Eva era seduta nella biblioteca di casa e si stava sforzando di leggere. Aveva acceso tre lampade, perciò chiunque passasse di lì avrebbe potuto vedere che era sola. E avrebbe potuto scorgere anche dieci dipinti dai colori brillanti appoggiati alle pareti.
Il piano era semplice e, salvo imprevisti, per niente rischioso. Aveva portato la lettera all'osteria da sola e l'aveva lasciata al proprietario, come previsto. Nel messaggio ammetteva di essere in possesso del tesoro, si diceva sollevata di poterlo finalmente dare a qualcuno e dichiarava che lo avrebbe scambiato volentieri con sua sorella. Così, quella sera, i delinquenti sarebbero venuti a prendere i dipinti, lasciandole solo la quota spettante a suo fratello. Li aveva minacciati di fare una scenata e gridare come una pazza se non avessero portato Rebecca con loro.
Provò a controllare la paura, ma con il passare dei minuti si sentiva sempre più incerta e spaventata. Continuava a ripetersi che non correva alcun pericolo e che tre uomini armati sorvegliavano la casa, ma non riusciva a calmarsi. Se non ci fosse stata di mezzo Rebecca, forse non si sarebbe sentita così fragile. E, se la sorella non avesse preso la pistola, lei avrebbe tratto conforto dal pensiero di avere un'arma a disposizione.
Non sapeva quanto tempo avrebbe dovuto aspettare. Riprovò a concentrarsi sul libro.
Lesse circa dieci pagine e poi, all'improvviso, sentì dei rumori fuori, voci sommesse e passi felpati che si avvicinavano. Si sporse per guardare l'ingresso.
La porta si aprì e comparve Rebecca nel suo abito giallo, seguita da tre uomini.
Eva si alzò e la sorella corse da lei. Mentre si abbracciavano, la giovane mormorò: «Ho la pistola sotto lo scialle. Loro no. Non hanno armi».
Eva guardò i tre individui all'ingresso. Uno di loro forse era stato un gentiluomo di bell'aspetto, un tempo, ma ora aveva il volto rosso e gli occhi gialli per il troppo bere, nonostante non potesse avere più di trent'anni. Gli altri due, invece, erano lavoratori. Il più alto era uno degli sconosciuti che Eva aveva visto aggirarsi nei dintorni di casa sua negli ultimi due mesi. Quando vide l'altro, il più basso, rimase a bocca aperta.
«Erasmus? Anche tu sei coinvolto in questa storia?» gli chiese incredula.
Lui le sorrise. «Voglio solo assicurarmi che nessuno si faccia male, Miss Russell, soprattutto voi o Miss Rebecca. Questi signori a volte dimenticano le buone maniere.»
«Immagina la mia sorpresa quando sono scesa dalla carrozza che mi ha portato via e l'ho visto» commentò Rebecca. «Sono molto delusa da te, Erasmus.»
«A tutti capita di avere delle delusioni nella vita, Miss Rebecca» ribatté lui.
Il gentiluomo li ignorò tutti e si concentrò sui dipinti.
«Lo chiamano Crawley» mormorò Rebecca. «Ha uno sguardo che fa venire i brividi.»
Mr. Crawley si avvicinò alle opere e le osservò con aria da intenditore. Per fortuna Eva aveva esposto gli originali, non le copie, nel caso i ladri fossero esperti di arte.
«Dove sono le altre?» chiese. «Dovrebbero essere una ventina.»
«Le altre spettavano a mio fratello. Avete detto che posso tenerle.»
«La quota non va calcolata in base alla quantità di dipinti, ma al loro valore. Questi sono solo i più piccoli e non arrivano nemmeno a un terzo del valore totale della collezione, perciò non bastano, Miss Russell. Inoltre io non sono mai stato d'accordo a concedervi la vostra parte. Pertanto, voglio anche le altre opere.»
«Mio fratello ha sempre sostenuto che le altre erano nostre. È stato molto chiaro su questo punto quando mi ha detto dove aveva nascosto i dipinti, perciò ho preso accordi per la vendita.»
Crawley la guardò con aria torva. «Li avete venduti? È stata una mossa molto sciocca.»
«Ho preso accordi, ma non ho ancora concluso la vendita.»
«In tal caso ve lo chiedo di nuovo, Miss Russell: dove sono gli altri dipinti?»
«Credo siano ancora nelle mani dell'agente che si occupa della vendita, Mr. Gareth Fitzallen.»
Crawley la guardò con stupore, poi parve quasi divertito dalla cosa. «Fitzallen! Il bastardo di Aylesbury? Questo sì che è buffo. Temo che dovrò tornare in città per parlare con lui. Vostra sorella dovrà restare con me finché non avremo stabilito qual è la giusta quota che vi spetta.»
Rivolse un cenno ai suoi uomini.
«Forza, seguitemi, Miss Rebecca» disse Erasmus.
«Neanche per sogno. Io non mi muovo di qui.»
Crawley sospirò e fece segno all'altro uomo di prendere Rebecca. Lui avanzò di due passi.
Eva mise una mano nello scialle della sorella e tirò fuori la pistola. «Né io né mia sorella saremo i vostri ostaggi. Andate a parlare con Mr. Fitzallen, se volete. Non dovete arrivare a Londra, perché lui vive proprio qui, in fondo alla strada. Le altre opere si trovano in casa sua, in attesa di essere spedite ai compratori.»
Alla vista della pistola, l'uomo si fermò e rivolse a Crawley uno sguardo infastidito, come se le regole stabilite fossero appena state infrante. «Ancora devo vedere una donna in grado di sparare. Andiamo, le donne non sanno neanche come si carica un'arma.»
«Ho fatto pratica ogni giorno da quando i vostri uomini hanno distrutto la mia casa. Non vi accadrà niente se concluderemo il nostro affare in maniera equa, signore. Tuttavia, non permetterò che mia sorella se ne vada con uno sconosciuto, soprattutto se è un uomo senza onore.»
Crawley la guardò con un'espressione pericolosa e malvagia. Eva spinse Rebecca dietro di sé e puntò la pistola meglio che poteva.
«Fitzallen ha trovato un compratore in Europa?» chiese Crawley.
«Proprio così. Ci è voluto del tempo per giungere a un accordo, ma ora è tutto pronto.»
Crawley parve rifletterci su, ma era difficile capire cosa stesse pensando. Il volto smunto e gli occhi inespressivi non fornivano alcun indizio sulle sue riflessioni.
«Avete detto che vive in fondo alla strada?»
«A meno di mezzo miglio da qui. Erasmus vi accompagnerà da lui. Conosce bene quella casa.»
«Sarà meglio per voi che non mi abbiate mentito. Se scopro che la casa è vuota o che i dipinti non ci sono, non mi preoccuperò più dell'onore di nessuno, tanto meno del mio.»
«Mi deludete, Mr. Crawley» commentò Rebecca. «Dopo tutti i nostri discorsi sulla filosofia morale, come potete avanzare una minaccia tanto cruda e violenta?»
Crawley alzò gli occhi al cielo, poi puntò il dito contro Eva. «Voi verrete con me e lascerete qui vostra sorella e i suoi ideali progressisti. Dovrete dire a Fitzallen che siete d'accordo con me su tutta la linea.» Si voltò verso l'uomo più corpulento. «Tu resta qui con la ragazza, Wiggins.»
«Dannazione, non voglio sorbirmi ancora i suoi monologhi!»
«Allora non ascoltarla. Fai quello che vuoi, ma assicurati che né lei né i dipinti scompaiano.»
Eva diede la pistola a Rebecca. La sorella sorrise al suo carceriere e si sedette. Lui la imitò e la sedia scomparve sotto la sua mole possente. Non sembrava affatto felice dell'incarico.
Mentre Eva se ne andava, sentì Rebecca che diceva: «La distinzione tra bene e male non può prescindere da una certa domanda, Mr. Wiggins, ovvero: abbiamo o no un'anima? Se non la avessimo, la bontà perderebbe qualunque senso. Ieri vi ho chiesto cosa ne pensate, ma non mi avete risposto. Lasciate che vi illustri il pensiero di alcuni filosofi in merito».
«Non si è attenuta al piano, dannazione» sbraitò Ives mentre lui e Gareth montavano a cavallo.
Avevano origliato la conversazione con Crawley, nascosti su un lato della casa.
«Il suo piano è migliore del nostro» osservò Gareth. «È davvero brillante. Crawley verrà dritto da noi. Se gioco bene le mie carte, scopriremo dove si trova il resto della collezione. Di certo vorrà che venda tutto al fantomatico compratore europeo insieme alle altre opere.»
Ives gli afferrò le briglie del cavallo e lo costrinse a restare fermo. «Chiariamo una cosa: né Crawley né il piccoletto se ne andranno. Lance catturerà quello che è rimasto con Miss Rebecca non appena ci saremo allontanati, ma non so se lui ha le informazioni che ci interessano. Qualunque sia il tuo gioco, nessuno di loro se ne andrà, stasera.»
Gareth era d'accordo, anche se questo limitava il suo campo d'azione. Se avesse potuto fare di testa sua, avrebbe contrattato con Crawley la vendita di tutta la collezione per mettere le mani sulle opere ancora introvabili, ma Ives temeva che il malfattore scappasse ed era convinto di poterlo costringere a parlare subito.
Di certo con Erasmus ci sarebbero riusciti.
Si rallegrò di aver tenuto il ragazzo all'oscuro delle proprie indagini e lontano da Albany Lodge nelle ultime due settimane.
Si lanciarono al galoppo, certi che presto il cocchiere di Crawley avrebbe percorso quello stesso tratto. Infatti, l'uomo aveva lasciato la carrozza in fondo alla strada e si era avviato a piedi verso Albany Lodge. Mentre cavalcava, Gareth cercò di calcolare quanto ci avrebbe messo Eva a raggiungere la carrozza. Se aveva fatto bene i conti, lui e Ives superarono la curva un attimo prima che la carrozza partisse.
«Penso io ai cavalli» gli disse il fratello non appena arrivarono ad Albany Lodge. «Passerò dal giardino e salirò dal retro, così non sarò troppo distante dalla biblioteca. Lascia la porta aperta in modo che possa sentirvi.»
Gareth entrò in biblioteca, accese due lampade, prese un libro e ripose il soprabito, poi mise la pistola nel cassetto più vicino. Si era appena seduto per fingere di leggere quando sentì la carrozza arrivare.
Seguì un rumore di passi veloci che salivano le scale. Non era Ives.
Harold si affacciò in biblioteca, sistemandosi i capelli con le dita. «Sono i vostri fratelli, signore? O avete dei visitatori?»
Gareth imprecò. Si era completamente dimenticato che quella notte Harold era rimasto a dormire lì per servire il duca venuto da Londra. «Visitatori, credo.» Doveva decidere in fretta se fidarsi del giovane o rimandarlo di sotto in modo che Ives si occupasse di lui. «Non dovrai mostrarti affatto sorpreso quando aprirai la porta. Portali qui e poi vai di sotto. Lì troverai Lord Ywain che ti dirà cosa fare.»
Da buon soldato qual era, Harold non mostrò il minimo stupore per quella strana richiesta. Raddrizzò le spalle e se ne andò.
La porta si aprì, poi Gareth riconobbe la risata di Erasmus. Poco dopo Eva entrò in biblioteca, seguita dal giovane e da un altro uomo.
Eva presentò lo sconosciuto come Mr. Crawley.
«Crawley» ripeté Gareth. «Non siete il cugino del Visconte Demmiwood?»
«Proprio così. Anch'io so chi siete voi. La signora sostiene che custodite delle opere d'arte di valore, qui. A causa di uno spiacevole equivoco, alcuni dei miei dipinti sono finiti tra di esse.»
«Non posso crederci!» esclamò Gareth, poi guardò Eva con aria torva. «Questa è una grave scorrettezza, Miss Russell. Se Mr. Crawley avesse scoperto l'equivoco tra due settimane, recuperare le opere di sua proprietà sarebbe stato difficile e costoso.»
«Capisco perfettamente la vostra rabbia, Mr. Fitzallen. Sono sollevato quanto voi di avere scoperto il malinteso in tempo.»
Gareth gli rivolse un sorriso. «I dipinti sono già chiusi nelle casse per la spedizione, ma se mi dite quali sono i vostri, posso...»
«Un momento, un momento. Mi è stato detto che avete un compratore interessato a tutta la collezione. Non c'è bisogno di cambiare programma. Sarà sufficiente che, una volta incassato il pagamento, mi diate la mia parte.»
«Be', questo renderebbe tutto più semplice» convenne Gareth, invitando Eva e Crawley a sedersi, poi tornò alla sua poltrona. «Ditemi, quali sono i vostri?»
Crawley fissò le bottiglie appoggiate sulla libreria, poi tornò a guardare Gareth. «Il Carracci, il paesaggio di Claude e la Danae di Tiziano.»
A Gareth venne una gran voglia di strozzarlo. Quel farabutto aveva appena nominato le opere più pregiate della collezione. Accaparrandosi quei tre dipinti e i dieci che Eva gli aveva mostrato a casa propria, le avrebbe lasciato una quota molto inferiore a quella che le spettava.
«Voi siete d'accordo, Miss Russell?» le chiese.
«Certo. Mr. Crawley sa meglio di me come va suddivisa la collezione.» Eva gli rivolse uno sguardo che diceva: Non importa, ricordi? In effetti non faceva alcuna differenza.
«In tal caso procederemo così.»
Crawley parve ragionarci su per qualche istante. «Questo compratore potrebbe essere interessato ad altri acquisti del genere? Sapete, ho altre opere simili, tutti grandi capolavori.»
«Oh, sì, sono certo che gli interesserebbero, ma credo che vi convenga provare a piazzarle qui in Inghilterra. Ho consigliato una vendita all'estero a Miss Russell solo perché le sue opere non avevano una provenienza chiara e la signora voleva concludere la trattativa in fretta.»
«Anch'io preferirei concludere rapidamente, come ha fatto lei.»
Gareth finse di rifletterci su. «Avevo intenzione di far partire queste casse a breve. Non c'è tempo per scrivere al compratore e attendere la sua conferma per le altre opere prima della spedizione. Sono quasi certo che le acquisterebbe, ma...»
«Se voi viaggerete con la spedizione, potrei venire anch'io e portare le altre opere. Se questo compratore non le vorrà, potremmo trovarne un altro interessato.»
«Questo è certo. Se sono pregiate come dite, troveremo di sicuro un acquirente.»
«Mr. Fitzallen tratta solo i pezzi migliori» commentò Eva. «Parlano tutti benissimo di lui. Pensate, non ha accettato la mia richiesta di intermediazione finché non ha visto le opere in questione.»
«È proprio come ha detto Miss Russell. Prima di accettare, devo vedere cosa avete. La vostra collezione è facilmente raggiungibile da qui?» Gareth sperò che Ives li stesse ascoltando e che apprezzasse gli enormi passi in avanti che stavano facendo con una semplice chiacchierata.
«Un giorno o due a cavallo.» Crawley lanciò un'altra occhiata alle bottiglie. «Sarebbe meglio se portassi qui qualche dipinto per farvelo vedere.»
No, non era quello che volevano, dannazione! «Le opere sono vostre senza alcuna restrizione sulla proprietà? Una volta ho lavorato quasi un anno a una collezione e poi è saltato fuori che poteva essere venduta solo dopo il decesso del padre dell'uomo che mi aveva commissionato l'incarico.»
«Nel nostro caso, i decessi necessari sono già avvenuti» disse Crawley divertito.
Eva gli lanciò un'occhiata feroce. «Vi riferite a mio fratello?»
Crawley divenne serissimo. «Certo che no, mia cara signora.»
Eva non gli credette e nemmeno Gareth.
Crawley lo capì e cominciò ad agitarsi. Alla fine si alzò. «Avrete presto mie notizie, Fitzallen, e mi aspetto che voi facciate lo stesso. Una volta venduti i dipinti, regoleremo i conti. Se va tutto bene, penseremo anche alle altre opere.»
«Voglio sperare che nessuno si introdurrà in casa mia in futuro» disse Eva.
Crawley si voltò verso di lei e le fece un inchino. «Avete la mia parola.» Si voltò per andarsene, ma rimase pietrificato. L'uscita era bloccata.
Ives era fermo sulla soglia con la pistola puntata.
Crawley girò su se stesso, cercando disperatamente un'altra via d'uscita, ma Gareth scosse la testa e tirò fuori la pistola.
Ives afferrò Crawley per una spalla e lo costrinse a sedersi. «Prima di andarvene dovete rispondere a molte altre domande su quelle opere.»
Un attimo dopo Harold fece il suo ingresso nella stanza, anche lui armato di pistola e con un'espressione scura sul volto.
«Gareth, Erasmus è rimasto sulla carrozza» disse Eva.
Gareth raggiunse la porta proprio mentre Harold alzava la pistola e puntava una sagoma che correva nel buio.
«Non ucciderlo, Harold!»
«Ai vostri ordini, signore.»
Il silenzio venne spezzato da un colpo di pistola, seguito da un urlo di dolore. Gareth e Harold raggiunsero in fretta Erasmus che si contorceva a terra, stringendosi la gamba con le mani.
«Mi hai spezzato una gamba, maledetto» gridò.
«Sei fortunato ad avere ancora il fiato per parlare» ribatté Harold. «Nell'esercito i traditori come te facevano una fine peggiore. Non chiedermi perché, ma Mr. Fitzallen ha voluto risparmiarti.»
Gareth aiutò il giovane a rialzarsi, sostenendolo. «Mi serve vivo perché gli piace tanto parlare. Non è vero, Erasmus?»