sola basterebbe a darle grande valore, ma anche la posizione è ottima. Potreste venderla e il vostro futuro sarebbe molto più confortevole del presente.»
Si alzarono e cominciarono a passeggiare sul sentiero. «Questa tenuta è tutto ciò che abbiamo. Quando Rebecca si sposerà, le donerò la mia parte, così non resterà a mani vuote. Però...» Eva guardò il giardino e poi la casa. «Questo posto è anche ciò che siamo. Se lo vendo, chi saremo?» Rise per quelle parole. «Ho detto una sciocchezza. Naturalmente saremmo sempre le stesse, solo...»
«So perfettamente cosa volete dire.»
Eva capì dal suo sguardo che aveva detto la verità.
«La malattia di vostro fratello è stata una tragedia terribile» continuò lui. «Sebbene il vostro giardino vi dia soddisfazione, non credo che vi siate goduta molto la vita, negli ultimi anni. Vi siete fatta carico di parecchie incombenze.»
«Sì, una tragedia, per molti motivi diversi.» Un amore tragico. «Però... se non fosse andata così, temo che avremmo perduto tutto. Mio fratello manteneva un tenore di vita che non potevamo permetterci.»
Lui si fermò e si voltò a guardarla. Avevano raggiunto il piccolo orto ed erano circondati da rami con i primi germogli. «Capisco benissimo, ma ora dobbiamo fare in modo che vi divertiate un po'. Sarà la mia missione.»
«Una missione facile. Ho intenzione di divertirmi molto in futuro. Ho passato questi ultimi mesi di lutto a pensare come farlo.»
Lui rise. «Langdon's End è pronta ad accogliere la Miss Russell che vuole divertirsi? E il mondo?»
«Forse no, ma dovrà adeguarsi. Se volete unirvi a me e aiutarmi, ne sarò felice, ma non dovete prenderla come una missione personale.»
«Forse sarete voi che dovrete aiutare me. Sono un forestiero qui, ricordate? Purtroppo, temo che, quando tornerò dal viaggio che sto per affrontare, voi avrete già preso la vostra strada.»
«Non mi sembrate il genere d'uomo che non sa divertirsi.»
Mr. Fitzallen le rivolse un bel sorriso, poi raddrizzò le spalle come se stesse per prendere congedo da lei, ma ci ripensò. «Ah, quasi dimenticavo. Vi ho portato una cosa» disse, infilando una mano in tasca.
Il regalo era un bel rotolo di nastro. Eva capì subito che veniva dal negozio di Mrs. Fleming. Un'elegante striscia di satin color lavanda che faceva pensare alla primavera.
Quel gesto la colpì molto. «Vi ringrazio, è bellissimo.»
«Starà bene su quella mussolina che avete comprato. Il viola farà risaltare il giallo pastello della stoffa e l'azzurro dei vostri occhi.»
Eva si avvolse il nastro intorno alla mano. «La mussolina non è per me. Sto confezionando un abito nuovo per mia sorella.»
«Ah, capisco. Be', potete usarlo anche per il vestito, ma promettetemi che ne terrete un po' per intrecciarlo fra i vostri capelli.»
Eva fissò a lungo il nastro senza sapere cosa dire. «Siete davvero gentile. Temo di avervi giudicato male, in un primo momento. Non siete pericoloso come sembrate.»
«Vi prego, chiamatemi Gareth e io, a mia volta, gradirei potervi chiamare Eva in privato, se me lo permetterete.»
«Gareth» mormorò lei, per sentire come suonava sulle proprie labbra quel nome. «Sì, potete chiamarmi Eva quando siamo soli.»
«Ne sono onorato. Ora, dato che siamo amici, sono costretto a svelarvi un segreto. Devo avvertirvi che la vostra opinione di me era corretta, Eva. Sono molto pericoloso, soprattutto con le donne attraenti e brillanti come voi.»
Lei lo guardò sconvolta. Fu un errore. Gli occhi che la fissavano erano quelli dell'uomo pericoloso contro cui l'aveva appena messa in guardia. Eva si perse nella bellezza di quel volto e nel suo sorriso appena accennato.
Voleva forse baciarla? Avrebbe osato tanto? Sembrava proprio di sì. A quel pensiero, il suo battito accelerò.
Che fare? Non doveva permetterglielo, eppure... non riusciva a muoversi né a protestare. Si limitò ad aspettare e la tensione si propagò nell'aria, nel giardino e nello spazio che li separava. Eva provò un fremito di eccitazione sconvolgente.
Restarono così, a guardarsi negli occhi, per un lasso di tempo che le parve eterno, finché l'attesa non divenne quasi dolorosa. Di colpo le venne in mente un'idea assurda: mettersi in punta di piedi e baciarlo per prima.
Lui si ritrasse e volse gli occhi verso il giardino. Quando tornò a guardare Eva, sembrava di nuovo l'amico premuroso di poco prima, anche se aveva un'espressione vagamente turbata.
Fece un inchino. «Ora devo proprio lasciarvi. Tornerò fra un mese al massimo, o forse un paio di settimane, e verrò a farvi visita.»
Detto questo, attraversò il giardino e se ne andò.