Grayson scivolò fuori del letto e provò a sostenersi sulle gambe. Andava molto meglio. Sgranchì i muscoli intorpiditi e andò alla finestra. Il sole del tardo pomeriggio filtrava attraverso le ultime nuvole temporalesche, creando un effetto surreale sul paesaggio. Respirando a fondo l’aria fragrante della campagna, tornò a pensare a Kate.
Si era creato uno strano rapporto fra loro, che Grayson imputava alla sua permanenza forzata. Perfino con un carceriere si poteva stabilire un rapporto, e Kate non era né rozza né stupida.
Dopo un primo tempo in cui si era mantenuta sulle sue, gli aveva fatto compagnia giocando a piquet e lui l’aveva ricambiata raccontandole gli ultimi pettegolezzi di Londra.
Era riuscito a strapparle anche una risata e aveva goduto della sua spensieratezza come non gli capitava da tempo. Ma di solito lei era troppo seria, oppressa da chissà quali problemi. Grayson si sfregò il mento, pensoso. Presto l’avrebbe scoperto. Non aveva intenzione di perdere tempo.
Si scostò dalla finestra per cercare i suoi abiti e si compiacque di trovarli appesi con cura nell’armadio. Era evidente che c’erano dei domestici da qualche parte, perché erano stati lavati e stirati.
Prese il suo tempo a vestirsi. Non c’era ragione di affrettarsi e lui non voleva sforzarsi troppo, con il rischio di essere confinato a letto un’altra volta. Quando finalmente ebbe infilato gli stivali, si osservò con sguardo critico. Il suo valletto sarebbe stato scandalizzato di vedergli addosso quella camicia rammendata. Benché Grayson non fosse per niente un dandy, era abituato a indossare abiti dei tessuti migliori, tagliati su misura per lui, e trovava un po’ seccante non apparire al suo meglio, specie se pensava a Kate.
Sorrise fra sé della propria vanità, dicendosi che probabilmente lei non avrebbe nemmeno notato la differenza. In realtà sembrava più interessata a lui quando non indossava niente. Respirò a fondo a quella considerazione e riportò l’attenzione al suo abbigliamento. Una volta che avesse scoperto qualcosa di più su quella casa, avrebbe mandato a prendere un cambio d’abito, decise.
La casa era immersa nel silenzio quando uscì dalla sua stanza e scese lentamente le scale senza incontrare anima viva. Si fermò qualche istante nell’ingresso e, guardando il soffitto intagliato, fu colto di nuovo da un senso di familiarità. Era già stato in quel posto...
Entrò in un grande salone da ricevimento e anche qui provò la stessa sensazione, ma non trovò nulla che lo aiutasse a identificare il luogo in cui si trovava.
Aveva sperato di incontrare qualche domestico da interrogare, ma le stanze erano deserte e l’unico rumore che vi risuonava era quello dei suoi passi. Si soffermò a lungo nella sala da pranzo davanti a un dipinto che raffigurava una scena di caccia alla volpe e cercò invano di collocarlo nella memoria.
Chiunque fosse il proprietario della tenuta, doveva trovarsi in difficoltà economiche, rifletté Grayson notando ancora una volta i segni lasciati alle pareti dai quadri rimossi. Questo spiegava la carenza di personale, anche se doveva pur esserci qualcuno a mandare avanti la casa. Esasperato, Grayson continuò il suo giro al piano terra.
Dopo aver oltrepassato una dispensa che sembrava tristemente spoglia, un rumore di pentole e l’appetitoso profumo di pollo lesso lo guidò verso la cucina. In un primo tempo la stanza gli parve deserta. Invece del consueto staff di cuochi, sguatteri e cameriere, c’era un’unica figura china sul lungo tavolo di legno.
Kate. Grayson riconobbe all’istante i suoi riccioli scuri e rimase a guardarla, allibito. Quando aveva detto che andava a occuparsi della cena, non aveva minimamente sospettato che cucinasse lei stessa. Una casa di quelle dimensioni doveva avere del personale di cucina. Tutti avevano almeno un cuoco, a eccezione dei cittadini più poveri, e lì in campagna era praticamente un obbligo. Eppure Kate era lì, davanti ai suoi occhi, intenta a pelare patate.
Improvvisamente sollevò il capo, come se avesse avvertito la sua presenza, e il suo volto grazioso manifestò la sorpresa di vederlo.
«Grayson!» esclamò. «Io... volevo dire... milord» mormorò, confusa. «Non dovreste scendere le scale. Non siete ancora guarito!»
Lui rimase dov’era, perfettamente padrone di sé, eppure ebbe la sensazione che qualcosa avesse fatto un giro completo su se stesso.
Non avrebbe saputo dire se era il pavimento, lui stesso o il mondo intero, ma il movimento si ripercosse direttamente sulla sua anima. Benché non incline a credere alle premonizioni, intuì che la sua vita sarebbe cambiata per sempre a causa di quella donna, che non sembrava affatto vergognarsi di essere stata colta mentre faceva quel lavoro ingrato, ma si preoccupava per lui e per la sua salute. In quel momento Grayson si rese conto di desiderarla con tutto se stesso, chiunque fosse.
Lei lo stava guardando con quell’espressione particolare che gli diceva che il silenzio si stava prolungando troppo. Eppure, nonostante fosse famoso per la sua eloquenza, Grayson non trovava nulla da dire. Non era preparato a dividere con lei quell’improvvisa rivelazione e, anche se l’avesse fatto, sapeva che sarebbe suonata come una follia.
Quando finalmente ritrovò la voce, fu per affrontare una questione più pratica. «Date le singolari circostanze in cui ci siamo conosciuti, potete chiamarmi Gray» disse.
Kate lo guardò con un calore che gli fece desiderare di prenderla all’istante tra le braccia. «Gray» mormorò.
Mai il suo nome era stato pronunciato con tanta struggente dolcezza e lui si sentì sul punto di perdere il controllo. Ribellandosi ai suoi impulsi, guardò il coltello che lei teneva in mano. «Spero che non abbiate intenzione di accoltellarmi, adesso che mi sono ripreso dal colpo di pistola.»
Lei fissò stupita prima lui e poi il coltello, come se lo vedesse per la prima volta. «No, io... stavo solo...»
«Non azzardatevi a toccarla!» A quel grido, Gray si voltò appena in tempo per vedere Tom che faceva irruzione in cucina con un piglio feroce, come se la virtù di Kate fosse in pericolo, e si scagliava su di lui come un selvaggio. Nonostante la ferita recente, non era ancora venuto il giorno in cui Gray si lasciasse cogliere di sorpresa da un uomo che aveva il doppio dei suoi anni. Si tirò indietro e schivò facilmente l’assalto, proprio mentre un gatto, disturbato dal rumore, saltava giù da una mensola e atterrava sibilando sul petto di Tom, mandandolo a finire riverso sul pavimento.
Con un balzo, il felino sfiorò Kate, facendole cadere di mano la patata, e infilò la porta inseguito dalle maledizioni della ragazza. In quel momento entrò Lucy, che si portò una mano alla bocca alla vista di quello scompiglio. Tom cercava di rialzarsi, tastandosi le ammaccature e lanciando una sfilza di imprecazioni che impressionò perfino Gray.
«Katie!» strillò Lucy. «Lo sai che non sopporto un comportamento così rozzo e un linguaggio così volgare! Oh, i miei poveri nervi!»
Gray era arrivato ad acquistare la sua notevole influenza politica anche in virtù della sua grande abilità nel decifrare rapidamente il carattere delle persone. La sua esperienza gli aveva fatto capire che Kate non era pericolosa ancor prima che gli desse delle spiegazioni, e ora gli diceva che Lucy era una giovane donna egoista e viziata, che pensava solo a se stessa.
Mentre Kate aiutava il vecchio a rialzarsi, Gray uscì dall’ombra e si rivolse a Lucy. «Perché non aiutate vostra sorella a cucinare?» disse nel silenzio generale.
«Io...» cominciò Lucy, confusa, ma si riprese in fretta. «Sono troppo delicata per fare lavori pesanti» dichiarò. «Il cibo mi dà la nausea.»
«Dunque non mangiate?»
«Gray» lo riprese Kate, ma lui la ignorò.
Evidentemente rincuorata dal sostegno della sorella, Lucy sollevò il mento con aria di sfida. «Certo che mangio!»
«Se volete mangiare, è meglio che vi diate da fare, così come farò io» disse Gray. Lucy sembrava sul punto di protestare, ma intimidita dalla sua autorità, si limitò a gettargli uno sguardo imbronciato. Soddisfatto, Gray si rivolse a Tom, che lo fissava con gli occhi sgranati. «Anche voi, Tom.»
«Certo che aiuterò Kate. Lo faccio sempre» replicò il vecchio.
«Bene, allora possiamo cominciare.» Anche se non aveva la minima idea della conduzione di una cucina, ormai si era assunto un compito e non si sarebbe tirato indietro. «Che cosa c’è da fare?» domandò a Kate.
«Davvero, non è il caso...» protestò lei, ma Tom la interruppe.
«Per l’inferno se non è il caso!» esclamò. «Se avessi saputo che non siete il fannullone che credevo, vi avrei lasciato il pollo da spennare!»
Mascherando il suo disgusto con un cipiglio autoritario, Gray lo fissò finché il vecchio non abbassò gli occhi e si ritirò in un angolo borbottando qualcosa di indecifrabile.
Kate, evidentemente abituata a dare istruzioni, prese in mano la situazione. «Tom, va’ a vedere se è rimasta qualche mela in dispensa. Lucy, puoi cominciare ad apparecchiare la tavola. E voi, Gray...» Si interruppe, ma concluse con voce ferma: «Voi potete affettare le patate».
«Ehi, non mi sembra il caso di mettergli in mano un coltello!» intervenne Tom, ma Kate non gli prestò attenzione. Il vecchio uscì dalla cucina brontolando, mentre Lucy si metteva all’opera con espressione indignata. Gray registrò il preciso istante in cui rimase solo con Kate, perché tutti i suoi sensi sembrarono acuirsi.
«Ecco» gli disse lei, tendendogli il coltello e un cesto di patate. Gray guardò le sue mani, stupito di non aver notato prima i segni lasciati dai lavori manuali. Non erano bianche e morbide come quelle delle nobildonne che conosceva, eppure Gray desiderava il loro tocco come non aveva mai desiderato quello di mani più curate e delicate. Dato che il silenzio tra loro si stava protraendo troppo a lungo, si mise all’opera con decisione, ma lei lo fermò subito.
«Dovete prima pelarle» gli disse con uno sguardo divertito.
Gray sorrise del suo passo falso. «Siete una padrona piuttosto esigente» scherzò.
Lei rise. Il suono della sua risata era così spontaneo e fresco che Gray rimase a guardarla incantato prima di concentrarsi sul lavoro. Se si escludeva il vago ricordo di quando era bambino e intagliava un legnetto seduto sulle ginocchia del vecchio giardiniere, non aveva più preso in mano un coltello e non aveva nessuna voglia di vedere ancora il suo sangue.
Quando finalmente ebbe terminato, si sentì orgoglioso di quelle fettine di patata come se si fosse trattato di un discorso politico particolarmente riuscito. Sorrideva soddisfatto quando Kate gli presentò un mucchio di carote e cipolle da pulire. Queste ultime si rivelarono il compito più ingrato e Gray si ripromise di aumentare il salario al suo personale di cucina.
In poco tempo aveva le narici in fiamme e gli occhi che gli bruciavano e si chiese che cosa avrebbero detto i suoi colleghi diplomatici vedendo il grande Wroth ridotto in quello stato.
Ne sarebbero stati sconvolti, pensò divertito, e lui stesso era vagamente allarmato. Dopo tutto quello che gli aveva fatto passare, Kate era riuscita a far sì che si piegasse ai lavori più umili. Non poteva fare a meno di chiedersi che cos’altro avesse in serbo per lui quella straordinaria ragazza.
Kate si concesse finalmente un momento di relax mentre tutti si spostavano nel salotto. Era rimasta in tensione fin dal primo momento in cui aveva visto Gray comparire in cucina e offrire i suoi servigi. Non sapeva bene come interpretare il suo singolare comportamento. Benché vivesse isolata dalla società ormai da lungo tempo, non era così ingenua da credere che i nobili ricchi e potenti aiutassero i loro domestici!
Eppure il marchese aveva fatto del suo meglio. Dapprima lei si era preoccupata che potesse tagliarsi, dato che evidentemente non era abituato a maneggiare il coltello, ma in poco tempo aveva acquisito una velocità e una precisione che le avevano fatto pensare che potesse affrontare egregiamente qualsiasi compito. Ne ebbe la conferma quando lo vide portare i piatti di portata in sala da pranzo, con un’eleganza degna di un perfetto cameriere. Sembrava che eccellesse in ogni cosa e si trovasse a suo agio ovunque, nella dimora di uno scaricatore di porto e in quella di un duca.
Tuttavia Kate si sentì più tranquilla quando sedettero tutti a tavola. Aveva mandato Tom a prendere una bottiglia dalla cantina. Certamente il marchese era abituato a ben altre raffinatezze, sia in fatto di cibo che di bevande, ma per loro il vino era un’eccezione. Kate lo assaporò lentamente, godendo del calore che le trasmetteva.
Ora, mentre prendevano posto in salotto, sorrise tra sé vedendo quella compagnia così bizzarra. Lucy si dava arie da gran dama, nascondendo la gravidanza sotto un abito largo. E poi c’era Tom, un servitore che normalmente sarebbe dovuto essere in cucina a lavare i piatti, ma che sembrava determinato a non perdere di vista il loro ospite. Perfino il marchese sembrava al di sotto della sua condizione con quella camicia rammendata, ma aveva un atteggiamento aristocratico che agli altri mancava. E infine c’era lei stessa, forse il soggetto più singolare di tutti, vestita con abiti maschili come se fossero l’abbigliamento più adatto per fare conversazione con gli ospiti.
In realtà la conversazione mancava del tutto. Ben presto Kate fu acutamente consapevole del silenzio che regnava nella stanza e, benché i suoi doveri di padrona di casa richiedessero il suo intervento, non trovava nulla da dire. Non sapeva a cosa fosse abituato Gray, ma certamente non a una serata come quella.
Ad Hargate i divertimenti erano limitati, a dir poco. Lucy suonava discretamente il piano e a volte Kate la accompagnava cantando, ma dubitava che il marchese ne sarebbe rimasto impressionato. Più spesso trascorrevano le serate leggendo a turno a voce alta, ma ultimamente Lucy accusava una certa stanchezza ed entrambe si ritiravano presto.
Ma non poteva pretendere che Gray, abituato probabilmente a girare da un ricevimento all’altro fino all’alba, andasse a letto a quell’ora. Ricordando come le era apparso nel pomeriggio nella camicia da notte del padre e ancor prima, senza niente addosso, si sentì arrossire.
«Sono già stato qui.» La voce di Gray la riscosse. Kate girò lo sguardo verso di lui e vide che osservava incuriosito il soffitto suddiviso in riquadri, ognuno dei quali rappresentava una scena di vita della campagna locale, benché il paesaggio intorno ad Hargate fosse cambiato dall’epoca in cui erano stati fatti.
«Impossibile!» esclamò Tom. Kate era propensa a dargli ragione. Erano anni ormai che nessuno veniva ad Hargate, inoltre lei si sarebbe ricordata di averlo già visto: un personaggio come il Marchese di Wroth non passava certo inosservato.
No, era ragionevolmente sicura che Gray non fosse mai stato ad Hargate e che la sua fosse solo una tattica per carpirle altre informazioni. Stanca del gioco, Kate gli avrebbe anche detto tutto, ma aveva imparato a non fidarsi di nessuno.
«Non siete mai stato qui, ve lo assicuro io!» ribadì Tom in tono minaccioso.
«Oh, davvero? Avete sempre avuto una tale posizione di privilegio in questa casa?» gli domandò Gray, lanciandogli un’occhiata sarcastica.
Il vecchio arrossì. «Questi non sono affari che vi riguardino, mi pare.»
Kate sentiva un dolore sordo pulsare alle tempie e lo attribuì al vino che aveva bevuto. Piuttosto che intervenire fra i due uomini, si sentiva propensa a lasciare che si scannassero tra loro in salotto.
Come in risposta ai suoi pensieri, Lucy coprì la bocca con un languido gesto della mano per nascondere uno sbadiglio e Kate desiderò essere spensierata come la sorella minore. Lucy non si preoccupava mai per i soldi né si chiedeva come avrebbero fatto a mangiare il giorno dopo. Si era sentita libera di assaporare i piaceri proibiti del sesso e non provava alcun senso di colpa. Tra poco sarebbe stata ricompensata dalla nascita di un figlio, una preziosa creatura da amare, ma non si sarebbe preoccupata di come nutrirlo e vestirlo.
Quei pensieri erano insoliti per Kate. Colpa del vino, si ripeté. Anche se ne aveva bevuto solo un bicchiere, non era abituata all’alcool ed era evidente che le aveva dato alla testa. In qualche modo, era tutta colpa di Gray.
Alzandosi in piedi, gli rivolse uno sguardo freddo. «Noi ci ritiriamo presto, la sera, milord. E dato che voi siete ancora in convalescenza, vi suggerisco di fare altrettanto.»
Lui parve sorpreso dalle sue parole, ma si limitò ad annuire. Il suo atteggiamento la infastidì più di una protesta. Anche quando non dava ordini, era altezzoso e autoritario; sembrava che avesse sempre ogni cosa sotto controllo e che niente potesse scalfire la sua sicurezza. Senza curarsi se la seguisse o meno, Kate uscì dalla stanza.
Anche se Lucy si era alzata per accompagnare la sorella, Gray non aveva occhi che per Kate. La guardò allontanarsi, osservando il leggero ondeggiare dei fianchi avvolti nei pantaloni maschili. Non era alta, ma aveva gambe slanciate e ben proporzionate alla sua statura. Sottili, forti e perfette. Di nuovo Gray si sentì assalire dal desiderio.
«State lontano da lei, mi avete sentito?»
La voce sgarbata di Tom raffreddò i suoi ardori.
«Scusate, avete detto qualcosa?» replicò Gray, fissando il vecchio con arroganza. Non era in vena di lasciarsi infastidire da lui. Era stato ferito, rapito e costretto a letto per la prima volta nella sua vita. Per giunta, la crescente frustrazione sessuale lo rendeva estremamente irritabile.
«Vi tengo d’occhio, sappiate» dichiarò Tom.
Nonostante Gray provasse una certa ammirazione per la fedeltà del vecchio, non era disposto a permettergli quel tono insolente. Si alzò in piedi con lentezza deliberata. «Temo che dovrete togliermi gli occhi di dosso, perché ho intenzione di fare un bagno e gradirei un po’ di privacy, se non altro quella che può offrire la cucina.» Dalla sua voce trapelava un leggero disgusto per un simile ripiego, ma sentiva il bisogno di lavarsi ed era già stato informato che la casa mancava di una stanza da bagno e di adeguate tubature, come pure del personale necessario a preparare la vasca.
«Bene, ma non aspettatevi che vi aiuti!» brontolò Tom, alzandosi a sua volta. «Potete riempirvi la vasca da voi. Vi rinforzerà i muscoli» aggiunse in tono di scherno.
Prima che potesse pronunciare un’altra parola, Gray lo afferrò per il collo della camicia e lo scagliò contro la parete. Il vecchio strizzò gli occhi e scosse il capo come per schiarirsi le idee, mentre il marchese lo sollevava da terra. «Siete ancora del parere che abbia bisogno di rinforzare i miei muscoli?»
Tom lo fissò ammutolito e fece cenno di no con la testa.
Approfittando del suo silenzio, Grayson riprese: «Chiariamo bene una cosa, Tom. D’ora in avanti voi mi tratterete con il rispetto che mi è dovuto. Non ho intenzione di insidiare la vostra singolare posizione in questa casa, né di causare dispiacere a Kate, ma se insistete a comportarvi con tanta insolenza, vi stendo a terra a suon di pugni». Fece una pausa per assicurarsi che il vecchio avesse capito. «Intesi?»
Tom lo guardò con espressione intimorita e si passò la lingua sulle labbra aride. «Be’, n... non c’è bisogno di arrivare a questo, adesso che ci siamo capiti, milord» balbettò.
«Ne siamo sicuri?»
Tom annuì. «Certo, milord... Purché non facciate del male alle mie ragazze» aggiunse con uno sguardo sagace.
«Vi assicuro che non ho alcuna intenzione di infastidire Lady Kate e Lady Lucy.» Gray rilasciò la presa.
Il cocchiere rimase per un attimo pensoso, ma poi si avviò verso l’uscita. «In questo caso, vi lascio al vostro bagno. Laverò i piatti domani mattina.»
«Bene.» Gray lo guardò allontanarsi lungo il corridoio, quindi si appoggiò alla parete e trasse un profondo sospiro. Dannazione! Aveva messo a dura prova le sue forze, ma era stato necessario per ristabilire la sua autorità. Non era abituato ad agire di prepotenza, ma non poteva permettere che quell’idiota lo mettesse sotto i piedi. Nessuno aveva mai osato trattarlo così.
Il respiro tornò gradualmente normale e Gray riportò l’attenzione al bagno tanto agognato. Imprecando tra sé per la mancanza di domestici, raccolse il suo bicchiere vuoto, spense le candele in salotto e si avviò verso la cucina.
Nonostante non fosse abituato a fare da sé, attizzò il fuoco morente, trovò i secchi e, dopo averli riempiti d’acqua, li appese a un gancio del camino. Recuperò la vasca da bagno nel ripostiglio e la posò accanto al fuoco ma, quando cercò di prendere l’acqua calda, si scottò le dita.
Imprecando ad alta voce, fu tentato di rimandare il tutto al giorno dopo, quando avrebbe potuto mandare a chiamare qualche domestico, ma ormai aveva fatto tanto che gli dispiaceva rinunciare al sollievo di un bel bagno caldo.
Finalmente riuscì a riempire la vasca senza ulteriori incidenti e ben presto poté immergersi nell’acqua con un pezzo di sapone nella mano. Dalla consistenza sembrava fatto in casa e ancora una volta Gray si sentì indignato all’idea di Kate che mescolava un pentolone bollente di lisciva. Portò il sapone alle narici e aspirò una leggera fragranza di menta. La stessa di Kate.
Davvero deliziosa, pensò, chiedendosi se sarebbe riuscito a trovare un delicato sapone francese con lo stesso aroma.
Non era sua abitudine fare regali così personali alle donne, ma non si soffermò a riflettere su quell’improvviso cambiamento. Il giorno dopo avrebbe chiesto al suo segretario di occuparsene, decise.
Dopo essersi lavato i capelli, appoggiò la schiena alla parete della vasca ed esalò un lungo respiro. Si era affaticato troppo, quel giorno, e gli doleva la spalla. Sprofondando nell’acqua, lasciò che il calore gli sciogliesse i muscoli e lenisse il dolore ma, quando chiuse gli occhi, un altro ricordo venne a disturbarlo.
L’immagine di Kate che lo lavava lo fece irrigidire e trattenere il fiato. Lui era semisvenuto, e non era sicuro di cosa fosse reale e cosa fosse invece dovuto alla sua mente febbricitante, ma ricordava bene le sue mani che lo accarezzavano con gesti sottilmente erotici. Le sensazioni che aveva provato allora erano state qualcosa di indescrivibile e questo pensiero fu sufficiente a togliergli tutto il piacere del bagno.
Divorato dal desiderio di ripetere quell’esperienza da sveglio, in pieno possesso delle sue facoltà mentali e del suo corpo, non poté che digrignare i denti, frustrato. Almeno finché non avesse scoperto la vera identità della sua tentatrice, le circostanze gli imponevano di tenere a freno il proprio ardore.
Cercò di recuperare il sollievo che aveva inizialmente provato rilassandosi nell’acqua, ma fu inutile; ormai non sarebbe più riuscito a godere di un bagno senza pensare a lei.
Sospirò, rendendosi conto che dal giorno in cui aveva incontrato Kate, era stato costretto a cambiare più d’una delle sue abitudini. Più irritante ancora di quella rivelazione, era il crescente sospetto che niente sarebbe più stato lo stesso nella sua vita.