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Kate si scusò e si alzò dal tavolo della colazione. Gray la guardò allontanarsi, irritato che non gli rivolgesse nemmeno uno sguardo. Avrebbe potuto seguirla, ma sapeva per esperienza che era meglio lasciare passare un po’ di tempo. Kate era ancora in collera con lui e lo evitava dal giorno prima, quando era stato sul punto di fare l’amore con lei sul tavolo della cucina.

Gray non avrebbe saputo dire quale impulso si fosse impadronito di lui, ma era contento che Badcock l’avesse interrotto prima che fosse troppo tardi. Se al posto del suo cameriere fosse entrato Tom, probabilmente si sarebbe trovato con un coltello piantato nella schiena.

Stranamente, il vecchio aveva un’espressione più bonaria quel mattino e gli rivolse quasi un sorriso mentre allontanava da sé il piatto vuoto e si accarezzava il ventre con la mano.

«Devo riconoscere, milord, che sapete come scegliere una cuoca.»

«Meg è davvero un tesoro, ma non posso arrogarmi il merito della scelta» gli rispose Gray. «Fu mia madre ad assumerla, rivelando come sempre il suo buon senso e il suo gusto impeccabile.»

Approfittando della buona disposizione del cocchiere, decise di strappargli qualche informazione.

«Bene, adesso che abbiamo provveduto ai bisogni principali, comincerò la caccia all’impostore. Sapreste indicarmi il punto esatto in cui Lucy si incontrava con il suo amante?»

Tom si fece rosso in volto e lo guardò a bocca aperta. «Che cosa?»

«Lucy mi ha detto che si incontravano nel bosco, in una baracca abbandonata vicino al mio casino di caccia. Potete mostrarmi il luogo?»

«Perché?» replicò Tom, sospettoso.

«Vorrei dare un’occhiata. Forse troveremo qualche indizio.»

«E va bene, so dov’è» brontolò il vecchio. «Ci sono stato notte dopo notte, aspettando quel bastardo, ma non si è mai fatto vivo. Se ne è andato, non fatevi illusioni, e non ha lasciato nessuna traccia che possa condurvi da lui.»

«Se non vi dispiace, preferirei vedere di persona.»

«Come volete.» Tom si strinse nelle spalle. «Devo accompagnare Meg a fare provviste in paese, ma prima posso mostrarvi il posto.»

Gray annuì. Non era scoraggiato dal pessimismo del vecchio, dato che non aveva alcuna fiducia nella sua abilità di segugio. Se i suoi sospetti erano giusti, c’erano buone possibilità che l’impostore avesse lasciato qualche traccia. E lui sperava di trovarla.

Un’ora dopo, Gray doveva ammettere che il cocchiere aveva ragione. La piccola baracca dove Lucy si incontrava con il suo amante conteneva solo una branda, un tavolo con due sedie e qualche utensile. Gray esaminò accuratamente il locale, quindi si diresse verso il letto e scostò le coperte.

«Sono di Lucy» lo informò Tom. «Ha portato lenzuola e coperte da Hargate.»

Gray le rimise a posto e guardò sotto il letto, dove trovò solo una gran quantità di polvere. Evidentemente Lucy non si dedicava ai lavori domestici nemmeno nel suo nido d’amore. Abbandonando quell’angolo della stanza, si diresse verso il tavolo, valutandone la rozza fattura, e diede un’occhiata alle poche stoviglie per vedere se ci fosse qualche indizio sulla loro origine. Sfortunatamente erano del tutto anonime e con buona probabilità si trovavano lì dal tempo in cui qualcuno aveva usato quel rifugio come capanno per la caccia.

Quindi Gray si chinò davanti al camino, rovistando tra le ceneri con una bacchetta di legno. Sperava di trovare un frammento di carta o qualche altra traccia che lo conducesse all’uomo che stava cercando, ma c’erano solo cenere e pezzi di legno carbonizzati.

«Niente» disse, frustrato, sedendosi sui talloni.

«Ve l’avevo detto. È una ricerca senza speranza, milord.»

Lui sollevò il capo a queste parole. «Niente è senza speranza, Tom. Se questo posto non è in grado di fornirci una risposta, cercheremo altrove. Vediamo un po’... Questa è Hargate» disse tracciando una X sulla polvere del pavimento, quindi disegnò un cerchio tutt’intorno. «Adesso voglio che mi diciate chi vive nel raggio di quindici chilometri.»

Tom lo fissò con espressione perplessa, poi replicò in tono bellicoso: «E chi vi dice che quel bastardo vive qui vicino? Che cosa vi fa pensare che non sia uno dei vostri nobili amici?».

«Il nostro impostore non può essere un nobile» gli rispose con calma.

«E perché? Forse per quello che ha fatto?»

«No, per quello che non ha fatto. Non le ha mai fatto un regalo, e qui non c’è nemmeno un oggetto che indichi ricchezza. Oltretutto non portava anelli, nemmeno un orologio.»

Tom lo fissava stupito, mentre lui continuava. «Ho interrogato a lungo Lucy, questa mattina» gli spiegò. «E ho scoperto anche che il nostro uomo non aveva un ricco guardaroba, per cui possiamo escludere che sia un nobile. Naturalmente potrebbe trattarsi di una persona di passaggio, ma in questo caso dove abitava?»

Dato che Tom era rimasto in silenzio, Gray riprese, come se stesse ragionando fra sé. «No, sono convinto che il nostro impostore sia un qualunque cittadino, ma non troppo comune. Un contadino o un calderaio ambulante non sarebbe riuscito a ingannare Lucy tanto da farle credere di essere un marchese. Pertanto, sospetto che faccia parte di una famiglia di elevata condizione sociale, qui nella zona, o un parente venuto in visita. Auguriamoci che sia giusta la prima ipotesi, così ci sarà più facile scoprirlo.»

«Che io sia dannato» borbottò Tom, fissandolo ammirato. «Però, siete intelligente!»

Gray abbozzò un sorriso. «Grazie del complimento. E adesso fatemi i nomi di tutte le famiglie dei dintorni.»

Il vecchio si inginocchiò accanto a lui, fissando i segni che aveva tracciato nella polvere.

«Be’, mettiamo che questo sia il nord: da questa parte non c’è niente oltre ai vecchi possedimenti del conte. A ovest c’è la vostra tenuta e a sud il villaggio, ma non ci sono certo molte famiglie di elevata condizione che ci abitino.» Si grattò il mento e aggiunse: «Un po’ più a est c’è la tenuta del giudice Wortley».

«Ha un figlio?» si informò Gray.

Tom sorrise. «Sì, ma è troppo giovane per andare a caccia di gonnelle.»

«Non ci sono altri uomini giovani?»

Tom assunse un’aria pensosa. «È proprio questo il problema. Vedete, milord, non sono così informato dei pettegolezzi locali, dato che ultimamente abbiamo fatto una vita molto riservata. Mi pare di aver sentito dire che ci sia un nipote, o un cugino, qualcuno che si occupa della casa di campagna del giudice, ma dovrei informarmi... Poi ci sarebbe il vicario» aggiunse dopo una pausa. «So che ha cinque figli e uno di loro potrebbe essere dell’età giusta. Anche lui vive a est del villaggio» disse, indicando un punto sul cerchio. «Sua sorella vive lì accanto e oltre c’è un vecchio feudo con un castello, ma non so chi ci abiti adesso.»

Gray studiò i segni fatti sulla mappa improvvisata. «Dirigeremo le nostre indagini nella zona a sudest di Hargate. Sia Wortley che il vicario e i suoi parenti possono aver avuto degli ospiti durante l’inverno.» Sollevò il capo e fissò il vecchio con espressione determinata. «Non voglio farmi vedere in paese, per cui d’ora in avanti dovrò fare affidamento su di voi.» Con sua sorpresa, il cocchiere annuì, gonfiando il petto d’orgoglio.

«A cominciare da oggi, quando accompagnerete Meg a fare provviste» riprese Gray. «Lei potrà aiutarvi a raccogliere qualche pettegolezzo. Direte che è la nuova cuoca, facendo capire che ad Hargate la fortuna è cambiata. Se il nostro uomo si è spaventato delle misere condizioni delle ragazze, potrebbe decidere di farsi rivedere in giro.»

Mentre gli dava istruzioni, Gray si chiese se non stesse riponendo la sua fiducia nell’uomo sbagliato. Era chiaro che non correva una particolare simpatia tra lui e Tom. Aveva preso in considerazione l’idea di servirsi di Badcock, ma uno straniero avrebbe avuto più difficoltà a cogliere le chiacchiere di paese.

Il vecchio si accarezzò la barba. «Siete proprio intelligente, non c’è che dire» borbottò, scuotendo il capo. Gray temette che stesse per rifiutare, ma poi il suo volto rugoso si aprì in un sorriso. «Comincio a credere anch’io che troveremo quell’impostore.»

«Certo che lo troveremo» dichiarò Gray, convinto. «Io non sbaglio mai.»

Dopo che Tom e Meg furono partiti per andare in paese, Gray andò in cerca di Kate per scoprire che sia lei sia la sorella erano impegnate con la sarta. Sospirò, pensando che la vista di Kate avvolta in rasi e sete preziose avrebbe messo a dura prova il suo controllo, e decise di ingannare il tempo esaminando la casa, mentre Badcock prendeva nota delle riparazioni che sarebbero state necessarie.

Era evidente che la tenuta era stata trascurata da anni e richiedeva parecchi interventi e migliorie, non ultima una stanza da bagno. Di nuovo Gray notò alle pareti i segni di quadri che erano stati rimossi e si ripropose di interrogare Kate riguardo gli oggetti mancanti e il dubbio sostegno economico che veniva loro dal tutore.

Terminarono il giro nello studio, e Gray perlustrò attentamente la stanza. Benché non si facesse scrupolo di aprire tutti i cassetti e frugare tra il contenuto, non trovò lettere dell’infame Jasper né d’altro tipo. Trovò invece il libro dei conti di casa, nascosto in un angolo.

Gray lo aprì sullo scrittoio e vide che l’ultima entrata era costituita dal pagamento di un maiale già macellato. L’allevamento di bestiame era una delle attività normali per una tenuta di quelle dimensioni. Solitamente erano degli affittuari ad occuparsene, in cambio di una riduzione del loro canone di affitto. Gray esaminò i resoconti meticolosi delle spese, la maggior parte per il cibo, finché non trovò un’altra entrata. Questa volta si fermò imprecando fra sé.

La cifra, scritta dalla stessa mano delicata, corrispondeva alla vendita di un’urna del settecento in ceramica di Wedgwood per pochi spiccioli. Risalendo rapidamente la colonna, trovò che erano state vendute anche parecchie statue, di cui una del Bernini, e un ritratto di Lely. Tutto era stato acquistato a un prezzo molto inferiore al valore reale. Dallo stesso uomo, il giudice Wortley.

«Che cosa c’è, milord?» gli domandò Badcock, guardandolo preoccupato.

«Ho scoperto dove sono finiti gli oggetti che mancano, ed è molto peggio di quanto pensassi.»

«Oh?»

«Alcuni pezzi di valore sono stati venduti per una cifra ridicola al giudice della contea.»

«Forse era l’unico a cui potevano rivolgersi, milord. Non ci sono molti possidenti in questa zona che possano permettersi di acquistare i beni del conte» suggerì il cameriere in tono ragionevole.

Già, pensò Gray, a meno che le ragazze non avessero avuto un contatto a Londra, dove avrebbero potuto ottenere un prezzo più alto per i loro beni. Probabilmente Wortley era la loro unica salvezza. Ciò nonostante, il giudice non avrebbe dovuto approfittarsi così indegnamente di loro. C’era una bella differenza fra una normale transazione d’affari e una truffa ai danni di due donne innocenti. Come rappresentante dell’autorità locale, Wortley avrebbe dovuto occuparsi di Kate e Lucy, anziché... A un tratto gli venne in mente che quel bastardo poteva aver fatto pressione sulla Corte per ottenere a buon prezzo i suoi tesori.

«Milord?»

Gray sussultò, colpito dall’espressione allarmata di Badcock, e abbassò lo sguardo sul foglio che stringeva in mano. Senza rendersene conto, aveva accartocciato una pagina del libro nel palmo. Lentamente lasciò la presa e lisciò il foglio con le mani. Doveva controllarsi di più, si disse. Tutto quello che riguardava Kate gli provocava una reazione istintiva che non aveva nulla a che fare con il suo comportamento abituale. La cosa cominciava a diventare preoccupante.

Sfogliò il resto del volume, ma non trovò traccia di altre entrate. A quanto pareva, le figlie del conte non ricevevano alcuna rendita dal loro tutore né dai fattori della vasta tenuta. Compiendo uno sforzo deliberato per mantenersi calmo, Gray aggiunse alla lista delle cose da fare un confronto con il giudice Wortley, subito dopo aver smascherato l’impostore e aver affrontato lo zio Jasper.

I suoi pensieri vennero interrotti da un colpo alla porta dello studio che annunciava il ritorno di Tom e Meg. La cuoca sorrideva apertamente e perfino il cocchiere sembrava di buon umore quando Gray li invitò a sedere. Guardandosi intorno, dovette trattenere un sorriso alla vista dello strano gruppetto. Prima di allora non gli era mai capitato di servirsi di un cocchiere, una cuoca e un cameriere per le sue indagini, ma aveva imparato da tempo a essere flessibile nelle sue scelte e sapeva che poteva fidarsi di loro, con la possibile eccezione di Tom.

Ma in quel momento il vecchio sembrava affidabile, mentre riferiva quello che avevano saputo a Chesterton. «Be’, ci sono notizie buone e cattive, milord» esordì. «Negli ultimi mesi sembra che ci sia stato parecchio movimento, sia al castello sia nella casa del vicario e in quella del giudice. Ospiti che andavano e venivano come se non avessero una casa per conto loro.»

Gray non ne fu sorpreso. «Ammetto che potrebbe sembrare scoraggiante, ma se scopriremo l’identità degli ospiti e la durata delle loro visite, sono sicuro che potremo restringere la lista dei sospetti.»

Il cocchiere sembrava scettico, ma annuì. «Quanto ai figli del vicario, uno è troppo grasso e l’altro è troppo biondo. Rimane solo Ezra, il maggiore, e un altro giovanotto del paese che corrisponde alle descrizioni di Miss Lucy, il nipote del giudice, Archibold Rutledge.»

«Molto bene» disse Gray, riflettendo tra sé. «Avete fatto un buon lavoro.» Si interruppe, guardandoli uno dopo l’altro. «Non ho bisogno di dirvi che dobbiamo mantenere il segreto, per il momento. Non voglio dare false speranze a Miss Lucy» disse, soffermandosi su Tom.

Con sua sorpresa, il cocchiere annuì senza protestare e si affrettò a seguire Meg per aiutarla a sistemare le provviste.

Quando la porta si fu richiusa dietro di loro, Badcock scosse il capo. «Il colpevole potrebbe essere chiunque ed essersene andato da tempo, milord.»

«Può darsi, ma so per esperienza che è meglio non trascurare la soluzione più banale.»

«Che cosa farete, adesso?»

«Tenderemo una trappola» gli rispose Gray con un sorriso compiaciuto. «E staremo a vedere chi ci cadrà.»

Con un canestro al braccio, Kate seguì il confine del bosco fino al punto in cui gli arbusti di more prendevano il posto dei vecchi pascoli. Godeva dell’aria fresca e della libertà che le consentivano i pantaloni, dopo la seduta estenuante con la sarta.

Tutte quelle prove erano servite solo a riportarle il ricordo di un’altra vita, molto tempo prima, che non le era di alcun aiuto. Oh, alcune delle stoffe erano fini e delicate come l’ala di una farfalla, ma che utilità potevano avere nel suo mondo? Dove avrebbe potuto indossare quegli abiti raffinati? Non c’erano balli o avvenimenti sociali nel suo carnet, solo il lavoro che andava fatto.

Lucy, che si aggrappava con tenacia al passato, era rimasta entusiasta, così Kate si era prestata al gioco per non deludere la sorella. E la figlia di Meg era stata molto gentile, trattandole come se fossero ancora due ereditiere. Ma lei conosceva la verità e nessun abito nuovo avrebbe potuto cambiarla. Tiravano avanti a fatica e sarebbe stato più utile un altro maiale da macellare di un vestito elegante.

Ma non si poteva discutere con il marchese, e se lui aveva deciso che erano troppo trasandate per i suoi gusti, che provvedesse pure! Gray non aveva mai accennato a un prezzo da pagare per i servigi della signora Leeds, né Kate aveva intenzione di pagarlo.

Dopo che le aveva assicurato di non essere interessato a Lucy, non era più preoccupata che reclamasse un compenso dalla sorella. Il marchese non era uomo da mentire così apertamente, nonostante tutti i suoi difetti.

E ormai Kate ne aveva scoperti più d’uno. Oltre alla sua arroganza, era in preda a un capriccio diabolico che l’aveva spinto a baciarla. Evidentemente gli piaceva metterla alla prova e burlarsi di lei, ma quello che era successo in cucina andava oltre i limiti. Kate arrossì al ricordo del comportamento sconveniente del marchese e della sua reazione senza pudore. Fece gli ultimi passi di corsa, come se volesse allontanarsi da quel pensiero, e quando raggiunse la siepe di more gettò a terra il cesto con un gesto irritato.

Era tutta colpa sua! Un gentiluomo non avrebbe dovuto metterla in quella situazione. Non aveva il diritto di trattarla come un giocattolo per il proprio divertimento. Avrebbe almeno potuto scusarsi, invece non sembrava affatto contrito e si era messo a parlare con Badcock come se niente fosse. Kate si sentì fremere di sdegno al pensiero che quell’esperienza, così devastante per lei, per lui non aveva significato nulla.

La mano le tremava mentre raccoglieva i frutti maturi. Insieme all’imbarazzo, avvertiva uno strano senso di frustrazione. Si era sentita sciogliere tra le sue braccia, fino a perdere la ragione e lasciare che facesse quello che voleva di lei. Era umiliante. Ed era così fin dall’inizio, perché il marchese riusciva a farle perdere la testa mantenendo il suo freddo controllo. Kate sospirò. La sua vita era già abbastanza difficile, senza aggiungere i problemi causati da quell’ospite.

Il silenzio venne spezzato da un rumore di passi e Kate si voltò, chiedendosi chi potesse averla seguita in quel posto solitario. Alla vista di Gray che risaliva il pendio, impeccabilmente vestito dagli stivali lucenti alla giacca elegante, sentì rinascere la collera. Nonostante il caldo, sembrava completamente a suo agio e nemmeno una goccia di sudore gli imperlava la fronte.

Kate provò l’impulso di dargli uno spintone e farlo rotolare lungo la collina per togliergli dal viso quell’aria così sicura di sé. Gli voltò le spalle e continuò a raccogliere le more con gesti nervosi.

«Kate.» La sua voce era calda e irresistibile, ma lei si rifiutò di rispondere. «Devo parlarvi di Lucy» disse in un tono disinvolto che le fece stringere i denti.

Non aveva alcuna intenzione di scusarsi per il suo comportamento del giorno prima, o forse quell’episodio significava talmente poco per lui che se n’era già dimenticato. Kate gli lanciò uno sguardo gelido e si rimise al lavoro.

«Ho cominciato le mie ricerche. Meg e Tom hanno raccolto alcune voci in paese e abbiamo qualche indizio promettente, ma non voglio che Lucy sappia quello che stiamo facendo.»

«Avete paura che possa interferire?» gli chiese, evitando di incontrare il suo sguardo.

«Be’, sì, mi sembra un po’ troppo emotiva.»

Benché una parte di lei apprezzasse gli sforzi di Gray e quello che stava facendo per la sorella, Kate non poteva trattenere un fastidio del tutto irragionevole all’idea che fosse ansioso di farla finita al più presto con Hargate e i suoi abitanti.

«Molto bene. Non le dirò niente» replicò sforzandosi di mostrarsi controllata come era stata in tutti quegli anni. Sfortunatamente, Gray sembrava possedere il dono di toccare le fibre dei suoi nervi, lasciandole tese come corde di violino.

«Credo che sia la cosa migliore, almeno fino a quando non avrò scoperto con che tipo di uomo abbiamo a che fare.» Gray si avvicinò. «Lasciate che vi aiuti.»

Allarmata, Kate vide con la coda dell’occhio che stava per sfilarsi la giacca bordeaux. «No, non è necessario!» protestò. Per favore, non levatevi la giacca!, gridò in cuor suo, ma Gray, una volta rimasto in camicia e gilet, cominciò ad arrotolarsi le maniche.

Nonostante l’avesse già visto con meno indumenti, la vista dei suoi avambracci sotto il sole le provocò un senso di debolezza e languore. Come se fosse ignaro del suo sguardo, lui le prese di mano il cesto e si avvicinò ai rovi. Non indossava i guanti, ma coglieva i frutti con gesti decisi e li faceva rotolare delicatamente nel cesto.

Kate distolse lo sguardo con il volto in fiamme. «Vi macchierete le dita» lo avvisò, quando fu in grado di parlare.

«Non importa.»

Lei si sforzò di ignorare la sua presenza e si concentrò a riempire il cesto il più in fretta possibile, in modo da por fine a quella situazione imbarazzante.

Per un po’ rimasero avvolti nel silenzio, interrotto solo dal fruscio dei rami e dal cinguettio degli uccelli. Kate stava per recuperare il controllo, quando lui parlò.

«Mi dispiace se ieri vi ho messa a disagio» osservò.

Kate rimase in silenzio, la mascella serrata.

«Dovrete accontentarvi della mia parola, ma di solito non sono così impulsivo. Voi avete uno strano effetto su di me.»

«Spero solo sia chiaro che non ho intenzione di ripagarvi in alcun modo per quegli abiti nuovi.» Gli lanciò uno sguardo gelido, ma lui si limitò a inarcare un sopracciglio.

«Voi mi insultate, Kate. Avete pensato davvero che volessi comprarvi? Credete che sia abituato a pagare per il mio piacere?»

Lei avvampò in viso e distolse lo sguardo, raccogliendo i frutti con mano tremante.

«Siete deliziosa quando arrossite, Kate, ma credevo che preferiste parlare apertamente» osservò lui in tono divertito.

«Anch’io ho i miei limiti.»

Lui si avvicinò fino a sfiorarle i capelli con il respiro. «Davvero, Kate?» mormorò, come se si riferisse a qualcosa di completamente diverso.

La sua vicinanza, il suo calore, la sua voce bassa e sensuale avevano un effetto devastante su di lei. In un moto di ribellione, si girò per respingerlo e la sua mano atterrò con violenza sul gilet riccamente decorato, schiacciando i frutti che teneva nel palmo. Costernata, Kate lo guardò in viso, aspettandosi una reazione di collera.

Ma Gray non parve sconvolto dal danno al prezioso indumento. Sollevò le sopracciglia, sorpreso, e piegò le labbra in un sorriso più minaccioso di una sfuriata. «Katie, tesoro, non posso credere che lo abbiate fatto intenzionalmente.» Abbassando lo sguardo, prese uno dei frutti schiacciati sul gilet e lo tirò contro di lei, facendolo finire dentro la scollatura della camicia.

Kate trattenne il fiato per l’umiliazione mentre lui la guardava con espressione carica di promesse.

«Che cosa avete intenzione di fare?» mormorò, spaventata. Un gentiluomo se ne sarebbe andato indignato, ma Gray aveva già dimostrato di non essere il tipico Lord. Era molto più imprevedibile e pericoloso. Sotto lo sguardo allibito di Kate, intinse il dito nei frutti schiacciati e glielo portò alle labbra. Lei avrebbe voluto fuggire, ma aveva i rovi alle spalle e lui le bloccava il passo.

Lentamente, si fece più vicino e le sfiorò le labbra con il dito, bagnandole di succo di mora, mentre lei rimaneva inchiodata, incapace di reagire. Le prese il mento nella mano e le accarezzò delicatamente il collo. Con un gesto nervoso, Kate raccolse con la lingua il succo che le colava dalle labbra.

«Ne avete lasciato un po’.» La voce di Gray era calda e profonda e Kate si sentì piegare le ginocchia mentre si chinava su di lei. Quando le sfiorò le labbra con la lingua, la sensazione fu così dolce che trattenne a stento un grido. I suoi gesti provocanti la facevano impazzire, finché socchiuse le labbra e lasciò che si impadronisse completamente della sua bocca.

Mentre la baciava, le accarezzava il volto seguendo il contorno delle guance e delle orecchie delicate. Il calore le faceva girare la testa e Kate si lasciò scivolare al suolo, accogliendo con sollievo il fresco contatto dell’erba sotto di sé. Prima che si rendesse conto di quello che stava succedendo, Gray le aveva sfilato la camicia dai pantaloni e la sua mano si muoveva sulla sottoveste accorciata, raggiungendo il petto già gonfio di desiderio. Le sue labbra le percorsero la gola, scendendo verso l’attaccatura del seno e soffermandosi sul sottile tessuto.

Kate poteva sentire il suo tocco delicato, morbido e straziante... poi, a un tratto, quella sensazione finì. Aprì gli occhi, soffocando un grido di delusione, e lo vide infilare la mano nel cesto di more. Le sue dita ne riemersero intrise della polpa dei frutti.

«Assaggia» mormorò, portandogliele alla bocca. Il suo volto era chino su di lei, animato da una passione uguale a quella che la divorava e che ormai non poteva negare. Come in preda a un incantesimo, lasciò che le stuzzicasse le labbra con le dita, da cui succhiò la dolcezza dei frutti con gesti dapprima esitanti.

Il respiro di Gray si fece più affannoso, ma Kate aveva la mente troppo annebbiata per accorgersene. Si sentiva avvampare dal calore e, quando lui le sollevò la sottoveste, sentì con piacere l’aria fresca sulla pelle. Gray le posò le mani sui seni, ricoprendoli di succo di mora, poi si chinò a raccoglierlo con le labbra con gesti abili e sensuali che le strapparono un gemito.

Un attimo dopo era sopra di lei e cercava con impazienza la sua bocca, avvolgendola nel calore del suo corpo e suscitando una risposta che lei non era più in grado di trattenere.

In un lampo di lucidità, Kate capì quello che voleva, quello che aveva sempre desiderato e che ora la faceva fremere in modo incontrollato sotto la pressione del corpo di lui. Ma sapeva anche quale sarebbe stato il prezzo. Come poteva donarsi così facilmente a un uomo che il giorno dopo l’avrebbe lasciata, dopo essersi divertito con lei?

«No.» Gli posò le mani sul petto e lo respinse. Lui sollevò il volto e per un attimo Kate lesse nel suo sguardo un’intensità che le tolse il respiro, un bagliore di desiderio vorace che contrastava con la sua aria solitamente calma e impassibile. Poi la sua espressione tornò impenetrabile.

«Sembra che stia sviluppando una tendenza per i luoghi più inappropriati» disse, scivolando lentamente al suo fianco.

Kate era sicura di aver solo immaginato il suo tormento di poco prima, perché nella voce di lui non c’era traccia che rivelasse quello che era appena successo tra loro.