8

Gray aveva già assistito a scene del genere, naturalmente. Londra era piena di giovanette viziate e donne angustiate da vari problemi causati dai mariti, dagli amanti o dai debiti di gioco, ma era raro che si rivolgessero a lui in cerca di conforto.

Forzò la propria riluttanza dicendosi che quel passo era necessario alle sue indagini e si avvicinò a un vecchio ontano, sotto le cui fronde si era rifugiata la fanciulla in lacrime.

«Vi assicuro che non ho alcuna intenzione di far impiccare il vostro innamorato» le disse, sedendo accanto a lei sulla panchina di pietra.

Lei continuò a voltargli le spalle, nascondendo il volto nel fazzoletto.

«Che cosa gli farete?»

«Voglio solo assicurarmi che non si serva più del mio nome» le rispose, senza specificare come avrebbe ottenuto quel risultato. «E farò del mio meglio perché vi sposi.» Purché non abbia già moglie e figli, aggiunse tra sé.

Lucy si voltò a guardarlo. «Non c’è bisogno che lo costringiate! Ci saremmo già sposati se non fosse intervenuto qualche contrattempo che gli ha impedito di tornare» affermò con voce rotta. «Sono sicura che gli è successo qualcosa!»

«Allora lasciate che vi aiuti» suggerì Gray.

Lei fece un cenno del capo, asciugandosi le lacrime. Per essere così distrutta dal dolore, i suoi occhi erano stranamente limpidi, osservò Gray, chiedendosi quanto della sua disperazione fosse solo una messinscena allo scopo di attirare l’attenzione.

«Non potete sapere come è stata difficile la vita per noi, dopo la morte di papà» sospirò.

«Ditemi tutto» la sollecitò Gray.

«Oh, è tremendo vivere recluse in questa casa, senza vedere nessuno! Non ce la faccio più!»

«Avete sempre vostra sorella.»

«Kate! A lei non importa niente dei balli, dei giovanotti e dei bei vestiti! Si accontenta di lavorare come una serva, pulendo la casa e cucinando fino a rovinarsi le mani.»

Gray avrebbe voluto ricordarle che aveva fatto tutto questo perché si sentiva responsabile della sorella minore, ma evitò di interromperla.

Come se avesse avvertito la sua disapprovazione, Lucy si affrettò ad aggiungere: «Oh, lei è forte, e niente può distruggerla, ma io sono più sensibile e non ce la facevo a sopportare una vita così dura. Così cominciai a vagare per la campagna, spingendomi sempre più lontano, cercando di evadere dalla mia prigione. E poi, un giorno, incontrai lui nel bosco...».

Gray rimase in silenzio, sperando che gli fornisse qualche indizio per smascherare l’impostore. «Mi disse che aveva un casino di caccia nelle vicinanze e... che ero la creatura più bella che avesse mai visto. Così cominciammo a vederci tutti i giorni...»

«Dove?»

Lucy esitò un istante, come se fosse seccata di essere stata interrotta. «Nel bosco, ve l’ho detto.»

«Dunque non siete mai entrata nel casino di caccia?»

«No. Non voleva che i domestici cominciassero a fare pettegolezzi. Ma lì vicino c’era una capanna abbandonata e... andavamo spesso lì.»

Così quel farabutto aveva sedotto la figlia di un conte in un tugurio, come se fosse una comune sgualdrina!, pensò Gray, fuori di sé dallo sdegno. Benché non provasse molta simpatia per Lucy, non poteva tollerare un simile comportamento e non vedeva l’ora di mettere le mani sul responsabile. Tuttavia cercò di mantenere un’espressione neutrale mentre cercava di strapparle qualche altra informazione. «E poi?»

Lucy arrossì e distolse lo sguardo. «Poi cominciai a sospettare di... essere rimasta incinta. La notizia lo colse di sorpresa, ma si mostrò gentile come sempre. Mi disse di non preoccuparmi, ma io capii che lui era molto turbato. Penso che avesse paura del mio tutore» aggiunse con rancore.

«E chi è il vostro tutore?»

La risposta arrivò con una veemenza insospettata. «Zio Jasper!»

«Il fratello di vostra madre?» Lei annuì. «E dove si trova?»

«E chi lo sa? A Vienna, Roma... Non l’abbiamo mai visto. Ogni volta ci lascia un indirizzo diverso. Kate gli scrive regolarmente, ma lui non risponde quasi mai.»

«E che cosa mi dite dei vostri consulenti legali?»

Lucy si strinse nelle spalle. «Kate andò da loro dopo la morte di papà, ma per legge lo zio è il nostro tutore fino a che non ci sposiamo. Sapendo che non avrebbe mai dato il suo consenso a Wroth... cioè, all’uomo che amo, gli proposi di fuggire insieme, ma lui mi disse che non ne voleva sapere. Non voleva danneggiare la mia reputazione.» Si interruppe e sollevò il mento in un’espressione che rivelò la sua somiglianza con Kate. «E adesso temo che Jasper abbia escogitato qualcosa per dividerci.»

Gray serrò la mascella pensando che Jasper era già responsabile di ben altri torti. Sembrava che si fosse impossessato dell’eredità delle nipoti, lasciandole solo con una casa la cui manutenzione richiedeva un patrimonio. Probabilmente la tenuta era vincolata per testamento, altrimenti l’avrebbe già venduta, pensò con amarezza.

Le sue riflessioni vennero interrotte da Lucy, che scelse proprio quel momento per scoppiare in un nuovo pianto dirotto. Si lasciò cadere contro il suo petto e lui le circondò distrattamente le spalle per calmarla.

«Ssh. Mi occuperò io di Jasper. Adesso descrivetemi il vostro innamorato.»

Lucy ricacciò indietro i singhiozzi. «È giovane e bello, con capelli castano chiaro e occhi blu, e non è affatto crudele, come qualcuno che conosco.»

«Che cosa intendete dire?»

«Non ha quell’aria arrogante che avete voi e, quando mi parla, non mi fa sentire inferiore» replicò, scostandosi da lui e guardandolo da sotto le ciglia.

Gray increspò le labbra in un sorriso cinico, mentre cominciava a farsi un’idea di quel degno individuo.

«Non osate ridere di me! Oh, che cosa m’importa di quello che pensate? Io vi odio!»

«Davvero?» le chiese senza scomporsi.

«Sì, vi odio! Vi odio perché non siete lui! Avete distrutto le mie ultime illusioni.»

Gray sospirò. Non si aspettava una tale sincerità da quella giovane donna viziata. Rimase a guardarla mentre chinava il capo e si copriva il volto con le mani per soffocare i singhiozzi. Questa volta era sicuro che fossero sinceri. Forse, dopo tutto, Lucy assomigliava alla sorella più di quanto pensasse. O forse no.

Comunque stessero le cose, lui l’avrebbe aiutata a trovare l’uomo che l’aveva ingannata e poi era scomparso. Ma se i suoi sospetti erano fondati, una volta riuscito nel suo intento, Lucy avrebbe avuto una ragione in più per odiarlo.

Kate vide Gray e Lucy seduti sulla panchina sotto l’ontano e si avvicinò lentamente. Dopo l’uscita di Gray, era rimasta a lungo indecisa, chiedendosi se dovesse intervenire e sentendosi allo stesso tempo sollevata che le venisse risparmiato almeno uno dei tanti compiti. Ma alla fine si era decisa. Le sembrava di non aver fatto altro che passare il suo tempo a consolare la sorella, ma non aveva scelta.

Si fermò di colpo quando vide che Lucy si gettava tra le braccia di Gray e rimase a fissare la scena, troppo allibita per farsene una ragione.

Ma naturalmente non poteva esserci che un motivo a spingere un uomo a tenere fra le braccia una donna e lei non poteva negare l’evidenza che aveva davanti agli occhi.

Era naturale che il marchese si sentisse attratto da Lucy. Lei era bella e delicata, aveva una pelle trasparente e vestiva abiti femminili. Non vestiva come un uomo e non aveva le mani rovinate dai lavori pesanti. Alla vista della mano di Gray che le accarezzava le spalle, Kate sentì un nodo in gola. Respirò a fondo, cercando di recuperare il controllo, e alla fine riuscì a distogliere lo sguardo, dicendosi che quella scena non aveva alcuna importanza per lei.

Lui non aveva alcuna importanza. Tom aveva ragione: i nobili erano tutt’altro che nobili e il marchese non era meglio degli altri. Arrossì al ricordo della notte prima, quando era stata sul punto di cedere alle sue lusinghe, e si diede della stupida per aver pensato che la desiderasse veramente. Come molte cose, Gray era al di fuori della sua portata e lei non poteva neppure biasimarlo.

Era naturale che preferisse Lucy.

Tom trovò senza difficoltà l’ingresso della servitù e bussò alla porta, seccato di dover andare in giro per conto di quell’arrogante di Wroth. Gray, lo chiamava Katie, pensò con disgusto. Quell’individuo si era intrufolato nella loro casa e, se Kate non fosse stata attenta, se lo sarebbe ritrovato nel letto. Tom non credeva alle sue nobili intenzioni. Aveva gli occhi per vedere e si era ben accorto di come guardava Katie, come un lupo affamato che adocchiasse la sua preda! Ma lui gli avrebbe impedito di raggiungere i suoi loschi fini, a costo di esalare l’ultimo respiro! E c’era andato vicino, pensò con amarezza, ricordando il modo in cui il marchese l’aveva sbattuto contro la parete del soggiorno.

Non avrebbe mai immaginato che un Lord sapesse difendersi in quel modo, ma Wroth aveva fama di essere pericoloso. Non mettetevi contro Wroth o ve ne pentirete, si diceva in giro. E Tom era già pentito di aver permesso a Katie di introdursi nello studio del marchese.

«Posso esservi utile?» Tom si riscosse, guardando la donna corpulenta che era apparsa sulla soglia e si asciugava le mani in un grembiule.

«Devo consegnare un messaggio da parte del Marchese di Wroth. È per il suo cameriere personale, Mr. Badcock.»

«Un messaggio da Wroth, dite?» domandò la donna, eccitata.

Al suo cenno di assenso, lo invitò a entrare e lo condusse lungo un corridoio fino all’ampia cucina, dove numerosi domestici stavano pranzando. «Ci sono notizie!» annunciò, felice. Tutti si alzarono in piedi, parlando simultaneamente.

«Joan, va’ a cercare Badcock!»

«Subito, Meg!» le rispose una giovane cameriera, che uscì senza esitazione. Poi la donna che si chiamava Meg costrinse Tom a sedersi su una panca, insistendo perché si unisse a loro. Lui guardò confuso la tavola imbandita con una quantità di cibo impressionante.

«Che cosa state facendo? Vuotate la dispensa in assenza del padrone?»

Meg rise come se avesse fatto una battuta e gli batté una mano sulla schiena con una forza tale che per poco Tom non affondò il viso nel piatto che gli avevano messo davanti. Dato che era parecchio tempo che non vedeva una tale abbondanza, si servì di montone freddo e pasticcio di rognone, mentre Meg gli metteva davanti torte e focacce.

Quando arrivò Badcock, Tom aveva la bocca piena. Cercò nella tasca la lettera di Wroth e la tese al domestico senza una parola.

Lui lesse il biglietto con espressione impassibile, poi, dopo aver chiamato un valletto perché consegnasse una nota al segretario del marchese, si rivolse a Tom. «Aspettate qui» gli disse in tono arrogante.

Se non fosse stato per il cibo, il vecchio si sarebbe rifiutato, invece si limitò ad annuire chinando la testa sul piatto e continuò a mangiare anche dopo che Badcock fu uscito insieme a Meg.

Subito gli altri domestici lo subissarono di domande, ma lui si rifiutò di rispondere. Non voleva creare dei problemi a Lucy e Katie, rivelando a una banda di pettegoli dove si trovava il marchese.

«Ma sta bene, vero?» si informò uno scudiero e, al suo cenno di assenso, ringraziò il cielo.

Tom si guardò intorno tra quei volti sorridenti, rendendosi conto stupito che quei domestici provavano una sincera preoccupazione per la sorte del loro padrone.

Con lo stomaco pieno, spinse da parte il piatto proprio mentre rientrava Meg e cominciava a dare ordini alle domestiche più giovani. Evidentemente la donna aveva altro da fare che occuparsi di un cocchiere che era venuto a recapitare un messaggio.

Tom si alzò da tavola e si diresse verso il corridoio, incappando in Badcock, seguito da alcuni valletti che trasportavano due pesanti bauli. «Questi vanno portati al marchese» gli disse con la solita aria arrogante.

«Ehi, aspettate un momento! Che cosa diavolo sono tutti questi bagagli?» protestò Tom, seguendo quel corteo.

«Sua Signoria ha richiesto i suoi effetti personali» gli rispose il cameriere.

Due bauli?, si chiese Tom, scuotendo il capo. Lasciò che caricassero i bagagli sulla vecchia carrozza e salì a cassetta proprio mentre Meg usciva con altri bagagli.

«Meg, tua figlia sta ancora cercando un lavoro come cucitrice?» domandò Badcock.

«Sì, Mr. Badcock.»

«Allora vedremo di portarla con noi.»

«Oh, grazie, Mr. Badcock! Che Dio benedica voi e il marchese!» esclamò la donna prima di rientrare in casa.

«Che cos’è questa storia?» domandò Tom.

Badcock lo guardò con un’espressione annoiata che gli fece venir voglia di strangolarlo. «Dobbiamo recarci all’abitazione di Mrs. Leeds, in Little Man Row. È la figlia di Meg e potrà consigliarci sugli acquisti che dobbiamo fare.»

«Quali acquisti?»

«I tagli d’abito che ha richiesto il marchese.»

Tom lo fissò a bocca aperta. «Non ha abbastanza vestiti in quei bauli? Volete dire che quella donna dovrà confezionarne di nuovi?»

«Certo che no» replicò Badcock, scandalizzato. «Sua Signoria indossa solo abiti fatti dai migliori sarti.»

Tom cominciava a perdere la pazienza. «E allora che cosa diavolo dovremmo comprare?»

«Le stoffe che acquisteremo sono per le due giovani gentildonne che non ho il piacere di conoscere. Mrs. Leeds si incaricherà di confezionare gli abiti per loro.»

«Ehi, aspettate un attimo! Io non ho ricevuto ordini di portare con me un’altra persona!»

«Sì, invece.» Badcock batté un dito sul messaggio di Wroth. «Sua Signoria ha espressamente ordinato che porti con me una sarta.»

«Con voi? E dove credete di andare, voi?»

«Ad accudire il marchese, buon uomo.»

Tom stava per protestare, quando Meg ritornò con un cappellino e una grande borsa. In un primo tempo lui pensò che avesse preparato del cibo per il viaggio, ma poi vide che Badcock la aiutava a salire in carrozza. «Possiamo andare» disse, prendendo posto accanto a lei.

Tom imprecò fra i denti. Non gli piaceva affatto prendere ordini da Wroth, e tantomeno dai suoi domestici. Era un uomo libero e in tutti quegli anni lui e le sue ragazze se l’erano cavata anche senza l’interferenza di Sua Onnipotenza e di quel presuntuoso del suo cameriere. L’unico pensiero che lo tratteneva dal prendere a calci Badcock era che finalmente Katie e Lucy avrebbero avuto qualche abito decente da indossare.

E poi c’era Meg. Tom aveva già assaggiato la sua eccellente cucina e non c’era dubbio che la sua presenza sarebbe stata un bene per la casa, almeno per un po’.

Mettendo a tacere i propri timori, Tom tirò le redini, ma aveva la netta impressione che i guai fossero appena cominciati.

Gray andò incontro alla carrozza appena la vide arrivare, accogliendo con un sorriso l’esame allibito di Badcock e il grido di gioia di Meg.

Entrambi erano al suo servizio da anni e Gray sapeva che poteva contare sulla loro fedeltà e sulla loro discrezione. Dopo che si fu riavuto dalla sorpresa di trovare il padrone in un abbigliamento tutt’altro che impeccabile, il cameriere gli presentò la giovane donna che li accompagnava come Mrs. Leeds, figlia di Meg.

«Oh, milord, chiamatemi Ellen, vi prego» gli disse. «Vi sono così grata per questo lavoro! È stata piuttosto dura, dopo la morte di Jimmy. Mia madre ha sempre cantato le vostre lodi e io non vedo l’ora di fare del mio meglio per servirvi. Aspettate di vedere i tessuti che abbiamo comprato!»

Si voltò per prendere dalla carrozza un taglio di seta color indaco.

Gray tastò il tessuto, pensando che avrebbe messo in risalto alla perfezione gli occhi di Kate. «Grazie» disse. «Tom vi mostrerà le vostre stanze.»

Ignorando lo sguardo torvo del cocchiere, Gray fece un cenno ai domestici e andò in cerca di Kate. Benché non si fosse mai interessato di moda femminile, non vedeva l’ora che indossasse degli abiti nuovi: vestiti di seta, camicie di pizzo e calze finissime trattenute dalle giarrettiere. Già la immaginava vestirsi e spogliarsi per lui...

Si fermò sulla soglia della cucina, colpito dalla sensazione di gioia che provava ogni volta che la vedeva. Il suo desiderio cresceva di giorno in giorno e faceva fatica a tenerlo a freno. Il suo sguardo indugiò sui riccioli che le ricadevano sulle spalle, sulla schiena diritta e la curva sensuale dei fianchi.

Come se avesse avvertito la sua presenza, Kate si voltò e gli lanciò un’occhiata fugace.

«Tom è tornato» annunciò Gray in tono controllato.

«Bene.»

«È venuto anche il mio cameriere personale con la cuoca e una giovane vedova che...»

Lei sollevò il volto e benché la sua espressione fosse indecifrabile, Gray colse un lampo di collera nel suo sguardo. «Non possiamo permetterci di mantenere altre bocche.»

«Manderò Tom a fare provviste in paese. Naturalmente è tutto a carico mio.»

«Oh, davvero?» replicò lei, risentita.

«Sì, certo.»

«Non potete vivere senza il vostro cameriere?» lo provocò in tono sarcastico.

«Mi sembra di aver già dimostrato che posso, ma preferisco di no.»

«E la giovane vedova? Quali dei suoi servizi vi sono indispensabili?»

Gray corrugò la fronte. «È qui per confezionare un nuovo guardaroba per voi e per vostra sorella» replicò gettando sul tavolo la pezza di seta, che si aprì come una cascata di viole.

Lei la degnò appena di un’occhiata.

«Non ho bisogno dei vostri abiti!»

«Si può sapere che cosa diavolo vi prende?»

«Niente. Solo che preferisco i miei vestiti» dichiarò Kate, sollevando il mento in un gesto di sfida. «E che cosa vi aspettate in cambio? Forse pensate che la reputazione di Lucy sia già compromessa, per cui tanto vale usarla per soddisfare le vostre bramosie. Ma io non vi permetterò di approfittare di lei!»

Per un attimo, Gray rimase così allibito che la fissò senza aprire bocca. Poi gettò il capo all’indietro e scoppiò in una sonora risata. Ma Kate continuava a guardarlo con un’espressione così determinata che ben presto il divertimento venne meno.

Era orgoglioso di lei, così forte e pronta a combattere fino alla morte per l’onore della sorella, anche se aveva travisato ogni cosa.

«Vi assicuro che non ho alcun interesse nei confronti di Lucy» dichiarò in tono serio.

Lei lo guardò con diffidenza. «Vi ho visti stamani, in giardino.»

Gray inarcò un sopracciglio. «Dall’occhiata che mi avete lanciato voi e il vostro cocchiere, ho pensato che fosse mio dovere cercare di consolare vostra sorella. Quello che avete visto era solo un tentativo di mostrarmi gentile, ma vi assicuro che in futuro me ne asterrò volentieri.» Si interruppe e piegò le labbra in un sorriso malizioso. «Soprattutto se la cosa vi rende gelosa.»

Kate scosse il capo e fece un passo indietro, rifiutandosi di credere alle sue parole, ma si trovò bloccata dal tavolo.

Gray ne approfittò per sporgersi verso di lei, inchiodandola con lo sguardo. «Questi discorsi sono senza senso» mormorò. «Credo che sappiamo entrambi quale sia l’oggetto delle mie bramosie, come voi le chiamate.»

Le prese il mento fra le dita e rimase a guardare i suoi occhi che si facevano più caldi e confusi, mentre lei abbassava le ciglia, confermando così le sue parole. Poi si chinò lentamente e le sfiorò le labbra con un bacio che aveva lo scopo di cancellare dalla mente di lei ogni sospetto.

Se queste erano le sue intenzioni, Kate si spinse oltre e lo attirò a sé, allacciandogli le braccia intorno al collo. Stupito dalla sua risposta, Gray la baciò con passione e improvvisamente tutto il desiderio a lungo trattenuto esplose dentro di lui.

Di solito sapeva essere un amante paziente, ma quando Kate si sollevò sulla punta dei piedi e i suoi seni gli sfiorarono il petto, sentì che stava per perdere il controllo. Mentre stringeva a sé il suo corpo arrendevole, gli girava la testa e il polso accelerò i battiti, finché tutto il suo corpo pulsò di un’eccitazione incontenibile. Senza riflettere, la fece stendere sul tavolo della cucina, sopra il tessuto di seta. Lei lo guardava con le labbra socchiuse e gli occhi velati di desiderio, i riccioli scuri sparsi intorno al volto.

Sì, qui e adesso, era tutto quello che riusciva a pensare Gray. Avrebbe potuto prenderla in quell’istante, impadronirsi della sua verginità e farla sua. Le posò le mani sulle cosce e la accarezzò attraverso la stoffa dei pantaloni, poi la strinse di nuovo a sé con ardore. Lei emise un sospiro e chiuse gli occhi alla pressione del suo corpo. Gray poteva sentire il suo respiro farsi affannoso mentre il sangue gli martellava alle tempie spingendolo ad agire. Sì, qui e adesso.

Quando credeva di essere sul punto di esplodere, udì un suono soffocato all’estremità della stanza e sollevò il capo appena in tempo per vedere Badcock sulla soglia, che lo guardava con espressione contenuta.

«Volete fare uno spuntino prima di cena, milord?» domandò.

Lentamente, come se emergesse da una nebbia, Gray si staccò da Kate e la aiutò a rimettersi in piedi. Emise un profondo sospiro e si sforzò di parlare, benché sentisse ancora il fuoco nelle vene. «No, Badcock, stavo solo esaminando la stoffa che avete comprato. Ottima scelta.»

«Sono contento che vi piaccia, milord» replicò il domestico, mentre Kate scivolava fuori dalla stanza.

Gray la guardò andare, impotente, mentre si rendeva conto di quello che era stato sul punto di fare. Era pronto a prendere la sua verginità in una cucina, dove chiunque avrebbe potuto sorprenderli se non fosse stato per l’interruzione di Badcock.

Sgomentato da quel pensiero, lanciò un’occhiata all’impassibile cameriere, indeciso se dovesse ringraziarlo o ucciderlo.