Tom affidò il cavallo ansimante a uno scudiero e si precipitò in casa. Benché odiasse lasciare sole le sue ragazze con l’unico sostegno di quel codardo di Rutledge, sapeva che Kate aveva ragione. Doveva riportare indietro Wroth.
Il marchese si sarebbe liberato in fretta di Jasper e del suo arrogante portavoce. L’opinione di Tom nei suoi confronti era profondamente cambiata dai primi tempi: da un rispetto forzato era passato a un’ammirazione incondizionata dopo che Wroth aveva sposato Kate. Se solo quei due fossero riusciti a deporre per un attimo il loro orgoglio e ammettere che si amavano!, pensò, scuotendo il capo. La vita era troppo breve per sprecarla a struggersi da soli, quando si poteva avere il conforto di un corpo da stringere la notte. Lui stesso aveva pensato di porre la questione a Meg ed era deciso a farlo appena sistemato quel dannato Jasper e risolto il malinteso fra Kate e Wroth.
«Dov’è il marchese?» domandò, facendo irruzione in cucina.
«Non credo che sia in casa» gli rispose Meg, asciugandosi le mani nel grembiule. «Che cosa c’è?»
«Problemi!» le rispose Tom, precipitandosi nell’ala padronale senza fermarsi a dare spiegazioni. Trovò il maggiordomo che lucidava l’argenteria in sala da pranzo.
«Ehi, tu!» lo apostrofò questi. «Dove credi di andare?»
«Sto cercando il marchese.»
«Be’, non è qui. E adesso vattene anche tu.»
Intanto un buon numero di domestici, avvisati da Meg, si era raccolto intorno al vecchio cocchiere. «Che cosa succede, Tom? Che cosa sono questi problemi?» gli domandò il cameriere personale di Wroth.
«Devo assolutamente trovare il marchese, e presto. Kate è in pericolo!»
Un’esclamazione accorata si levò dalla servitù. Badcock si rivolse al maggiordomo. «Dov’è, Coley?»
Perfino lui parve turbato. «Non lo so. Forse a uno dei suoi circoli. È uscito a cavallo subito dopo colazione e non ha lasciato detto nulla. Sapete anche voi com’è, ultimamente...»
Badcock cominciò subito a organizzare la servitù. «Johnny» disse a uno dei valletti, «prendi con te Jem e fate il giro dei circoli.»
«Io andrò a vedere al parco» si offrì un altro volontario. In poco tempo si sguinzagliarono tutti alla ricerca del marchese, ma questo non bastò a rassicurare Tom. Una volta che l’avessero trovato, avrebbe anche dovuto convincerlo a seguirlo ad Hargate, e a Tom non piaceva l’idea di lasciare sole tanto a lungo le ragazze.
«Fate presto, non abbiamo molto tempo!» gridò ai domestici, consapevole che ogni minuto era prezioso.
Un’ora dopo non si sentiva affatto meglio. Dopo che tutti i servitori erano tornati a mani vuote, convocò una riunione in cucina, in un clima di agitazione generale in cui tutti sembravano parlare contemporaneamente.
«Ssh!! Ascoltate me!» gridò Tom, e subito il vocio si placò. Tutti quei fedeli domestici erano abituati a prendere ordini e ora doveva convincerli a seguire i suoi.
«Voi tutti mi conoscete come Tom il cocchiere, venuto qui al seguito della marchesa. Come ben sapete, c’è stato qualche malinteso fra le Loro Signorie, e Kate, testarda e orgogliosa com’è, è tornata a casa. Ora si trova ad Hargate da sola, in balia di un gradasso inviato da suo zio Jasper, che minaccia lei e la sorella.»
Un brusio si levò dai domestici e Tom alzò una mano per chiedere il silenzio. «Mi ha detto di correre qui e chiamare suo marito, ma sembra che non si riesca a trovarlo. Ecco perché ho convocato questa riunione, per decidere tutti insieme che cosa è possibile fare. E adesso passo la parola a Sadcock.»
«Badcock» lo corresse questi, prima di rivolgersi a tutta l’assemblea. «Avete qualche altra idea di dove il marchese possa essere andato?»
Una delle cameriere si fece avanti arrossendo. «Forse dal suo consulente, quell’uomo con gli occhiali?»
«Buona idea, Lizzy! Bob, va’ subito a controllare!» Alle parole di Badcock, uno dei domestici si affrettò a uscire. «Qualcun altro?»
«Vi chiedo perdono, Mr. Badcock» disse uno dei valletti, «ma potrebbe essere ovunque, in visita da amici o in qualche sala da gioco che non abbiamo mai sentito nominare.»
Un brusio di approvazione accolse le sue parole.
«Bene. In questo caso, visto che Lady Kate è in pericolo e che il marchese è assente, suggerisco che andiamo noi ad Hargate.» Badcock guardò uno per uno i domestici, mentre il volto di Tom si allargava in un sorriso. «Quel prepotente sostiene di essere al servizio dello zio di Lady Kate» riprese il cameriere. «Bene, noi siamo al servizio di uno degli uomini più potenti d’Inghilterra. Facciamogli vedere quello che significa!»
La servitù si unì in un grido di incoraggiamento e tutti ricominciarono a parlare contemporaneamente, mentre Badcock avanzava tra loro, scegliendo gli uomini più robusti.
«Ma, ma... questo è inaudito!» protestò il maggiordomo, vedendoli pronti a partire.
«Vengo anch’io!» esclamò Meg, impugnando un matterello.
Il maggiordomo si fece indietro, preoccupato. «Siete tutti impazziti!» esclamò. «Che cosa credete di fare?»
«Andiamo a salvare Lady Kate!» rispose Meg.
«Con quale autorità?»
«La mia!» gridò Badcock.
Un coro di approvazione seguì il piccolo gruppetto che usciva dalla cucina sotto la guida del cameriere. Tom sorrise soddisfatto. «Non mi siete mai stato molto simpatico, Limpdick, sapete? Ma siete un tipo a posto!» disse, battendogli una mano sulla spalla.
«Badcock» gli rispose in tono asciutto. Qualche istante dopo erano in viaggio.
Gray ascoltava distrattamente mentre Daniel Wells gli faceva il resoconto dei suoi innumerevoli affari e investimenti. Wells era una specie di supervisore, che affidava ai suoi impiegati la contabilità e la corrispondenza e teneva un occhio vigile sulle numerose attività di Gray, assicurandosi che tutto filasse nel modo migliore.
I suoi servizi erano inestimabili e Gray aveva apprezzato particolarmente il suo aiuto negli ultimi mesi. Durante la sua assenza da Londra e anche dopo il suo ritorno, la sua mente era stata occupata altrove, ma poteva essere tranquillo che non sarebbe successo niente di disastroso ai suoi affari finché Wells avesse avuto il controllo della situazione.
Così si limitava ad annuire e a dare la sua approvazione quando veniva richiesta o a sollevare qualche obiezione se lo riteneva necessario. Per il resto, la sua mente era occupata da Kate.
L’incontro con Lady Parker gli aveva ricordato quanto fosse vulnerabile sua moglie. Nonostante il suo atteggiamento fiero e il suo coraggio, Kate non era invincibile e in quel momento si trovava ad Hargate, praticamente da sola e indifesa.
In un primo tempo era prevalsa la collera per il suo abbandono e Gray aveva pensato di lasciarla fare di testa sua. Se preferiva vivere come una fittavola anziché come una marchesa, che si arrangiasse! Sperava che avesse abbastanza buon senso da rendersi conto della precarietà della sua situazione, ma ora cominciava seriamente a dubitarne.
Naturalmente quel vecchio servitore si era affrettato a seguirla, ma Gray sapeva bene quale scarso aiuto le sarebbe potuto venire da Tom. In ogni caso, se preferiva la compagnia di quel vecchio anziché quella di suo marito, era accontentata!
Gray si oscurò in volto, muovendosi a disagio sulla sedia, mentre si risvegliava in lui la collera. Si sentiva tradito da Kate e provava un profondo senso di abbandono, come quello che lo aveva assalito alla morte dei genitori.
Dannazione! Da dove gli veniva quel pensiero? I suoi genitori non erano responsabili della propria morte, né lui si era lasciato andare a lungo al dolore e all’autocommiserazione, troppo impegnato a prendere in mano le redini dell’enorme fortuna che aveva ereditato. E in ogni caso la situazione non era nemmeno lontanamente paragonabile, perché Kate era venuta meno volontariamente alla promessa di fedeltà.
Ma era davvero così?, si chiese. L’incontro con Lady Parker aveva gettato una nuova luce sui fatti, portandolo a domandarsi se fossero state le sue minacce a far fuggire Kate.
Era sicuro che il suo orgoglio le avrebbe impedito di rivolgersi a lui per ottenere il denaro del ricatto e perfino per confidarsi.
Forse aveva ragione Raleigh: lui e Kate erano molto simili, troppo orgogliosi e testardi per accettare compromessi. Perso nei suoi pensieri, Gray si rese lentamente conto che Wells lo stava osservando con aria perplessa.
«Be’, che cosa c’è?» domandò bruscamente.
Wells scosse il capo. «È solo che non vi ho mai visto così distratto. Vi sentite bene?»
No. Si sentiva malissimo. Era infuriato, deluso, preoccupato, e provava tutta una gamma di fastidiose emozioni a cui non era avvezzo. «Sto bene» disse, inarcando un sopracciglio.
Wells sapeva quando non era il caso di insistere. «Bene. In questo caso, spero che vorrete prestare attenzione all’ultima questione che ho da sottoporvi.»
«Sì?»
«Jasper Gillray si è mosso.» Queste parole ebbero l’effetto di risvegliare tutta l’attenzione di Gray. «Forse gli è arrivata notizia che una delle sue nipoti si è sposata e che l’altra ha già fatto le pubblicazioni, o forse era semplicemente stanco del suo esilio volontario. Qualunque siano i suoi motivi, è tornato in Inghilterra e sta preparando qualcosa.»
«Vuole mettere le mani su Hargate» mormorò Gray.
«Forse. Le nostre fonti non arrivano a rivelarci i suoi piani. Siamo riusciti a contattare la sua cerchia di fedeli, ma si sono mantenuti abbottonati.»
Gray si appoggiò allo schienale della poltrona riflettendo rapidamente.
Non c’era nulla di particolarmente allarmante nel ritorno di Jasper. Forse stava solo tramando con i suoi avvocati per spillare altro denaro alle nipoti, ma se fosse venuto a conoscenza delle nozze, si sarebbe preoccupato di perdere la sua fonte di sostentamento.
Avrebbe dovuto mandare qualcuno ad Hargate a prendere Kate e anche Lucy, si disse. Ma, conoscendo sua moglie, sapeva che sarebbe stata capace di accogliere a fucilate un suo inviato. Maledizione! Sarebbe dovuto andare di persona.
Quell’idea gli fece accelerare i battiti del cuore. Improvvisamente, il solo pensiero di rivedere Kate gli comunicava un’agitazione insostenibile. Con uno sforzo deliberato per mantenersi calmo, respinse quei pensieri per concentrarsi su Jasper. Quel bastardo gli avrebbe offerto l’occasione di sfogare finalmente tutta la sua collera e la sua frustrazione.
Un colpo alla porta lo riscosse dai suoi propositi di vendetta. Non era abituato alle interruzioni e rivolse a Wells uno sguardo interrogativo. Lui si strinse nelle spalle e andò ad aprire, facendosi da parte alla vista di uno dei domestici di Wroth, che irruppe nella stanza trafelato.
«Dovete venire subito, milord!» esclamò il giovane.
Che cosa diavolo?, pensò Gray, raddrizzandosi immediatamente. «Dove?»
«Si tratta di Lady Kate, milord! È trattenuta contro la sua volontà!»
Alla vista dei camini di Hargate, Gray rallentò l’andatura e guidò il cavallo attraverso i prati. Anche se da lì tutto sembrava a posto, voleva essere preparato a qualsiasi eventualità. Aveva già fatto fin troppi errori riguardo a Kate, non ultimo quello di lasciarla sola e indifesa.
Avrebbe dovuto mandare dei domestici e qualcuno che facesse la guardia alla casa. Al diavolo! Lui stesso sarebbe dovuto essere lì, al suo fianco, per prendersi cura di lei anziché concentrarsi solo su se stesso. L’autocritica era un esercizio nuovo per lui. Abituato ad assumersi la piena responsabilità degli uomini e degli affari che dipendevano da lui, raramente aveva avuto problemi nella gestione della sua vita e delle sue attività. Finché non aveva incontrato Kate.
Da allora, ogni giorno era stato una lotta: contro se stesso, contro la tentazione, contro la paura che minacciava di consumarlo. Se le fosse accaduto qualcosa... Gray respirò a fondo, incapace di portare a termine quel pensiero mentre superava il crinale della collina e la tenuta dei Courtland gli appariva in piena vista, silenziosa e tranquilla.
Gray cominciò a chiedersi se non si trattasse di un falso allarme, generato da qualcosa che aveva detto quell’idiota di Tom. Corrugò la fronte, mentre un odioso sospetto prendeva piede nella sua mente. Se il vecchio cocchiere avesse architettato ogni cosa solo per costringerlo a correre lì, non gliel’avrebbe mai perdonato. Se fosse stato così, sarebbe tornato immediatamente a Londra, perché si rifiutava di fare la parte dello stupido.
Condusse il cavallo verso le scuderie, ma si fermò di colpo, sorpreso, vedendo che i box, solitamente vuoti, erano occupati da numerosi cavalli. I suoi cavalli. Avanzando lentamente, riconobbe anche la sua carrozza e un landò che aveva guidato più volte. Che cosa diavolo stava succedendo?, si chiese, sempre più irritato.
Legò il cavallo e si diresse spedito verso la casa, determinato a scoprire perché mai metà dei cavalli delle sue scuderie fossero arrivati ad Hargate senza che lui lo sapesse.
Il rumore lo colpì appena varcata la soglia. Un baccano che non aveva mai sentito durante il suo soggiorno ad Hargate: sembrava che una decina di persone parlasse contemporaneamente in tono alterato. Seguendo il vocio, Gray raggiunse il salotto e lì si bloccò sulla soglia, sbalordito dalla scena che si presentava davanti ai suoi occhi.
Il suo cocchiere, il suo cameriere personale, una mezza dozzina di domestici e perfino la cuoca, che brandiva un matterello come se fosse un’arma, si raccoglievano insieme a Lucy e Rutledge intorno a una figura che riusciva a stento a intravedere. Perché mai la sua servitù si trovasse lì e che cosa stesse facendo, era qualcosa che andava al di là di ogni possibile congettura.
Rivolgendosi a quello dei suoi domestici che gli avrebbe dato la risposta più diretta, Gray fece il suo ingresso nella stanza.
«Badcock» disse in tono autoritario, «che cosa significa tutto questo?»
Al suono della sua voce, il cameriere si voltò immediatamente rivelando una pistola alla cintola.
«Milord!» esclamò.
A questo punto tutti ricominciarono a parlare all’unisono e si raccolsero intorno a Gray come uno sciame di api, rivelando al centro della stanza un uomo seduto in poltrona, con i polsi e le caviglie legate.
Dicendosi che ormai nulla avrebbe potuto stupirlo, Gray avanzò verso di lui e notò che l’uomo non sembrava abbastanza forzuto da costituire una minaccia. «Chi siete?» gli chiese, con la fronte aggrottata.
«Il mio nome è Brown, e sono felice di vedere finalmente qualcuno di buon senso in questo manicomio! Liberatemi!»
«È un individuo spregevole! Un demonio!» La voce stridula di Lucy si levò sopra le altre, facendo ricordare a Gray quanto poco avesse sentito la mancanza della cognata.
«Badcock» disse in un tono che suonava come un ordine.
Subito il cameriere fu al suo fianco, balbettando concitato: «N... non riuscivamo a trovarvi, milord, così siamo stati costretti a prendere in mano la situazione».
«E di quale situazione si tratta?» domandò Gray, sforzandosi di mantenere la pazienza.
«Quest’uomo ha minacciato la marchesa!»
Proprio in quel momento la folla di domestici si divise in due per lasciar passare Kate, che entrò nella stanza con la grazia di una regina. Indossava un semplice abito di seta chiara che faceva apparire la sua pelle trasparente come un’alba, i capelli scuri come la notte e gli occhi dolci e misteriosi come un crepuscolo.
Gray trattenne il fiato. Non si era aspettato di provare un’emozione così intensa rivedendola, né quella sicurezza di essere finalmente arrivato a casa. Rimase immobile, beandosi della sua vista, finché non si rese conto che tutti i presenti erano ammutoliti di colpo e assistevano con grande interesse al loro incontro. Con un senso di fastidio, mise da parte il proprio desiderio per ergersi in tutta la sua autorità. Non solo Kate l’aveva privato della sua dignità personale, ma aveva ridotto la sua servitù a un branco di esagitati.
«Allora?» chiese in un tono più brusco di quello che avrebbe voluto. Intuì, più che vedere, un leggero irrigidimento da parte di Kate, prima che recuperasse il proprio contegno.
«Mr. Brown sostiene di essere stato inviato da mio zio Jasper.»
«E infatti è così. E quando arriverà di persona, pagherete caro questo affronto!»
Gray si voltò lentamente e fissò incuriosito l’uomo legato, i cui abiti e il cui modo di esprimersi non erano certo raffinati. «Scusate?»
«Quando Jasper arriverà...» cominciò lui.
Gray lo interruppe con un’occhiata tagliente. «E quando dovrebbe arrivare?»
Come in risposta alle sue parole, si udì un borbottio infuriato da parte di Tom, seguito dalla voce più pacata di Badcock. «Credo che l’abbia appena fatto» disse il cameriere.
Gray si voltò per fronteggiare l’infame Jasper, deciso a risolvere una volta per tutte la questione, possibilmente senza spargimento di sangue. Valutò attentamente il suo avversario. Vestiva con colori sgargianti, alla maniera di un dandy, ed era di statura media, con i capelli un po’ più scuri di quelli di Lucy. Non era grasso, ma il suo aspetto rivelava quel leggero appesantimento che deriva dai troppi vizi. Mentre Gray lo sottoponeva al suo esame, Jasper batté le palpebre come se fosse sconcertato da quella confusione. Fece vagare lo sguardo per la stanza, soffermandosi un istante su Gray.
«Nessuno è venuto alla porta, per cui sono entrato da solo. Kate? Lucy? Dove sono le mie care nipotine?» chiese.
«Jasper! Ordina che mi sleghino!» gridò Brown.
Ignorando la sua supplica, Jasper avanzò verso Gray. «Voi siete Wroth, vero? Credo di avervi già visto in città.» Al suo cenno di assenso, sorrise. «Le mie più sincere congratulazioni, milord! Ho saputo solo di recente delle vostre nozze con mia nipote e non potrei essere più felice di imparentarmi con un personaggio della vostra fama! La mia Kate merita il meglio. Dov’è quella cara ragazza?»
«Non sono né tua né cara» dichiarò lei con calma.
«Che cosa c’è, Kate? Non mi riconosci?» domandò Jasper, mortificato.
«Dovete perdonare mia moglie per la sua accoglienza poco entusiasta. Quest’uomo si è presentato qui, oggi, sostenendo di essere il vostro portavoce, e ha minacciato Kate e sua sorella» disse Gray.
«Già» aggiunse Kate, sollevando il mento in un atteggiamento che Gray conosceva bene. «Si è opposto alle nozze di Lucy e ha detto a me che mi avrebbe costretto ad annullare il matrimonio.»
Gray si irrigidì a queste parole. Annullare il matrimonio? La sola idea di perderla per sempre lo gettava nello sgomento. Un conto era vivere separati, un altro rinunciare definitivamente a lei. Il cuore gli saltò un battito mentre riportava lo sguardo su Kate. Avrebbe acconsentito a una simile proposta?, si chiese.
Riconoscendo i sintomi della debolezza che lo assaliva, Gray lottò con tutte le sue forze per superarla. In quel momento doveva essere nel pieno possesso delle sue facoltà per sistemare Jasper e il suo tirapiedi. Più tardi avrebbe affrontato la questione con Kate.
Come se avesse registrato solo allora le accuse della nipote, Jasper fece un’espressione allarmata e si girò verso Brown.
«Che menzogne sei venuto a sputare?» lo accusò. «È vero che quest’uomo lavorava per me, un tempo, ma l’ho licenziato dopo che l’ho scoperto a rubare!» dichiarò.
Brown tentò di protestare, ma Jasper lo mise a tacere. «In effetti, è proprio una delle ragioni per cui sono qui. Ho scoperto che si era appropriato del denaro che gli avevo affidato perché lo inviasse alle mie care nipoti e che l’aveva usato per pagare i debiti di gioco!» Rivolgendosi a Brown, riprese: «E adesso rispondi sinceramente, sarà meglio per te. È vero che non lavori più per me?».
Lui lo fissò a lungo prima di chinare il capo. «Sì, è vero» mormorò.
«Ecco, vedete? Non c’è ragione di allarmarsi. Il colpevole è stato scoperto e ora io metterò riparo ai danni che ha causato.»
Gray studiò attentamente Jasper. «Temo che dovrete fornire qualche altra spiegazione riguardo il modo in cui avete amministrato l’eredità dei Courtland, Mr. Gillray.»
Jasper non si lasciò intimidire. «Tutte le spiegazioni che vorrete, milord.»
«Forse è meglio che ne discutiamo in privato, nel mio studio.»
«Come volete, ma se intendete parlarmi di questioni finanziarie, devo confessare la mia ignoranza.» Jasper scosse il capo con un sorriso dispiaciuto. «Ho affidato tutti i miei affari al mio avvocato. Perché non venite con me a Londra, in modo che possiate parlargli di persona? Dev’esserci stato qualche malinteso e vorrei chiarirlo al più presto, così potrò godermi qualche giorno di riposo in compagnia delle mie nipoti.»
Gray esitò. Era appena arrivato, come pure Jasper. Per quanto desiderasse risolvere al più presto la questione, non vedeva ragione di ripartire subito quando potevano passare la notte ad Hargate... Il solo pensiero gli accendeva il fuoco nelle vene. Ansioso di riconciliarsi con la moglie, cercò il suo sguardo, ma quando lei distolse il capo per voltarsi invece verso Jasper, si sentì colpito da una doccia fredda.
«Penso che sia una buona idea, zio» disse Kate. «Sono sicura che voi due riuscirete a trovare un accordo. Vedi, temo di non avere abbastanza personale, qui, per accogliere degli ospiti, per cui è meglio che ti cerchi una sistemazione a Londra.» Lanciò un’occhiata a Gray, con espressione distante, mentre Jasper si guardava intorno perplesso. La servitù che affollava la sala, benché esigua, sembrava più che sufficiente.
«Molto bene» dichiarò Gray, nascondendo il proprio disappunto. «Potete fermarvi nella mia casa di Londra, Mr. Gillray.»
«Oh, voi siete troppo gentile, milord. Apprezzo la vostra generosa offerta, ma credo che la casa di città dei Chester sia ancora disponibile. Non è così, Kate?» domandò alla nipote.
«Non ne ho idea.»
«Oh, cara! Non avrei mai dovuto lasciare il paese! È evidente che il mio avvocato non ha curato gli affari come si deve, in mia assenza. Andiamo subito nel suo studio, così potremo chiarire le cose una volta per tutte! Non riuscirei a chiudere occhio prima di sapere che è tutto sistemato.»
«Molto bene» ripeté Gray. «Posso venire con voi?» Non aveva alcuna intenzione di lasciare che Jasper sparisse di nuovo. Naturalmente, era possibile che lo zio di Kate dicesse la verità, perché anche il più scaltro degli uomini poteva essere vittima di affaristi disonesti. Se era così, Gray era disposto a patteggiare un risarcimento; altrimenti avrebbe avuto la mano ancora più pesante con quel bastardo che voleva fare il doppio gioco.
Evidentemente ignaro dei suoi propositi, Jasper gli sorrise. «Ma certo! Sarà un piacere viaggiare insieme! Bambine mie, vi prometto che una volta sistemate le cose, mi tratterrò per una lunga visita.» Ammiccò a Lucy e aggiunse: «Non voglio perdermi il tuo matrimonio per nulla al mondo, mia cara».
«Badcock, assicurati che tutto sia pronto per la nostra partenza» ordinò Gray rivolto al suo cameriere.
«Sì, milord» rispose quest’ultimo con aria di disapprovazione. «E che cosa ne facciamo di questo individuo?» domandò, indicando Brown.
«Uno dei valletti lo consegnerà al magistrato e poi tornerà qui. Domani vi manderò il cambio.» Non gli piaceva l’idea di obbligare i suoi domestici a fermarsi per la notte, quando non erano preparati a farlo, ma non voleva rischiare di lasciare indifesa Hargate. Il giorno seguente avrebbe inviato il personale necessario ma, per il momento, gli uomini che erano venuti con Badcock sarebbero stati sufficienti.
Quanto a Kate... Gray serrò la mascella. Avrebbe parlato con lei più avanti, decise.
Con un supremo sforzo di volontà, accennò un inchino prima a Lucy e poi alla moglie. «Buona giornata» le salutò in tono gelido.
Uscendo dalla stanza, si disse che, almeno in apparenza, sembrava che avesse realizzato il matrimonio garbato che desiderava un tempo. Ma ora non gli dava alcuna soddisfazione e, dietro quella facciata cortese, l’uomo istintivo che Kate aveva risvegliato in lui gemeva di dolore a quella separazione. Facendo ricorso a tutta la sua forza di volontà, tenne a freno il suo lato selvaggio e giurò a se stesso che presto avrebbe fatto i conti con la moglie.