20

Gray fece un cenno di saluto al severo maggiordomo che lo introdusse nell’elegante dimora di Lady Lyndford. Era stato in quella casa molte altre volte, ma quella sera sentiva il peso degli impegni sociali. Era stanco per la lunga cavalcata ed emotivamente svuotato.

Quando avevano raggiunto Londra, il sole era già tramontato e si era accordato con Jasper per incontrare il suo avvocato a cena. Dopo essersi cambiato, Gray si era presentato all’appuntamento, ma si era ritrovato solo con Jasper. L’avvocato era già uscito ed era stato impossibile raggiungerlo, ma Jasper aveva promesso che avrebbe combinato l’incontro per il giorno dopo.

Così Gray era stato costretto a cenare e fare conversazione con un uomo che cominciava a ritenere un vero imbecille. Benché fosse abituato a frequentare persone di intelletto inferiore al suo, la sua pazienza era già stata messa a dura prova nell’arco della giornata. Alla fine aveva trovato una scusa per liberarsi della compagnia di Jasper.

Così si era recato al ricevimento di Lady Lyndford, ma ritrovarsi in mezzo all’alta società non aveva migliorato il suo umore. La sua vecchia inquietudine sembrava essersi risvegliata più forte che mai, solo che il vago desiderio di una volta aveva ora un oggetto preciso: Kate. Scuro in volto, Gray si fece strada tra la folla, diretto verso la sala da gioco, dove rimase a osservare i tavoli con scarso interesse. Le carte, che un tempo erano state la sua passione, non lo attiravano più.

Ora aveva una nuova passione.

Quel pensiero pesava sul suo cuore. Gray uscì nel giardino sul retro della casa, ma non c’era modo di fuggire dalla donna che era penetrata così a fondo nella sua vita, nei suoi pensieri, nel suo sangue, nel suo cuore... Con un moto di ribellione, Gray si disse che continuava a pensare a lei solo perché c’erano troppe cose non risolte fra loro. Doveva scoprire perché l’aveva lasciato, perché l’aveva trattato con tanta freddezza, quel giorno, e che cosa provava veramente per lui.

Appoggiando i gomiti sulla balaustra, lasciò vagare lo sguardo nella notte, all’improvviso consapevole della sua esistenza solitaria. La separazione da Kate non aveva minimamente alleviato la sua ossessione per lei, ma vi aveva aggiunto un dolore sordo, una nostalgia che affiorava a ogni respiro, a ogni battito del cuore...

«Wroth?»

Gray si riscosse dai suoi pensieri al suono del suo nome, ma non fece cenno di muoversi per andare incontro alla donna che aveva parlato.

«Dov’è Kate?»

Sorpreso, Gray sollevò un sopracciglio e si voltò. Era Charlotte. Guardandola, Gray la paragonò mentalmente con Kate e si chiese che cosa avesse visto in lei, un tempo. La massa di capelli dorati non aveva niente a che vedere con i morbidi riccioli scuri di Kate e le curve rigogliose gli parevano eccessive accanto alla snella figura che aveva stretto fra le braccia.

Dio, come gli mancava! Stringendo le mani a pugno, rispose in tono asciutto: «È tornata a casa».

«Perché? È evidente che ti ama.»

Quelle parole gli provocarono un brivido involontario. Se era vero che lo amava, perché se n’era andata? Lui era stato un buon marito, gentile, attento, generoso con il suo denaro e con il suo corpo. E questo mentre lottava dentro di sé contro un istinto che riteneva basso e primitivo, vergognandosi della propria debolezza...

Respirò a fondo. «Sai bene come sono i matrimoni nell’aristocrazia» disse.

«Smettila!» Il tono di Charlotte era insolitamente impetuoso.

Troppo esausto per guardarla, Gray si limitò a fissare lo sguardo nel buio. «Dannazione, Charlotte, non tutti gli uomini condividono i ridicoli ideali di quell’idiota che hai sposato. Mia moglie e io abbiamo trovato un accordo civile.»

«L’amore, una passione sincera, valgono molto di più di un migliaio di accordi civili. Ma il grande Wroth non può abbassarsi a questo.»

Visto che Gray rimaneva in silenzio, Charlotte agitò il ventaglio e si chinò su di lui per studiarlo.

«Sei famoso per la tua onestà. Lascia che ti chieda una cosa e rispondi sinceramente: avresti preferito sposare me?»

Gray fu colto di sorpresa da quella domanda. Un tempo aveva pensato che Charlotte sarebbe stata una moglie adeguata, ma ora... Il suo cuore non riusciva nemmeno lontanamente a concepire di scambiare Kate con un’altra donna.

«Credo proprio di no» concluse Charlotte con un sorriso. «Ma non è facile conquistare un rapporto d’amore» riprese. «Se vuoi una grande passione, devi concedere qualcosa di te stesso, Wroth, è inevitabile. O ti accontenti di un matrimonio di convenienza, come la maggior parte di quelli che conosciamo, oppure rischi una parte di te per avere qualcosa di più ricco e profondo. Tu sei un uomo capace di intense passioni, perché accontentarti di meno?»

Perché è un segno di debolezza, pensò Gray. Ma era veramente così?, si chiese subito dopo. Forse essere deboli voleva dire scegliere la strada più semplice, come facevano gli uomini che non provavano nulla né per la moglie né per le amanti. A un tratto Gray si chiese se Wycliffe non fosse da ammirare per il suo coraggio.

Come intuendo il suo cedimento, Charlotte si chinò su di lui. «Va’ da lei» gli sussurrò. «Va’ da lei e aprile il tuo cuore.»

Kate si rigirò inquieta nel letto come aveva sempre fatto dal suo arrivo ad Hargate. Ma quella notte era peggio. Quella notte era più che mai consapevole che avrebbe dovuto giacere accanto a suo marito. Gray.

L’immagine di lui le riempiva la mente e, anche se chiudeva gli occhi, continuava a vederlo, avvolto nella luce della luna, mentre l’amava con il suo corpo se non con il suo cuore.

Le era bastato rivederlo per mandare all’aria tutti i suoi propositi di dimenticarlo e farle venire il dubbio di essere fuggita dall’unica cosa bella che le fosse capitata in vita sua. Abbracciando il cuscino, si soffermò a considerare se Lucy non avesse ragione.

Era così abituata a soffrire che non riusciva ad assaporare la felicità? Gray si era comportato in modo insopportabile, oppure era lei che aveva cercato un pretesto per difendersi dal sentimento più intenso che avesse mai provato?

A un tratto il silenzio che la circondava si fece innaturale e Kate avvertì ancora una volta quella strana sensazione alla nuca. Spalancò gli occhi e scrutò nell’oscurità, poi emise un lungo sospiro. Non poteva esserci nessuno a guardarla. Era sola e Lucy dormiva nella stanza accanto.

Poi udì il rumore. Il cigolio inconfondibile della maniglia. Balzando a sedere nel letto, Kate strinse al petto il lenzuolo mentre la porta si apriva lentamente per rivelare una sagoma maschile avvolta nell’ombra.

«Bene, bene, ecco l’altezzosa Lady Wroth.»

Kate rimase a bocca aperta, incapace di credere alle proprie orecchie, perché quella era la voce dell’uomo che l’aveva minacciata quello stesso pomeriggio. Ma Brown era stato condotto dal magistrato; come poteva trovarsi lì?, si chiese sgomenta.

«Che cosa fate qui?»

«Ho una pistola puntata su di voi, milady.» Kate si sentì mancare il fiato vedendo un bagliore metallico nella sua mano. «E questa volta non verrà nessuno ad aiutarvi. Ve l’avevo detto che ve l’avrei fatta pagare per avermi legato. Adesso è venuto il momento. Alzatevi!»

«Lasciate almeno che mi vesta» disse Kate, cercando di mantenere ferma la voce, mentre il suo cervello lavorava rapidamente. Brown era solo? Come era scappato alla giustizia? E dov’erano Tom e gli altri uomini che Gray aveva lasciato a guardia della tenuta?

«No! Alzatevi così come siete e sbrigatevi a scendere. Jasper sta aspettando.»

Jasper! Il cuore prese a martellarle mentre scendeva dal letto. Dunque non si trattava della meschina vendetta di un piccolo delinquente, ma era molto peggio, perché Gray era partito con suo zio in perfetta buona fede. Gray! Un sudore freddo le imperlò la fronte al pensiero che Jasper potesse avergli fatto del male.

Lo avrebbe ucciso.

La determinazione la aiutò a vincere il panico e le schiarì la mente. Mentre indossava la vestaglia, Kate fece scivolare in tasca la pistola che teneva accanto al letto, nascondendola fra le ampie pieghe del velluto, e impugnò saldamente il calcio. Infilò le pantofole e si raddrizzò a testa alta.

Era pronta.

Scese in silenzio le scale, seguita da Brown che la teneva sotto tiro. Attraverso l’ampia finestra dell’ingresso la luce della luna illuminava l’atrio, al cui centro c’era Jasper con le mani posate sulle spalle di Lucy. Lei era seduta su una poltroncina, con i piedi e le mani legate, e Kate trattenne il fiato a quella vista.

«Ah, eccoti qui, Kate, tesoro. Abbiamo pensato che fosse meglio occuparci di Lucy, prima, nel caso ci fossero state difficoltà a convincere la più testarda delle due a collaborare.» Jasper ammiccò in direzione del suo complice, che rispose con una risata chioccia.

«I miei uomini hanno preso in mano la situazione in pochi minuti. Una casa di queste dimensioni dovrebbe avere uno staff di domestici adeguato, non credi, mia cara? Ma devo ammettere che sono rimasto impressionato dalla tua abilità nel cavartela da sola. Forse il tuo caro papà aveva nascosto un gruzzolo privato che vi ha permesso di tirare avanti?»

Vedendo che lei non rispondeva, Jasper scosse il capo. «Oh, be’, non ha più alcuna importanza, adesso. Possiedo ancora il capitale e la terra. Purtroppo sarò costretto a mettere a fuoco la casa, per far sì che la tua morte e quella di tua sorella appaiano come un tragico incidente.»

A quelle parole Lucy emise un gemito, troppo spaventata perfino per una delle sue sceneggiate. Kate avrebbe voluto confortare la sorella, ma non voleva rischiare di trovarsi legata anche lei.

Doveva mantenersi in una posizione di vantaggio, perché sapeva che avrebbe avuto un’unica possibilità di sparare a Jasper, dopo di che avrebbe dovuto ancora vedersela con Brown. Allontanandosi di qualche passo da quello spregevole individuo, lo fissò con sguardo gelido.

«Non avrai intenzione di incendiare Hargate?»

«Oh, ma certo, mia cara. Vedi, non posso permettermi di perdere la mia fonte di reddito. In questo modo, Lucy morirà ancora nubile e la sua parte spetterà a me. Quanto a te...»

«Ma io sono già sposata. Che cosa mi dici di Wroth?» Kate trattenne il fiato, incapace di affrontare il pensiero che Jasper l’avesse già ucciso. La sua mente, sollecitata dal pericolo, vedeva ogni cosa chiaramente e tutte le incomprensioni che c’erano state tra loro le apparivano assurde e inconsistenti comparate all’intensità di quello che provava per lui. Solo ora si rendeva conto che lo desiderava ancora, che la amasse o meno.

Jasper si strinse nelle spalle. «Naturalmente mi sarebbe piaciuto includere anche lui in un bell’incendio, ma è troppo furbo per cadere in una trappola così ingenua. In ogni caso, essendo ricco e nobile, non credo che vorrà privarmi di una misera tenuta.»

Kate rimase impassibile, ma dentro di sé tirò un sospiro di sollievo. In quel momento vide qualcosa muoversi nell’ombra, alle spalle di Jasper.

«Ti sbagli. Ti priverò di tutto quello che possiedi, bastardo!»

Gray! La gioia di Kate nell’udire la voce del marito era offuscata dalla paura per la sua vita. Era venuto da solo?, si chiese. Armato? Jasper era un uomo ridotto alla disperazione, privo di coscienza, capace di tutto. A conferma dei suoi timori, lo vide fare un cinico sorriso. «Benvenuto nella nostra piccola combriccola, milord. Giusto in tempo per morire.»

«Non credo proprio» replicò Gray con la sua solita compostezza. Alla luce della luna Kate vide il bagliore di un’arma puntata al petto di Jasper.

Lui inspirò aria nei polmoni, ma non si mosse. «Sembra che siamo in posizione di stallo, milord. Voi potete spararmi, ma in questo caso che cosa ne sarà di vostra moglie? Sono sicuro che Brown sarà felice di sistemarla.»

«Non ci contare» esclamò Kate e, prima che Brown potesse voltarsi verso di lei, estrasse la pistola e sparò. L’esplosione le fece perdere l’equilibrio e, quando riaprì gli occhi, vide Gray che atterrava Jasper con un pugno in pieno viso.

«Gray, potrebbero esserci degli altri uomini, fuori!» lo avvisò, temendo che il rumore richiamasse i complici di Jasper.

«No, li ho sistemati al mio arrivo» le rispose, chinandosi a esaminare il corpo di Brown, che giaceva prono sul pavimento. Kate non aveva idea di come li avesse sistemati, né le importava. Tutto quello che importava era che Gray era vivo. Lui sollevò il capo e la guardò con un debole sorriso. «Vedo che la tua mira è migliorata» disse.

Mentre Gray saliva le scale, un’insolita eccitazione mista a un certo timore prese in lui il posto della stanchezza al pensiero di chiarire le cose con Kate.

Non avevano più avuto un momento da soli dopo la sparatoria. Gray era stato occupato con il magistrato: dopo che Jasper era stato consegnato alla giustizia e il corpo di Brown era stato rimosso, aveva dovuto farsi carico di altri dettagli che non poteva affidare ai suoi uomini. Kate, nel frattempo, aveva preparato il tè e si era presa cura di Lucy, le cui condizioni avevano reso ancora più atroci gli avvenimenti di quella notte.

Kate, invece, aveva affrontato quell’incubo con la consueta forza di spirito. Gray inspirò a fondo ricordando il coraggio con cui aveva tenuto testa allo zio e al suo complice, mentre lui li osservava nell’ombra. Per la prima volta in vita sua aveva avuto paura, sapendo che se avesse tardato anche solo di pochi istanti, sarebbe potuto accadere l’irreparabile.

Ma grazie al cielo era arrivato in tempo. Se non fosse stato per Charlotte... Gray si ripropose di inviarle un regalo tardivo per il bambino. Senza il suo incoraggiamento, non si sarebbe precipitato da Kate, incurante dell’ora tarda, solo per trovare Hargate sotto assedio, dopo che i suoi uomini erano stati messi fuori combattimento.

Entrò in silenzio nella camera da letto, non volendo svegliare Kate nel caso in cui si fosse già addormentata. Era quasi l’alba, ormai, e aveva bisogno di riposare. Richiuse la porta senza fare rumore e si appoggiò allo stipite. Lei si alzò dal letto. Non aveva potuto prendere sonno e lo stava aspettando. Gray sentì accelerare i battiti del cuore.

«Kate» mormorò.

Lei gli venne incontro, una visione lunare avvolta nel pizzo bianco, e tutti i suoi propositi di parlare svanirono di fronte al desiderio che si era risvegliato più forte che mai. Era passato troppo tempo. Allungò una mano e la affondò tra i morbidi riccioli scuri, mentre le loro labbra si univano.

«Kate, Kate, Kate» continuava a ripetere, mentre lei gli levava la giacca dalle spalle e lo aiutava a sfilare la camicia. Gray la lasciò fare, sentendosi rivivere al tocco delle sue mani che gli accarezzavano il torace, al fresco profumo della sua pelle. Esisteva solo lei, le sue labbra, il suo calore, le emozioni che gli comunicava.

«Mi sei mancato così tanto, Gray!» sussurrò Kate.

«Anche tu.» Le prese il volto fra le mani e fissò i suoi occhi luminosi, leggendovi quel nonsoché che aveva inseguito a lungo e contro cui aveva combattuto fin dalla prima volta che gli era apparso. Le parole gli vennero spontanee alle labbra. «Ti amo, Kate.»

Lei batté le ciglia, incredula. «Che cosa hai detto?» mormorò.

«Ti amo. E se vuoi restare ad Hargate, resterò con te.»

Lei gli sorrise. «Non è necessario. Verrò con te ovunque, perché quello è il posto del mio cuore.» Abbandonando la propria compostezza, gli gettò le braccia al collo e gli posò la guancia sul petto, stringendolo come se non volesse più lasciarlo andare.

«Allora non fuggirai più da me?» le domandò Gray. Anche se il suo tono era scherzoso, aveva bisogno di sentirsi rassicurato, così come aveva bisogno di lei.

Kate sollevò il capo e lo guardò con quella schiettezza che aveva sempre ammirato. «Ho smesso di fuggire, se lo farai anche tu.»

«Sì» le rispose. Era finito il tempo di fuggire dai propri sentimenti, di lottare contro il suo istinto primitivo. Gli sembrava di aver combattuto contro la tentazione di amare Kate fin dal primo momento in cui l’aveva incontrata, ma ora non più. Con un unico movimento, la sollevò tra le braccia e la trasportò verso il letto, deciso a trattenerla lì finché non fossero stati entrambi appagati ed esausti. Le sorrise chinandosi su di lei. «Promettimi solo una cosa» disse.

«Hmm?»

«Basta con le pistole.»