Gray era deluso. Non sapeva nemmeno lui che reazione si fosse aspettato da Kate all’annuncio delle nozze della sorella, ma non quella calma rassegnazione. Diamine, aveva ricevuto più apprezzamenti dai suoi avversari politici! Anche il più accanito di loro non poteva fare a meno di riconoscere la sua intelligenza, la sua diplomazia e la sua abilità finanziaria. E non si era mai occupato di questioni personali. Eppure aveva appena trovato un marito per Lucy, salvando la sua reputazione e il suo ideale romantico e che cosa aveva ottenuto in cambio?
Non pretendeva che Kate si gettasse ai suoi piedi con riconoscenza, ma avrebbe potuto almeno mostrare di apprezzare le sue argute deduzioni. Ci teneva molto al suo giudizio, in un modo che non avrebbe saputo spiegare. Invece lei era rimasta in silenzio per tutta la cena, limitandosi a rivolgergli un cenno del capo come per dire: Bel lavoro, milord. E adesso potete anche andarvene.
Oh, no, non si sarebbe liberata così facilmente di lui, pensò con crescente irritazione. Aveva sempre ottenuto tutto quello che voleva e non era abituato a farsi trattare in quel modo.
Era Wroth, e nessuno osava mai opporsi a lui.
Desiderava quella donna, non solo fisicamente, ma voleva che dividesse con lui i suoi pensieri, l’allegria, la passione. Non sopportava che lo escludesse così e, quando la vide alzarsi per lasciare la stanza, provò l’impulso di gettarsela su una spalla come avrebbe fatto un uomo primitivo e portarla nella sua camera.
«Posso parlarvi un momento, milord?»
La voce di Tom penetrò nei suoi pensieri. Esalando lentamente, Gray rivolse la sua attenzione al cocchiere, che lo guardava con aria titubante. «Che cosa c’è?»
«Facciamo due passi in giardino, se non vi dispiace.»
Quell’atteggiamento amichevole, così insolito da parte sua, lo mise in allarme. Meglio stare in guardia, decise. Benché non si aspettasse che il vecchio volesse tendergli un agguato, preferiva essere pronto a ogni eventualità.
La serata era calda e serena, l’aria profumata e il cielo trapunto di stelle. Era l’atmosfera ideale per due amanti. Sfortunatamente non si trovava in compagnia di una graziosa damigella, ma di un vecchio scontroso per il quale Gray non nutriva sentimenti generosi. Del resto, non era la prima volta che era costretto a frequentare gente di cui diffidava, perciò mantenne un’espressione neutrale mentre camminava al suo fianco.
«Io... io volevo solo ringraziarvi, milord.» La dichiarazione di Tom lo colse di sorpresa. «So di non avervi mai trattato con il dovuto rispetto, ma ero preoccupato per le mie ragazze, capite. Adesso che so che le vostre intenzioni erano a fin di bene, devo dire che avete fatto un brillante lavoro.»
Nonostante la sua istintiva diffidenza, Gray ne fu compiaciuto, anche se avrebbe preferito sentirsi rivolgere quelle parole da un altro membro della casa. Accettò il complimento con un cenno del capo e continuò a camminare.
«Se non fosse stato per voi, Lucy non avrebbe mai ritrovato il suo uomo, e di questo vi siamo tutti grati. Tuttavia...» Tom si interruppe come se cercasse le parole appropriate. «Abbiamo ancora un problema da risolvere» riprese, accarezzandosi la barba. «E dato che riguarda la vostra presenza in questa casa, pensavo che potreste trovare il modo di rimediare...»
Il vecchio lasciò la frase in sospeso e Gray si chiese che cosa diavolo volesse dire. Forse Kate gli aveva chiesto di dargli il benservito, ora che aveva portato a termine il suo compito? Ma se pensava di spedirlo via in quel modo, si sbagliava di grosso.
«Volete essere più esplicito?» chiese a Tom. Si fermò sui suoi passi, vedendo che il volto del vecchio si allargava in un sorriso minaccioso nonostante le sue lusinghe. Con i sensi all’erta, Gray scrutò nell’oscurità che li circondava, ma tutto era immobile, tranne le foglie che frusciavano sopra di loro.
«Be’, vedete, è una questione piuttosto delicata. Ammetto di avervi mal giudicato in un primo tempo, ma ora che mi avete dimostrato che sbagliavo, mi aspetto che facciate quello che si conviene.»
«E che cosa, precisamente?» domandò Gray, sollevando un sopracciglio.
«Il fatto è che vi trovate qui da un certo tempo, milord, senza che in questa casa ci sia un adeguato chaperon. Una volta c’era una governante, ma quando cominciarono le difficoltà economiche, se ne andò e dopo di lei scomparve tutta la servitù, finché non restammo che la signora Gooding e il sottoscritto. Dopo che il buon Dio la prese con sé, lo scorso autunno, restai solo io a sorvegliare le ragazze. Ho cercato di fare del mio meglio, pur sapendo di non essere la persona più appropriata.»
Gray annuì, chiedendosi dove volesse arrivare tutto quel discorso contorto.
Tom gli rivolse uno sguardo astuto. «Ammetto che non siete venuto qui di vostra volontà» riprese, «ma la decisione di restare è stata vostra e sia voi che io sappiamo bene che cosa penseranno i vostri amici. Sicuramente avete rovinato la reputazione della mia Katie, per il semplice fatto di esservi trattenuto qui senza una presenza femminile all’infuori di Lucy.»
Gray trattenne a stento una risata quando si rese conto di quello che voleva suggerire il vecchio. Nascondendo il proprio divertimento, allentò la vigilanza, ora che sapeva di non avere nulla da temere.
«Non voglio litigare con voi» proseguì Tom, a disagio, «ma credo che dovreste mettere a posto le cose e l’unico modo è quello di sposare Kate. Dopotutto è figlia di un conte e sono sicuro che non potreste trovare una donna migliore in tutta l’aristocrazia di Londra. Se ve ne andrete adesso, dopo tutto quello che è successo, avrete salvato la reputazione di Lucy ma rovinato quella di Kate, benché lei non abbia fatto nulla per meritarlo.»
Gray doveva ammettere che c’era stata più di una circostanza in cui aveva compromesso Kate e lei si era comportata in modo tutt’altro che decoroso, anche se fortunatamente il cocchiere non sapeva nulla di quegli episodi. Gray ricordava molto vividamente quanto era avvenuto in cucina e poi sull’erba in collina.
Consapevole del vecchio che lo stava osservando, allontanò quei pensieri dalla mente. Doveva ammettere che provava una sorta di ammirazione per la sua lealtà e il suo coraggio; non molti servitori avrebbero osato proporre un matrimonio ai loro padroni. Sfortunatamente non era in grado di dargli una risposta che potesse tranquillizzarlo.
«Vi assicuro che non ho intenzione di lasciare Lady Courtland in una situazione scabrosa» rispose senza compromettersi.
«Che cosa farete, allora?» incalzò Tom, apparentemente insoddisfatto da quella vaga dichiarazione. «Avete intenzione di sposarla?»
Gray esitò. Era abituato a giocare d’astuzia e non era sicuro che fosse il momento di scoprire le carte. Inoltre aveva dovuto rivedere di recente il suo piano originale e i suoi sentimenti al riguardo erano ancora contrastanti. Rifletté tra sé, fissando lo sguardo nell’oscurità. Poteva capire le preoccupazioni di Tom, perché erano state anche le sue, ma sapeva anche di non aver alcun obbligo nei confronti di Kate. Nessuno, tranne un paio di servitori fedeli, era al corrente della sua permanenza ad Hargate, e quindi nessuno sarebbe venuto a sapere della sua partenza.
Poteva sempre denunciare il tutore di Kate e togliergli la gestione dell’eredità per metterla nelle mani di un amministratore fidato. Una volta sistemata economicamente e adeguatamente scortata, Kate avrebbe potuto partecipare alla vita sociale di Londra che le era stata negata. Gray la immaginò in un salone da ballo, circondata dagli ammiratori, e le sue mani si strinsero a pugno.
Naturalmente, Kate non era più la giovinetta ingenua che era stata fino a poco tempo prima, e di questo si sentiva responsabile. Ma anche se aveva scatenato la sua passione, lei aveva pur sempre il dono della verginità da offrire a un marito.
All’improvviso, quello che determinò la sua decisione non fu l’esperienza accumulata in una vita a soppesare i fatti e valutare le alternative, ma una violenta reazione istintiva al pensiero che qualcun altro facesse l’amore con la donna che aveva scelto per moglie. Una possessività primordiale lo assalì, accompagnata da un’intensa gelosia per quell’uomo senza nome e senza volto.
Così, il giovane aristocratico considerato da tutti cinico, brillante, implacabile, ma mai impulsivo, diede una risposta senza nemmeno considerare le possibili ripercussioni del suo gesto. «Sì, ho intenzione di sposarla» dichiarò quasi con rabbia.
Tom annuì vigorosamente. «Ecco una buona notizia, milord! Una buona notizia davvero! Aspettate solo che lo dica a Meg! Ne sarà felice!»
«Già, immagino che tutti ne saranno entusiasti» disse Gray con sarcasmo.
Tutti, tranne la promessa sposa.
Kate era da sola in cucina, immersa in cupi pensieri. Meg era già andata a dormire, ma lei non aveva più ragione di svegliarsi all’alba. Sarebbe dovuta essere contenta, continuava a ripetersi. Lucy aveva trovato il suo uomo, che si era rivelato non un mascalzone ma un giovane spaventato che la amava. Non avrebbe più dovuto affrontare un futuro di miseria, da sola con il suo bambino, ma avrebbe avuto accanto un marito in grado di mantenerli. La sua felicità era assicurata.
E allora perché Kate si sentiva come se le avessero strappato il cuore? Non era mai stata gelosa di Lucy in vita sua. Fino a quel momento. E insieme all’invidia bruciante provava un senso di desolazione e abbandono all’idea che presto se ne sarebbe andata. Tutt’a un tratto, la sorella minore, che era stata più che altro un peso in tutti quegli anni, le appariva come l’unica persona che potesse salvarla dall’isolamento totale.
E forse presto se ne sarebbe andato anche Tom. Non era un segreto che si fosse affezionato a Meg e probabilmente avrebbe scelto di tornare a Londra con lei. Doveva parlarne con Gray: forse avrebbe potuto trovargli un posto nelle sue scuderie, in modo che potesse stare vicino alla donna che aveva scelto.
E lei sarebbe rimasta completamente sola. Si aggrappò al bordo del vecchio tavolo, lottando contro le lacrime che le serravano la gola.
«Kate?»
La voce di Tom la fece trasalire. Non voleva farsi vedere in quello stato, altrimenti il vecchio servitore non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarla. Soffocò un singhiozzo e si voltò verso di lui, grata dell’oscurità che la avvolgeva.
«Oh, Tom. Guardavo se era rimasta un po’ di quella stupenda crostata che ha fatto Meg.»
«Mi dispiace, l’ho finita io. Ma potremmo assaggiare quel vino che ha comprato il marchese. Ho voglia di festeggiare.» Così dicendo, il vecchio accese una candela con le braci del camino e la posò sul tavolo.
«Già, è proprio una bella notizia» disse Kate, sforzandosi di sorridere. «Dobbiamo brindare alla felicità di Lucy.»
«Oh, sì, certo. Devo ammettere che il marchese ha fatto un buon lavoro. Mi ero sbagliato su di lui, Katie.»
Le sue parole la colsero di sorpresa. Indubbiamente Meg aveva ammorbidito l’ostilità di Tom per il marchese, ma non si sarebbe mai aspettata una capitolazione totale.
Lui sorrise al suo stupore. «Be’, sai com’è, dovevo badare alle mie ragazze e non potevo fidarmi di lui, sapendo che tutti lo considerano spietato, pericoloso e ricco come Creso. Ma lui è diverso, Katie.»
Lei lo scrutò incuriosita mentre versava il vino. Conosceva Tom da una vita e quel suo cambiamento repentino le sembrava sospetto.
«Sì, è un tipo a posto. Ha mostrato di essere intelligente e di comportarsi correttamente.» Tom ammiccò e vuotò il bicchiere d’un fiato. «E non è uno di quei giovinastri debosciati... È un uomo vigoroso che potrà generare parecchi figli, ne sono sicuro.»
Kate sgranò gli occhi a quella affermazione e bevve un sorso di quel vino delizioso.
«Sarà un ottimo marito per te» concluse Tom, posando il bicchiere sul tavolo.
Questa volta il vino le andò per traverso e dovette tossire prima di riuscire a ritrovare la voce. «Che cosa hai detto? Marito?»
«Proprio così. L’ho convinto a fare il suo dovere nei tuoi confronti.»
«Il suo dovere?»
«Sì, e lui si è mostrato molto ragionevole. Gli ho spiegato che la sua presenza in questa casa, senza un adeguato chaperon, avrebbe suscitato dei pettegolezzi e lui si è dichiarato d’accordo con me. Non ha sollevato nessuna obiezione.»
Kate cominciava a capire. Era proprio tipico di Gray: freddo e razionale come sempre, avrebbe fatto quello che ci si aspettava da lui perché era un uomo d’onore. E l’avrebbe presa in moglie, che lo desiderasse o meno. Quel pensiero la fece rabbrividire.
Non si faceva illusioni su se stessa. Sapeva di essere abile nei lavori manuali e sveglia di mente. Sapeva cucinare, curare le piante e tenere i conti, ma non aprire un ventaglio o suonare il piano. Pur essendo figlia di un conte, non aveva mai vissuto nel mondo raffinato dell’aristocrazia. I suoi sforzi per mantenere unita la famiglia l’avevano forgiata per sempre e non si sentiva tagliata per nient’altro che una tranquilla vita di campagna.
Quanto all’aspetto fisico, sapeva di non essere graziosa e delicata come Lucy, e poteva ben immaginare quali donne affascinanti conoscesse Gray a Londra. Si sarebbero fatte beffe di lei, pensò, oppure l’avrebbero trattata con commiserazione. La collera le fece posare il bicchiere sul tavolo con un colpo secco.
«Bene. Può tenersi la sua nobile e generosa proposta e impiccarsi!» dichiarò con voce vibrante di indignazione.
«Suvvia, Katie, non prenderla così. Ti ho portato una buona notizia!» protestò Tom.
«Buona per chi? Così ti sentirai libero di andartene con la tua Meg? Non ho alcuna intenzione di trattenerti, Thomas Beane, e non ho bisogno di te, per cui puoi fare quello che ti pare senza sentirti responsabile per me.»
Tom rimase confuso davanti alla sua violenta reazione. «Ma no, Katie, non è affatto così... Io pensavo... Oh, al diavolo! Credevo che quell’uomo cominciasse a piacerti!»
«Devi porre un freno alla tua immaginazione» replicò lei. «Apprezzo gli sforzi che ha fatto per Lucy, ma questo è tutto. E non mi lascerò mettere al guinzaglio da lui!»
Un’insolita collera, unita a un senso di umiliazione, la faceva sentire come un vulcano pronto a esplodere. Non riusciva a capacitarsi nemmeno lei di quella reazione, e tanto meno riusciva a spiegarla a Tom, che la fissava allibito.
«Andiamo, Katie, sii ragionevole...»
Ragionevole? Assennata? Era quello che era stata per tutta la vita, ma ora voleva scagliarsi contro tutto e tutti per aver distrutto la sua placida esistenza, averle strappato le persone a cui era affezionata, averle tolto i compiti che erano diventati la sua ragione di vita e averla lasciata con un senso di vuoto e di inutilità e con la beffa finale di un matrimonio di convenienza quando sua sorella si sposava per amore.
«No» dichiarò con voce bassa e minacciosa. «Non voglio sentire una parola di più, Tom. Va’ pure a Londra con Meg, ma non cercare di sistemarmi come se fossi una poveretta allo sbaraglio.»
«Katie...»
Sul punto di esplodere, lei non lo degnò di una risposta e uscì dalla cucina con un’aria regale degna di Lucy. Quindi salì nella sua stanza dalla scala di servizio, sperando di non incontrare nessun altro, e tantomeno Gray.
Dopo una notte trascorsa a rigirarsi nel letto, Kate si alzò ancora di cattivo umore ma se non altro più calma, anche se si sentiva avvampare ogni volta che immaginava Tom mentre spingeva il marchese a chiederla in moglie. Era tentata di darsi malata e rimanere in camera sua per tutto il giorno, ma era abituata a non fuggire davanti ai problemi, così, alla fine, si decise a scendere, determinata a non lasciar trapelare la sua agitazione.
Era già mezzogiorno quando entrò in sala da pranzo, ma sulla credenza c’era ancora quello che era avanzato della colazione e Kate mangiucchiò qualcosa svogliatamente. Naturalmente Meg non aveva bisogno di lei in cucina. Forse avrebbe potuto chiedere a Badcock di aiutarla a pulire le stanze al primo piano. Pur essendo il cameriere personale di Wroth, si era sempre mostrato servizievole e lei non voleva ricorrere a Tom per non doverlo sentire discutere ancora sulla sua reputazione in pericolo. Aveva smesso da tempo di occuparsi di questioni così inconsistenti, quando era ben più importante la sopravvivenza quotidiana.
Si stava alzando da tavola, quando entrò una giovane cameriera dal grembiule inamidato. «Posso portarvi qualcosa d’altro, milady?» le domandò con un grazioso cenno del capo.
Kate la guardò sorpresa. «Chi siete?»
La giovane sorrise. «Sono Dora, milady, la nuova cameriera. Sua Signoria mi ha mandata qui da Londra. Non avevo mai visto una campagna così bella!»
Kate sentì montare di nuovo la collera nei confronti di Wroth. Stava per reagire, ma si trattenne per non coinvolgere quella ragazza innocente.
«No, grazie, Dora» rispose sforzandosi di sorridere. Vedendo che la cameriera si accingeva a sparecchiare, decise di uscire. Forse avrebbe potuto dedicarsi al giardinaggio, approfittando del bel tempo.
In un vecchio capanno c’erano la maggior parte degli attrezzi, ma, dando un’occhiata alla condizioni delle aiuole, Kate si rese conto che avrebbe avuto bisogno di una pala per rimuovere le erbacce più robuste. Si avviò verso le stalle e fu sorpresa di vedere che uno dei box era stato riempito di paglia fresca e che gli unici due cavalli che possedevano erano nel pascolo vicino.
Cominciava a sentirsi un’estranea in casa sua, completamente all’oscuro di quello che vi succedeva. L’irritazione la spinse ad agire. Entrò in cucina, dove Meg era indaffarata ai fornelli e le chiese: «Che cosa sta succedendo nelle stalle?».
«Oh, Lady Kate, mi avete spaventata!» Meg si voltò, colta di sorpresa. «Be’, credo che Mr. Badcock e Mr. Beane siano andati a Londra a prendere uno dei cavalli del marchese e siano tornati portando con sé anche Dora. Devo dire che non sarà male avere un altro aiuto qui.»
Il commento della cuoca non voleva affatto essere una critica, ma Kate si sentì ugualmente in colpa, come se lo stato in cui si trovava Hargate fosse in qualche modo da imputare a lei. «Dov’è il cavallo?» chiese in tono sostenuto.
Meg la guardò, sorpresa. «Credo che il marchese sia uscito a ispezionare la tenuta.»
Come se la considerasse già sua!, pensò Kate esasperata. Troppo agitata per rispondere, si limitò a un cenno del capo e tornò verso le scuderie. Come osava! Se lei non aveva più avuto rapporti con i fattori che coltivavano le terre del padre, era perché non aveva alcun potere. Zio Jasper si occupava di controllare i fittavoli e di riscuotere, come di tutto il resto. Ma con che diritto Gray si immischiava nei suoi affari?
Più ripensava al modo in cui le aveva tolto ogni potere in casa sua, più si infuriava con lui. Non aveva nessuna intenzione di lasciare tutta la sua vita nelle mani di un Lord arrogante. Era già abbastanza che Gray avesse stravolto la casa, portandovi i suoi domestici senza chiedere il suo permesso, ma ora si comportava come se fosse il proprietario della terra, delle colline e dei pascoli che appartenevano da secoli alla sua famiglia!
Sarebbe voluta uscire a cercarlo, ma non aveva idea di quale direzione avesse preso. Così non le restava altro che aspettare nelle vicinanze delle scuderie, sperando di incrociarlo al suo ritorno. Mentre camminava avanti e indietro, sentiva crescere la sua frustrazione. Alla fine sedette sul fianco della collina e nascose il volto tra le mani. Che cosa le stava succedendo? Quante volte aveva sentito il peso di dover mandare avanti da sola tutta la casa? Fin dalla morte del padre, aveva preso su di sé un compito dopo l’altro, fino a esserne sommersa.
Ma era sempre meglio sentirsi sommersa dalle responsabilità che completamente inutile.
Ormai non aveva niente da fare, o almeno niente di importante, e la cosa la spaventava. Il lavoro era tutto quello che aveva e senza si sentiva una nullità. Era la figlia di un conte che indossava i pantaloni, puliva le stalle e mandava avanti la casa da sola, ma era fuori posto nel mondo aristocratico per il quale era nata.
Kate sapeva che non poteva tornare indietro e diventare una vera lady. Non sarebbe più riuscita a passare il tempo dipingendo acquerelli, suonando il piano e chiacchierando di argomenti superficiali. Non avrebbe mai potuto reinserirsi in quel mondo dorato e splendente, perché lei era troppo diversa.
Ma se non poteva tornare indietro e aveva ormai perso il suo posto, che cosa poteva fare? Come sarebbe andata avanti?
Non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasta seduta lì, immersa nella sua desolazione, ma a un certo punto un rumore di zoccoli la riscosse. Si alzò di scatto asciugando le lacrime e preparandosi ad affrontare Gray.
«Kate!»
Lei gli andò incontro, cercando di ignorare l’eleganza con cui smontava da cavallo. Di certo non era mai esistito un Giuda così affascinante.
«Come osate!» lo assalì in tono gelido.
Per tutta risposta, lui inarcò un sopracciglio.
«Avete oltrepassato i limiti, milord.»
«Davvero? Non mi ero reso conto che mi aveste posto dei limiti, Kate.»
Lei si sentì arrossire, ma era determinata a non lasciarsi trascinare in una delle sue consuete schermaglie. Incrociò le braccia al petto e sostenne il suo sguardo. «Non avete alcun diritto di parlare con i nostri fittavoli.»
Questa volta aveva colpito la sua attenzione, perché lui sollevò entrambe le sopracciglia e i suoi occhi si fecero penetranti. «Volevo solo cercare di capire come se la passano, Kate. Ieri ho incontrato una delle famiglie che stava abbandonando la terra a causa del suo cattivo utilizzo. Credevo che vi avrebbe fatto piacere vedere vostro zio chiamato a rispondere delle sue azioni prima che dilapidasse tutta la vostra eredità.»
Kate batté le palpebre. Come era venuto a sapere di Jasper? E perché non le aveva detto niente? Certo che le faceva piacere, anche se era un po’ invidiosa del suo successo, quando tutti i suoi tentativi si erano rivelati inutili. Ma Gray aveva agito senza rispettare i suoi sentimenti e lei si rifiutava di sentirsi in debito con lui. Per di più il suo atteggiamento così imperturbabile e sicuro di sé la mandava in collera.
«Al diavolo voi e i vostri modi arroganti!» gridò, scagliandosi contro di lui e colpendolo al petto con i pugni chiusi. L’irritazione, a lungo trattenuta, esplose con la violenza di tutte le umiliazioni subite, inclusa quella proposta di matrimonio di cui non aveva nemmeno discusso con lei.
I suoi colpi, tuttavia, ebbero scarso effetto su di lui. Lasciò che si sfogasse e quindi le fermò i polsi e la fissò con sguardo penetrante. «Che cosa vi succede, Kate?»
«Chi credete di essere per venire a comandare in casa mia? Non vi rendete conto di quello che avete fatto? No, voi restate lì impettito, senza nemmeno battere ciglio. Non provate niente?»
Gray si oscurò in volto. «Provo fin troppe emozioni, da quando vi conosco.» Aveva pronunciato quelle parole in un tono basso e minaccioso che la colpì. Alzò gli occhi verso di lui, sconcertata dall’intensità del suo sguardo e dalla tensione che emanava da tutto il suo corpo. Troppo tardi si pentì delle sue parole avventate e cercò di allontanarsi da lui; ormai la teneva stretta.
Come ipnotizzata, lasciò che le sollevasse un polso e vi premesse le labbra, rabbrividendo a quel contatto nonostante si sentisse in fiamme. Quando portò alle labbra l’altro polso, sentì le ginocchia che le cedevano e sarebbe caduta al suolo se lui non l’avesse sollevata fra le braccia.
Il mondo le ruotava intorno mentre si aggrappava al suo collo e fu appena cosciente dell’oscurità della stalla che si chiudeva intorno a loro, prima di cadere sul dorso e atterrare sulla paglia fresca.
Annaspò per riprendere fiato e lo guardò. Davanti a lei non c’era più il marchese che credeva di conoscere; quell’uomo era un estraneo, con i capelli scomposti dal vento, il volto teso e un’espressione selvaggia negli occhi. Mentre lo fissava, lui si sfilò i guanti e li gettò di lato, poi si tolse la giacca. Le sue dita, di solito così abili e svelte, armeggiarono con i bottoni del gilet, finché non si fu liberato anche di quello.
Aveva intenzione di spogliarsi completamente?, si chiese Kate, con il cuore che le martellava nel petto. L’aveva già visto nudo altre volte, ma non spogliarsi in quel modo, come un uomo posseduto da un demone. Era come se la maschera di freddezza che indossava di solito fosse stata gettata via insieme ai suoi indumenti.
Trattenne il fiato mentre lui si toglieva la camicia, rivelando l’ampio torace segnato dalla cicatrice rossastra, e rabbrividì, in parte di paura e in parte di eccitazione, quando vide che si chinava su di lei cercando le sue labbra con languido abbandono. Non sapeva se fosse spinto dalla collera o dalla follia o se stesse ancora giocando con lei, ma non poteva opporsi, come non poteva opporsi alla passione che sentiva nascere dentro di sé. Aveva dimenticato la sensazione della sua pelle sotto le dita e ora gli accarezzò il torace, tastando la superficie levigata e compatta e le fasce di muscoli sottostanti.
Gray emise un suono di gola, stringendola più forte e coprendola con il peso del suo corpo finché lei si sentì avvolta nel calore delle sue braccia, del suo fiato, delle sue mani che le accarezzavano il volto e scendevano lungo la gola fino a raggiungere l’attaccatura del seno. Le sollevò con impazienza la camicia e posò le labbra sulla pelle nuda, lasciando tracce infuocate. Non era più l’amante dolce e sensuale delle colline, ma un uomo in preda a una furia incontrollata, che gli faceva tremare le mani e mormorare parole sconnesse.
«Kate, oh, Kate...» Le baciò l’ombelico, soffermandosi a stuzzicarla con la lingua in un gioco sensuale. Kate si sentiva in preda alle vertigini, avvolta in un calore dolcissimo, e sorrise quando lo udì imprecare mentre armeggiava con la chiusura dei pantaloni. Ma il suo divertimento svanì quando udì il rumore di un bottone che si staccava e rimbalzava contro la parete della stalla, mentre il tessuto si apriva, lasciando spazio alla sua mano.
Gray sollevò il capo e la guardò. I suoi occhi brillavano di un fuoco che non gli aveva mai visto, una forza selvaggia che la faceva sentire in trappola. Torreggiava su di lei in tutta la sua imponenza, mentre la teneva prigioniera con lo sguardo e l’aria intorno a loro vibrava di aspettativa.
Kate chiuse gli occhi sentendo la sua mano che si muoveva su di lei, esplorando i recessi più segreti e strappandole un brivido delizioso. Un gemito le sfuggì dalle labbra e il capo le ricadde all’indietro mentre si afferrava a lui, affondando le unghie nella carne delle spalle. Provava un piacere dolce e straziante al tempo stesso, che la faceva annaspare in cerca di aria e di sollievo. Poi il calore crebbe di intensità, finché non esplose dentro di lei come un fiume infuocato, lasciandola esausta e svuotata.
Per un lungo istante giacque immobile, incapace di muoversi o di pensare, poi aprì gli occhi e vide Gray sopra di lei, che la guardava con una tale emozione che le fece battere le palpebre. Un attimo dopo il suo volto era tornato impenetrabile. Si rialzò, lasciandola con la camicia sollevata e i pantaloni aperti, e raccolse i suoi indumenti.
«Adesso lo sai» mormorò con voce roca. «Adesso conosci anche tu la passione che cova sotto la superficie.»