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Gray mantenne la parola e la portò in giro per Londra, mostrandole un aspetto della grande città che Kate non aveva mai visto, i ricevimenti eleganti e la vista incantevole che si godeva dai palazzi riservati a chi aveva molto denaro da spendere. Kate ricordava vagamente qualcosa della sua infanzia ma, da quando la disgrazia si era abbattuta su Hargate, non aveva più messo piede in quel mondo scintillante e ora era insieme affascinata e confusa dal modo in cui le appariva Londra e da come l’aveva accolta.

La gente la guardava incuriosita, come c’era da aspettarsi. Gray era molto conosciuto e chiunque fosse al suo fianco avrebbe suscitato interesse ma quando gli sguardi stupiti che incontrava per strada si trasformarono in un esame più minuzioso, Kate cominciò a sentirsi come uno degli animali rinchiusi nel serraglio della Torre.

Le dame più pettegole si nascondevano dietro i ventagli bisbigliando dell’improvviso matrimonio del marchese e gli uomini commentavano in modo più che esplicito le grazie della nuova marchesa. Benché Gray avesse fatto circolare la storia del loro lungo fidanzamento, una simile spiegazione non era sufficiente a mettere a tacere i pettegolezzi. Si parlava del matrimonio del conte con una borghese, della morte precoce dei genitori di Kate, e un paio di volte era stato pronunciato anche il nome di Jasper, con il tono di spregio riservato a chi è considerato la pecora nera della sua famiglia.

Anche quando era nascosta in un palco a teatro, Kate vedeva gli occhi dei curiosi che si puntavano su di lei. La cosa la metteva a disagio, perché non era abituata a essere al centro dell’attenzione. Gray, dall’alto della sua arroganza, ignorava sguardi e commenti e lei si sforzava di imitare il suo atteggiamento distaccato perché quei comportamenti privi di tatto non meritavano altro.

Ormai si stava abituando a quella farsa, pensò con un mesto sorriso mentre la cameriera le allacciava al collo un prezioso collier di rubini e diamanti. Dopo aver congedato la ragazza, si guardò allo specchio per un ultimo controllo. La donna che le appariva aveva ben poca somiglianza con la giovane orfana in abiti maschili che aveva vissuto ad Hargate. In realtà non era molto diversa dalle altre dame dell’ambiente aristocratico, ma quel cambiamento non le dava alcuna soddisfazione.

Aveva la spiacevole sensazione di essere diventata niente di più di un elegante accessorio nella vita di Gray. Ma lei voleva di più e, nonostante il successo che sembrava riscuotere in società, la sfida che l’aveva portata a Londra era ancora tutta da giocare.

Era vero che non era più intimorita dai damerini e dalle lingue velenose che costituivano la maggioranza dell’aristocrazia. Su questo Gray aveva avuto ragione: era sufficiente che vestisse nel modo adeguato e desse prova della sua presenza di spirito. Ma i suoi sforzi per conquistare l’affetto di Gray erano stati senza risultato fino ad allora. Anche se lui veniva a cercarla ogni notte, manteneva nei suoi confronti un distacco che Kate aveva giudicato incomprensibile, finché non aveva visto come si comportavano le altre coppie sposate.

Ben presto aveva scoperto che mariti e mogli comparivano raramente insieme in pubblico. Più spesso frequentavano luoghi diversi, a volte accompagnati dai rispettivi amanti. I cosiddetti gentiluomini mantenevano le loro amanti e flirtavano con le mogli degli altri nobili, mentre le donne recavano in grembo figli dalla dubbia paternità.

Non abituata a un simile comportamento, Kate ne era scandalizzata e atterrita. Negli ultimi giorni Gray le era sempre stato vicino, ma si chiedeva se in futuro anche lui avrebbe mostrato una simile noncuranza per i voti di fedeltà. Ora più che mai sentiva il desiderio di conquistare il suo cuore, ma ogni giorno che passava in città sembrava allontanarla dall’uomo che aveva conosciuto ad Hargate. Gray era una piacevole compagnia, aveva una conversazione interessante, ma era come se mantenesse sempre una certa distanza e lei non sapeva come avvicinarlo.

Il pensiero sconfortante che forse non ci sarebbe mai riuscita le strappò un sospiro. Gray si manteneva all’altezza della sua reputazione, mostrandosi arrogante, riservato e inflessibile, con una spiccata attitudine a controllare tutte le persone, compresa la moglie. Circolava voce che avesse un’unica passione: il gioco. Forse non c’era posto per altro nella sua vita.

Dopo un’ultima occhiata allo specchio che non le diede le risposte che cercava, Kate si impose un atteggiamento altero e scese a incontrarlo. Benché avessero già partecipato a numerosi ricevimenti, quella serata avrebbe segnato il suo ingresso ufficiale in società, in occasione di un raduno in casa dei Coxbury.

Nonostante i suoi sforzi, il cuore accelerava sempre i battiti alla vista di Gray che la aspettava, impeccabile nel suo abito da sera. Kate si chiese come potesse apparire così freddo nella marsina nera, mentre lei si sentiva già accaldata nel tessuto sottile dell’abito scollato. «Mi chiedo come fai a non morire dal caldo con quei vestiti» osservò, prendendo il braccio che le porgeva.

Lui la guardò e uscì in una risata sorpresa. «In effetti sono piuttosto scomodi e mi fa male la spalla» le confidò.

La sua ferita. Il sorriso di Kate svanì al ricordo. «Non siamo obbligati ad andare. Possiamo restare a casa, se preferisci. Potrei farti qualche impacco alla spalla» disse, arrossendo lievemente.

Sentì i muscoli del braccio che si tendevano sotto le sue dita, ma Gray distolse lo sguardo. «Devo ammettere che è una tentazione, ma ho promesso che ti avrei presentata ai Coxbury e lo farò. Sul serio, Kate, tutti quegli idioti non ti mettono in soggezione, vero?»

La sua voce aveva un tono di leggero rimprovero e Kate si sentì nuovamente assalire dai dubbi. Incespicò mentre si dirigevano verso la carrozza e ne approfittò per togliere il braccio da sotto il suo. Gray non lo reclamò e lei si strinse nello scialle sentendo improvvisamente un brivido di freddo nonostante il tepore della serata.

Quella sensazione non la abbandonò finché non raggiunsero la loro destinazione, un’elegante dimora traboccante di ospiti. La padrona di casa, Lady Coxbury, sequestrò subito Kate per un rapido giro di presentazioni e lei ebbe appena il tempo di lanciare uno sguardo fugace a Gray, prima di vederlo scomparire tra la folla. Sottoposta agli sguardi avidi e penetranti delle ricche matrone e delle loro figlie, mentre Lady Coxbury cinguettava senza posa, si sentì completamente abbandonata.

Dov’era Gray? L’aveva lasciata di proposito? I dubbi tornarono a tormentarla. Forse aveva messo gli occhi sulla moglie di un altro? Pur non smettendo di sorridere, Kate continuava a cercarlo con lo sguardo, ma c’erano troppe persone, troppe stanze, troppi domestici che andavano avanti e indietro.

«Lady Wroth!»

Kate si voltò al suono della voce maschile e subito riconobbe l’amico di Gray, Raleigh, che era venuto a trovarli poco dopo il loro arrivo a Londra. Nonostante i suoi modi affettati, Kate lo trovava simpatico e lo salutò con un sorriso.

«Volete scusarci, Lady Coxbury?» disse il visconte e, senza attendere risposta, la rapì dal crocchio di matrone per trascinarla con sé.

«Sono felice di trovarvi qui!» disse con una sincerità che traspariva dagli occhi. «Non me ne volete se vi ho strappato a quelle arpie, vero?» aggiunse con un sorriso scanzonato. Kate scosse mestamente il capo. «Proprio come pensavo. Sono un mucchio di streghe. Che cosa ne dite di una boccata d’aria?»

Con un cenno del capo, Kate prese il braccio che le porgeva e lo seguì sulla balconata. La brezza della sera era un piacevole diversivo dopo il salone affollato. Si scostò da Raleigh e si appoggiò alla balaustra.

«Ho sempre sentito dire che nessuno di quelli che contano rimane a Londra durante i mesi estivi» disse. «Ma allora chi sono tutte queste persone?» aggiunse, inclinando il capo verso la portafinestra da cui erano usciti.

Raleigh rise. «Siete deliziosa, proprio come immaginavo! Sono tutti delle nullità, pieni solo di prosopopea.» Si appoggiò alla parete di mattoni e sollevò il monocolo per osservarla più attentamente.

«Questa vostra abitudine è piuttosto fastidiosa, sapete?» osservò Kate senza voltarsi.

«Oh? Vi chiedo scusa! Ma voi siete davvero un gioiello raro. Mi chiedo se siate reale. Devo darmi un pizzicotto? O forse dovrei darlo a voi?»

«Né l’uno né l’altro, vi prego» gli rispose con un sorriso.

«Non ci avrei mai creduto, ma devo ammettere che sembrate fatta apposta per Wroth. Dicono che siate fredda quanto lui. Una perfetta compagna.»

«Non è solo questo che dicono» osservò Kate con amarezza.

Il visconte rise. «Ma tutto il resto sono sciocchezze e voi lo sapete bene quanto me.»

«Credete?» Kate lasciò vagare lo sguardo sui giardini sottostanti, riflettendo che nemmeno lei conosceva davvero i motivi che avevano spinto Gray a sposarla.

«Ma certo. Devo dire che nemmeno io mi aspettavo di vedere Wroth così cambiato. Più di una volta mi ero chiesto se avesse del ghiaccio nelle vene al posto del sangue. Mi fa piacere vedere che dopotutto è umano anche lui.»

Kate non ne era così sicura e avrebbe avuto qualcosa da dire anche sul fatto che Gray fosse cambiato. Ma, per quanto cordiale, Raleigh era un uomo e lei si sentiva a disagio a discutere certe cose con lui. Si raddrizzò lentamente.

«Mi sento meglio dopo una boccata d’aria fresca. Vi ringrazio, Raleigh.»

Lui parve contrito. «Accidenti, ho detto qualcosa di sbagliato, vero? Mia sorella mi dice sempre che dovrei tagliarmi la lingua.»

Kate sorrise. «No, siete stato sincero, e io vi sono grata per avermi salvata dallo sgradevole esame di quelle donne curiose.»

«Bah! Voi siete molto meglio di tutte loro. Non fate caso a quello che dicono.» Il suo volto infantile si fece serio. «Se doveste trovarvi in difficoltà, voglio solo che mi consideriate un amico.»

«Voi siete un amico» gli assicurò Kate, sfiorandogli il braccio con la mano.

Lui distolse lo sguardo un istante e poi tornò a fissarla con un’intensità che non gli aveva mai visto.

«Sappiate che Wroth ha bisogno di voi, anche se forse non se ne rende ancora conto. È un uomo testardo, abituato a fare a modo suo.»

«Lo so.» Kate lasciò che la riconducesse nel salone, ma Gray non si vedeva da nessuna parte e quando un altro gentiluomo si avvicinò al visconte, lo lasciò andare, sforzandosi di mettere a tacere il senso di abbandono che l’aveva assalita, insieme a una profonda irritazione nei confronti di Gray.

Se un tempo si era sentita intimorita da quel mondo, ora non le importava più nulla. Esteriormente era come una di quelle dame e interiormente non lo sarebbe mai stata. E a che cosa erano serviti gli abiti eleganti, i gioielli e i modi raffinati? Non certo a conquistare l’affetto di suo marito, nonostante le parole di Raleigh.

Persa nei suoi pensieri, in un primo tempo non notò le due donne che bisbigliavano dietro i ventagli, lanciandole qualche occhiata, ma quando si accorse che parlavano di lei, scivolò fuori del salone, cercando un angolo più appartato dove riposarsi un po’.

Stava entrando in un salotto che sembrava più tranquillo, quando udì pronunciare il suo nome e non poté fare a meno di fermarsi, pur sapendo che probabilmente non le sarebbe piaciuto quello che avrebbe sentito.

«Oh, sì» stava dicendo un gentiluomo corpulento dai capelli color della stoppa. «Solo Wroth poteva sposare una ragazza di campagna e trovare invece una affascinante ereditiera!»

«Avevo sentito dire che stava cercando moglie, ma non mi aspettavo che avrebbe sposato una provinciale» osservò l’uomo che parlava con lui.

«Per un po’ di tempo aveva mostrato un certo interesse per Lady Wycliffe, ricordo, ma devo dire che non riuscivo a immaginarlo imparentato con la famiglia di un vicario!»

«Molto meglio una giovane vergine dal volto fresco. Scommetto che non passerà molto tempo prima che la metta incinta.»

Kate non resistette oltre e si allontanò con il cuore ancora più gonfio di tristezza. Era possibile che Gray l’avesse sposata solo per avere degli eredi? E chi era Lady Wycliffe?

Lottando contro un’improvvisa fitta di gelosia, non si rese conto che Lady Coxbury veniva verso di lei finché non fu troppo tardi. Reprimendo un sospiro, lasciò che la matrona le presentasse due gentiluomini che subito cominciarono a coprirla di complimenti e a corteggiarla con i loro modi affettati e ridicoli. Al contrario di quelli di Raleigh, i loro occhi non erano sinceri, ma tradivano un interesse lascivo che le faceva capire senza mezzi termini a quale tipo di amicizia aspirassero.

Dov’era finito Gray?, si chiese ancora. Come poteva lasciarla in balia di uomini superficiali come quelli? Kate si guardò attorno nel salone, chiedendosi se stesse corteggiando un’altra donna, più bella e sofisticata di lei, una donna troppo eccitante per relegarla al ruolo di moglie e di madre. Che il futuro che paventava fosse già arrivato per lei?

Gray vagava inquieto nella grande casa dei Coxbury, ripetendosi che non c’era nessun bisogno di tenere sott’occhio Kate. Già si mormorava che il grande Wroth non perdesse di vista la moglie e, anche se lui non aveva mai prestato orecchio ai pettegolezzi, questi lo toccavano in un punto troppo debole perché non vi badasse.

Naturale che fosse rimasto al fianco di Kate dal loro arrivo a Londra; non le aveva forse promesso di mostrarle la città? E se aveva rimandato il suo ingresso ufficiale in società e gli inevitabili balli e ricevimenti, era solo perché voleva aspettare che le voci sul suo matrimonio improvviso si acquietassero un po’.

Tutto questo non aveva niente a che fare con le maliziose insinuazioni di Raleigh.

Gray attraversò la sala da gioco, ma le carte non avevano alcuna attrazione per lui, quella sera. I suoi pensieri continuavano a tornare a Kate, aumentando il suo malumore. Non poteva staccarsi da lei nemmeno per pochi minuti? Aveva sempre disprezzato gli uomini che si rendevano ridicoli cadendo ai piedi della bellezza della Stagione, ma quella sera si sentiva come uno di loro, consumandosi a ogni minuto che passava in compagnia di qualcuno che non fosse Kate.

Era assurdo. Ridicolo. Mortificante. Inconcepibile. Quella storia doveva finire!

«Ehi, Wroth, perché quell’aria di tempesta? Vostra moglie vi sta già dando dei problemi?» Un’anziana matrona lo guardava divertito e Gray si rese conto che aveva stretto le mani a pugno. Rilassò deliberatamente le dita e la fissò con uno sguardo gelido che la spinse a nascondersi dietro il ventaglio. Con passo determinato tornò verso il punto dove aveva lasciato Kate in compagnia di Lady Coxbury.

Il suo bisogno di lei lo rodeva dentro. Desiderava il suo corpo, il suo profumo, il suono della sua voce, la sua forza paziente, il suo spirito arguto, la sua grazia che non aveva niente a che vedere con l’aspetto esteriore, ma era una qualità dello spirito.

Era diventata la sua droga: più faceva l’amore con lei, più cresceva il suo desiderio. E lui cercava di combattere quel desiderio con la forza della volontà, rifiutandosi di perdere quel controllo di sé che aveva caratterizzato tutta la sua vita.

Era la prova più dura che avesse mai affrontato. Durante il giorno resisteva alla tentazione, benché la desiderasse in ogni momento e in ogni luogo in cui si trovassero, e solo di notte si lasciava andare, dicendosi che nessun uomo appena sposato si sarebbe negato i piaceri del letto coniugale.

Piacere. Una ben misera parola per descrivere quello che provava quando faceva l’amore con lei. Aveva raggiunto un’estasi dei sensi che non aveva mai immaginato possibile, ma il sesso era solo una parte della sua crescente ossessione. C’era insieme qualcosa di più profondo.

Desiderava ogni cosa di lei, ogni respiro, ogni sguardo di quei suoi occhi sconvolgenti. E l’ambiente in cui un tempo si muoveva a suo agio gli pareva ora una trappola destinata a separarla da lui.

Prese al volo un bicchiere dal vassoio di uno dei domestici che passavano tra gli invitati e lo portò alle labbra. Ancora champagne! Quella sofisticata bevanda non bastava a placare la sua sete. Liquidando con un cenno del capo un barone che cercava di trascinarlo in una conversazione, Gray proseguì, lasciando vagare lo sguardo alla ricerca di sua moglie. Quando alla fine la trovò, si arrestò bruscamente, con il cuore che gli martellava nel petto.

Raleigh aveva avuto ragione.

Lo avrebbe strangolato con le sue mani se l’avesse avuto davanti mentre vedeva realizzarsi le previsioni che gli aveva fatto. Kate non era più sotto la protezione di Lady Coxbury, bensì al centro di un gruppo di bellimbusti che la guardavano con occhi famelici.

Avrebbe dovuto prevederlo. Kate era molto bella e, in quanto sua moglie, avrebbe attirato ancora di più l’attenzione. Come aveva suggerito Raleigh, più d’uno si sarebbe sentito allettato all’idea di conquistare la donna di un uomo importante.

Non avrebbe dovuto farci caso. Non era l’unico, lì dentro, la cui moglie flirtava con altri uomini. Non vi aveva mai prestato attenzione, fino ad allora, perché non significava nulla. Era un uomo di mondo, abituato a non battere ciglio nemmeno di fronte ai comportamenti più scandalosi, eppure il bisogno ossessivo che lo rodeva gli rendeva insopportabile la vista di Kate insieme ad altri uomini.

Respirando a fondo per calmarsi, si disse che lei stava mantenendo un contegno del tutto irreprensibile e che appariva molto più fredda e distante delle altre donne presenti. Tuttavia lo infastidiva vedere che dava ascolto a quegli stupidi, era geloso di ogni sguardo e di ogni sorriso...

«Vedo che tua moglie ha già fatto qualche conquista.»

Gray non si voltò al suono della voce divertita di Raleigh, concentrato com’era su un damerino più audace degli altri che si chinava a sussurrare qualcosa all’orecchio di Kate. Le sue mani si strinsero attorno al calice vuoto.

«Dallo a me» intervenne Raleigh, prendendogli di mano il bicchiere. «Non puoi continuare a decimare i servizi di cristalleria, Wroth.»

Gray lo udì appena, intento a osservare l’uomo che si era avvicinato troppo a sua moglie. Lo conosceva di vista: si chiamava Larkin e aveva fama di correre dietro a ogni gonna. Mentre guardava, Kate fece per allontanarsi, ma Larkin la seguì. Quando allungò una mano per sfiorarle la spalla, Gray non ci vide più dalla collera e, ignorando Raleigh che tentava di trattenerlo, si fece avanti mettendosi tra quel bellimbusto e Kate.

«Non vi permettete di toccare mia moglie» sibilò.

«Vi chiedo scusa, Wroth. Non sapevo che foste così possessivo» gli rispose l’altro con un viscido sorriso.

Gray represse l’impulso di prenderlo a pugni. «Fatelo un’altra volta e vi uccido.»

Era consapevole che tutti lo stavano guardando, ma non li degnò di attenzione mentre accennava un inchino a Kate. «Vogliamo andare?»

Al suo leggero movimento del capo, le offrì il braccio e avanzò tra gli spettatori stupiti e i bisbiglii che accompagnavano la loro partenza repentina. Non si fermò nemmeno a rispondere al saluto di Raleigh, che li seguiva con sguardo preoccupato.

Era troppo fuori di sé per accorgersene. L’istinto primordiale che si era risvegliato in lui gridava vendetta. Avrebbe dovuto sfidare a duello quel bastardo!

Dopo aver aiutato Kate a salire in carrozza, prese posto sul sedile di fronte per evitare la tentazione di sederle troppo vicino, ma anche così il desiderio che lo tormentava non lo abbandonò, aumentando la sua collera e il bisogno di scaricare la propria frustrazione.

Kate sedeva con portamento dignitoso guardando fuori del finestrino, e lui avrebbe voluto mandare all’aria la sua compostezza e renderla schiava della stessa passione che lo divorava. Soffocando un’imprecazione, le lanciò uno sguardo severo. «Non voglio che il nome di mia moglie sia sulla bocca di tutti» esordì. «Che ti piaccia o no, hai una posizione da rispettare.»

Gli occhi luminosi di Kate incontrarono i suoi senza battere ciglio. «A che cosa ti riferisci?»

«Mi riferisco al fatto che non permetto che altri uomini ti corteggino in pubblico!» Ignorando la sua espressione offesa, Gray continuò, spinto dal desiderio di punire lei per la propria mancanza di controllo. «Non voglio che il tuo nome sia legato a uno scandalo. Quei bellimbusti che ti ronzavano intorno si comportano così solo perché sei mia moglie. Per loro non sei altro che un trofeo da vincere e sbandierare. Lo capisci?»

Sul volto di Kate passò un’ombra di dolore che gli fece distogliere lo sguardo, ma quando parlò, la sua voce era ferma. «Sì, capisco perfettamente il mio ruolo, ma che cosa mi dici del tuo? Hai intenzione di rispettare i voti che hai fatto quando mi hai sposato?»

Lui tornò a guardarla, offeso dalla sua insinuazione. «Dubiti forse della mia parola?»

«No, ma questo mondo è molto diverso da quello a cui sono abituata e ho scoperto che ben pochi uomini sono fedeli alle loro mogli. Seguirai anche tu la moda, portandoti a letto la moglie di un altro?»

Quell’ipotesi era assurda. Gray non desiderava altro che lei, con ogni fibra del suo corpo, ma non era disposto ad ammettere il potere che aveva su di lui. «Tu mi ferisci, Kate, considerandomi alla stregua di quella plebaglia» disse in tono gelido. «Non mi sono mai piegato alle mode.»

Lei sollevò il mento in quell’espressione che aveva imparato a conoscere così bene. «Un’amante, allora? Le anziane nobildonne che ho incontrato stasera parlavano dei bisogni sessuali degli uomini e hanno ammesso che è inevitabile che abbiano un’amante.»

Bisogni. Quella parola aveva toccato una corda dolorosa e Gray reagì con più violenza del necessario nell’intento di nascondere la propria debolezza. «Temi forse di non essere in grado di soddisfarmi?»

La frecciata andò a segno perché la vide arrossire anche nella penombra della carrozza. Pur sapendo di essere irragionevole, Gray continuò sullo stesso tono. «Non ho amanti» dichiarò con arroganza. «E non lascio che siano i miei istinti a guidare la mia vita!»

Una volta quella dichiarazione rispondeva alla verità. Fino a quando non aveva incontrato Kate. Lei l’aveva reso un bugiardo, ma non lo sapeva. La vide ferita dal suo sarcasmo, ma andò avanti a testa bassa, senza riguardo per la sua sensibilità.

«Chiariamo subito una cosa, piccola. Io non ho bisogno di niente e di nessuno.»

Quell’affermazione perentoria gli diede un perverso piacere, come se bastasse ripeterla ad alta voce per conferirle sostanza. Forse, se fosse riuscito a convincerla che lui aveva il pieno controllo su se stesso, avrebbe potuto riconquistarlo veramente.

Fissandola con lo sguardo che usava per intimidire gli avversari politici e affermare il proprio potere, Gray ripeté la menzogna che le avrebbe impedito di legarlo per sempre. «Non ho mai avuto bisogno di niente e di nessuno.»