Eva venne sbattuta contro il muro con forza. Lanciò un urlo e strinse gli occhi in una smorfia di dolore. Quando li riaprì, Gareth la stava guardando con rabbia e stupore. Eva abbassò lo sguardo sul pugnale puntato contro il suo collo e sul petto di lui, ancora nudo.
«Eva! Ma che diavolo...» Anche Gareth abbassò lo sguardo sul pugnale, poi gettò a terra l'arma e allentò la presa sulle sue spalle, ma non la lasciò. «Che cosa ci fate qui?»
Eva pensò in fretta per inventare una spiegazione. «Ero uscita per fare una passeggiata e sono venuta a cercare Erasmus. Devo chiedergli una cosa.»
Gareth socchiuse le palpebre. «La casa è ancora un rudere, perciò non c'è bisogno di un custode mentre sono via. Se siete stata in città almeno una volta dopo la mia partenza, vi avranno detto che Erasmus non sarebbe venuto qui durante la mia assenza.»
Spremersi le meningi non era servito. Non riusciva proprio a farsi venire in mente un'altra ragione valida per giustificare la propria presenza lì.
«Siete venuta a vedere se ero tornato dal viaggio?» Il suo sguardo si fece scuro. E torbido.
«Certo che no! Avete detto che non sareste tornato prima di due settimane e ho pensato che, intanto, potevo dare un'occhiata alle migliorie che avete apportato nella residenza.»
«Vi capita spesso di introdurvi nelle case degli altri quando il proprietario non c'è?»
Una domanda infelice. «Vi chiedo scusa. Non sarei dovuta entrare.»
«Non dovete scusarvi, sono felice che siate qui» disse lui, poi le lasciò le spalle. Finalmente. «Venite dentro, vi mostrerò cosa abbiamo fatto.» Sulle sue labbra comparve un sorriso, ma non era né benevolo né amichevole. «Devo comprare delle stoffe per arredare diverse stanze. Spero che vorrete consigliarmi.»
«Io... proprio non posso... Insomma, entrare in casa vostra non sarebbe... appropriato» farfugliò lei, ma ammutolì di colpo quando Gareth fece un passo in avanti, avvicinandosi tanto che il naso di Eva era a un palmo dal suo petto.
«Andiamo... Se era appropriato introdurvi in casa in mia assenza e spiarmi mentre mi lavavo...»
«Non vi ho spiato mentre vi lavavate!»
«Mi correggo: mentre mi vestivo. In ogni caso, dopo una libertà del genere, non vorrete farmi credere che è un problema darmi qualche consiglio sulla tappezzeria?»
Eva era mortificata al pensiero che Gareth l'avesse vista prima di vestirsi. Avrebbe dovuto negare tutto e fingersi arrabbiata ma, per quanto desiderasse assumere un'aria indignata e offesa, tutte le sue energie erano concentrate nello sforzo di non fissare il suo petto nudo, che la attirava come una calamita.
Si costrinse a spostare lo sguardo sulla spalla destra di Gareth, poi sulla sinistra e infine a terra... ovunque tranne che sul suo bellissimo volto e su quel sorrisetto ammiccante e divertito. Il petto nudo, però, continuava a prevalere su tutto e a invocare i suoi sguardi. Notò che la pelle era liscia e tonica, poi percorse con gli occhi le curve degli addominali che sparivano nei pantaloni. Si chiese cosa si provasse...
Di colpo lanciò un'occhiata allarmata al volto di Gareth. La stava osservando attentamente. Aveva un'espressione intensa, seria e pericolosa, proprio come avevano detto le sorelle Neville.
Eva arrossì e abbassò lo sguardo. «È meglio che vada... Sì, devo proprio andare.»
Lui le sollevò il volto con un dito. «Non dovete sentirvi in imbarazzo. È normale essere curiosi. L'unico vero peccato è permettere ai doveri di cancellare i desideri che sentiamo dentro di noi.»
Eva sentì il profumo del sapone con cui si era appena lavato e ricordò il suo corpo nudo nel vestibolo. Venne sopraffatta da quell'immagine mentre assaporava il tocco della sua mano sul volto, in preda a un desiderio sconvolgente di lasciare scorrere le dita sul suo corpo, di scoprirlo e sentire anche se il suo battito era impazzito.
Lui le spinse il mento verso l'alto per costringerla a guardarlo negli occhi. Occhi scuri, profondissimi, pieni di vita e di esperienza, concentrati solo su di lei.
Gareth le accarezzò la bocca con il pollice e, a quel contatto, Eva sentì le labbra fremere e diffondere nel suo corpo un calore che le entrò nelle vene. Era una sensazione bellissima, un piacere quasi spaventoso.
Gareth inclinò lentamente la testa e la baciò, dapprima con gentilezza e poi, dopo pochi istanti, con intenso ardore. Era come se, superata quella barriera, tutti i muri fossero crollati.
Oh, che bacio incredibile! Eva si lasciò andare completamente e si riempì il naso del suo profumo. Lasciò che i suoi desideri affiorassero in superficie e contraccambiassero quelli di Gareth. Non fece nulla per allontanarsi da lui perché non voleva che smettesse di baciarla. Gli ultimi cinque anni di doveri e responsabilità scomparvero in un lampo, Eva tornò a essere una ragazzina e riscoprì il sapore di quel frutto proibito.
Quando Gareth la strinse tra le braccia, lei non oppose resistenza. Non provò alcun disagio nel ritrovarsi schiacciata contro il suo corpo. Sentiva la sua pelle morbida e il suo calore avvolgente attraverso i vestiti. Gareth intensificò il bacio, accendendo la sua voglia di scoprire. Delle piccole onde di piacere la attraversarono dalla testa ai piedi finché non perse qualunque resistenza.
Anche lei lo circondò con le braccia e sentire la sua pelle calda sotto i palmi la mandò in estasi. Affondò le dita nei suoi muscoli potenti e quella piccola aggressione bastò a provocare una reazione in Gareth, che strinse ancor più l'abbraccio e le allargò le labbra per invaderla con il suo bacio.
Eva era sempre più sorpresa e ammaliata; perfino sentirsi sopraffatta dalla sua corporatura maestosa e possente era un piacere.
La sensualità della giovane, rimasta in letargo per anni, si risvegliò e divenne inarrestabile, come una fiamma alimentata dal contatto fisico.
Gareth appoggiò la fronte sulla sua e le accarezzò il collo e il corpetto dell'abito. «Mi sorprendi, Eva.»
«Vuoi che ti spinga via e me ne vada indignata?»
«No di certo. A meno che tu non voglia vedermi morto. Vieni qui.» La portò a una panchina appoggiata al muro e la fece sedere sulle proprie ginocchia, poi le mise una mano dietro la nuca per spingerla in un bacio famelico e sensuale. Il piacere di poco prima ricominciò come se non si fosse mai interrotto.
Gareth scese con le labbra lungo il collo e poi ancora più giù, fino ai bordi della scollatura, causandole un fremito viscerale e intenso. Intanto le sue mani la accarezzavano, forti e sicure, accentuando ogni sensazione. Bastò un tocco lieve come una piuma su un seno per toglierle il fiato. Quando poi le sue dita lo strinsero, le diedero le vertigini.
Era un piacere troppo intenso, quasi doloroso. Non c'era paragone con le tiepide reazioni provocate dai rari abbracci di Charles, quando premeva il seno contro il suo petto. Gareth faceva di tutto per accendere i suoi sensi.
Mentre soccombeva a quella dolce tortura, Eva era pienamente consapevole che l'unico intento di quell'uomo era dominarla.
E non le importava. Non le importava! I tanti motivi per cui avrebbe dovuto fermarsi si ammassarono nella sua mente e il desiderio li spazzò via con un colpo solo. Voleva vivere quel momento, con il corpo e con l'anima, e i suoi sensi finalmente appagati la costringevano ad andare avanti.
Lui le sbottonò la mantella e gliela tolse con una tale delicatezza che Eva nemmeno se ne accorse. Gareth le passò una mano sulla schiena, allentando i lacci dell'abito, poi le abbassò la stoffa sul collo e sulle braccia mentre con l'altra mano continuava ad accarezzarle i seni.
Quando sentì l'abito scendere sulla pelle, però, Eva sobbalzò per lo stupore. La realtà la investì di colpo e lei cominciò a rendersi conto di cosa stava facendo. Gareth le diede un piccolo bacio sulla guancia, come se volesse calmarla.
«Voglio vedere quanto sei bella, Eva. E voglio che tu conosca il piacere più straordinario. Lasciami fare.»
Lei non acconsentì, ma non si oppose nemmeno. Obbedì e lo lasciò fare. Incapace di resistere alla sua promessa di piacere, rimase a osservarlo mentre spingeva l'abito verso il basso, denudandole completamente i seni.
«Perfetta» mormorò lui, abbassando la testa per baciare un seno, poi l'altro. «Sei bellissima, Eva.»
Quel complimento le restituì un briciolo di lucidità. Un dolore intenso la attraversò mentre si rendeva conto che si stava comportando da pazza incosciente. Poi, però, le dita di Gareth cominciarono a solleticarle i capezzoli e la sua mente si svuotò da ogni pensiero.
Paradisiaco. Mozzafiato. Inarcò la schiena e si spostò per cercare di placare il desiderio pulsante che la torturava sempre di più. Lui la baciò ancora, poi usò la lingua e i denti per portarla al limite della sopportazione. Eva si aggrappò a quelle spalle nude mentre il suo corpo veniva scosso da sensazioni incredibili.
«Sei vergine?» le chiese piano, continuando a provocarla con la dita e con la bocca.
Eva riuscì a malapena a sentire, ma trovò la forza di annuire.
Gareth continuò a sfregarle i capezzoli con la punta delle dita fino a toglierle il fiato. Anche le sue labbra ripresero il loro percorso di baci caldi e sensuali, accompagnati da carezze che sembravano arrivare ovunque: fianchi e cosce, fondoschiena e collo. Tutto il corpo. L'intensità di quelle sensazioni la paralizzò mentre il desiderio cresceva sempre di più, sino a farsi quasi doloroso. L'estasi si trasformò in un irrefrenabile bisogno di appagamento, che la spingeva a cercare in ogni modo il piacere.
Poi, di colpo, Gareth si immobilizzò. Le sue mani si fermarono e così anche il resto del corpo. Eva dovette trattenere un grido di frustrazione ma, oltre il caos che aveva invaso la sua testa, udì ciò che aveva fermato Gareth: rumori che provenivano dall'altro lato della casa.
Eva guardò il suo petto e Gareth con aria terrorizzata. La realtà squarciò con violenza il velo di torpore. Sentì altri rumori. Gareth si alzò e andò alla porta di casa, tenendola fra le braccia, poi la appoggiò a terra. «Vieni con me.»
Attraversarono la cucina e salirono al primo piano.
«Non entrerà nessuno, te lo assicuro. Vado a vedere cosa sta succedendo. Sali al piano di sopra e aspettami lì.»
Si allontanò, dirigendosi a grandi passi verso la facciata principale della casa. Eva attraversò di corsa il piano nobile, cercando di infilarsi la camicetta e sistemarsi l'abito. Raggiunse la sala principale e si affacciò dalla finestra. I rumori erano proprio da lì sotto. La aprì leggermente.
«Siete tornato, signore. Non credevo di rivedervi così presto.» Era la voce di Erasmus. «Temo di avervi disturbato e vi chiedo scusa. Ero venuto a portare quella pietra che vedete nel carretto per ricostruire il muro e ho visto queste cose sparse a terra. Qualcun altro deve aver sentito il consiglio di Miss Russell e vi ha restituito gli oggetti presi in prestito. Ho pensato che fosse meglio portarli dentro.»
«Non è necessario. Ci penso io» replicò Gareth. «Porta la pietra in giardino, poi puoi andare.»
«Porterò il carretto sul retro e la scaricherò lì. Resterete qui per un po', signore? Domani io e Harold dobbiamo venire?»
«Forse partirò di nuovo per dei brevi viaggi, ma potete venire domattina. Ti accompagno e ti aiuto con la pietra.»
Eva osservò i suoi abiti, risistemati alla meglio. Aveva appena corso un rischio terribile. Cosa sarebbe successo se Gareth non avesse sentito quei rumori ed Erasmus li avesse scoperti avvinghiati e mezzi nudi? E, peggio ancora, se il ragazzo non li avesse interrotti?
Finì di rivestirsi con cura e si allacciò l'abito con dita tremanti. Quando il rumore delle ruote del carretto svanì, Eva uscì dalla stanza e scese al piano di sotto.
Gareth fece del suo meglio per interessarsi alla riparazione del muro mentre Erasmus gli spiegava le proprie intenzioni. Gli disse di avere visto delle pietre simili in una fattoria poco più a sud e di avere deciso di procurarsene una.
La mente di Gareth, però, era ancora su quella panchina con Eva. I suoi gemiti di piacere stupiti erano un sottofondo melodioso coperto dalle chiacchiere di Erasmus.
Se non li avesse interrotti... Immaginò Eva completamente nuda, a cavalcioni sopra di lui, gli occhi accesi di desiderio.
Lanciò un'occhiata alla panchina incriminata e notò un oggetto marrone. La mantella di Eva. La fantasia erotica svanì all'istante e il volume della voce di Erasmus parve alzarsi di colpo. Finalmente riuscì a valutare gli eventi dell'ultima ora con una lucidità spietata.
Che diavolo gli era saltato in mente? Che cosa stava pensando? Non riusciva nemmeno a ricordarlo. No, invece lo ricordava eccome: aveva pensato solo a lei e l'avrebbe posseduta subito se non li avessero interrotti. Perfino quando l'aveva mandata al piano di sopra era ancora intenzionato a raggiungerla appena possibile e a toglierle di nuovo quel vestito.
Il suo sguardo era attratto da quella pericolosa mantella marrone. Se Erasmus l'avesse vista, si sarebbe scatenato l'inferno. Per Eva. Sempre e solo per la donna. Lui era da tempo preceduto dalla fama di libertino, ma la cosa non gli creava alcun problema.
Immaginò Eva in cima alle scale, preoccupata per la mantella. Forse li stava spiando dalla finestra. La facilità con cui aveva accolto il piacere lo aveva stregato e incitato a fare di più. Eppure, si vantava sempre di avere un grande autocontrollo e di non agire mai in maniera impulsiva. Non era il tipo da far correre rischi simili a una donna. Di solito non si interessava affatto a donne come Eva Russell.
«Ci vorranno un paio di giorni al massimo» disse Erasmus, concludendo la sua lunga lezione su come costruire un muro. «Anche meno, se Harold mi aiuta.»
Gareth cercò di pensare con il cervello e non un'altra parte del corpo. «Sono felice di sapere che presto avrò un giardino sicuro.»
Erasmus annuì. «Ora riporto indietro il carretto, se non avete bisogno di me per portare via tutti quegli oggetti dal portico.»
«Ci penserò io più tardi. Vai pure.»
Erasmus si avviò verso l'uscita posteriore del giardino. Gareth tornò in casa, portando con sé la mantella.
Mentre saliva le scale, pensò a come porgere le proprie scuse a Eva. Andò nel vestibolo e si infilò una camicia, poi uscì a cercarla. Era impaziente di scusarsi per quell'imperdonabile momento di debolezza.
Eva, però, era scomparsa. Spalancò la porta dell'unica stanza in cui non l'aveva ancora cercata, ma non era neanche lì.
Si affacciò dalla finestra: in lontananza, proprio dove la strada faceva una curva e scompariva dalla sua visuale, vide una piccola sagoma marrone allontanarsi in tutta fretta.