Grayson riprendeva coscienza a tratti, ma ogni volta che si svegliava provava una fitta di dolore così lancinante da ricadere subito in deliquio. Cercava di non arrendersi, ma a ogni suo sforzo di lottare contro il buio, udiva la voce carezzevole di una donna che lo cullava e lo ricacciava nell’oscurità.
La donna gli accarezzava la fronte; non era un tocco sensuale, piuttosto una carezza materna. Era sua madre? No, sua madre era morta da anni. Inoltre quella donna mormorava qualcosa a proposito della tentazione.
Si era forse addormentato in un postribolo? Non era da lui. Era stato drogato da qualche ruffiano che l’aveva poi abbandonato malconcio?
E la donna?
Con uno sforzo enorme, cercò di sollevare la testa e socchiuse le palpebre. Dapprima non riuscì a mettere a fuoco il volto che aveva davanti, ma poi i contorni si fecero più nitidi e vide brillare due occhi color ametista. Gli occhi di quella donna.
Ma chi era? Grayson aprì la bocca per parlare, ma venne preso dalle vertigini; si sentì sostenere prontamente da due mani forti, poi svenne.
Lei lo stava toccando di nuovo. Grayson avvertiva la carezza delle sue dita, gentili ma ferme, che gli sfioravano il petto e la spalla. Lo stava fasciando. Era stato ferito? Non riusciva a ricordare.
«Mi rifiuto di rimanere a guardare mentre tocchi il petto nudo di uno sconosciuto!» La voce, più stridula di quella che ricordava, apparteneva a un’altra donna e venne seguita da un rumore di passi.
Un sospiro, un sospiro femminile. Questa volta era la sua donna. «Mi sembra che a metterci in questo pasticcio sia stato quello che hai fatto tu con uno sconosciuto, Lucy.»
Poi udì la voce baritonale di un uomo. «Meglio se gli diamo un po’ di laudano» disse, mentre Grayson lottava per svegliarsi.
«È ancora incosciente» protestò la sua donna. Brava, pensò Grayson rilassandosi.
«Ma si sveglierà presto» borbottò l’uomo. «E scommetto che ci darà non pochi problemi.»
Puoi giurarci, pensò Grayson.
Quando finalmente riuscì a schiarirsi le idee, Grayson ebbe il buon senso di non mostrarlo. Non sapeva dove si trovava e, anche se si era sempre ritenuto al sicuro dai suoi nemici, era possibile che uno di loro avesse avuto l’audacia di rapirlo. L’acuto dolore alla testa e alla spalla gli ricordò che era stato ferito, e anche seriamente.
E, tutto a un tratto, la memoria gli tornò. Il vagabondo cencioso che non era un ragazzo. Il colpo di pistola. Ma poi? Dopo, era solo una confusa reminiscenza. Dannazione, era difficile credere che un solo proiettile avesse ridotto un uomo forte come lui impotente come un bambino.
Non era abituato a sentirsi impotente e non lo sarebbe rimasto a lungo, decise. Era ora di riprendere il controllo della situazione. Qualcuno avrebbe pagato per quella ferita.
Grayson mantenne un respiro regolare e pesante e cercò di capire dai rumori se era rimasto solo. Ricordava vagamente la presenza di un uomo e di un’altra donna, oltre a quella dal tocco gentile e dalla voce carezzevole.
Nulla. Solo il canto degli uccelli fuori della finestra. Grayson socchiuse gli occhi e diede un rapido sguardo intorno. Era solo. Aprì gli occhi completamente e ispezionò la spalla coperta da una benda pulita. Provò a muovere il braccio e tirò un sospiro di sollievo. Anche se gli faceva un male del diavolo, il proiettile non aveva leso organi vitali.
Abbassando lo sguardo, si accorse di essere nudo fino alla vita e quella scoperta gli ricordò le carezze leggere della giovane donna. Pazzo, si disse subito. Quella donna era probabilmente una ladra di strada disposta a tutto per denaro, anche a sparare a un uomo disarmato.
Non si trovava però in una prigione sudicia ma in una camera spaziosa, illuminata dal sole mattutino che entrava attraverso i tendaggi aperti. Le pareti erano coperte da pannelli bianchi con disegni dorati e il soffitto elaboratamente intagliato. I pochi mobili erano begli esemplari Luigi XIV, compreso l’ampio letto in cui giaceva.
Con uno sforzo, Grayson cercò di alzarsi. Vacillò e si aggrappò alla colonna del letto. Era colpa della perdita di sangue, pensò, cercando di vincere le vertigini. Lentamente mise un piede avanti all’altro finché raggiunse la finestra. Si appoggiò alla parete e rimase senza fiato alla vista che gli apparve. Invece del cielo fuligginoso di Londra vide i prati verdi e le inconfondibili costruzioni che componevano la classica tenuta di campagna.
Dove diavolo era?, si chiese.
Kate si diresse alle scale con un vassoio su cui aveva posato del pane tostato, tè, marmellata e l’ultima fetta di prosciutto. La considerava un’offerta di pace per il loro ospite.
Non aveva idea di chi fosse realmente, ma si sentiva responsabile per averlo ferito e poi quasi rapito. Ora stava andando a scusarsi.
Sperava sinceramente che capisse, anche se ne dubitava. Ma forse una buona colazione l’avrebbe ammorbidito. Si fece coraggio e cominciò a salire, maledicendo la gonna che aveva indossato per riguardo all’ospite. Pur non essendo molto ampia, la intralciava. Tenendola sollevata con una mano e bilanciando il vassoio nell’altra, si affrettò verso la camera da letto più grande di tutta Hargate.
Spinse la porta con il fianco, entrò e sbirciò il letto. Per fortuna il ferito giaceva ancora immobile. Le dispiaceva vederlo in quelle condizioni, ma sospettava che quell’uomo misterioso fosse più facile da trattare quando era malato piuttosto che quando era in buona salute. La forza che aveva già dimostrato la rendeva guardinga.
Ma evidentemente non lo era abbastanza, perché appena ebbe oltrepassato la soglia, una mano le coprì la bocca e un braccio l’afferrò da dietro. Il vassoio cadde sul tappeto Aubusson. Con un gemito strozzato, vide la fetta di prosciutto cadere dal piatto. Furiosa, cercò di sferrare un calcio al suo assalitore, ma quella diabolica gonna le impediva i movimenti. In un attimo si trovò premuta contro un corpo che riconobbe all’istante.
«Wroth!» gridò contro la mano che le tappava la bocca, ma le uscì solo un rantolo soffocato. Comunque non aveva importanza perché molto probabilmente quell’uomo non era il marchese, ma un criminale che voleva svaligiare la casa di Wroth, pensò Kate furibonda, anche se qualcosa le diceva che si sbagliava. Cercò di ragionare con più calma, ma lui le stava addosso, il suo respiro le solleticava l’orecchio e alla paura si unì una sensazione ancora più allarmante. Kate arrossì, improvvisamente conscia della statura dello sconosciuto, del suo corpo, del suo tocco...
«Siete sola?» le domandò con una voce che non rivelava alcuna tensione. Apparentemente la ferita non aveva scalfito la sua compostezza. Kate annuì in silenzio. Senza lasciare la presa, Grayson si accostò alla porta e la chiuse.
Poi fece girare Kate verso di sé e lei si ritrovò con il suo petto nudo a pochi centimetri dal viso. Arrossendo violentemente, distolse lo sguardo.
«Chi c’è dietro tutto questo?» domandò Grayson in tono rude. Era così sicuro di sé che sembrava essersi dimenticato della sua nudità e non aveva notato la reazione della ragazza.
Malgrado il suo atteggiamento minaccioso, Kate non sentiva alcun pericolo provenire da quell’uomo. I suoi occhi erano di un grigio chiaro che parlava di difficoltà vinte, di imprese superate, di una vita solitaria, e toccava qualcosa di profondo dentro di lei. Spostò lo sguardo su quelle labbra carnose, così vicine alle sue, e rimase a fissarle affascinata.
«Voi siete quella che mi ha sparato.»
«Io?» mormorò Kate, incapace di ragionare lucidamente. Le dita dello sconosciuto le sfiorarono la bocca in un movimento lento ed eccitante che le rallentò il respiro. Le sue labbra tremarono e si schiusero mentre l’uomo avvicinava le proprie e Kate chiuse gli occhi mentre sentiva il contatto con la bocca forte, calda e viva di lui.
Stava scivolando irrevocabilmente in un mare di oscure sensazioni. Un delizioso languore la pervase, annullando la sua volontà e spingendola ad allacciare le braccia intorno al collo di lui.
Il bacio si fece più profondo ed esigente, accendendole i sensi. Kate stava provando sensazioni sconosciute, che parlavano di passioni tenebrose e desideri proibiti. Sentendo le ginocchia che le cedevano, si aggrappò con le mani alle spalle di Grayson.
Improvvisamente lui la lasciò andare, pallido in volto, e Kate vide la macchia rossa che si allargava sulla benda. Gli aveva riaperto la ferita!
«Sedetevi!» ordinò, spingendolo verso il letto. Lui sembrò confuso dalla sua preoccupazione, ma sedette in un angolo del letto. Kate spostò i cuscini che avevano mascherato la sua assenza e lo fece distendere proprio mentre la porta si apriva.
«Che cosa succede?» chiese Tom, sospettoso e allarmato alla vista della ragazza che scostava le coperte a un uomo mezzo nudo.
«Sta sanguinando di nuovo!» rispose Kate, nascondendo il viso perché non vedesse il suo rossore. Non desiderava certo spiegare in che modo si era prodotto il danno! Così si concentrò sulla medicazione, cercando di riprendere il controllo delle proprie emozioni.
Che cosa le era successo? Aveva giudicato Lucy per la sua leggerezza, eppure lei stessa si era lasciata baciare da un estraneo. Ma non solo, l’aveva anche ricambiato!
«Non avresti dovuto venire qui da sola, Katie» la rimproverò Tom, avvicinandosi. Si fermò per studiare il ferito che giaceva tranquillo mentre veniva medicato. «Quest’uomo può essere pericoloso. Che cos’è quel segno sul braccio?»
«È dove l’ho morso» gli rispose Kate, rossa in viso. «La notte scorsa» si sentì in dovere di aggiungere.
«Ehm...» borbottò Tom. «Se hai finito di viziarlo, allontanati da lui. Voglio fargli qualche domanda.»
Lungi dall’apparire preoccupato, il loro ospite si accomodò più confortevolmente sui cuscini. Kate finì di fasciarlo, allontanò le mani dal calore della sua pelle e spostò l’attenzione sul viso di lui.
I suoi occhi incrociarono quelli di Grayson, che si limitò a sollevare un sopracciglio in quel modo arrogante che gli aveva già visto nello studio. Kate si rese conto che quell’uomo, ovunque si trovasse, avrebbe avuto sempre la situazione sotto controllo. Se prima questo l’aveva infastidita, adesso le incuteva timore. Chi era? E che cosa avrebbe fatto a chi lo aveva ferito?, pensò con un brivido.
«Comodo, adesso?» lo schernì Tom. Pareva inconsapevole della minaccia che quell’uomo rappresentava, ma il vecchio cocchiere non era mai stato particolarmente perspicace.
«Veramente no» rispose con calma lo sconosciuto. «Sarei molto più a mio agio se mi diceste chi diavolo siete e per chi lavorate.»
Tom rimase a bocca aperta e Kate sentì un brivido di ammirazione per tanta freddezza. Anche così, ferito e disteso sul letto, quell’uomo era perfettamente sicuro di sé e sottilmente minaccioso.
Tom si riprese e borbottò tra sé. «Non dirgli niente, Kate» la mise in guardia. Aveva assunto un’espressione ostile che mandava all’aria tutti i propositi di Kate di far sentire quell’uomo un ospite.
La colazione! Mormorando un’imprecazione, Kate corse al vassoio caduto e cercò di rimediare al disastro. Forse avrebbe ancora potuto recuperare quella preziosa fetta di prosciutto...
«Sono io a fare le domande» disse Tom con aria bellicosa. «Chi diavolo siete voi, e che cosa facevate nello studio del marchese la notte scorsa?»
«Per quanto possa sembrare sbalorditivo a uno della vostra intelligenza, sono io Grayson Wescott, marchese...»
«Aha!» Tom si girò trionfante verso Kate, che stava cercando invano di pulire la macchia sul tappeto.
«Credo che Wescott sia il cognome della famiglia...»
«Eh?» Tom sembrava confuso. «Siete un parente? Stavate da Wroth? Non ha detto che è Wroth, vero, Katie?»
«Lui non è Wroth! Vi ho già detto la notte scorsa che non gli assomiglia per niente» intervenne una voce petulante.
Lucy era comparsa sulla soglia, incantevole in uno dei suoi abiti più eleganti. La sua condizione era appena visibile, ma il solo vederla riempì di rimorsi Kate. Come poteva aver permesso a quello sconosciuto di baciarla, anche se fosse stato l’uomo più affascinante della terra?
Forse anche Lucy aveva iniziato con un tenero abbraccio ed era finita con un bimbo in grembo.
«Vi assicuro, signorina...» cominciò il ferito.
«Non dirgli chi sei, Lucy!» l’avvertì Tom. Era la cosa peggiore da dire a Lucy, perché subito alzò la testa e scosse i riccioli biondi.
«E perché no? Sono fiera della mia famiglia! E non ho niente da nascondere a questo... questo ruffiano! Quando saprà con chi ha a che fare, si leverà di torno.»
Kate guardò allarmata la sorella. Che cosa sarebbe successo se l’uomo avesse raccontato a Londra della sua prigionia? La loro rovina sarebbe stata completa.
«Lucy, per favore, riporta in cucina il vassoio» le disse in tono gentile, accompagnato da uno sguardo perentorio.
Benché Lucy non avesse la minima voglia di andarsene, si rassegnò a lanciare solo un’occhiata all’ospite. «Lascerò a te il compito di rimettere al suo posto quest’uomo!» dichiarò, uscendo regalmente dalla stanza.
«Dunque, Mr. Wescott, o chiunque voi siate...» cominciò Tom.
«È la sorella di cui mi avete parlato, quella che aspetta il bambino?» lo interruppe lo sconosciuto, facendo un cenno in direzione della porta dalla quale era uscita Lucy.
Kate sentì le guance imporporarsi, ma mantenne la calma. «Sì» rispose semplicemente.
«Bene, a quanto pare abbiamo una bella matassa da sbrogliare» disse lui, guardandola con gli occhi socchiusi. Aveva piegato un ginocchio e sembrava completamente a suo agio. A un tratto Kate desiderò che si coprisse, in modo che il suo sguardo non fosse continuamente attratto dalla sua nudità.
«Quale matassa? Di che cosa state parlando?» domandò Tom.
Con la bocca serrata, Kate si diresse a un comò, aprì un cassetto e cercò una delle vecchie camicie da notte del padre. Ne prese una e la tese all’ospite. «Tenete, potete indossarla» lo pregò.
«Non ha bisogno di una camicia da notte, perché non rimarrà qui abbastanza a lungo» protestò Tom. «Lo riporterò a Londra oggi stesso, chiunque sia.»
«No, Tom. È ancora debole per l’emorragia» ribatté Kate, sforzandosi di non pensare a come le fosse parso in forze qualche minuto prima, quando l’aveva stretta tra le braccia. «E se gli venisse la febbre?»
«Io non vado da nessuna parte» dichiarò lo sconosciuto in un tono che si imponeva all’attenzione. Kate e Tom si voltarono contemporaneamente a guardarlo. La sua espressione era gentile, ma lasciava trapelare una volontà indomabile. Perfino disteso sui guanciali, quell’uomo dava la sensazione di essere nato per comandare.
«Perché no?» domandò Tom, irritato.
«Perché voglio scoprire chi ha usato il mio nome per sedurre una giovane innocente.»
«Cosa? Che cosa volete dire? Di che sta parlando, Katie?»
Lo sgomento di Kate aumentò a mano a mano che intuiva la verità.
«Non ho mai visto vostra sorella in vita mia» spiegò lo sconosciuto. «E l’ultima volta che ho controllato, ero l’unico Marchese di Wroth.»
Grayson li guardava con calma, mentre loro lo fissavano come se avesse due teste. Anche se il suo nome non sempre era ben accetto, tuttavia non aveva mai ricevuto un’accoglienza del genere. Era a dir poco interessante.
Evidentemente il vecchio chiamato Tom non era ancora convinto, perché tentò di protestare. «Lucy dice che...»
Grayson lo interruppe con uno sguardo feroce. «Sono sicuro che vostra sorella ha detto la verità come la conosce, ma dato che Wroth sono io e che non l’ho sedotta, sembra che qualcuno abbia usato il mio nome, anche se mi chiedo chi possa essere stato così imprudente.»
Tom era rimasto a bocca aperta, ma la donna dai capelli scuri, ovviamente più intelligente, aveva annuito. Era facile capire che in quella casa comandava lei, perché Lucy e Tom eseguivano i suoi ordini come se ci fossero abituati. Grayson la osservò con interesse. Non sembrava abbastanza adulta da dirigere una casa, ma aveva un’aria seria e capace che gli diceva che sarebbe stata in grado di farlo. Come conferma alle sue riflessioni, lei assunse un portamento fiero e si scusò per avergli sparato.
«Devo dirvi che mi spiace molto di avervi ferito, milord, e che farò del mio meglio per rimediare a qualsiasi disagio questo... questo... equivoco possa avervi causato.»
A dispetto del dolore alla spalla, Grayson ammirò il suo coraggio e si chiese quale trattamento avrebbe riservato al vero seduttore della sorella. Probabilmente un matrimonio con il fucile puntato. Si sentì sollevato dalla smentita dell’imperiosa Lucy. La giovane donna bionda non lo intrigava come quella Kate...
«Naturalmente saremmo felici che rimaneste nostro ospite finché non vi sarete rimesso sufficientemente» riprese in tono gentile.
Un borbottio rabbioso lo fece voltare verso Tom, che non sembrava approvare quell’offerta di ospitalità e lo guardava con aria minacciosa. «A me pare che stia già abbastanza bene. Posso riportarlo a Londra appena i cavalli saranno pronti.»
«Sciocchezze» replicò Kate con quel suo tono autorevole. «Ha bisogno di cibo e tranquillità. Adesso lasciamolo riposare.» Si voltò verso Grayson e aggiunse: «Manderò Tom con la colazione, dato che l’altro vassoio si è rovesciato». Per la prima volta sembrò perdere la compostezza. Abbassò gli occhi e quando Wroth la vide arrossire, sentì che il suo corpo rispondeva con una vampata di desiderio.
Con un ultimo cenno del capo, Kate lo lasciò trascinandosi dietro un riluttante Tom. Grayson sentì subito la sua mancanza. Dannazione, era una creatura davvero straordinaria! Faceva fatica a mettere insieme tutte le immagini che aveva di lei: il ragazzo cencioso, l’abile infermiera, la donna pratica che si prendeva carico di una situazione difficile senza batter ciglio e la giovinetta innocente che ricambiava il suo bacio con incerta passione.
Grayson si accigliò al ricordo di quell’errore di valutazione. Stava aspettando uno dei suoi carcerieri e non credeva che avrebbe rivisto il ragazzo che gli aveva sparato, finché lei non aveva oltrepassato la soglia della camera. Gli ci era voluto qualche istante per riconoscere in lei il giovane con la pistola, ma non aveva avuto dubbi una volta visti i suoi occhi. Occhi luminosi come non ne aveva mai incontrati, seri e limpidi. Ingenui. Incantevoli.
Affascinato, Grayson aveva fatto un debole tentativo di interrogarla prima di seguire il desiderio che l’aveva travolto con un’intensità impressionante, considerando il suo stato. Ogni preoccupazione per la sua spalla era però svanita quando l’aveva baciata. La sua bocca sapeva di menta, era dolce e fresca, e aveva rivelato una passione sotterranea che l’aveva colto di sorpresa. L’aveva eccitato subito e da quel momento Grayson non aveva avuto altro desiderio che vederla nuda sotto di sé, piccola, esile e...
Sentendo il respiro che accelerava, si costrinse ad allontanare quelle immagini dalla mente. Non gli era mai successo di eccitarsi così al pensiero di una donna. Era un amante esperto, ma non aveva mai perso il controllo e niente lo disgustava quanto un uomo intelligente che perde la testa dietro a una donna.
Era stato incauto a lasciarsi distrarre dalla sua situazione, si disse. Rifletté che era meglio essere vittima di un errore d’identità, piuttosto che trovarsi nelle mani di qualcuno veramente pericoloso, anche se quell’imprevedibile Kate poteva essere altrettanto pericolosa, a modo suo.
Chi era? Il suo modo di esprimersi e il portamento rivelavano che era nobile, ma l’abito che indossava era vecchio e rammendato. E malgrado la risposta al suo bacio, era evidente che era ancora vergine. Bella com’era, doveva aver vissuto un’esistenza molto protetta per rimanere così pura e spontanea, ma quale donna tenuta sotto chiave si sarebbe vestita da uomo e si sarebbe introdotta nello studio di un gentiluomo per sparargli? Conosceva poche donne che sapevano maneggiare le armi e nessuna che sarebbe riuscita ad avere la meglio su di lui.
Si chiese come fosse diventata il capo di quello strano terzetto. Se la sorella era stata veramente disonorata, perché non c’era un parente a occuparsi di lei? Grayson intuiva istintivamente che quel rozzo Tom non faceva parte della famiglia; ma allora perché trattava le due donne da pari invece che da servitore?
Un’altra incognita era rappresentata dall’uomo che aveva sedotto Lucy. Si era veramente spacciato per il Marchese di Wroth, oppure era stata lei a inventare quella storia? Non sarebbe stata la prima a dichiarare che il padre del suo bambino era un nobile e non un calderaio ambulante. Se era così, non doveva essere felice di vedere svelato il suo inganno.
Tutta quella storia era davvero più avvincente di una commedia, a cominciare dagli attori fino alla tenuta di campagna che faceva da sfondo. Era un puzzle affascinante, e Grayson non vedeva l’ora di incastrare tutti i tasselli. Si rese conto che quel senso di noia che l’aveva tormentato per mesi era svanito, e sospirò di sollievo.
Se non fosse stato per quel foro di proiettile nella spalla, si sarebbe veramente divertito.