Kate finse di sorridere mentre guardava le danze. Dopo averle ricordato come doveva comportarsi, Gray era sparito un’altra volta, lasciandola in balia di se stessa. Sicuramente sarebbe ricomparso di lì a poco, guardandola come se fosse infastidito dalla sua presenza.
Con un gesto furtivo Kate si portò una mano alle tempie che le pulsavano. La testa le doleva per lo sforzo di cercare di capire suo marito. Benché rimanesse al suo fianco per la maggior parte del giorno, si comportava come se non sopportasse la sua compagnia e ogni volta che si allontanava, ritornava più irritabile di prima.
Se non fosse stato per le sue attenzioni a letto, Kate avrebbe definito il suo matrimonio un completo fallimento. Eppure, dopo quello che aveva sentito dire dai Coxbury, non era più sicura che quei momenti affettuosi significassero qualcosa. Forse per Gray erano solo un mezzo per avere un erede.
Durante quel terribile viaggio di ritorno dai Coxbury aveva messo perfettamente in chiaro che non aveva bisogno di lei. Aveva forse intuito i suoi sforzi per conquistarlo?, si chiese. Perché mai avrebbe dovuto essere così perentorio nel negare ogni sentimento per lei e guardarla con quell’espressione minacciosa?
Era scoraggiante anche per una persona ottimista come Kate. Per quanto continuasse a sperare, cominciava a chiedersi se a Gray importasse qualcosa di lei. Dal giorno delle nozze era diventato sempre più freddo e scontroso e le cose continuavano a peggiorare.
Si sentiva triste e sola. Sentiva la mancanza di Hargate, di Polifemo, di Lucy e anche di Tom, che non vedeva mai anche se si trovava a Londra. Un giorno si era recata nelle scuderie a cercarlo, ma lo staffiere che aveva interrogato si era mostrato così stupito e scandalizzato, che lei aveva rinunciato a incontrarlo. Il mattino dopo aveva cercato Meg, ma si era vista allontanare dalla cucina come se fosse stato un posto sconveniente per una marchesa.
Le mancava anche Gray. Solo di notte ritrovava di sfuggita qualche traccia dell’uomo che conosceva un tempo. Alla sua arroganza si era aggiunto un atteggiamento sprezzante di cui lei non riusciva a reggere il peso. Non era abituata a darsi facilmente per vinta, ma anche il più abile dei giocatori sa quando è il momento di ritirarsi, una regola elementare che le aveva insegnato Gray descrivendole la sua passione per il gioco. Fece un amaro sorriso ricordando l’espressione del suo volto mentre le parlava, quasi volesse dimostrarle quanto fossero vani i suoi sforzi per legarlo a sé.
Era gelosa perfino di un tavolo da gioco, pensò, nascondendo un sospiro di sconforto.
Si riscosse dai suoi pensieri, improvvisamente consapevole di uno sguardo puntato su di lei. Era abituata a sentirsi osservata con curiosità, ma questa volta era diverso. Chiunque fosse che la guardava, le trasmetteva un fastidioso formicolio alla nuca. Si guardò intorno nella stanza e i suoi occhi incontrarono quelli di una giovane donna bionda. Invece di nascondere il proprio interesse, lei si avvicinò con un atteggiamento amichevole che le disse che non poteva essere la responsabile di quella sensazione minacciosa.
«Perdonate la mia impertinenza, ma ero così ansiosa di conoscervi, Lady Wroth, che vedendovi senza compagnia, ho pensato di presentarmi da sola.»
«Ma certo» la incoraggiò Kate, piacevolmente colpita dal suo candore.
L’altra ricambiò con un sorriso smagliante. «Oh, grazie al cielo non siete un tipo cerimonioso, ma dovevo aspettarmi che la moglie di Wroth non lo fosse» disse. «Sono sicura che diventeremo amiche, per cui potete chiamarmi fin d’ora Charlotte. Mio marito è il Conte di Wycliffe.»
Lady Wycliffe. Kate non riuscì a reprimere una fitta di gelosia. Charlotte era molto bella, alta e slanciata, con una massa di capelli dorati che le incorniciavano il volto in morbidi anelli. Di fronte alla sua bellezza prorompente, Kate si sentiva scomparire.
«Voi siete Lady Wroth, non è così?» le domandò l’altra, esitante, mentre Kate la sottoponeva a un severo esame. Gli occhi verdi di Charlotte ebbero un lampo di incertezza e lei si sentì in colpa perché non vi aveva letto nulla di quell’interesse calcolato che aveva incontrato così spesso dal suo arrivo a Londra.
«Sì, ma chiamatemi Kate» mormorò in tono gentile.
Il volto di Charlotte si illuminò di un sorriso mentre si avvicinava per sussurrarle in tono di cospirazione: «Il vostro è stato un matrimonio d’amore, vero?».
La domanda la colse talmente di sorpresa che si trovò a risponderle d’impulso. «Non direi proprio!»
Charlotte parve confusa dalla sua risposta. Si voltò leggermente guardandosi intorno nel salone e Kate si trovò a seguire la direzione del suo sguardo. Conduceva a Gray.
Era in mezzo a un gruppo di uomini, elegante come sempre, e vi spiccava per la sua statura, il portamento altero e la sicurezza che emanava. Kate non poté evitare un piccolo tuffo al cuore, come le accadeva ogni volta che lo guardava. Respirò a fondo e distolse lo sguardo, cercando di recuperare la propria compostezza.
«Mi par di capire che mi avete preceduta nell’affetto di mio marito» disse sommessamente.
Charlotte la guardò stupita e uscì in una risata cristallina. «Non direi proprio!» esclamò a sua volta. «Wroth è troppo fiero per me! Oh, è molto gentile, ma vi confesso che mi sono chiesta più di una volta se sia capace di veri sentimenti. Sono felice di vedere che ora li ha investiti nel modo giusto.»
Le ci volle qualche istante per rendersi conto di quello che le stava dicendo ma, prima che potesse protestare, Charlotte riprese: «Non credevo di poter vedere il grande Wroth così preso d’amore, specie dopo il disprezzo che ha mostrato a mio marito per essersi innamorato di me. Mi fa piacere che abbia avuto la meritata punizione».
Kate avrebbe voluto dirle che Gray non la amava più di quanto amasse Polifemo, ma Charlotte le stava parlando all’orecchio con la complicità di una ragazzina. «Guardate come i suoi occhi vi seguono attraverso la stanza» disse, facendo un cenno in direzione di Gray. «Tutta la sua attenzione è rivolta a voi. L’ho notato subito e mi sono detta che finalmente ha incontrato qualcosa più forte di lui.»
Kate guardò verso il marito. Non avrebbe saputo dire se il suo sguardo fosse rivolto a lei o a Charlotte, ma la linea dura delle labbra non parlava certo di affetto e devozione.
«Guardatelo: è tutto d’un pezzo!» esclamò Charlotte con un gaio sorriso. «Avevo sentito dire che eravate alla sua altezza, ma a volte la gente è così crudele che non sapevo se fosse un complimento o una malignità. Ora capisco che siete fatti uno per l’altro. Non vedo l’ora di dirlo a Max!» Così dicendo, sollevò la mano in un gesto di saluto rivolto a un uomo che conversava con una dama.
Guardando Charlotte, Kate doveva ammettere che non riusciva a immaginare Gray a fianco di una creatura così solare. Se le erano rimasti dei sospetti su di lei, questi sparirono definitivamente appena Lord Wycliffe raggiunse la moglie.
Max, come l’aveva chiamato Charlotte, era alto, bello ed elegante quasi quanto Gray, ma non aveva nulla della sua freddezza e della sua arroganza. Salutò la moglie con un sorriso affettuoso che riempì di invidia il cuore di Kate. Il loro era indubbiamente un matrimonio d’amore.
«Max, questa è Kate, la moglie di Wroth! Non è deliziosa?»
«Una vera dea, come direbbe Raleigh» dichiarò Max, chinandosi per baciarle la mano con un sorriso di complicità.
«È stato un matrimonio d’amore» sussurrò Charlotte.
Le proteste di Kate le morirono sulle labbra davanti all’espressione intensa di Max.
«Davvero?» disse. «Devo congratularmi con Wroth per questa felice piega degli eventi!» Poi, rivolgendosi alla moglie, aggiunse: «Dobbiamo essere da tua zia esattamente fra un’ora».
«Sì, Max.»
«Non perdere tempo bighellonando.»
«No, Max.» Gli occhi di Charlotte brillavano. Lei e Max si guardavano con un tale affetto che Kate si sentì stringere il cuore. La sua relazione con Gray, che alternava freddezza e passione, sembrava una triste commedia in confronto a quello che condividevano quei due, e tutti i suoi sforzi non sarebbero mai riusciti a conquistare una simile felicità. Distolse lo sguardo, incapace di guardare più a lungo ciò che a lei era negato.
«A Max piace essere puntuale» le spiegò Charlotte con un sorriso indulgente mentre il conte si allontanava. «Temo che non ci tratterremo molto a Londra, perché mi dispiace lasciare solo mio figlio, ma spero che verrete a trovarci nel Sussex prima della fine dell’estate.»
«Non posso impegnarmi senza aver sentito mio marito» le rispose Kate. Qualcosa della pena che provava doveva essere trapelato dal suo volto, perché Charlotte la guardò confusa.
«Che cosa c’è?»
Kate scosse il capo. «Nulla. Voi siete stata molto gentile e vi auguro ogni bene.»
«Ma ci rivedremo presto, vero?» riprese Charlotte, illuminandosi nuovamente in volto. «Volete che ne parli io a Wroth?»
Kate annuì, ma aveva la netta sensazione che non sarebbe mai andata a trovare i Wycliffe nel Sussex e che non avrebbe più rivisto Charlotte.
Infatti, appena lei si fu allontanata, colse l’espressione tirata di Gray all’altro capo della stanza, che non prometteva altro che un fallimento completo. Forse era arrivato il momento di ritirarsi dal gioco.
Gray entrò in casa come una furia, senza curarsi del fatto che Kate faticava a tenere il suo passo. Ignorò il saluto del maggiordomo e salì direttamente le scale, senza nemmeno aspettare che lei lo raggiungesse. Erano soliti ritirarsi subito nelle loro stanze, dopo essere rientrati da un ricevimento, e non passava molto tempo prima che Gray andasse a cercarla.
Non quella sera. Quella sera non sentiva il bisogno impellente che lo tormentava ogni notte, appena aveva messo piede nella sua stanza. Era troppo infuriato. Congedò il cameriere e si sfilò la marsina con gesti nervosi, scagliandola contro la parete. Quell’idiota di Wycliffe! Come osava! Nessuno si era mai permesso di farsi beffe di lui! Gray avrebbe voluto cancellare con un pugno l’espressione divertita del conte, mentre insinuava che avesse perso la testa per Kate come lui l’aveva persa per Charlotte.
Menzogne! Gray non si sarebbe mai piegato a quella svenevole dedizione reciproca che caratterizzava il rapporto dei Wycliffe! E, grazie a Dio, nemmeno Kate si sarebbe mai comportata in un modo così nauseante! Eppure il sorriso malizioso di Wycliffe aveva toccato quel nervo dolente, la paura della propria debolezza, che lo rendeva furioso. Slacciando la cravatta, entrò nella stanza di Kate spaventando la sua cameriera che si affrettò a ritirarsi. Kate sedeva alla toeletta e stava riponendo i gioielli, ma questa volta Gray non si fermò a osservare i riflessi dei suoi capelli e il bagliore della sua pelle alla luce della candela.
«Hai parlato con quel borioso impudente di Wycliffe?» tuonò.
«Sì, l’ho conosciuto» gli rispose con calma. «Sua moglie è deliziosa.»
«Charlotte? Dio sa che cosa ci vede in lui! Quell’uomo è un idiota!»
Kate si irrigidì, ma Gray non ci fece caso, troppo infuriato con Wycliffe. Sfogò il suo malumore percorrendo a grandi passi la stanza e riprese: «Dovevi sentirlo mentre sproloquiava sul vero amore come uno studentello romantico! Ce n’era abbastanza da far venire la nausea!».
«Lui e sua moglie sembrano molto innamorati» osservò Kate.
«Amore! Che assurda etichetta per definire qualcosa di così semplice come una comunione di interessi e di idee!»
«Forse sei semplicemente irritato perché Charlotte ha scelto un altro uomo?»
Gli ci volle un istante per realizzare quello che aveva detto. «Cosa?» sbraitò, voltandosi di scatto.
Kate lo fissò con sguardo limpido e sincero. «Corre voce che tu fossi innamorato di lei.»
«Charlotte? L’ho sempre trovata simpatica e brillante, ma questo non vuol dire che ne fossi innamorato!» Gli era difficile, ora, credere che un tempo avesse preso in considerazione l’idea di sposarla e che cercasse una moglie con cui dividere un rapporto di amicizia e complicità. Per una volta nella sua vita, i suoi piani erano andati all’aria, perché non provava niente di simile per la donna che aveva sposato.
Sì, Kate era intelligente, bella, elegante, onesta, aveva tutte le qualità che lui aveva cercato, ma il bisogno ossessivo che provava per lei non aveva niente a che vedere con la sua visione di una relazione amichevole.
«Oh, già. Tu non credi nell’amore» replicò Kate, imitando il suo atteggiamento sarcastico. «Ma sai una cosa, Gray? Solo perché tu ti rifiuti di concedere la tua approvazione, questo non significa che non esista. È evidente che i Wycliffe si amano e devo dire che è meglio sposarsi per amore che scegliere una donna come sceglieresti una cavalla da riproduzione!»
«Di che cosa diavolo stai parlando?»
«Oh, andiamo. Ho sentito dire che era solo questo che cercavi in una moglie, una semplice ragazza di campagna che ti desse un erede.»
«Che cosa?» In quel momento Gray si sentiva così oltraggiato che non ricordava come il suo desiderio di avere figli fosse stato all’origine dell’idea di sposarsi. La situazione attuale era talmente diversa da quella che aveva immaginato, che le accuse di Kate gli sembravano grottesche.
«E non è questa la ragione per cui mi cerchi ogni notte, dopo avermi guardata male per tutto il giorno?»
La freddezza con cui descriveva il loro rapporto lo lasciò senza parole. Se la cercava ogni notte era perché non poteva farne a meno, perché quella giovane donna aveva ridotto a zero la sua forza di volontà.
«È questo che pensi?» le chiese.
Lei sostenne il suo sguardo. «Non so più che cosa pensare, Gray. Dimmelo tu.»
No. Si rifiutava di abbassarsi al livello di Wycliffe. Lui era un uomo che possedeva il pieno controllo di sé, della sua vita, delle sue emozioni, e non avrebbe permesso che qualcuno mettesse a nudo i suoi sentimenti. Nemmeno Kate. Senza aggiungere una parola, le voltò le spalle e si allontanò da lei per rifugiarsi nella sua stanza. Da solo.
Lentamente richiuse la porta che lo separava da sua moglie e da qualcosa di assurdo e inconsistente come l’amore.
Benché non avesse appetito, Kate si affrettò a scendere in sala da pranzo, sperando di trovarvi ancora Gray. Si era rivoltata nel letto fino alle ore piccole ed era riuscita ad assopirsi solo verso l’alba. Ormai era mezzogiorno passato e, nonostante qualche ora di sonno, si sentiva ancora stanca e con il cuore pesante.
Per la prima volta dal giorno del loro matrimonio, Gray non era venuto da lei. Non solo sentiva la mancanza del piacere che era la sua unica consolazione e di quei brevi, intensi momenti di intimità, ma non era riuscita a prendere sonno senza il calore delle sue braccia che la stringevano.
Peggio ancora, quell’improvviso mutamento di abitudini la inquietava. Forse non avrebbe dovuto forzare la discussione, la sera prima, ma era stato lui a cominciare, denigrando il più tenero dei sentimenti. Era come se avesse preso il suo amore e gliel’avesse gettato in faccia in nome di un’assurda ripicca.
Eppure... quando l’aveva accusato di trattarla come una cavalla da riproduzione, era sembrato sinceramente addolorato e stupito. Per un attimo le era parso di leggere sul suo volto un sentimento così intenso da farle mancare il fiato, ma era subito sparito, per lasciare il posto alla solita espressione di sdegno. E poi se n’era andato, come se volesse dimostrarle che non gli importava nulla di lei.
Kate respirò a fondo, cercando di raccogliere tutte le proprie risorse prima di entrare nella sala da pranzo, ma non ce n’era bisogno. Un rapido sguardo le disse che non c’era nessuno. Cercò di consolarsi dicendosi che era tardi e che forse la stava aspettando in soggiorno, così, quando arrivò una cameriera con un bricco di caffè fresco, si sforzò di sorridere. «Grazie. Sapete dove sia Sua Signoria?» le chiese.
«Sì, milady. Ha detto di riferirvi che è andato al circolo. È uscito circa un’ora fa.»
Nascondendo la propria delusione, Kate si limitò ad annuire, quindi sedette al tavolo apparecchiato e cominciò a riempire un piatto con i cibi disposti sui vassoi. Dopo che la cameriera fu uscita dalla stanza, rimase a contemplare il lungo tavolo di mogano, riflettendo sul fallimento del suo matrimonio.
Persa nei suoi pensieri, non aveva ancora toccato cibo e non aveva udito entrare uno dei domestici, finché questi non richiamò la sua attenzione.
«Milady» disse porgendole un piattino d’argento su cui era posato un biglietto. «Questo è appena arrivato per voi.»
Una lettera? Da Lucy? Kate prese il foglio piegato e sigillato e, dopo aver ringraziato il domestico, lo congedò con un cenno della mano.
La lettera non veniva da Lucy. Anzi, non era nemmeno firmata e il suo contenuto diceva chiaramente il perché. Con il cuore in gola, Kate lesse l’intero messaggio prima di lasciar cadere il foglio dalle dita tremanti.
Un ricatto, puro e semplice. L’autore della missiva minacciava di distruggere la sua reputazione rivelando certe informazioni su di lei e sua sorella, compresa la ragione del frettoloso fidanzamento di Lucy. Il prezzo del silenzio ammontava a duecento sterline.
Per Kate, abituata vivere di poco o niente per anni, quella somma rappresentava una fortuna, ma le bastava guardarsi attorno nella stanza per capire da dove il ricattatore si aspettava che venisse il denaro.
Una risata isterica le salì alle labbra. Evidentemente quell’uomo non sapeva tutto di lei, altrimenti avrebbe scoperto che il suo matrimonio era solo una farsa. Che importanza poteva avere un pettegolezzo in più?, si disse. Gray si sarebbe limitato ad alzare le spalle.
No, non gli avrebbe chiesto il denaro, decise. Lui l’aveva sposata solo per una questione d’onore e lei non gli aveva dato altro che problemi fino ad allora. La risata si trasformò in un singhiozzo di fronte alla triste realtà. I suoi tentativi di conquistare l’affetto del marito erano miseramente falliti e ora Gray avrebbe dovuto subire un altro oltraggio a causa sua.
Chi poteva aver scritto una lettera tanto vile?, si chiese, fissando l’odioso messaggio. Kate sapeva che Londra era piena di persone malvagie, molte delle quali passavano per gentiluomini. E poi c’era anche zio Jasper. Forse era lui il responsabile di quel ricatto, pensò atterrita. Dopo aver dilapidato la fortuna delle nipoti, ora cercava di attingere a quella di Wroth.
Kate serrò le labbra in un’espressione determinata. Non gliel’avrebbe permesso. Era ora di ritirarsi dal gioco e tornare a casa. Forse Gray avrebbe potuto ottenere l’annullamento del matrimonio. Quel pensiero le provocò una fitta di dolore, ma sapeva che era meglio un taglio netto piuttosto di prolungare quell’infelicità che li inghiottiva entrambi. Non poteva permettere che Gray continuasse a pagare per la follia di quel matrimonio, né poteva andare avanti a tormentarsi di fronte alla sua indifferenza. Il risentimento che lui sembrava albergare nei suoi confronti non poteva condurre che ad altra amarezza e lei non poteva assistere impotente all’agonia del suo cuore intristito da un amore non corrisposto.
Gettando uno sguardo alla lettera, prese nota mentalmente dell’ora dell’appuntamento, quindi si alzò e gettò il foglio nel camino. Rimase a guardare le fiamme che lambivano la carta accartocciandone gli angoli e riducendo in cenere il messaggio e insieme tutte le sue speranze.
Andando all’appuntamento con lo sconosciuto, Kate non sapeva bene che cosa aspettarsi. Forse un uomo rozzo e corpulento, con piccoli occhi porcini, oppure uno magro e viscido, o forse Jasper in persona, che non aveva mai incontrato, ma che di sicuro avrebbe avuto l’aria di una canaglia. Per quanto non avesse familiarità con i quartieri malfamati di Londra, se lo immaginava come uno dei borseggiatori che si aggiravano tra la folla.
Ma quando raggiunse l’angolo di Hide Park dove avrebbe dovuto incontrare il ricattatore, non c’era in vista nessuno che corrispondesse a un simile figuro. Kate percorse un paio di volte la zona prima di fermarsi e scrutare in lontananza. A un tratto avvertì quella spiacevole sensazione alla nuca che aveva provato altre volte, come se qualcuno la stesse osservando. Si voltò, ma non c’era nessuno. Che qualcuno la spiasse dai cespugli, si chiese, pronto a saltarle addosso? Come dicevano le istruzioni, era venuta da sola e improvvisamente si rese conto di quanto fosse vulnerabile anche se si trovava in un luogo pubblico.
«Lady Wroth!» Sobbalzando al suono di quella voce che aveva spezzato il silenzio, Kate si girò e vide una figura femminile seduta su una delle panchine di pietra che costeggiavano il vialetto che aveva appena percorso. Notò che la donna agitava la mano in un cenno di saluto e riconobbe Lady Parker.
Ci mancava solo quella vedova pettegola!, pensò con un sospiro di impazienza, cercando il modo di evitare di farsi trascinare in un’inutile conversazione proprio mentre aveva affari più urgenti da sbrigare. Che il ricattatore si fosse spaventato, vedendo la donna, e se ne fosse andato? Kate aveva intenzione di lasciare Londra subito dopo aver risolto quella faccenda e non voleva essere costretta ad aspettare un nuovo appuntamento.
«Oh, Lady Wroth!» Sfortunatamente non poteva ignorarla, per cui accennò un sorriso e le fece un cenno con la mano prima di allontanarsi. Aveva fatto pochi passi quando si fermò e tornò ad osservare la donna come se la vedesse per la prima volta.
Era da sola, senza nemmeno un domestico o una cameriera, il che era decisamente inconsueto. E per di più non sembrava affatto stupita di vedere che anche Kate era sola. Intuendo la verità, provò un senso di vertigine e le ci volle qualche istante per recuperare il controllo di sé. Poi, raddrizzando le spalle e alzando il mento, tornò sui suoi passi e andò incontro alla donna.
Era preparata ad affrontare un delinquente, forse lo stesso Jasper, ma l’idea che fosse quella donna spregevole a ricattarla la mandava su tutte le furie. Avvicinandosi alla panchina, la fissò con sguardo gelido.
«Vedo che avete intuito la ragione della mia presenza qui» disse Lady Parker, agitando il ventaglio.
«Siete voi che mi avete mandato quel biglietto.»
«Infatti. Avete portato abbastanza denaro per mettere a tacere la mia lingua?» le chiese, guardando con occhi avidi la piccola borsa a rete di Kate.
«No.»
Il ventaglio si chiuse con un colpo secco. «Forse non mi avete presa sul serio, ma vi avviso che so come trattare i miei affari! O siete venuta solo per cercare di scoprire quello che so?» Dato che Kate non rispondeva, la donna fece un’aspra risata. «Oh, so molte cose, cose che sicuramente non vorreste che fossero rese pubbliche.»
«Per esempio?»
Lady Parker rise agitando il ventaglio. «So tutta la storia di voi e vostra sorella, ridotte a vivere come serve, da sole! E so del matrimonio di vostra sorella con un uomo di condizione sociale inferiore alla sua. Che peccato! Sono certa che doveva essere alla disperazione. Non è così?» disse, sporgendosi verso Kate con un bagliore maligno negli occhi.
Non ricevendo risposta, continuò: «Ci sono stati dei pettegolezzi, cose orribili che mi vergogno a ripetere, ma voi che siete sua sorella dovreste saperle... Si dice che Wroth l’abbia sedotta, che si incontrassero segretamente nel suo casino di caccia e che fossero amanti... Poi, improvvisamente, voi sposate Wroth mentre vostra sorella viene data in moglie a un giovane paesano. Oh, oh, come avete fatto a rubare l’amante a vostra sorella? Devo dire che ammiro la vostra astuzia». Lady Parker le sfiorò il polso con il ventaglio e si appoggiò allo schienale della panchina con un sorriso soddisfatto. «Ma gli affari prima di tutto» riprese. «Per quanto vi ammiri, non posso dimenticare quello che so senza un adeguato compenso. Mi trovo a corto di denaro, capite, e in fondo che cosa sono poche sterline fra amiche?»
Nonostante si fosse imposta di non mostrare alcuna reazione, Kate non poté evitare di battere le palpebre alla vile insinuazione che Gray fosse stato l’amante di Lucy. Era un’interpretazione che non aveva previsto.
Già pregustando la sua vittoria, Lady Parker concluse: «Immaginate quale danno alla vostra reputazione, se si dovesse sapere. Voi verreste trattata come un paria e vostro marito, il grande Wroth, verrebbe trascinato nello scandalo! Sono certa che vorrete evitarlo a ogni costo».
L’ansia crescente di Kate si placò ricordando quello che le aveva detto una volta Gray. Nella sua arroganza aveva affermato che ci sarebbe voluto almeno un omicidio per mettere a repentaglio la sua reputazione. Bene, ora la sua affermazione sarebbe stata messa alla prova, pensò con amarezza.
Fissando quella donna spregevole con espressione altezzosa, Kate rimase ferma nella sua decisione.
«No» disse. «Non avrete un soldo. Dite pure quello che volete. Non ho paura di voi.» Le voltò le spalle e si allontanò a passo spedito, ignorando le proteste della vedova.
Non aveva più niente da fare a Londra.