Kate lasciò che la cucitrice la aiutasse a indossare il primo dei suoi abiti nuovi per apportarvi gli ultimi ritocchi. Ellen era giustamente fiera del suo lavoro: l’abito le calzava alla perfezione e la seta l’avvolgeva leggera e impalpabile come una nuvola. Kate non aveva mai posseduto niente di così bello e accarezzò la stoffa con una sorta di timore.
Su incitamento di Ellen, si guardò allo specchio nella camera di Lucy, sorpresa alla vista della sua immagine. Quella donna sembrava una versione più giovane e spensierata di se stessa, snella e graziosa, con i riccioli scuri fermati da nastri nuovi.
«È bellissimo, Ellen» mormorò, prendendo fra le dita il sottile tessuto. Anche il colore era stupendo e le sembrava stranamente familiare, come una distesa di violette... Kate si irrigidì e ritrasse la mano, ricordando che Gray l’aveva fatta sdraiare proprio su quel tessuto, buttato sul tavolo della cucina come un voluttuoso tappeto.
«Sua Signoria ha voluto questo colore perché si intonasse ai vostri occhi, e aveva ragione» disse Ellen sorridendo felice. «Siete radiosa come un mattino di sole, milady.»
Kate si allontanò dallo specchio, il piacere dell’abito nuovo distrutto dal ricordo di Gray. Aveva passato gran parte della notte sveglia, chiedendosi come avesse potuto mostrarsi così sfrenata con lui, come fosse riuscito in pochi istanti a trasformare la collera che la pervadeva in passione. Arrossì al ricordo del piacere che aveva provato e dei suoi gemiti e sospiri. E poi, dopo averle procurato l’esperienza più intensa della sua vita, l’aveva lasciata mezza nuda sul pavimento della stalla.
Era rimasta a guardarlo mentre si allontanava, con le mani strette a pugno, e le era parso che quelle mani si stringessero intorno al suo cuore. Aveva voluto provocarlo, scuoterlo dalla sua imperturbabilità, ma alla fine era stata lei a trovarsi scossa fin nel profondo dell’anima. Se aveva avuto l’intenzione di darle una lezione, ci era riuscito. Non avrebbe tentato mai più di scalfire la sua maschera di indifferenza, per paura di ferire se stessa. Eppure, era sicura che anche lui avesse provato qualcosa. Ma che cosa? Eccitazione, desiderio, disgusto?
Kate rabbrividì e si sfregò le braccia a una sensazione di freddo improvvisa.
«Non siete abituata a essere così scoperta, milady» osservò Ellen, divertita. Effettivamente, le sue camicie maschili e i pantaloni la coprivano di più di quell’abito impalpabile, che metteva in mostra una generosa porzione di petto.
«Sono certa di aver portato qualcosa di adatto. Ecco!» Le tese uno scialle che riprendeva l’elaborato ricamo dell’orlo del vestito. Scintillava come oro puro e benché Kate non fosse abituata a indossare un capo così prezioso, era piacevole averlo sulle spalle e sentire il suo morbido abbraccio che le ricordava le braccia di Gray. Santo cielo, non riusciva a pensare ad altro?, si domandò, esasperata.
«Vi sentite bene, milady? Siete un po’ pallida, ma adesso rimediamo.» Ellen le pizzicò leggermente le guance. «Ecco, così va meglio. Mia madre ha insistito per vedervi per prima, così, se non vi dispiace, faremo un salto in cucina.»
Kate assentì distrattamente e lasciò che Meg esprimesse il suo entusiasmo per il lavoro della figlia, poi si avviò verso la sala da pranzo, dove Lucy aspettava il suo promesso sposo, che ormai passava la maggior parte del tempo ad Hargate.
Nonostante i suoi sforzi, provava ancora un misto di gioia e risentimento al pensiero delle nozze della sorella. Mentre attraversava il corridoio, cercò di cacciare dalla mente la tristezza, ma dentro di sé avrebbe fatto volentieri a meno della cena di festeggiamento che Meg aveva programmato per la sera. La cena era proprio il momento in cui veniva assalita dallo sconforto per tutti i cambiamenti che erano avvenuti in così pochi giorni.
Tom non mangiava più con loro, ma in cucina con Meg, sua figlia, Badcock e la nuova cameriera. Kate non poteva biasimarlo, perché sicuramente l’atmosfera era più cordiale tra la servitù di quanto non lo fosse al tavolo padronale. Lucy e Rutledge non avevano occhi che l’uno per l’altro, lasciando a Kate il compito di intrattenere il marchese, che sedeva impettito a capotavola come se fosse il padrone.
Lei rifiutava di farlo e fingeva invece di concentrarsi sul cibo, benché riuscisse a mangiare pochissimo. Così regnava il silenzio, dato che Gray parlava poco. A volte Kate coglieva il suo sguardo che sembrava rivolgerle un muto rimprovero o che la studiava come se fosse un essere strano. Così aveva preso l’abitudine di alzarsi da tavola appena lo consentivano le buone maniere e Gray non l’aveva mai cercata per scusarsi o parlare con lei.
Nonostante quello che le aveva detto Tom, non le aveva mai fatto una proposta esplicita di matrimonio e lei non sapeva se esserne sollevata od offesa.
Ancora una volta sentì salire dentro di sé la collera e la frustrazione nei confronti di Wroth. Quell’uomo era ancora un mistero per lei: era pericoloso, potente e arrogante. Stava stravolgendo tutta la sua vita e lei non sapeva nemmeno perché.
Tutto quello che sapeva era che non poteva andare avanti così, sentendosi a disagio nella sua stessa casa e imbarazzata dalla passione che Gray suscitava in lei senza il minimo sforzo. Kate apprezzava quello che aveva fatto per Lucy, ma ora non c’era più ragione perché si trattenesse lì. Ogni giorno in più che avesse trascorso ad Hargate, avrebbe reso più facile a tutti loro appoggiarsi a lui e più difficile accettare l’inevitabile separazione. Questo valeva per gli altri, puntualizzò fra sé. Personalmente, lei sarebbe stata felice di liberarsi di lui e riprendere la sua vita.
Respirò a fondo e decise che avrebbe affrontato la questione quel giorno stesso. Dato che non se la sentiva di trovarsi da sola con lui, gli avrebbe parlato subito dopo cena, quando poteva contare sulla presenza di Lucy e Rutledge, se non sul loro dubbio aiuto.
La sua determinazione vacillò quando lo vide davanti a sé nel corridoio. Le voltava le spalle, ma doveva aver sentito i suoi passi perché si voltò e si fermò ad aspettarla. Kate non aveva altra scelta che andargli incontro, mentre i suoi occhi indugiavano su di lei come se volessero spogliarla di tutti gli indumenti.
Da parte sua, lei non poté evitare di guardare le sue spalle possenti, l’ampio torace e le cosce muscolose strette nei pantaloni di daino. Se solo non fosse così affascinante, pensò con rimpianto, così sicuro di sé, così intensamente virile... Se solo non le avesse turbato la pace della mente...
Se solo non avesse perso la padronanza di sé ogni volta che la vedeva, pensò Gray, mentre guardava Kate che avanzava verso di lui. Era più bella che mai, avvolta nella seta color pervinca, e lui non riusciva a tenere a freno il desiderio. Desiderio! La passione che provava per Kate andava ben oltre, come avevano dimostrato gli ultimi episodi. Era un bisogno primitivo e selvaggio di possederla.
Quasi incontrollabile.
Fino a quel momento niente aveva messo in pericolo il suo dominio su se stesso e Gray non era sicuro di apprezzare quell’urgenza imperiosa. Ma la vista del tessuto impalpabile che accarezzava morbidamente le curve del suo corpo e lasciava esposta una porzione abbondante di quel seno vellutato di cui aveva assaporato la dolcezza, gli faceva capire di non avere scelta.
Le offrì il braccio, ricevendo in cambio un freddo sorriso, e la condusse nella sala da pranzo, ma le leccornie che Meg aveva preparato non lo interessavano affatto. Era completamente assorbito da Kate e ogni suo gesto gli sembrava irresistibilmente erotico: il leggero movimento delle ciglia, il modo in cui inclinava il capo, i riccioli che le sfuggivano dall’acconciatura.
Con uno sforzo deliberato, cercò di concentrarsi sugli altri convitati, ma l’adorazione incondizionata di Rutledge per Lucy non faceva che ricordargli la sua ossessione per Kate. Non vedeva l’ora che i due innamorati si ritirassero nel loro nido e sparissero dalla scena.
Dopo cena, le offrì nuovamente il braccio per accompagnarla in salotto, infastidito con se stesso dalla reazione suscitata dal lieve tocco della sua mano.
Quella sua ossessione stava diventando pericolosa. Non aveva mai perso tanto tempo a contemplare le grazie femminili! Era ridicolo, si disse, pur non riuscendo a distogliere lo sguardo dalle sue labbra.
Se Kate si era accorta del suo disagio, non lo diede a vedere, perché sedette al solito posto e si rivolse a lui con espressione seria. «Ora che il vostro compito è finito, immagino che ci lascerete» disse.
Lui sollevò un sopracciglio. «Siete così ansiosa di liberarvi di me, Kate?»
Lei arrossì e cercò Lucy in cerca di aiuto, ma lei e Rutledge si erano ritirati sul sofà, rapiti l’uno dall’altro. «Volevo solo sapere quanto pensate di trattenervi» disse.
«Mi sento responsabile per voi e vorrei sistemare la questione di vostro zio» le rispose Gray, mantenendosi di proposito su argomenti pratici.
Benché fosse abituato a leggere nelle persone, sul volto di Kate non c’era nulla che tradisse i suoi sentimenti. Ma, nonostante il suo atteggiamento distaccato, lui sapeva di poter scatenare la sua passione come aveva fatto nelle scuderie. La fissò intensamente, deciso a strapparle comunque la risposta alle domande cui non aveva dato voce.
«Kate!» Quel grido li fece voltare entrambi mentre un uomo piccolo e grassottello entrava nella stanza, tallonato da Badcock, che non sapeva come scusarsi per quell’intrusione.
«Eccovi qui!» esclamò l’uomo, dirigendosi verso Kate.
«Vi chiedo scusa, milord» intervenne Badcock con aria di riprovazione. «Ma questo... gentiluomo ha insistito per vedere Lady Courtland.»
«Giudice Wortley» lo salutò Kate in tono decisamente poco entusiasta.
«Zio!» Rutledge scattò in piedi con un’espressione allarmata sul volto infantile.
«Ah, sei qui!» esclamò il giudice, rivolgendosi al nipote. «Si può sapere che cos’è questa assurdità del matrimonio?»
Gray fissò con disprezzo l’uomo che si era approfittato di due giovani donne innocenti, pronto a sfogare su di lui il proprio malumore e, se ne necessario, a sbatterlo contro il muro.
«Giudice Wortley» disse, alzandosi in piedi. «La vostra presenza è quanto mai tempestiva. Ero ansioso di parlare con voi.»
L’altro si girò a guardarlo malevolmente. «E voi chi diavolo siete?»
«Io sono Wroth» dichiarò Gray con un sorriso cinico.
«Wroth? Il marchese?»
Al suo cenno di assenso, il giudice deglutì nervosamente.
Era evidente che aveva sentito parlare di lui e Gray ne fu compiaciuto. «E voi, giudice, siete arrivato al momento giusto» sottolineò di nuovo. «Venite, parliamo in privato.»
Wortley lanciò un’occhiata ansiosa a Kate, ma lei lo ignorò con una grazia regale che suscitò l’ammirazione di Gray. A un suo cenno, Badcock assunse le funzioni di un maggiordomo e scortò nello studio il marchese, seguito dal suo ospite riluttante, quindi richiuse la porta dietro di loro.
«Sedete, vi prego» disse Gray, indicando una delle sedie accanto al camino spento. Mentre prendeva posto dietro la scrivania, ebbe l’opportunità di studiare il suo avversario. Come molti uomini della sua classe sociale, il giudice sembrava un piccolo uomo avido e ambizioso, cui mancava l’intelligenza per migliorarsi.
Il suo ventre prominente e il volto rubizzo dicevano che si concedeva il piacere di una buona tavola e l’orologio e gli anelli che portava alle dita testimoniavano della sua ricchezza.
Gray si chiese se quell’uomo meschino avesse rivenduto gli oggetti presi ad Hargate per realizzare un grosso profitto. Quel pensiero lo fece montare in collera, ma si sforzò di rilassarsi mentre fissava il giudice con sguardo glaciale.
«Io... veramente, non capisco di che cosa vogliate discutere con me» balbettò Wortley. «Ero venuto per vedere Kate, cioè, Lady Courtland, e parlarle di una questione che riguarda mio nipote.»
«Vi riferite alle sue nozze imminenti, immagino.»
Gli occhi rotondi del giudice si spalancarono per la sorpresa. «Sì! È una cosa... sconcertante...»
«Naturalmente non avete ragione di opporvi alle nozze.»
Wortley si schiarì la voce. «Sono cose che non possono interessarvi, milord» mormorò sulle spine.
«Oh, no, vi sbagliate. Mi interessano molto, invece» replicò Gray con voce vellutata.
Improvvisamente il giudice abbandonò le buone maniere e si fece scuro in volto. «Maledizione, il ragazzo ha solo una piccola rendita da parte di sua nonna e tutti sanno che le Courtland sono in miseria. L’ho preso in casa con me solo per rispetto alla memoria di suo padre...»
«È il figlio minore di un visconte, mi pare.»
Il giudice si fece rosso in viso. «Be’, sì, ma il sangue non significa nulla con le tasche vuote. Come vi dicevo, ho preso con me il ragazzo...»
«E ricevete gratuitamente i suoi servizi.»
«Ehi, un momento! Vorrei sapere che cosa c’entrate voi in tutta questa storia!»
Gray abbozzò un sorriso. «Molto bene. Benché la notizia non sia ancora stata divulgata, date le circostanze vi farò una confidenza.» Si sporse sulla scrivania e mormorò: «Lady Kate Courtland e io siamo fidanzati».
Gray si appoggiò tranquillamente allo schienale della poltrona, mentre il giudice restava senza fiato.
«Come? Cosa? Ma... non mi ha mai detto nulla!»
Per evitare congetture riguardo a quell’annuncio improvviso, Gray inventò lì per lì una bugia. «Si tratta di un fidanzamento combinato dalle nostre famiglie quando eravamo ancora bambini, ma abbiamo preferito tenerlo segreto finché non fossimo stati sicuri dei nostri sentimenti.»
Wortley era ancora sbalordito, ma bevve l’intera storia. «Una notizia davvero straordinaria, milord» disse annuendo vigorosamente come se avesse deciso che la cosa poteva tornargli utile. «Devo dire che questo pone la faccenda sotto una luce completamente diversa» aggiunse con un sorriso.
«Lo immaginavo» commentò Gray in tono asciutto. «Dunque non avete più obiezioni alle nozze tra Lady Courtland e vostro nipote?»
Il giudice si schiarì nuovamente la voce. «Be’, come vi dicevo prima, in casa non c’è posto per una nuova famiglia, ma se voi provvederete alla giovane coppia...»
«Non dovete preoccuparvi per il loro sostentamento, giudice, perché Mr. Rutledge si trasferirà dalla vostra tenuta per venire a lavorare per me.»
Wortley borbottò ancora qualcosa, senza dubbio rimpiangendo le sue parole avventate ora che suo nipote stava per imparentarsi con uno degli uomini più potenti del paese, ma Gray non gli prestò attenzione.
«Questa però non è la ragione per cui volevo parlarvi, giudice» riprese. «Ho saputo che avete preso in prestito alcuni oggetti di proprietà del conte e vorrei che li restituiste al più presto.»
Wortley si fece paonazzo, mentre gli occhi rischiavano di schizzargli dalle orbite. «In prestito? Li ho acquistati, milord!»
«Davvero?» replicò Gray con uno sguardo di fuoco. Nel silenzio che seguì, raccolse uno stiletto d’argento usato per aprire la corrispondenza e ne tastò la lama con fare allusivo mentre le guance del giudice si sbiancavano.
«Bene, in questo caso potreste restituire gli oggetti in vostro possesso come dono di nozze a Lady Kate e a Lady Lucy e come prova dei rapporti amichevoli tra vicini di lunga data» affermò con un sorriso.
Il giudice strillò una protesta, ma Gray si comportò come se non avesse aperto bocca. «Molto bene. Sapevo che avremmo trovato un’intesa. Sono sicuro che ve ne occuperete senza indugio. Devo compilarvi una lista?» gli domandò, alzandosi.
«No! Ricordo ogni singolo oggetto, ma...»
«Badcock» chiamò Gray, e il fedele servitore comparve prontamente sulla soglia. «Accompagnate il giudice, per favore.»
«Molto bene, milord» rispose solennemente Badcock e a Wortley non restò che seguirlo.
Mentre lo vedeva uscire con la coda fra le gambe, Gray non poté trattenere un sorriso di soddisfazione. Ora non gli restava che affrontare zio Jasper e avrebbe portato a termine i suoi compiti in quella casa. Tutti, tranne uno.
Il sorriso gli morì sulle labbra. Forse era venuto il momento di sistemare le cose con Kate.
Mentre stava per riunirsi agli altri in salotto, lo raggiunse un suono di voci alterate provenienti dall’ingresso. Che Wortley stesse dando dei problemi a Badcock?, si chiese. Assalito da un senso di irritazione come gli capitava sempre più spesso negli ultimi tempi, tornò sui suoi passi deciso a prendere a pugni il giudice, ma si fermò improvvisamente appena ebbe messo piede nell’atrio.
Wortley se n’era andato, ma al suo posto c’erano altre visite. Due uomini e due donne, per l’esattezza, e Gray fece un sospiro di esasperazione riconoscendoli. Stavano chiacchierando animatamente mentre Badcock cercava di liberarsi di loro. Per un attimo Gray pensò di poter sparire inosservato, ma era troppo tardi. Uno degli uomini alzò lo sguardo verso di lui ed esclamò: «Wroth!».
Imprecando fra sé, Gray non poté fare altro che affrontare la situazione, mentre si domandava che cosa avesse portato ad Hargate Raleigh e la sua corte.
L’uomo che era con lui, uno sgradevole individuo di nome Pimperington, gli rivolse un’occhiata incuriosita.
«Wroth? Sei davvero tu? Vorrei proprio sapere che cosa ci fai qui! Tutta la città non fa altro che chiedersi dove ti sei cacciato!» Si voltò verso Raleigh e gli chiese: «Si può sapere dove diavolo siamo? Chi è il proprietario di questa tenuta?». Dato che era leggermente sordo, parlava con una voce reboante che Gray ricordava fin troppo bene.
«Siete ad Hargate, dimora dei Conti di Chester.»
Al suono della voce di Kate, calma e controllata, i due visitatori ammutolirono improvvisamente e anche le due dame che erano con loro interruppero il loro cicaleccio per fissare la giovane donna che era comparsa sulla soglia. Era bellissima, e aveva più dignità di tutti loro, pensò Gray con orgoglio.
«Che cosa? Chi siete voi?» gridò Pimperington.
«Già, chi siete?» gli fece eco Raleigh, sollevando il suo ridicolo monocolo.
«Lady Courtland» intervenne Gray, portandosi al suo fianco. «Permettete che vi presenti il Visconte Raleigh, Mr. Pimperington e...»
«Oh, sì, naturalmente!» Pimperington arrossì e si affrettò a presentare le due dame. «Questa deliziosa vedova è Lady Parker, insieme alla sorella, Miss Collier.»
«Milady. Milord.» Entrambe sorrisero in modo artefatto, battendo le ciglia e posando lo sguardo su Gray. Ciò fece apparire ancora più regale la compostezza di Kate.
«Wroth, vecchio briccone!» esclamò Raleigh, lasciando cadere il monocolo per fissare apertamente Kate. «Ho scommesso una piccola fortuna che avevi scoperto un nuovo covo dove si gioca d’azzardo! Chi avrebbe mai pensato che ti nascondessi in campagna? Ma adesso capisco il motivo» aggiunse, inchinandosi davanti alla padrona di casa.
«Come dici? Oh, certo!» approvò Pimperington, facendosi più vicino. Per non essere tagliate fuori, le due donne fecero crocchia intorno a Kate, tempestandola di domande.
«Come mai non vi abbiamo mai vista a Londra?» domandò la vedova.
«Già, che cosa ci fate qui in campagna?» aggiunse Pimperington.
«Forse sperava di tenere il marchese tutto per sé!» suggerì l’altra donna con espressione maliziosa.
«O forse è Wroth che voleva nascondere questo diamante al resto del mondo» replicò Raleigh in un modo che irritò Gray. Improvvisamente sentiva un bisogno impellente di reclamare i suoi diritti su di lei in un modo che non potesse venire frainteso.
«Infatti, sono deluso che mi abbiate trovato» dichiarò, stringendosi al fianco di Kate. «Mi stavo godendo una pausa di respiro con la mia promessa sposa.»